Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Charles Onwuakpa
Ci ricorderemo a lungo di Manchester City - Tottenham
18 apr 2019
18 apr 2019
Le squadre di Guardiola e Pochettino hanno dato vita a una partita leggendaria.
(di)
Charles Onwuakpa
(foto)
Dark mode
(ON)

Ieri Manchester City e Tottenham hanno dato vita ad una partita leggendaria, che ha visto le squadre di Guardiola e Pochettino sfidarsi a viso aperto e senza esclusione di colpi, con tanto di errori individuali e prodezze tecniche. Un autentico spettacolo per l'osservatore neutrale, e una montagna russa emotiva inimmaginabile per i tifosi, con due squadre che, nonostante l'organizzazione, hanno finito per confermare la legge secondo cui in Champions League finiscono per pesare molto più gli episodi.

 

Alla fine sono stati gli "Spurs" a passare soprattutto grazie al vantaggio ottenuto all'andata, dove erano riusciti a vincere in casa per 1-0, anche se dopo 90 minuti di pura sofferenza. Per capire l’incredibile tasso emotivo a cui abbiamo assistito ieri sera in Manchester City-Tottenham, basterebbe soffermarsi sui secondi successivi all’annullamento del gol di Sterling al 93esimo, che avrebbe permesso al City di accedere alla semifinale una manciata di secondi prima della fine dell'incontro: la gioia incontenibile di Guardiola si è velocemente trasformata in autentica incredulità, mentre Pochettino ed Eriksen tiravano un grande sospiro di sollievo.

 



 

Per il secondo anno di fila, i Citizens sono stati eliminati ai quarti di finale da una squadra inglese, dovendo così dire addio al sogno di vincere quattro trofei in una sola stagione. Gli "Spurs", invece, approdano alla prima semifinale di Champions League della propria storia: un risultato incredibile in termini assoluti, e insperato anche solo fino a pochi mesi fa.

 

Pochettino ha effettuato due cambi forzati rispetto all’undici iniziale della gara d’andata, con gli ingressi di Wanyama e Lucas Moura per gli infortunati Winks e Kane ed il passaggio dal 4-2-3-1 al 4-3-1-2. Ci sono state delle novità anche nella 4-3-3 di partenza del City: Kompany e Mendy hanno sostituito Otamendi e Delph, mentre Guardiola ha confermato il centrocampo schierato nel weekend contro il Crystal Palace con Gündoğan davanti alla difesa più De Bruyne e David Silva mezzali; davanti spazio a Bernardo Silva, Agüero e Sterling.

 



È difficile riuscire a dare una spiegazione razionale dei primi 21 minuti della partita, durante i quali sono stati messi a segno ben cinque dei sette gol complessivi: se era lecito aspettarsi un inizio arrembante dei padroni di casa (come spesso accaduto in stagione), ha sorpreso la bravura (e, in parte, la fortuna) degli ospiti nel rispondere immediatamente agli attacchi avversari. In questo senso, Manchester City-Tottenham è assomigliata a un incontro di boxe: i "Citizens" hanno iniziato furiosamente, sferzando una serie incessante di colpi, mentre gli "Spurs" provavano a incassare, rispondendo nei momenti di incertezza che rompevano l'apparente controllo degli avversari.

 

Rispetto alla gara d’andata, in cui il City aveva faticato a proporsi con continuità nella metà campo avversaria per colpa di una circolazione lenta e sterile, stavolta la squadra di Guardiola ha mosso velocemente e meglio la palla sfruttando i difetti strutturali del Tottenham in fase di non possesso.

 

La squadra di Pochettino ha cercato di difendersi bassa senza però essere troppo passiva, ripiegando in un 4-3-1-2 abbastanza compatto e con un baricentro medio, cercando di controllare la zona centrale del campo e di non farsi schiacciare troppo. Son e Lucas si orientavano verso Kompany e Laporte, mentre Eriksen marcava Gündoğan alle loro spalle. Qualche metro più indietro, Alli e Sissoko schermavano De Bruyne e David Silva, con Wanyama pronto a coprirli quando uscivano in pressione sul terzino di riferimento.

 

Pur riuscendo a controllare abbastanza bene le percussioni centrali del City, gli "Spurs" hanno sofferto i loro attacchi dalle fasce, sia negli isolamenti di Bernardo Silva e Sterling contro Rose e Trippier che nella difesa dell’area di rigore sui cross, con una marcatura a zona “pura” che finiva inevitabilmente per scoprire il lato debole.

 

[gallery columns="5" ids="43874,43875,43876,43877"]

Le dinamiche dei due gol di Sterling: sul primo, De Bruyne riceve palla sulla fascia, effettua una triangolazione con Agüero e taglia il campo palla al piede, trovando l’ala inglese in isolamento; sul secondo, il belga batte velocemente una punizione sulla trequarti avversaria e si sovrappone esternamente a Bernardo Silva, pescando sempre Sterling sul secondo palo con un cross basso e teso.


 

Il Tottenham è riuscito a reagire all'iniziale gol di svantaggio punendo i due gravissimi errori di Laporte (autore di una stagione fin a quel momento impeccabile) con uno spietato cinismo: nel primo caso, il centrale francese ha sbagliato il disimpegno su un tentativo di verticalizzazione di Alli verso Eriksen vicino all’area di rigore del City, servendo un assist involontario per Son che di prima intenzione ha battuto Ederson. Nel secondo, invece, il centrale francese ha sbagliato il primo controllo su uno scarico orizzontale di Bernardo Silva innescando una ripartenza corta per gli ospiti che il sudcoreano è riuscito a capitalizzare, come sempre gli capita in queste ultime settimane.


 

Come vediamo, quindi, le prime tre reti sono state nate da errori difensivi o rimpalli fortunosi (senza contare poi la grande freddezza degli attaccanti nel sfruttarli, come Sterling sull'1-0 e Son sull'1-2), e questo è segno di come la tensione emotiva e pressione abbiano influenzato notevolmente l’andamento della sfida.

 

Dopo i primi 10 minuti in cui le due squadre sembravano potersi segnare in qualsiasi occasione, la partita è entrata in una fase più tranquilla, in cui il Tottenham è riuscito a prendere il controllo, forse anche tranquillizzato dal vantaggio acquisito con i due pesanti gol segnati in trasferta.


 

Pochettino scopre le sue carte
Subito dopo il secondo gol di Sterling, che ha rimesso il risultato sul 2-2, Pochettino ha cambiato l’assetto tattico dei suoi passando al 4-4-1-1: con questa nuova disposizione, Alli a iniziato ad agire da trequartista alle spalle di Lucas mentre Son ed Eriksen si sono allargati. Le due ali, però, hanno adottato atteggiamenti diversi tra loro: il sudcoreano, infatti, si teneva molto largo a sinistra, mentre il numero 10 agiva nel mezzo spazio destro, ed era Trippier da quel lato a dare ampiezza.


 

A non cambiare, invece, sono stati i principi di gioco della squadra di Pochettino: in fase di possesso il Tottenham ha mantenuto un approccio diretto, cercando di verticalizzare alle spalle del centrocampo avversario e sfruttare le solite combinazioni veloci dei suoi giocatori tra le linee. Dal punto di vista difensivo, inoltre, il nuovo assetto ha reso più sicura la gestione delle fasce, con Lucas in marcatura su Gündoğan e Sissoko ad assorbire i tagli interni-esterni di De Bruyne.


 


Il 4-4-1-1 degli Spurs in fase di non possesso.


 

Non è un caso, in questo senso, che l’infortunio muscolare del centrocampista francese poco prima della fine del primo tempo abbia sbilanciato il Tottenham, costringendo Pochettino a inserire Llorente in attacco e a abbassare Alli in mediana. La mossa di Pochettino, che nelle intenzioni voleva garantirsi un riferimento fisso in attacco forse per permettere alla sua squadra di risalire il campo con più facilità, però non ha del tutto funzionato. L’ex-Swansea ha vinto solo 2 duelli aerei su 6 tentati e non è riuscito a reggere fisicamente la pressione della difesa del City, e in questo modo gli "Spurs" hanno finito per abbassarsi progressivamente ed attrarre la pressione offensiva (con e senza palla) dei padroni di casa.

 


Per rompere definitivamente la resistenza del Tottenham ci è voluto però il talento di De Bruyne, che si è preso la scena all'inizio della ripresa. Il belga ha intelligentemente sfruttato i limiti di Alli (troppo attratto dal pallone) in fase di difesa posizionale, alzandosi con regolarità alle spalle del centrocampista inglese e seminando il panico tra le linee con le sue incredibili conduzioni palla al piede.

 

Al minuto 53 ha costretto Lloris ad effettuare una parata complessa con la mano di richiamo su un tiro molto pericoloso da fuori area e poi, sei minuti più tardi, ha servito il suo terzo assist della serata con un bel filtrante verso Agüero che, calciando il pallone di collo esterno e di prima intenzione, ha sorpreso il portiere francese sul primo palo.

 

 


[gallery columns="4" ids="43880,43878,43879"]

De Bruyne riceve alle spalle di Alli, conduce il pallone resistendo alla pressione avversaria e serve l’assist per il movimento in profondità del Kun.


 

In un contesto frenetico, persino più frenetico di quello della Premier League e che ha messo in difficoltà due trequartisti cerebrali come Eriksen e David Silva, è stato il belga a prendersi la copertina di MVP, con una prestazione nuovamente ai livelli della scorsa stagione dopo la lunga assenza per infortunio quest’anno.

 


La partita di De Bruyne: 3 tiri (di cui 2 nello specchio), 3 assist, 4 passaggi chiave, 3 dribbling riusciti (su 4 provati), 2 contrasti vinti (su 4 tentati).


 


La cattiva gestione del City ed il peso degli episodi


Con il gol del 4-2, che in quel momento garantiva al City il passaggio del turno, Guardiola ha deciso di cambiare atteggiamento: con l’ingresso di Fernandinho i "Citizens" sono passati ad un 4-4-2 difensivo, spostando De Bruyne nel ruolo di seconda punta e concedendo più possesso palla agli ospiti. Forse era un modo per invitare il Tottenham a scoprirsi, o forse era un rimedio per la stanchezza, fatto sta che da quel momento in poi il City è stato piuttosto passivi e ha subito il ritorno degli "Spurs", che hanno inaspettatamente trovato il gol della qualificazione al minuto 73 con Llorente, che (secondo la valutazione dell’arbitro Cakir dopo una lunga consultazione ed “on-field review” col VAR) ha deviato in porta il cross di Trippier su calcio d’angolo. C'è da dire, inoltre, che il corner è stato causato da una cattiva uscita di Ederson, che non è riuscito a smanacciare bene il pallone sotto pressione.

 

Al di là delle polemiche arbitrali sull'episodio che di fatto ha deciso la partita, quello che rimane è l’atteggiamento poco previdente del City nella gestione dei momenti e delle energie: nei primi 20 minuti della ripresa i Citizens hanno effettuato 5 tiri (2 in porta) e completato 53 passaggi (22 nell’ultimo terzo di campo), subendo zero tiri e concedendo appena 15 passaggi, di cui 4 nella propria trequarti. Nei 17 minuti antecedenti al 4-3, invece, hanno subito 4 tiri (tutti nello specchio), concesso 55 passaggi (17 nel suo terzo di campo) e commesso ben 4 falli (zero nel precedente spezzone di gara).

 

In sintesi, pur avendo dominato la partita sia dal punto di vista territoriale (completando ben 131 passaggi nella trequarti avversaria e concedendone soltanto 46) che delle occasioni create, il City non è riuscito è passare il turno, dimostrandosi incapace di gestire il ritmo della partita, e finendo quindi per subire gli episodi invece di sfruttarli a proprio favore.

 

Alla fine dei 180 minuti, la somma degli eventi ha premiato il Tottenham di Pochettino, che tra mille infortuni (soprattutto quello di Kane) ha mostrato diversi miglioramenti nelle letture delle partite durante la competizione, cosa che gli era mancato lo scorso anno, per esempio contro la Juventus. Non solo gli "Spurs", ma anche il tecnico argentino sembra cresciuto in questi anni, riuscendo a dare credibilità e competitività ad un club deriso in patria per essere perdente da sempre.

 

L’ennesima eliminazione di Guardiola dalla Champions League, invece, porterà a inevitabili discussioni e riflessioni sul suo valore e sulla sua legacy futura. È vero che all'andata l’approccio conservativo non ha pagato, ma è allo stesso modo vero che ieri il City ha fatto tutto il possibile per vincere e ne è uscito comunque con le ossa rotte. La squadra di Guardiola è stata punita non solo dall'inesperienza e dalla sfortuna, ma anche dallo stato di grazia di Lloris e da una serie di disattenzioni inaspettate. Insomma, forse non c'era molto da fare.

 

Poco varrà far notare che mai come quest'anno Guardiola ha pagato quelle variabili su cui un allenatore non può e non potrà mai farci niente: il talento degli avversari, gli infortuni, gli episodi sfortunati. Quanto meno ironico per un tecnico che vive il suo lavoro con l'aspirazione utopistica di avere un controllo totale su questo sport.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura