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Alfredo Giacobbe
Il giorno della marmotta del Manchester United
23 ago 2022
23 ago 2022
Dall'addio di Ferguson il club fatica a ritrovare competitività.
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Alfredo Giacobbe
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Foto di Ash Donelon/Manchester United via Getty Images
(foto) Foto di Ash Donelon/Manchester United via Getty Images
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C’è qualcosa di sbagliato se, pensando al Manchester United, la nostra mente va ancora a ciò che ha fatto per questa squadra Sir Alex Ferguson, a nove anni di distanza dal suo ritiro. Un’eredità, la sua, che è insieme concreta e intangibile, nascosta da qualche parte nell’ovest della città, tra Old Trafford e il centro sportivo di Carrington, e che nessun allenatore è ancora riuscito a trovare. Eppure è necessario partire da Ferguson per capire i mali di un club che, nonostante i tentativi di ricostruirsi, è diventato un esempio di insuccesso globale.Ferguson ha servito il Manchester United per ventisei anni e mezzo – la seconda striscia più lunga nei maggiori cinque campionati – e ha messo in bacheca trentotto trofei. Anni nei quali ha costruito una club culture, l’immagine del club vincente che conosciamo oggi, praticamente da zero. Ne è stato lui stesso l’incarnazione vivente, influenzando ogni aspetto del club: dai programmi per le giovanili alla costruzione della prima squadra, passando per gli investimenti in infrastrutture. Ha rinnovato la rosa dello United continuamente, lasciando andar via calciatori che, seppur vicini al picco delle proprie prestazioni, si avviavano verso la fase calante della carriera. Lo ha fatto mantenendo intatto lo spirito arrembante della squadra. Ferguson non è stato però un accentratore, lo dice chiunque abbia lavorato allo United durante la sua reggenza. Sir Alex sceglieva i suoi collaboratori, instillava in loro i principi in cui credeva e delegava le attività secondo le diverse competenze. La porta del suo ufficio era sempre aperta e la decisione finale su ogni scelta spettava soltanto a lui.

L’ultimo insegnamento di Sir Alex: «Il vostro lavoro adesso», puntando il dito verso le tribune, «è di stare dalla parte del nostro nuovo manager».

Ferguson era il Manchester United, l’allenatore e il club erano due unità inscindibili. Quando ha deciso di andar via, la proprietà dello United ha optato per la strada più semplice: ha cercato un sostituto. Avrebbe potuto preparare l’uscita di Sir Alex, che era già stato vicino al ritiro anni prima, formando o cercando in giro per il mondo figure dirigenziali di alto livello a cui affidare la gestione delle diverse aree del club. Ma era un’opzione troppo complessa per un management lontano e inesperto di questioni calcistiche come forse sono i Glazer, la famiglia americana che detiene la maggioranza del pacchetto azionario dello United dal 2005. Glazer che sarebbero ancora più lontani oggi, se fossero vere le voci di una trattativa in corso per la cessione della proprietà del club.Nel 2012, un anno prima del ritiro di Sir Alex, i Glazer hanno nominato Ed Woodward come direttore esecutivo dello United. Woodward lavorava nella banca d’affari J.P. Morgan e aveva assistito i Glazer durante le fasi di acquisizione del club. Per dieci anni, senza nessuna esperienza pregressa nel calcio, Woodward è stato l’uomo solo al comando del club più potente al mondo. Tutte le scelte in fatto di allenatori e di mercato hanno la sua firma apposta sotto. David Moyes, il primo a misurarsi nel 2013 con il lascito di Ferguson, non è arrivato in fondo alla prima stagione del suo contratto di sei anni. È stata poi la volta di van Gaal, Mourinho, Solskjaer, Rangnick, con gli intermezzi dei traghettatori Giggs e Carrick. Sette allenatori in otto stagioni, sette modi differenti di intendere il calcio. Ad ogni sessione di mercato, stratificazioni di acquisti sbagliati come gli anelli di un albero morto, fino ad arrivare alla rosa disfunzionale di oggi. Quando Woodward ha fatto un passo indietro, all’inizio di quest’anno, ha nominato John Murtough come Director of Football, l’equivalente inglese del nostro Direttore Generale. Murtough ha lavorato in precedenza al Fulham e all’Everton come direttore delle squadre giovanili, ma mai come Director of Football. A Darren Fletcher, con un curriculum da ex giocatore di Sir Alex, è stato offerto il posto di Direttore Tecnico, senza che siano mai stati specificati le possibilità e i limiti della sua azione manageriale. «Fletcher aggiunge le sue idee di carattere tecnico a tutte le questioni che riguardano il calcio», si leggeva nel comunicato piuttosto fumoso.

In fondo lo United non è diverso dagli altri grandi club europei che hanno smarrito la propria identità. Per queste squadre occorrerebbe un reset, una ristrutturazione profonda guidata da principi e metodologie innovative, declinati secondo la cultura del club e calati dall’alto su ogni singolo dipartimento. Una tale richiesta entra però in conflitto con l’esigenza di vincere subito che questi club hanno. Bisogna pur attrarre nuovi sponsor, accontentare gli investitori: un top club è un’enorme, costosissima macchina e i conti alla fine del mese vanno pagati. La struttura dei costi dello United ha dell’incredibile: è un club terribilmente indebitato; che paga ogni anno dividendi altissimi ai proprietari; che ha un monte ingaggi abnorme – quante squadre possono permettersi un contratto da ventiquattro milioni di euro l’anno per il proprio portiere?L’urgenza di vincere batte le ragioni di una programmazione di lungo termine; poi si finisce per mettere in piedi una stagione zoppicante, i titoli non arrivano, gli introiti diminuiscono, si ha sempre meno tempo e meno risorse per una rivoluzione. Quest’anno, per la prima volta, il fatturato del City ha superato quello dello United. È una spirale negativa dalla quale non si vede via d'uscita.Ora allo United è il turno di Erik ten Hag, il primo allenatore che non è stato scelto da Woodward, l’ennesimo cavaliere bianco che dovrebbe risolvere da solo tutti i loro problemi. L’ex allenatore dell’Ajax ha aperto il suo conto con la sconfitta subita a Old Trafford contro il Brighton, seguita dall’umiliazione patita per mano del Brentford. Due sconfitte che sembrano incredibili per la differenza di storia e blasone che c’è tra lo United e gli avversari, ma che in realtà testimoniano quanto sia alto ormai il livello della sfida in Premier League, per la qualità dei singoli e per la preparazione dei collettivi. Una settimana dopo è arrivata la bella vittoria casalinga contro il Liverpool.Non si può giudicare il lavoro di ten Hag dopo sole tre partite ufficiali. Però è interessante notare cosa per ora non ha funzionato. Il gioco dell’Ajax si distingueva soprattutto per due aspetti: l’accettazione del rischio nell’impostazione dal basso e il continuo movimento senza palla.

Nell’immagine l’impostazione dal basso del Manchester United. Già dalla rimessa del portiere, la posizione di Harry Maguire e Lisandro Martinez era troppo stretta. In questo modo i due attaccanti del Brighton hanno avuto gioco facile nel portare la pressione ai due centrali, schermando le possibili linee di passaggio in avanti. Non c’era spazio per un movimento tra i centrali per Fred o per McTominay che togliesse un po’ di pressione a Maguire. L’azione è appena iniziata ed è già morta.Nel resto della partita, i terzini Dalot e Shaw si sono dovuti abbassare per aiutare i centrali nella circolazione della palla. Alle loro spalle gli esterni d’attacco sono rimasti larghi e non sono entrati nel campo. I giocatori dello United erano statici nelle loro posizioni iniziali. L’unico movimento, ripetuto alla noia e che ha reso l’attacco dello United monodimensionale e prevedibile, era la corsa attraverso la linea difensiva delle mezzali Bruno Fernandes e McTominay servita con una palla sopra la difesa.Tra la prima e la seconda partita, ten Hag è passato da Fred a Eriksen come riferimento davanti alla difesa. Gli effetti di questa mossa sull’impostazione dal basso, anche per merito della preparazione del Brentford, sono stati disastrosi. [gallery columns="6" ids="83442,83443"] Il portiere De Gea riceve palla dopo il rinvio dal fondo, è a questo punto che scatta la pressione dei due attaccanti del Brentford. La pressione è portata lateralmente, per concedere a De Gea solo il canale centrale e tagliando fuori le altre opzioni. All’inizio della pressione, Jensen è sul lato sinistro di Eriksen, che sta per ricevere palla. C’è da dire che De Gea è contro sole e forse non riesce a vedere il posizionamento dei compagni più in alto sul campo. De Gea forza il passaggio rasoterra in verticale, è a questo punto che Jensen scivola alle spalle di Eriksen e va sulla destra, sul piede forte del danese, perché sa che è lì che Eriksen scoprirà la palla. Jensen intercetta il pallone e va a segnare il 2-0.Contro il Liverpool, ten Hag ha operato una piccola rivoluzione: fuori Maguire, Shaw, Fred e Ronaldo; dentro Varane, Malacia, McTominay ed Elanga. Lo United è sembrato subito più aggressivo, quasi intimidatorio nei confronti dei giocatori del Liverpool. Difendevano con compattezza e intensità, con continui raddoppi in aiuto del compagno. Sembravano una squadra.Le occasioni migliori lo United le ha avute quando i giocatori sono riusciti a intercettare il pallone in alto sul campo. Per esempio nel primo tempo, tutto il Manchester ha fatto densità sulla linea laterale e McTominay ha intercettato un pallone scagliato malamente in avanti da Robertson. Subito Bruno Fernades si è buttato alle spalle di Henderson e McTominay è riuscito a servirlo con un filtrante. Sullo sviluppo dell’azione, Elanga ha preso il palo. Qui non c’è sistema tattico che tenga, c’è una prontezza di scelta ed esecuzione che a ten Hag non potrà non aver fatto piacere di vedere. È un grosso cambiamento rispetto a quanto i giocatori dello United fanno di solito. [gallery columns="5" ids="83444,83445"] Ten Hag però ha derogato molto dai suoi consueti piani tattici per poter vincere questa partita. De Gea ha lanciato lungo più spesso, impedendo al Liverpool di pressare alto. Lo United ha avuto il 30% del possesso del pallone. Il numero di passaggi giocati nell’ultimo terzo di campo è crollato rispetto alla partita precedente. L’idea di sollevare i giocatori da alcuni compiti che in questo momento, in assenza delle conoscenze e della tranquillità necessarie, non sono in grado di svolgere non è sbagliata. Però lo United non potrà sempre giocare così, cedendo il controllo del pallone agli avversari. Anche Solskjaer ha ottenuto diverse vittorie di prestigio contro le Big Six per un atteggiamento esclusivamente reattivo che a lungo termine però non ha pagato.

Ogni volta che lo United ha provato a fare qualcosa con la palla, anche contro il Liverpool, ci sono stati dei problemi. In questa immagine la palla è arrivata a Dalot. Al centro dell’area, McTominay è in una posizione molto vantaggiosa: con un contromovimento si è liberato del marcatore. Per di più alle sue spalle sta arrivando Rashford a sovraccaricare la zona del secondo palo. Vicino a Dalot, Sancho esegue un movimento in profondità alle spalle del terzino, che è attratto dalla palla. Incredibilmente Dalot non esegue né il cross né il passaggio in profondità, ma si ferma e restituisce palla all’indietro, abortendo un’azione promettente.

Mentre infuriava la tempesta nello stadio del Brentford – quattro gol nei primi trentacinque minuti – Martinez ha dovuto trovare il tempo per ripassare i fondamentali con Maguire, sembra dire: se io vado in anticipo, tu devi coprire la porta. Sono piccolissimi segnali, ma che restituiscono quanto grande dev’essere la pressione sui giocatori dello United e quanta poca responsabilità sono in grado di sobbarcarsi in campo. Al contrario, i giocatori dell’Ajax prendevano decisioni in completa autonomia, perché all’interno dell’identità di squadra nei quali erano consapevolmente calati, si sentivano liberi di esprimersi. Ripeto, sono solo tre partite, e può darsi che le indicazioni di ten Hag siano state poco precise o apertamente in rottura rispetto a quanto chiesto dagli allenatori che lo hanno preceduto, e che tutto ciò ha creato ulteriore confusione nella testa di chi è sceso in campo; però è un fatto che i giocatori dello United ricadano sempre negli stessi errori.Le squadre che hanno affrontato il Manchester United hanno utilizzato strategie ad hoc. Il Brighton preferiva lasciare Maguire, il difensore meno dotato con il pallone tra i piedi, libero di impostare. Il Brentford ha bombardato con le palle alte il lato di Lisandro Ma

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