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L'Union Saint Gilloise è campione, che la festa cominci
27 mag 2025
Dopo tante vittorie mancate l'USG ce l'ha fatta nell'annata meno attesa.
(articolo)
12 min
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Foto di Diego Ravier
(copertina) Foto di Diego Ravier
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Tre volte di fila. Per tre stagioni consecutive, l’Union Saint Gilloise (USG) è arrivata alla fine del campionato belga con delle possibilità di vincere lo scudetto in casa.

Nel 2022, lo ha fatto da neopromossa e a lenire la sconfitta c’è stata la sorpresa per un ritorno nella massima serie andato oltre ogni rosea aspettativa. Lo scorso anno sperava in un passo falso della capolista Club Brugge che non è arrivato, ma la stagione era già stata un successo per la conquista della Coppa del Belgio dopo decenni senza trofei.

La sconfitta del 2023, invece, è stata quella che ha fatto più male, sportivamente parlando.

L’USG era avanti in classifica e affrontava il Brugge. Il gruppo ultras degli Union Bhoys aveva organizzato un corteo per accompagnare il pullman della squadra allo stadio e l’atmosfera era quella delle grandi occasioni al piccolo, ma caldo stadio Joseph Marien. L’Union era andata in vantaggio e, nell’altra gara decisiva della giornata, l’Anversa pareggiava. I tifosi gialloblu già sognavano di vedere atterrare a Bruxelles l’elicottero che trasporta il trofeo e fa la spola tra le due città dove si gioca.

Poi, in pochi minuti, al Marien è calato un silenzio assordante.

Il Brugge pareggiava, poi segnava altre due volte fino all’1-3 finale mentre ad Anversa Toby Alderweireld piazzava un gol all’ultimo minuto che per i fiamminghi significava scudetto.

Domenica, quando l’USG si è ritrovata nella stessa identica situazione, in molti sulle tribune del Marien devono aver ripensato a quei momenti. Il copione sembrava ripetersi, e la maledizione proseguire.

E, invece, dopo nuovi lunghissimi minuti di paura e tensione, il finale questa volta è stato diverso e l’elicottero è finalmente atterrato a Bruxelles. I padroni di casa, infatti, hanno battuto 3-1 il KAA Gent: a 90 anni esatti dall’ultima volta, l’Union è tornata a essere campione del Belgio e a Saint Gilles è esplosa la festa.

***

A essere differente quest’anno non è stato solo l’esito del finale di campionato, ma anche il modo in cui l’USG ci è arrivata. Nelle tre precedenti stagioni i gialloblù erano sempre arrivati primi al termine della cosiddetta stagione regolare. Avevano già dato il massimo e poi avevano fatto prestazioni più o meno efficaci durante i play-off, che prevedono un girone all’italiana tra le migliori classificate. Non era mai bastato.

Il 2024/25 dell’Union, invece, è iniziato in sordina, dopo l’ennesima girandola di allenatore e giocatori che caratterizza ormai da anni il calciomercato degli Unioniste. La proprietà, legata all’imprenditore inglese Tony Bloom che possiede anche il Brighton, è molto attenta ai conti e vende spesso i pezzi migliori. I tifosi ormai sono abituati e ci scherzano, ma la scorsa estate la partenza è stata meno brillante delle precedenti.

Il nuovo allenatore, l’esordiente belga Sebastien Pocognoli (che aveva chiuso la sua carriera da giocatore proprio all’Union nel 2021) ha sempre chiesto pazienza, l’ambiente gliel’ha concessa e la seconda metà di stagione è andata molto meglio.

«La svolta è stata la partita col Nizza», ha spiegato l’energico centrocampista Noah Sadiki sui social della squadra, riferendosi alla vittoria di Europa League di metà dicembre, arrivata grazie a un gol all’ultimo minuto del bomber croato Franjo Ivanovic.

Dopo la pausa invernale del campionato belga, l’Union è andata in continuo crescendo, fino ai playoff, cominciati in terza posizione. La squadra di Pocognoli è arrivata all’ultimo match della post-season con otto vittorie su nove incontri, 19 gol fatti, due soli subiti e, soprattutto, un prezioso punto di vantaggio sul Club Brugge.

Numeri che, a Saint Gilles, hanno fatto crescere l’attesa.

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Domenica, i colori gialloblù iniziano a vedersi fin dal mattino nei bar e al mercato di Saint Gilles, quartiere a sud di Bruxelles. Maglie, sciarpe e volti pitturati crescono col passare delle ore e i tavolini delle numerose brasserie vengono presi d’assalto, complice il sole che fa capolino.

Sulla piazza della maison communale che, all’inizio della storia della società ha anche ospitato il suo campo da gioco, è stata allestita una zona per i tifosi con un maxi schermo. L’hanno chiamata “zwanze zone”, in onore della zwanze, l’umorismo autoironico tipico di Bruxelles e del suo stile di vita che non si prende mai troppo sul serio. Più tardi, l’affolleranno circa 4mila persone, poco meno della metà di quelle che hanno trovato posto dentro lo stadio dell’USG, che ha solo 9.400 posti.

I giorni che hanno portato all’incontro sono stati segnati anche dalle polemiche per i prezzi dei biglietti che giravano sui siti di reselling. RTBF, l’emittente pubblica francofona belga, ha dato notizia di tagliandi costati 23 euro e rimessi in vendita a oltre mille. «È scandaloso», hanno commentato alcuni tifosi storici, ma la faccenda dice molto della crescita di popolarità avuta dall’Union negli ultimi anni, con tutti i suoi pro e contro.

Il radicamento in quartiere, però, esiste ancora. Il sacerdote della chiesa di Saint Gilles domenica inizia la messa mattutina ricordando ai fedeli «l’importante giornata sportiva» e augurandosi che la vittoria dell’USG possa portare «amicizia e fraternità» nella comunità.

La chiesa è la stessa che papa Francesco ha visitato a sorpresa nel corso del suo viaggio in Belgio lo scorso settembre. L’allora pontefice aveva incontrato i volontari della parrocchia che aiutano le numerose persone senza dimora del quartiere, ma anche il bourgmestre di Saint Gilles. Quello che, in Italia, sarebbe il sindaco aveva donato a Francesco una maglia dell’Union. Il giorno dopo, i gialloblù vinsero la loro partita di campionato e il capitano Moris, a fine gara, «forse la visita del Papa ci ha aiutato». Zwanze.

Che il capitano unionista ci credesse o meno, questa volta i giocatori dovranno fare da soli. Mentre, tra i tifosi, c’è chi si affida alla scaramanzia.

Tomas, per esempio, ha fatto notare che la parata pre partita del 2023 non aveva portato particolarmente bene. Ma si è deciso comunque di rifarla.

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Il pullman avanza lungo il viale alberato che porta allo stadio, tra i fumogeni gialli e blu degli ultras. Sulla fiancata, la scritta «De Bruxelles la fiertè» (l’orgoglio di Bruxelles, in francese) e il palmares del club, con 11 campionati vinti e tre coppe del Belgio.

Ad accoglierlo ci sono innanzitutto i Bhoys. Sono un gruppo atipico, non si scontrano praticamente mai con nessuno e non cantano nemmeno contro gli avversari, solo per l’USG. Ciononostante alcuni dei suoi componenti più giovani si presentano col volto coperto da dei passamontagna. Ironizzando sulla loro età, qualcuno commenta che li usano «per non farsi riconoscere dalle madri, più che dai poliziotti». Zwanze.

Dietro i Bhoys, i tifosi sono eterogenei come capita spesso al Marien: famiglie con bambini, hipster in bicicletta a scatto fisso, tifosi storici. Partecipano alla parata di qualche centinaio di metri anche alcune persone in carrozzina. Un’anziana signora osserva dalla finestra perplessa, indecisa se rispondere ai saluti dei tifosi. Fumogeni, cori, qualche petardo, ma il clima è rilassato, come sempre all’Union.

A differenza del solito, invece, lo stadio si riempie con largo anticipo. È tutto esaurito, ovviamente. Qualcuno si imbuca scavalcando le recinzioni che danno sul Parc Duden e sono un po’ nascoste dagli alberi. Qualcun altro si è appollaiato sulle scale di un edificio all’interno del parco e qualcun altro ancora prova a guardare direttamente dal balcone del proprio appartamento, tanto lo stadio è accanto alle case.

Anche i tifosi ospiti sono in discreto numero, considerato che la partita ormai non conta più nulla per loro. Sono in vacanza, e lo mostrano portando in curva una serie di gonfiabili da mare, tra cui uno a forma di pene. Tra i titolari del Gent, c’è anche un ex attaccante dell’Union, Dante Vanzeir, che ha segnato per i giallo blu diverse reti tra 2020 e 2023. «Spero che l'Union diventi campione, ma non ho intenzione di aiutarla a vincere», ha dichiarato prima dell’incontro. Presto anche i suoi tifosi fanno capire che preferiscono di gran lunga che il titolo vada all’Union piuttosto che ai rivali fiamminghi del Brugge.

È in questo clima che l’Union inizia il match con intensità e all’undicesimo minuto va subito in rete, con Ivanoic che insacca dopo un corner. Il Marien esplode e arriva anche la notizia che il Brugge sta perdendo. In Tribuna Est, la più calda, c’è chi inizia ad invocare l’elicottero. I padroni di casa, però, perdono intensità e, poco prima della pausa, un errore del difensore giapponese Machida porta il Gent ad un inatteso pareggio. E anche il Brugge fa altrettanto.

I fantasmi del passato ritornano.

Ma durano più o meno il tempo che serve al Marien per prendere le birre dopo la solita e infinita coda.

Pocognoli carica i suoi nell’intervallo e poi, al 58’, fa i cambi che decidono la gara: entrano il centrocampista Castro Montes e, soprattutto, l’enorme attaccante canadese Promise David. Passano dieci minuti esatti e David trasforma praticamente il primo pallone che tocca, infilando la porta del Gent con un destro propriziato dal fantasista El Hadj. Poco dopo, segna di nuovo, questa volta di testa. È il 75’, ed è fatta.

David è l’eroe della partita, ma lo scudetto è una conquista collettiva in cui tanti giocatori, in momenti diversi, hanno dato il loro contributo fondamentale. A gestirli sapientemente Pocognoli, che alla sua prima stagione centra un obiettivo clamoroso e, infatti, il giorno dopo riceverà anche il premio come miglior allenatore del campionato, ai Pro League Awards.

Poco, come veniva soprannominato già da giocatore, al fischio finale si commuove.

Intorno a lui, la festa è grande, il campo invaso e il trofeo alzato. Tante sono le bandiere con le nazionalità dei giocatori e tante sono le lingue che si sentono parlare sul prato del Marien. E l’italiano ovviamente non manca.

Paolo, per esempio, festeggia insieme ai figli. «Quest’anno è stato perfetto: abbiamo vinto due scudetti», dice riferendosi a quello del Napoli, di cui è tifoso. «Abitiamo a Saint Gilles e siamo abbonati da quando l’Union è stata promossa», racconta. Suo figlio sogna che le tifoserie delle sue due squadre del cuore si gemellino, intanto, l’anno prossimo potrebbero incontrarsi in Champions League. 

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«Malgrado anni di serie minori, abbiamo saputo mantenere uno spirito, un’identità, una tradizione», ragiona Fabrizio. Tifoso dell’USG da molti più anni di Paolo e gran conoscitore della storia del club, che spesso narra sui social, parla mentre la folla si incammina per spostarsi dallo stadio alla piazza della maison communale. «Poco a poco, nel ventunesimo secolo, c’è stato un rinnovamento nella tifoseria, un cambio generazionale e geografico, progressivo, che in questi ultimi anni ha preso uno sviluppo terribile», dice mentre viene interrotto da una musica a tutto volume.

Un tifoso che abita sulla via dello stadio ha messo alla finestra un impianto stereo notevole e ora, di fronte a casa sua, un gruppo di ragazzi balla scatenato. È l’esempio migliore di quello che dice Fabrizio. Anche se il meglio della festa deve ancora venire.

Di fronte alla maison communale, la piazza è colma. E anche qui la musica pulsa. Dalla scalinata dell’elegante palazzo che ospita il governo locale, il colpo d’occhio è notevole, soprattutto per un comune che fa circa 55mila abitanti. Tra fumogeni e fuochi d’artificio, le bandiere dei Bhoys sventolano e, in attesa che arrivi la squadra, a scaldare ulteriormente il pubblico di pensa il loro capo, Kostas. Intona l’ennesimo corro, la folla risponde, lui dice di non sentirla e poi caccia un urlo di gioia.

«È folle! Ho perso la mia voce», dice. «Ero fiducioso che avremmo vinto, mi sentivo che era l’anno giusto ed è successo». É il miglior momento come supporter dell’USG? «Certo, devo dire di si», risponde. «Ma ricordo anche che 12 anni fa abbiamo vinto una partita che, se non fosse andata così, oggi non saremmo qui». Il riferimento è al momento in cui l’Union ha rischiato di retrocedere dalla terza alla quarta divisione belga e quindi di sparire. A salvarla furono, prima, un pareggio al 95’ siglato da un italiano che oggi lavora per la Commissario Ue. E, poi, una vittoria nell’ultimo spareggio salvezza. «Anche quello fu un gran momento. Non dimentichiamo il passato», conclude Kostas.

Poi, arrivano i campioni. Il trofeo è saldamente nelle mani di Pocognoli, seguito da tutti i giocatori che si affacciano alla balconata. Il microfono passa di mano in mano e i cori si susseguono. Pocognoli lancia il più famoso, quello che comincia con il pugno alzato e le parole: «Bruxelles, ma ville, je t’aime…». Il portiere e capitano Moris invece sceglie quello con cui si celebrano i gol, lui che in questi playoff ne ha presi davvero pochi: «Ici, ici c’est Saint Gilles». El Hadj opta per un «Campeones, campeones, olè olè olè», che a tratti sembra persino cantato in italiano (ma, a pensarci, potrebbe essere colpa delle birre vista l’ora…).

La festa vive anche dei momenti di puro surrealismo belga. Il primo è quando Johnson dei Righeira canta Vamos a la playa di fronte alla folla impazzita. La canzone è da tempo un inno dei tifosi dell’Union e, a sua volta, Johnson è diventato da qualche anno un fan dei gialloblù. «L’USG mia ha riconciliato col calcio», dice per spiegare le lacrime che ha versato al fischio finale.

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Il secondo atto surrealista è l’arrivo di Loïc Lapoussin. Giocatore storico dell’Usg fino alla cessione qualche mese fa, Lapoussin ha lasciato il club anche a causa di incomprensioni con Pocognoli, pare legate alla voglia di movida del giocatore. Alla festa, si presenta indossando una sua vecchia maglia dell’Union al contrario, col nome ben in evidenza e subito si mette a ballare, bere e ridere con gli ex compagni. Zwanze.

Lapoussin era uno dei pochi Unioniste rimasti della squadra che nel 2021 è stata promossa. Gli altri ancora in rosa sono Moris, il difensore inglese Christian Burgess e il compagno di reparto belga Guillaume François, che quest’anno ha giocato davvero poco. Il microfono, però, giustamente, arriva anche nelle sue mani e lui sceglie due cori molto significativi. Il primo è l’amato «Restiamo al bar», nel quale sostanzialmente i tifosi ammettono di preferire le birre alla partite. Il secondo, invece, è un coro più antico, ora meno cantato, che fa così:

L’Union n’a pas besoin d’être champion (L'Union non ha bisogno di essere campione)

Pour s’enfiler des litres de houblons (Per tracannare litri di luppolo)

A Kapellen, à Huy ou à Charleroi (A Kapellen, Huy o Charleroi - tre città del Belgio, ndr)

On finira avec la gueule de bois (Finiremo con i postumi di una sbornia)

È un canto che qualche tifoso citava anche l’anno scorso, quando il finale di stagione per l’ennesima volta era stato amaro. Ed è una sintesi efficace di quel che, al netto di cambiamenti e contraddizioni, l’USG continua a rappresentare per molte persone: un’occasione per stare insieme.

Poi, certo, «l’Union non ha bisogno di essere campione», ma quando torna ad esserlo dopo novant’anni… si festeggia! E, infatti, sulla piazza della maison communale di Saint Gilles, dopo l’ennesima emozionante sciarpata, canti e balli proseguono fino a notte fonda. Proprio come ha insegnato Lapoussin.

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