Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Emanuele Atturo
Se segni Gianluca Mancini ti mena
11 apr 2024
11 apr 2024
Ormai un classico dei gol della Roma.
(di)
Emanuele Atturo
(foto)
Foto IMAGO / IPA Sport
(foto) Foto IMAGO / IPA Sport
Dark mode
(ON)

Dopo aver segnato il gol decisivo del derby di Roma, Mancini va a porgere il suo inchino verso la curva sud. Mentre è con le braccia larghe, a godersi il suo popolo in festa, in una delle estasi più intense che una partita di calcio può offrire a un giocatore, gli arriva uno schiaffo sulla nuca piuttosto secco, una “pizza” si dice a Roma, da parte di un uomo di quasi cento chili: Romelu Lukaku.

Chi ha seguito la Roma quest’anno sa che quello non è un gesto qualsiasi ma una piccola vendetta dell’attaccante a tutti gli schiaffi che Mancini gli ha dato in questa stagione. A lui e agli altri. In queste ore si sta parlando molto del numero 23 della Roma, che dopo la partita è andato a sventolare sotto la curva un bandierone con raffigurato un topo biancoceleste. Un gesto perfettamente nel personaggio. In queste ore le sue maglie, a quanto pare, vanno a ruba e alcuni tifosi hanno aperto una raccolta fondi per pagare la multa di cinquemila euro del giudice sportivo. Un gesto per preservare la cultura ultras, soprattutto, ma che comunque conferma il rapporto privilegiato tra i tifosi giallorossi e Mancini, molto amato per quello che rappresenta: un giocatore ruvido, grintoso, emotivo e che con gesti come quello a fine partita - qualunque sia la vostra morale - riconosce l’importanza dei tifosi.

Mancini è il tipo di giocatore molto amato dalla propria tifoseria, e molto odiato dalla tifoseria avversaria. In questo è l’erede di quei difensori italiani - come Chiellini o Materazzi - che hanno coltivato l’arte molto italiana di giocare con i limiti del regolamento e della morale sportiva. Sfruttare tutte le sue ambiguità, le zone grigie, a proprio vantaggio. Gli avversari e i tifosi si sentono provocati, ma questo è l’effetto ricercato da Mancini, che vuole far perdere il controllo emotivo della partita mentre lui rimane sempre freddo e in controllo. È questa la grande abilità di Mancini: alzare il caos e la tensione dei match, giocando duelli sempre ai limiti, ma riuscendo comunque a mantenere una strana calma da pazzo. Mancini, allora, come un sabotatore della stabilità emotiva delle partite. Viene ammonito spessissimo, in pratica una partita ogni tre, ma non viene quasi mai espulso. Ha uno stile di gioco aggressivo, manesco, spesso violento, ma sa che l’importante è non farsi sgamare. È anche per questa abilità da ninja del regolamento e della morale che Mancini è molto odiato.

Ci sono dei momenti delle sue partite in cui però questa violenza estremamente controllata fuoriesce. E le botte trattenute, o celate, diventano plateali: è quando la Roma segna, e Mancini arriva per esultare. In quel momento non ha più bisogno di trattenersi e può picchiare liberamente. Sa che l’arbitro non può sanzionarlo per menare i compagni. Se la violenza non si può esprimere nella battaglia, allora fategliela almeno esprimere nella celebrazione. Il momento del gol è la zona franca in cui Mancini arriva per distribuire schiaffi, pugni, spinte. Ecco una raccolta dei momenti in cui Mancini mena i suoi compagni di squadra.

Mancini mena Lukaku

Le botte sono un linguaggio. Un linguaggio che può non piacervi, capisco, ma un linguaggio a tutti gli effetti, che nelle arti marziali per esempio raggiunge alti gradi di sofisticazione, anche concettuale. Le botte di Mancini per i compagni sono un lessico familiare, per esprimere una serie di sentimenti difficili da racchiudere in parole, discorsi o abbracci amorevoli. Non hanno a che fare con la violenza ma con l’affetto. Ti meno perché ti voglio bene: ti voglio così bene che ti devo menare. Ci sono poi certi compagni che sono così grossi che viene quasi voglia di menarli per tastarne la consistenza, la durezza.

Lukaku è così grosso che gli si possono scaricare contro schiaffi, pugni e spinte senza che lui possa dire niente. È anche un modo per sentirsi più vicini, uniti dall’essere grossi e violenti. O forse così pensa Mancini. Segna Huijsen e uno schiaffetto se lo prende, ma Lukaku è nei dintorni, con quella testa enorme da Isola di Pasqua, e viene spontaneo dargli uno schiaffo. Solo che Lukaku vuole stare per i fatti suoi e i due finiscono per bisticciare.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

4-0 col Brighton, pancia piena, festa, e all’improvviso vola una pizza. Chi sarà mai?

Lukaku prova a restituirne qualcuna, ma non ha l’attitudine coatta e lo stile di Mancini.

Mancini mena Bove

Vangelo di Marco: «Alcuni cominciarono a sputargli addosso; poi gli coprirono la faccia e gli davano dei pugni dicendo: "Indovina, profeta!" E le guardie si misero a schiaffeggiarlo». E chi è il Cristo della Roma che si deve prendere lo schiaffo del soldato? Quello più giovane, quello con la faccia più pulita. Quello con la mascella grossa da Christian Bale in American Psycho; una pelle liscia da routine di skin care studiata, taglio di capelli da ISEE alto, l’accento romano controllato di chi frequenta la Luiss a Viale Romania. Uno così, diciamocelo, gli schiaffi “te li leva dalle mani”, come si dice a Roma.

Dopo questo gol all’Udinese Mancini gli si avvicina con l’aria di chi lo vuole gonfiare, di chi vuole mandarlo all’ospedale. Poi riesce a frenarsi all’ultimo momento.

Ma trattenersi con Bove è veramente dura. È capace che tu te ne vuoi solo tornare a casa dopo una vittoria, stanco, i muscoli dolenti. Ma poi vedi Bove in zona mista a fare un’intervista, con quella faccia. E allora non ce la fai, non vorresti ma ti tocca incombere per altri schiaffi.

Bonus: Mancini bacia Dybala sul collo molto a fondo

Con un’intensità tale che sembra voglia succhiargli il sangue.

Mancini mena Afena Gyan

Hai 18 anni, vieni dal Ghana e hai segnato il primo gol in Serie A. Lo hai fatto con la maglia storica della Roma, in uno stadio storico come il Ferraris, a pochi minuti dalla fine di un match complicato. Corri per andare ad abbracciare uno dei più grandi allenatori della storia, Josè Mourinho, ma dietro di te c’è qualcuno che vuole solo menarti.

Tu corri veloce ma lui più veloce, col sangue agli occhi, vuole prenderti a calci e pugni. È Gianluca Mancini.

Questa esultanza rompe il ghiaccio e inaugura un rapporto di botte tra Mancini e Afena che da fuori sembra sconfinare chiaramente nel bullismo, o almeno nel nonnismo, ma non ci vogliamo mettere a giudicare. Non facciamo parte del gruppo squadra e le botte tra compagni possono essere un lessico familiare.

Dopo la vittoria della Conference League l’adrenalina e la gioia è alle stelle. Quale miglior modo per festeggiare che una scarica di cazzotti per Afena?

I due hanno dovuto fare un video su Instagram in cui rassicurano tutti che non c’è nessuna grande violenza in corso. Sono due fratellini.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Gianluca Mancini (@gianlumancio_23)

Afena va poi a giocare in prestito alla Cremonese, e si ritrova Mancini come avversario. Non una buona notizia. Quando il difensore se lo trova davanti è più forte di lui, è un riflesso pavloviano. I mesi di botte tornano come una memoria automatica. L’episodio diventa un piccolo caso diplomatico, col console del Ghana che dice che Mancini «sporca la maglia della Roma».

Mancini mena Pellegrini

Partita difficile in casa col Sassuolo ma il capitano è in forma trascendentale e si inventa un gol clamoroso con un tiro a giro sul secondo palo. L’adrenalina è a mille. Come si fa a dimostrare tutto l’affetto, l’amore, la gratitudine, la gioia al capitano che ha svoltato un’altra partita? La cosa che viene in mente a Mancini è provare a “corcarlo”. Gli si avvicina e subito spallata per provare a buttarlo a terra, quello lo ignora, gli sfila davanti, e allora calcio sul sedere da dietro. Occhiataccia del capitano, e allora bisogna stemperare con qualche buffetto sulla testa. Far finta che sia tutto normale, non è successo niente di strano.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Vediamo meglio la sequenza. Mancini vede Pellegrini davanti a sé e si mangia le sue stesse labbra dalla violenza che gli sale in corpo.

La lingua viene fuori per l’energia che deborda.

Parte il calcio in salto perché un calcio e basta non sarebbe stato sufficiente.

Poi un momento di devastante consapevolezza: cosa sto facendo?

Il giorno dopo Mancini ha dovuto chiedere scusa a Pellegrini su Instagram: «Scusami ma ero troppo carico».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura