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Manchester City e Napoli hanno dato spettacolo
18 ott 2017
La squadra di Sarri ha subito l'urto di quella di Guardiola nella prima mezz'ora ma poi è riuscita a invertire l'inerzia con le sue idee.
(articolo)
13 min
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Nella conferenza pre-partita di Manchester City-Napoli, Sarri aveva chiesto ai suoi giocatori di provare a giocarsela alla pari contro i propri avversari, nonostante l’apparente inferiorità. Una dichiarazione che conferma, prima della qualità del gioco, la fiducia che l’allenatore ha nella propria squadra e le speranze che riponeva in questa sfida.

Le aspettative sulla partita erano quindi molto alte, non solo ovviamente per i tifosi delle due squadre, ma anche per gli spettatori neutrali, seduti sul divano con la consapevolezza di guardare le due squadre più in forma d’Europa (il Napoli è imbattuto in campionato; il City ha trovato la migliore forma da quando Guardiola è arrivato a Manchester) pronte ad esprimere sul campo il loro gioco senza alcun timore.

Il Napoli e il Manchester City, d’altra parte, sono due squadre che si assomigliano da tanti punti di vista. La squadra di Sarri ha un’incredibile capacità di risalire il campo palla al piede partendo da Reina, grazie ad un sistema che invita la pressione avversaria per poi sfruttare la precisione tecnica e la capacità di creare linee di passaggio a uno, massimo due tocchi. Utilizzare la densità di uomini in zona palla per disordinare gli avversari, avanzando lentamente fino alla trequarti per trovare il filtrante giusto ed entrare in area.

Anche il City cerca di utilizzare il possesso per disordinare gli avversari, ma con delle leggere differenze. La squadra di Guardiola si fonda su una circolazione del pallone più veloce, attraverso il posizionamento fluido dei giocatori dietro la linea di pressione avversaria, in modo da creare spazio e tempo per chi riceve il passaggio. Una squadra che avanza con tocchi precisi e continui, quasi fossero guidati da un metronomo, per arrivare fino alla trequarti, dove poi vengono raccolti i frutti del vantaggio territoriale. Il gioco di Guardiola deforma gli avversari, costretti a giocare con distanze alterate per via del continuo movimento del pallone, portandoli ad una pressione peggiore. Un contesto che il City cerca di imporre a tutte le squadre che affronta, compreso ovviamente il Napoli, com'è risultato evidente già dopo pochi minuti di gioco.

Il poligono del City

Il Manchester City si disponeva in costruzione con un 3-2-4-1 molto fluido, che però aveva quattro vertici fissi: Ederson e Gabriel Jesus alle estremità verticali, Sané e Sterling su quelle orizzontali. All’interno di questo poligono gli altri giocatori erano quasi del tutto liberi di muoversi, con meccanismi automatizzati che variavano a seconda di come si muoveva la palla.

Delph, posizionato da falso terzino a sinistra, in fase di prima costruzione si accentrava, affiancandosi a Fernandinho. In questo modo il City, quando doveva far uscire il pallone dalla difesa, non lasciava mai Fernandinho da solo sulla mediana e aveva sempre almeno un’opzione di passaggio per bucare la prima linea di pressing avversario.

Questo meccanismo, già visto in passato al Bayern Monaco con Lahm o Alaba, ha avuto due benefici tattici ulteriori: da una parte costringeva i centrocampisti del Napoli a scegliere se salire in pressione oppure no (con la consapevolezza di lasciarsi alle spalle De Bruyne e Silva); dall’altra permetteva al City di difendere il centro immediatamente in caso di perdita del pallone. La squadra di Guardiola, inoltre, tenendo altissimi Sané e Sterling, costringeva il Napoli a bloccare i propri terzini, che non potevano così accompagnare la pressione alta della propria squadra.

Ma per spiegare la supremazia mostrata dal City nella prima mezz'ora bisogna soprattutto chiarire il lavoro di Silva e De Bruyne. Lo spagnolo, che Guardiola alla sua prima stagione al Manchester City aveva immaginato come regista occulto della sua squadra, ora è tornato ad un ruolo più consono alle sue caratteristiche tecniche, cioè rifinitore tra le linee. Silva, in definitiva, permetteva al City di avere pause e precisione tecnica al limite dell’area, lasciando invece a De Bruyne i compiti di regia veri e propri.

Il trequartista belga, infatti, era libero di associarsi in verticale lungo tutto il corridoio intermedio di destra, e a volte arrivava addirittura ad abbassarsi per aiutare l’uscita del pallone dalla difesa. De Bruyne ha una sensibilità tecnica quasi unica nel calcio contemporaneo che gli permette di essere fonte di gioco persino dalla sua trequarti, oltre che essere letale al limite dell’area.

Da un punto di vista tattico, avere le proprie mezzali così alte e vicine agli esterni permetteva al City di occupare il campo in maniera quasi perfetta. Il fronte offensivo era composto da 5 uomini (cioè da sinistra a destra: Sané, Silva, Gabriel Jesus, De Bruyne e Sterling) che schiacciavano il Napoli in pressione, recuperando il pallone molto in alto.

La prima mezz’ora di dominio Guardiola

Avere cinque uomini perfettamente posizionati nei corridoi verticali della trequarti avversaria porta ovviamente a grandi vantaggi anche con il pallone, evidenti già nel primo gol.

L’azione nasce da un cambio gioco di Fernandinho per Sané che, una volta controllato il pallone, trova il fronte a cinque del City già schierato. In questo caso è interessante notare anche la fluidità totale della squadra di Guardiola, perché ad occupare il corridoio intermedio di destra insieme a De Bruyne (che era arretrato per facilitare l’uscita del pallone) c'è anche Walker, che taglia in avanti sovraccaricando l’area. Silva, partendo dallo spazio di mezzo di sinistra, scatta quindi alle spalle della difesa del Napoli per ricevere il filtrante di Sané e poi crossa al centro quasi dalla linea di fondo. A quel punto la difesa di Sarri è collassata sulla porta per seguire il movimento di Silva e in area piccola ci sono sia Walker che Sterling liberi, con il centrocampo azzurro che non riesce ad arrivare in tempo.

Anche il secondo gol arriva da una situazione di superiorità numerica alle spalle delle linee di pressione del Napoli. Fernandinho può ricevere libero al centro il passaggio di Delph e trovare Sterling sulla fascia. L’ala inglese cerca di verticalizzare immediatamente verso Gabriel Jesus, che però viene anticipato di testa da Albiol. In questo caso la perfetta occupazione degli spazi di mezzo da parte del City porta ad un recupero alto del pallone, perché la palla vagante viene raccolta da De Bruyne, che supera in velocità Koulibaly e crossa basso al centro dell’area piccola per Jesus, che deve solo appoggiare in porta.

Il Napoli ha provato a rispondere alla prima grande mezz’ora del City col suo gioco, come chiesto da Sarri. E cioè scambi ravvicinati ad alta velocità e movimento continuo degli uomini, con un lato forte che disorganizza lo schieramento avversario (la catena di sinistra, composta come al solito da Ghoulam, Hamsik e Insigne) e un lato debole che attacca invece lo spazio lasciato dalla densità in zona palla (i famosi tagli di Callejon in area). In mezzo Mertens cercava di muoversi in profondità per allungare la squadra avversaria e rendere vano il tentativo di restringere il campo con la difesa alta.

Il lancio di Insigne per il taglio di Callejón normalmente è il pattern principale per fare da ponte tra le due metà in area di rigore, ma Insigne prima dell’infortunio si è visto solo una volta.

Non c’è stato un approccio sbagliato alla gara, come alcuni hanno evidenziato al fischio finale, ma il confrontarsi con un avversario in grado ormai di muoversi con tempi e movimenti perfetti (e infatti Sarri nel post-partita ha definito il City come «una squadra devastante»).

I singoli errori individuali da parte dei giocatori di Sarri nella prima mezz’ora, a volte anche impercettibili, aumentavano esponenzialmente la pericolosità del Manchester City, come una valanga che scende lungo la montagna aumentando la propria grandezza grazie alla neve che trova sul cammino. Ogni secondo di ritardo nella pressione di Zielinski su Delph, ogni indecisione nel seguire Silva alle proprie spalle dopo un movimento verso l’esterno, portava un vantaggio enorme nella circolazione di palla del City.

Era proprio la posizione di Delph, d’altra parte, a far saltare la pressione alta del Napoli: il City, in fase di prima impostazione, si ritrovava sempre con due uomini in più (cioè Ederson, abilissimo nel gioco coi piedi, e uno tra Delph e Otamendi, su cui Callejón era in inferiorità). La squadra di Sarri, quindi, non solo arrivava in ritardo sull’uomo ma lasciava anche molto spazio alle spalle della prima linea di pressione, permettendo al City di ricevere tra le linee e attaccare la linea difensiva a palla scoperta.

Questo dominio territoriale si è tradotto in una prima mezz’ora quasi perfetta da parte della squadra di Guardiola: non solo due gol di vantaggio, una traversa e un tiro salvato sulla linea, ma anche l’egemonia nel possesso palla (74%) e una pericolosità inaudita (quasi due terzi degli xG del City sono stati prodotti nella prima mezz'ora di gioco).

La risposta coraggiosa del Napoli

Superata questa prima mezz’ora di inferno, però, qualcosa è cambiato. Forse è calata l’intensità del City, o forse sono gli stessi giocatori del Napoli che sono riusciti a togliersi di dosso la paura iniziale, fatto sta che la squadra di Sarri ha iniziato ad essere meno diretta, e quindi più precisa nel consolidamento del possesso, rallentando la propria circolazione.

Il Napoli deve aver capito che senza Jorginho la palla non può correre troppo veloce perché Diawara non è ancora a quel livello di precisione tecnica. Con un ritmo più controllato, e quindi una maggiore precisione nei passaggi (passata da un 69% nel primo quarto di gara ad un 86% nel resto della partita), il Napoli è riuscito ad eludere piano piano la prima pressione del City. La scelta di privarsi del regista italo-brasiliano, quindi, a conti fatti è risultata dannosa per il piano gara del Napoli, anche se ovviamente non avremo mai la riprova.

Il Napoli, abbassato il ritmo, è riuscito ad assestarsi con il proprio fraseggio corto sulla trequarti del City e al 38esimo del primo tempo ha trovato il rigore di Mertens che è stato anche il primo tiro in porta della gara da parte della squadra di Sarri. L’attaccante belga ha poi sbagliato il rigore con un tiro sciatto, ma quell’evento è stato comunque importante psicologicamente perché ha permesso al Napoli di venire fuori da quella che sembrava l’inizio di una goleada.

La sicurezza e la precisione nel palleggio da parte del Napoli hanno risolto anche il tranello tattico innescato da Guardiola con la posizione di Delph. Con il City privato del possesso e per più tempo in fase di difesa posizionale, il centrocampista inglese si è ritrovato infatti a dover fare il terzino tradizionale, in imbarazzo nel contenere i continui movimenti di Callejón.

Le cose sono migliorate ulteriormente nell’ultima mezz'ora di gioco, soprattutto grazie all’entrata di un Allan molto aggressivo in pressione (al posto di Insigne, infortunato), che spingeva ulteriormente l’inerzia della gara a favore del Napoli. Il City era quindi costretto ad abbassare il suo baricentro, a giocare il pallone sempre più vicino alla propria porta, portando Ederson a provare pericolosi filtranti in verticale.

Ederson riceve con la squadra bassa e sotto pressione e trova sempre meno linee di passaggio libere in verticale. Il passaggio che trova è solo un espediente per rifiatare e non aiuta la costruzione della manovra perché chi riceve è spalle alla porta.

Senza il vantaggio territoriale, per il City sono riemersi anche i fantasmi della stagione passata, a partire da quella fragilità in transizione negativa che sembrava definitivamente superata.

Inerzia ribaltata

Guardiola ha provato a rimescolare le carte inserendo Bernardo Silva, cercando quindi di spezzare con i suoi strappi il ritmo non altissimo assunto dalla gara, proteggendo il pallone di pura tecnica. Per quanto può sembrare paradossale a un primo sguardo, insomma, l’ingresso del portoghese doveva servire ad aumentare il controllo e gestire il risultato.

Ma l’entrata del portoghese non ha portato i benefici sperati, con il Napoli che ormai aveva preso il controllo del possesso e il City che non riusciva quindi più ad assestarsi nella trequarti avversaria.

Con il pallone tra i piedi, il Napoli faceva girare il triangolo di sinistra alla perfezione, attraverso i movimenti puntuali di Hamsik e la conduzione furiosa di Ghoulam, che hanno portato al rigore del 2-1. Il gol che accorcia le distanze è segnato da Diawara con freddezza, dopo aver chiesto esplicitamente di batterlo. Un atteggiamento da grande giocatore, soprattutto se si considera che è stato il suo primo gol in assoluto a questi livelli.

Con il gol l’inerzia è cambiata definitivamente e anche l’entrata di Gündogan non ha fatto altro che aggiungere un nome sul tabellino del direttore di gara. Negli ultimi minuti è subentrata anche la stanchezza e le due squadre hanno finito per allungarsi, con verticalizzazioni immediate una volta recuperata palla a centrocampo.

Le due azioni che esemplificano questa fase della gara sono: i tre passaggi con cui il City arriva dal centro del campo alla conclusione di Jesus (gol annullato per fuorigioco); e i due passaggi con cui il Napoli passa dal recupero palla di Allan nella propria metà campo al tentativo di pallonetto di Mertens al limite dell’area del City. Una fase che ricorda molto un duello di scherma in cui però nessuno dei due contendenti riesce a trovare la stoccata vincente.

Il risultato finale lascia molte incognite sul cammino futuro del Napoli in Champions League, considerando anche la vittoria dello Shakhtar a Rotterdam nell’altra gara del girone. Con tre punti da dover recuperare agli ucraini e un City ormai in volata a punteggio pieno, il Napoli rischia di dover vincere tutte e tre le restanti partite per poter passare agli ottavi, un’impresa tutt’altro che facile considerando la qualità del gioco di entrambe le pretendenti.

Il Napoli, però, non può che trarre fiducia dalla sua prestazione, se si esclude ovviamente quella prima terribile mezz’ora di gioco. La squadra di Sarri, dopo aver subito l’urto avversario, è apparsa più matura e convinta rispetto alla sconfitta di Madrid la scorsa stagione e può strappare una vittoria anche contro questo City al ritorno, al San Paolo.

Il grande pallino nell’area del City è il tiro di Hamsik salvato da Stones, la più grande occasione da gol della partita del Napoli.

Per Guardiola invece questa partita è la conferma che il gioco del City è quest’anno all’altezza della sua ambizione. Se contro il Napoli può bastare una mezz’ora di dominio assoluto per vincere la partita, però, non sarà così con i più grandi top club europei. Il City deve migliorare la sua varietà di gioco, passando per un migliore inserimento di Bernardo Silva e Gündogan, e migliorare la sua solidità in transizione quando perde il controllo o abbassa il ritmo. Questo sarà ancor più vero in primavera, quando l’importanza di alternative tattiche al sistema attuale diventerà fondamentale. Abbiamo già visto in passato, col Bayern Monaco, come i sistemi di Guardiola possano funzionare come orologi automatici fino a gennaio, per non superare poi la prova della primavera.

La partita, con le due squadre che si sono alternate nel controllo, ha fornito a entrambi gli allenatori diversi spunti per migliorare il proprio gioco, che comunque è già a un elevatissimo livello di complessità, tale da produrre uno spettacolo che è raro vedere su un campo da calcio. Al di là delle partigianerie del caso, dovremmo essere grati agli allenatori e ai giocatori che ieri l’hanno messo in scena, perché è soprattutto per questo che seguiamo questo sport.

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