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Dario Pergolizzi
Guardiola non ha fatto overthinking
18 mag 2023
18 mag 2023
Come il suo City ha schiantato 4 a 0 il Real Madrid di Ancelotti.
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Dario Pergolizzi
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IMAGO / News Images
(foto) IMAGO / News Images
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Il Manchester City si è preso una grossa rivincita sul Real Madrid. Dopo l’incredibile rimonta completata nella semifinale dello scorso anno, e la vittoria del trofeo, la mistica della squadra allenata da Carlo Ancelotti si era ulteriormente rafforzata. Si capisce anche dalle aspettative della vigilia: nonostante le grandi differenze di rendimento in campionato, col City in uno strepitoso momento di forma, nessuno considerava seriamente questa sfida come già decisa. Il pareggio dell’andata aveva lasciato una sensazione ambigua. Il City è stato più volte sul punto di essere travolto nuovamente dalle vibrazioni artistiche di Modric e compagni, anche perché, dopo una prima fase dominata dalla squadra di Guardiola, il Madrid sembrava aver preso in mano, ancora una volta, il destino della qualificazione. Il pareggio del City è stato forse un pelo ingiusto, se consideriamo le occasioni create e l'atteggiamento complessivo delle due squadre, ma forse ha sbloccato mentalmente la squadra di Guardiola, che ha dato vita a una gara di ritorno profondamente diversa. Il Real Madrid non è mai stato realmente in gioco, anche se dopo venti minuti di gioco Courtois aveva già negato due volte il gol ad Haaland. Poteva sembrare il preludio al ritorno della mistica del Madrid, ma non lo è stato.«Ho un’idea per fare le cose in un altro modo, solo per essere più fluidi in attacco. Niente di speciale, non sto facendo overthinking per domani ragazzi, non preoccupatevi, niente che non abbiamo già fatto in passato» aveva detto Guardiola nella conferenza pre-partita, provando a scacciare i fantasmi. E in effetti qualcosa di diverso il City l’ha fatto vedere. A partire dal modo in cui ha organizzato il pressing alto, passando cioè da un 4-4-2 con De Bruyne che si alzava al fianco di Haaland, con un blocco che scivolava verso l’esterno cercando di isolare il palleggio della squadra di Ancelotti sulla fascia per lavorare sugli intercetti dentro il campo, a un atteggiamento ancora più aggressivo con uno schieramento asimmetrico.Sulla costruzione arretrata del Real, il City ha adottato per la maggior parte del tempo, e in particolar modo per tutta la prima mezz’ora di gioco, una strategia interessante per pressare alto. Grealish si portava da sinistra verso il centro, orientandosi sul centrale di destra del Bayern, Militao, con Haaland su Alaba. Alle loro spalle De Bruyne manteneva una posizione centrale, con primo riferimento Kroos, mentre Bernardo Silva partiva stretto per poi uscire eventualmente su Camavinga. Rodri e Gundogan, interni, potevano orientarsi verso Valverde e Modric, ma il loro atteggiamento rimaneva orientato a una “doppia responsabilità”, tra le linee di passaggio interne e, appunto, l’uscita forte sul riferimento. Stones, che in possesso ha continuato ad agire davanti alla difesa, in queste circostanze si abbassava sulla linea arretrata per comporre un 3 contro 3 con il tridente del Real Madrid con Dias e Walker, mentre Akanji rimaneva largo e avanzato a sinistra, pronto a uscire su Carvajal (per raddoppiarlo sul ripiegamento di Grealish, o in solitaria).

La strategia di pressing del City; un mix tra “doppie responsabilità” su diverse linee di passaggio e marcature più strette sui riferimenti, in particolar modo per il tre contro tre dietro.

Tutto ciò ha consentito al City di evitare che il Real consolidasse quei palleggi in sovrannumero sulla fascia sinistra che avevano creato diversi problemi nella partita di andata, attraverso i movimenti ad aprirsi di Modric, le progressioni di Camavinga, i contro movimenti di Vinicius e il lavoro da collante di Benzema. A partire dallo scivolamento interno di Grealish, Guardiola ha disegnato una strategia asimmetrica che ha soffocato le possibilità di manovra del Real Madrid, che per oltre trenta minuti di gioco non è riuscito a trovare una contromisura, finendo per lanciare lungo ogni pallone. Ma naturalmente il dominio del Manchester City non poteva che passare soprattutto per la fluidità e l’intensità dei possessi. Si potrebbe dire che è stata una delle partite più dominanti di una squadra di Guardiola in Champions, se non fosse che negli anni ce ne sono state talmente tante che stilare una classifica sembra pleonastico. In questo specifico confronto contro l’atteggiamento in pressing ibrido del Real Madrid, il 3-2-2-3 di Pep è stato la base di partenza per una prestazione di livello superiore. Il Madrid aveva iniziato la partita in modo aggressivo, utilizzando una pressione in forma di 4-2-3-1, con Modric che si alzava sul livello di Rodrygo e Vinicius, un trio abbastanza stretto e orientato sia a ostruire le linee di passaggio interne, che a favorire eventuali uscite in avanti sui tre centrali di Guardiola, con Benzema a orientare. Alle loro spalle, Valverde e Kroos andavano su Gundogan e De Bruyne. Insomma, Ancelotti sembrava aver studiato un modo per cercare di togliere al City un po’ di convizione nella circolazione interna.Le cose però non sono andate proprio così, anzi, il City non ha mai sofferto la pressione del Real Madrid, e spesso si è ritrovato a orchestrare lunghi possessi negli ultimi 35-40 metri di campo, con i Blancos raccolti a difesa dell’area. [gallery columns="6" ids="91668,91669"] Il posizionamento di De Bruyne e Gundogan, che partivano leggermente larghi a fianco dei mediani del Real Madrid, ne influenzava il comportamento: se i due rimanevano stretti, allora De Bruyne e Gundogan avevano spazio e tempo per ricevere; altrimenti, si sarebbero aperte tracce interne da poter sfruttare con Haaland o con conduzioni dirette da dietro. Nell’esempio qui sopra, Gundogan fa pochi passi lateralmente e Valverde va con lui, così è Rodri a sfruttare lo spazio in conduzione, per poi andare su De Bruyne, che giocava vicino a Bernardo Silva. La capacità del 3+2 di Guardiola nel muovere il pallone fintanto che non si aprissero questo tipo di opportunità, ha fatto sì che il City non avesse il minimo problema nel manipolare il pressing del Real; ma non sono mancati i casi in cui ciò è stato fatto anche con più fluidità, per esempio con Stones che si abbassava alla destra di Dias e Walker che saliva, o con Gundogan basso a sinistra e Akanji più alto. C’era una grande armonia nell’occupazione del campo del City, e la struttura posizionale pensata da Guardiola è sembrata abbastanza fluida soprattutto nei movimenti di De Bruyne, Gundogan e Stones; al contempo, c’era la chiara intenzione di sfruttare il più possibile Haaland come fissatore di profondità e Silva-Grealish come riferimenti in ampiezza. In particolare, questi ultimi due sono stati utilizzati diverse volte per la ricerca dell’uno contro uno con Camavinga e Carvajal, creando non pochi grattacapi sia ai diretti interessati che in generale alle scalate difensive di tutto il blocco del Real. Dai piedi di Grealish e Bernardo sono arrivate diverse rifiniture e occasioni interessanti, ma in occasione del primo gol del portoghese si possono apprezzare insieme diversi degli aspetti esposti prima.

Di questa partita abbiamo parlato nel nostro podcast riservato agli abbonati, "Che partita hai visto".

L’azione del City nasce da sinistra, il pallone tra i piedi di Grealish con Haaland, De Bruyne e Gundogan vicini. L’inglese la passa a Rodri che cambia gioco verso Bernardo, in isolamento contro Camavinga. Visto che l’azione inizialmente si stava sviluppando sul lato opposto e i difensori di Ancelotti non scalano col terzino ma rimangono a protezione della porta, c’è già una separazione rilevante tra Camavinga e il resto della linea, che viene parzialmente coperta dal ripiegamento di Kroos e Modric. Ma in quello spazio si tuffa Stones, che gestisce il pallone muovendosi verso fuori mentre Bernardo si accentra e Walker arriva in appoggio. Alla fine, è De Bruyne a mettere Bernardo davanti alla porta, proprio in quello stesso spazio, con Kroos un po’ troppo passivo nel coprire nuovamente dentro, e infine Courtois che sorprendentemente scopre il primo palo, nonostante la copertura di Alaba sulla traiettoria verso il secondo. Ma è interessante anche notare l’influenza del posizionamento di Haaland e Gundogan in area: Militao rimane su Haaland, che come spesso accade è fisso verso il secondo palo, mentre Gundogan si accentra leggermente; i due difensori del Real si parlano, e Alaba fa un passo verso Gundogan, lasciando ulteriore spazio laterale che verrà poi sfruttato da Silva.

via GIPHYIl solo peso gravitazionale di Haaland ha avuto una sorta di effetto domino nell’occupazione dello spazio da parte della difesa del Real, e una situazione simile si è verificata anche nel secondo gol, propiziato sì da una deviazione che finisce dalle parti di Bernardo, ma con lo specchio libero anche perché Haaland aveva attirato Alaba sulle sue piste. Il norvegese è stato meno cinico del solito, sbagliando una prima volta (forse qui con un po' di colpa) per un colpo di testa poco convincente da pochi metri, la seconda e la terza più per due grandi interventi di Courtois, ma il modo in cui si è integrato nei movimenti in funzione dei compagni è stato altrettanto decisivo, sia nei primi due gol che in generale per mettere la partita sui binari preferiti dal City. Non è da sottovalutare poi l’influenza, nel dominio territoriale del City, anche della fluidità nelle posizioni tenuta da De Bruyne e Gundogan, e forse Guardiola si riferiva proprio a questo nella sua dichiarazione prepartita. I due non si sono limitati ad agire tra le linee nel corridoio intermedio tra terzino e difensore centrale avversari, ma hanno modulato i loro movimenti andando spesso a giocare anche più vicini o scambiandosi le rispettive zone di partenza.

De Bruyne si è trovato spesso a giocare sulla sinistra, anche accanto allo stesso Gundogan, che a sua volta ha alternato molto bene i movimenti incontro abbassandosi per ricevere a quelli in avanti per riempire l’area di rigore. Questa fluidità posizionale del City è stata una delle chiavi per mandare in corto circuito la tenuta difensiva del Real Madrid, ma di certo non sarebbe bastata senza una riaggressione eccellente da parte della squadra di Guardiola, che avrebbe sofferto molto di più le transizioni del Real. Invece, oltre all’immediata reattività dei giocatori più avanzati alla palla persa, i tre centrali più Stones e Rodri hanno dominato su ogni palla vagante e stroncato sul nascere qualsiasi ripartenza del Madrid. Dal canto suo, il Real è riuscito a imbastire dei possessi interessanti solo per qualche minuto dopo la mezz’ora di gioco, riuscendo a creare i presupposti per pescare Vinicius e Benzema in profondità, attraverso i soliti movimenti dentro il campo di Rodrygo e le ricezioni tra le linee di Modric, con i due terzini che provavano ad accompagnare in alto l’azione. È stato troppo poco, questa volta, per impensierire il City, e i pericoli più rilevanti per Ederson sono arrivati solo da due tiri dalla distanza, uno di Kroos che è finito clamorosamente sulla traversa, poco prima del 2-0 del City, e uno su punizione di Alaba all’inizio del secondo tempo.Il Real è stato travolto da una partita che è stata sia una delle migliori espressioni del pensiero contemporaneo di Guardiola, sia una grande dimostrazione di aggiustamento della strategia sull’avversario. A fine partita, anche lo stesso Ancelotti, visibilmente rabbuiato per risultato e prestazione, non ha potuto fare altro che ammettere che il City era stato semplicemente migliore della sua squadra, e che sebbene si aspettasse un inizio partita simile da parte loro, alla lunga è stato anche sorprendente vederli dominare così. Simbolico che i primi a essere sostituiti in questo caos siano stati due protagonisti leggendari delle storiche rimonte del Real Madrid degli ultimi anni, Kroos e Modric, in favore di Rudiger e Asensio, spostando Camavinga al centro. Ma anche così il City ha mantenuto il controllo, a tratti riuscendo anche a concedersi qualche minuto senza il pallone e pressando di meno. Dopo il gol del 3-0 anche Guardiola ha finalmente fatto delle sostituzioni, ricordandoci che dalla panchina può pescare Mahrez, Foden e Alvarez, ironicamente tutti e tre coinvolti nella bella azione del definitivo 4-0. Guardiola ha conquistato la sua quarta finale di Champions League godendosi la miglior espressione della sua squadra da molti mesi a questa parte, una squadra che nel corso della stagione era sembrata subire qualche battuta di arresto e attraversare momenti di rigidità, ma che sul più bello questa volta si è fatta valere. Adesso tra il Manchester City e la coppa è rimasta solo l’Inter, che a sua volta viene da un’accelerata di prestazioni altrettanto notevole, e che ha delle caratteristiche peculiari rispetto al modo di difendere e attaccare della squadra di Guardiola. Questo doppio confronto con il Real, intanto, è stato sicuramente un ottimo modo per mettersi alla prova e preparare la finale.

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