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Gianluca Ciucci
L'ultimo imperatore della ginnastica
20 dic 2017
20 dic 2017
La storia e l'incredibile carriera di Kōhei Uchimura, uno degli atleti più dominanti dei nostri tempi.
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Gianluca Ciucci
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Il sole non tramontava sul regno di Uchimura da circa un decennio, nemmeno una nuvola all’orizzonte del campione più prolifico della storia della ginnastica. “L’imperatore” non conosceva sconfitta dal 2008, se così si può definire un secondo posto all’Olimpiade, quando esordì sul proscenio mondiale dopo aver dominato una Universiade l’anno prima. Ma è bastato un passo falso, l’uscita un po’ abbondante dalle parallele asimmetriche e il tendine d’achille che è saltato schioccando come una corda che si spezza di netto, per far spegnere la luce su Kōhei Uchimura e sul Giappone, 

dopo la caduta del suo imperatore ginnasta.

 



 

Uchimura si è infortunato a inizio ottobre, durante i Mondiali di Montreal, ma dice di voler tornare alle competizioni già a dicembre, e così è stato, il 9 al

, una competizione che si tiene ogni anno nella città che porta il nome della casa automobilistica, al quale il grande ginnasta nipponico è particolarmente legato. «Al momento sto pensando di esserci, ma non voglio forzare troppo il mio corpo», diceva al

 qualche tempo fa. Forse un azzardo eccessivo dopo la rottura di un tendine così importante nella ginnastica, dove con il solo atterraggio dai volteggi si sottopone i piedi a sollecitazioni varie volte superiori al proprio peso, ma a quanto pare è andato tutto bene.

 

Nel frattempo però Kōhei si sta già sottoponendo al normale allenamento della parte superiore del proprio corpo: cavallo con maniglie, parallele e anelli vengono alternati alle sedute di riabilitazione della caviglia. D’altra parte non si viene incoronati imperatori nella ginnastica senza dimostrare di avere una costanza e una resistenza superiori alla norma. Insomma il suo obiettivo è vincere la terza Olimpiade, quella che si disputerà proprio a Tokyo nel 2020. Kōhei vuole tornare padrone il prima possibile, soprattutto dopo che nell’all around, ai Mondiali, c’è stato

di suo dominio assoluto.

 


Oltre il dolore.


 



I Mondiali di Montreal avrebbero dovuto portare Uchimura oltre la leggenda. Il 28enne giapponese, nello stesso impianto che in occasione dell’Olimpiade del 1976 aveva consacrato Nadia Comaneci, avrebbe potuto diventare il ginnasta più vincente della storia. Con le sue 19 medaglie iridate (di cui dieci d’oro), voleva raggiungere il bielorusso Vitaly Sherbo, monumento anni Novanta da 23 podi e 12 vittorie. E invece l’artista di Fukuoka è uscito di scena all’inizio delle qualificazioni, quando la lotta per le medaglie era ancora lontana.

 

Dopo l’esercizio agli anelli gli è stato fatale l’atterraggio, dopo un volteggio nemmeno troppo complicato, almeno per i suoi standard. Si è capito subito che la situazione della caviglia era compromessa, ma Uchimura ha provato a continuare lo stesso perché l’obiettivo era troppo grande e perché la ginnastica si fa molto spesso sfidando il dolore. Ma il dolore è diventato subito lancinante e il giapponese ha iniziato a fare fatica anche a salire in pedana: quando prova le parallele ed esce lo fa su una gamba sola e per forza di cose inciampa. Quando sta preparando la routine alla sbarra, dove lo hanno portato praticamente in braccio i suoi allenatori, è costretto a desistere: persino in volo il tendine reciso non gli consente di competere.

 


Le condizioni di Kōhei tengono col fiato sospeso un paese intero.


 

Addio quindi alla difesa del titolo mondiale, conquistato per la prima volta a Londra 2009 e poi confermato a Rotterdam 2010, Tokyo 2011, Anversa 2013, Nanning 2014 e Glasgow 2015 passando per i Giochi di Londra 2012 e di Rio 2016 (negli anni olimpici non si disputano i Mondiali). In un attimo ci siamo accorti che Kohei è umano, non invulnerabile come un vero imperatore giapponese.

 

«Mi dispiace per tutti coloro che son venuti qui per seguirmi –

(FONTE) – chiedo scusa anche ai miei compagni di squadra. Dopo il volteggio ho avvertito una fitta molto acuta, non riuscivo più nemmeno a camminare. Ho voluto provarci lo stesso, ma è stato inutile».

 



Figlio di due allenatori ed ex ginnasti, per il quale allenarsi «è una cosa naturale come mangiare e dormire», Uchimura è arrivato ai ventotto anni con un fisico che sta cambiando, con un tono muscolare che diminuisce e che richiede più tempo per arrivare al massimo.

 


Mondiali di Tokyo 2011, Uchimura non ha rivali: 3 punti di scarto sul tedesco Boy.


 

È una realtà difficile da accettare per un uomo abituato a dominare l’all around, competizione che comprende ben sei discipline diverse (cavallo con maniglie, anelli, volteggio, parallele, sbarra e corpo libero) e che tende per questo a livellare molto la competizione tra gli atleti, mettendoli alla prova anche con strumenti a loro meno congeniali.

 

Con Uchimura le cose sono cambiate: ogni sua vittoria iridata è stata sempre netta (di solito si lotta sul filo dei centesimi di punto) e addirittura nel 2009 e nel 2011 è risultato il migliore in quattro discipline su sei. Un record quasi impensabile.

 

Ma la parabola della carriera di Uchimura è sembrata in fase discendente già alle Olimpiadi brasiliane del 2016, quando per aggiudicarsi il secondo oro in carriera ha dovuto faticare molto contro l’ucraino Oleg Verniaev, astro nascente della ginnastica. Ne è venuta fuori una gara spettacolare, decisa dall’ultima rotazione alla sbarra. Il giapponese ha vinto realizzando un esercizio dall’altissimo coefficiente di difficoltà, che ha concluso con un'uscita perfetta: doppio teso con doppio avvitamento posandosi sul tappeto come una piuma.

 


Il confronto tra i due esercizi di Verniaev: a sinistra quello delle qualificazioni, a destra quello che ha fatto sfumare la medaglia d’oro.


 

Verniaev arrivava forte di un punteggio di qualificazione di 15.133 e per vincere aveva bisogno di superare 14.899. Il suo esercizio però ha presentato delle sbavature, chiudendo con un saltello che paga 3 decimi di punto e l’oro sfumato per meno di uno. È lo scarto più basso dell’intera carriera dell’imperatore: la differenza impercettibile ma decisiva tra chi riesce a fare la propria migliore prestazione nel momento decisivo e chi arriva secondo.

 



Uchimura sta alla ginnastica come Michael Jordan al basket o Roger Federer al tennis: prima di lui nessuno nella ginnastica - maschile o femminile - aveva mai vinto più di 2 titoli mondiali consecutivi nel concorso generale. Lui ne ha vinti sei.

 


Ritratto di artista da giovane.


 

Quasi da solo è riuscito nel concorso a squadre a riportare il Giappone sul gradino più alto delle Olimpiadi, a Rio 2016, dopo dodici anni di assenza e una serie di secondi posti alle spalle del rivale di sempre, la Cina.

 

Le imprese di Uchimura hanno una risonanza nazionale: in Giappone la ginnastica artistica è una specialità molto seguita e praticata fin dai primi anni scolastici da tutti. È qualcosa che va oltre il semplice sport e che si fonde nella stessa filosofia di vita del Sol Levante.

 

Nel 1961 il governo giapponese approvò una

per preparare il paese ai Giochi olimpici da tenere a Tokyo nel 1964 e portare avanti "lo sviluppo di uno stile di vita luminoso e di alta qualità per i cittadini". Anche grazie a quella legge il Giappone divenne in breve tempo il "regno della ginnastica" grazie ai suoi atleti, capaci di vincere cinque ori di squadra consecutivi alle Olimpiadi e cinque campionati mondiali consecutivi tra il 1960 e il 1978. In questo senso, Uchimura rappresenta l’essenza sportiva del Giappone e non solo.

 

Uchimura, ad esempio, ha assorbito dalla famiglia l’importanza nell’essere un esempio per gli altri. La madre, che insieme al papà Kazuhisa gestisce una palestra vicino Nagasaki, sembra essere molto preoccupata dalla sua conosciuta avversione per le verdure. «Di certo mangia tutte le verdure di cui ha bisogno», ha precisato una volta

.

 

Da suoi racconti si capisce che la ginnastica è da sempre presente nella sua vita. I genitori pensavano in realtà che la vera fuoriclasse sarebbe stata sua sorella e il suo impegno ossessivo agli attrezzi ha la sua radice più profonda in questo sentirsi sottovalutato. Una voglia di rivalsa e di dimostrarsi il migliore di tutti nata fin dalla più tenera età, che da adulto si è evoluta nel costante tentativo di spostare in avanti il proprio limite. Oggi, ad un’età che per la ginnastica è già elevata, la nuova sfida sembrava essere solo dimostrarsi migliore per talento e concentrazione, non più per esplosività. Invece il destino gli ha messo di fronte una prova ancora più dura, che Kōhei ha già accettato: riprendersi da un infortunio grave e vincere ancora.

 


Qualcosa di molto vicino alla perfezione.


 

Davanti ci sono ancora quasi tre anni, le Olimpiadi di Tokyo arriveranno quando Uchimura avrà compiuto 31 anni: se dovesse davvero riuscirsi a ripetere il giapponese scriverebbe definitivamente il proprio nome nell’immortalità. In fondo i campioni assoluti è a questo che puntano: essere ricordati per sempre, diventare metro di paragone per le generazioni a venire.

, ginnasta olimpionico nel 1984 e oggi commentatore per la Nbc «ci sono tanti ginnasti aggressivi, dinamici e fantasiosi ma nessuno assomiglia a Uchimura, nessuno riesce a tenere le gambe tanto dritte e persino gli alluci perfettamente in posizione come fa lui quando esegue quei folli esercizi».

 


L’ora di ginnastica in Giappone.


 



Con la vittoria di Rio 2016 Uchimura ha raggiunto uno status di leggenda che lo accomuna a Michael Phelps e Usain Bolt, anche se in Europa la sua performance nel concorso generale della ginnastica non ha generato lo stesso clamore mediatico. Così come Phelps e Bolt, Uchimura ha cementato la sua legacy nel momento esatto in cui tutti pensavano che la sua carriera stesse iniziando a declinare, ottenendo un risultato che difficilmente altri potranno raggiungere e superare a breve.

 

Prima di lui nessuna ginnasta maschile era stato capace di vincere tutte le competizioni disputate nel quadriennio olimpico, come ha fatto lui per ben due volte a partire dal 2009. Alla fine il suo palmarès conta 15 medaglie d’oro (oltre a 10 d’argento e 5 di bronzo), compresi i podi conquistati con la squadra giapponese e altri titoli mondiali in vari attrezzi. Perché Uchimura è diventato nel corso della sua carriera campione del mondo alla sbarra, al corpo libero e alle parallele, cosa praticamente senza precedenti tra gli uomini. Eccezion fatta per il già citato Vitaly Scherbo, unico uomo a vincere almeno un oro in tutte e otto le specialità della ginnastica.

 


Si può essere il mito di un mito.


 

Lo sconfitto della notte di Rio, Verniaev ha commentato così la gara che gli era sfuggita per un soffio: «

, solo che nessuno lo conosce e non capisco perché».

, prodigio della ginnastica capace di vincere quattro ori e un bronzo in una solo Olimpiade, è arrossita quando l’hanno paragonata al giapponese: «

, tutte lo ammiriamo ma è un essere umano come noi!». Molti atleti della squadra britannica hanno rivelato di basare la propria preparazione su quella di Uchimura. Kristian Thomas, membro della team arrivato terzo a Londra 2012, ad esempio ha dichiarato che: «Uchimura sembra sempre rilassato e felice di stare davanti al pubblico. La sua ginnastica è sempre pulita, letteralmente indescrivibile».

 



Un sovrano ferito.


 

Adesso è troppo presto per dire se l’impero di Uchimura si è concluso col suo grave infortunio o se sia soltanto in attesa di rivedere il suo sovrano. Uchimura si sta allenando, spinto dalla speranza di tutto il Giappone e dalla consapevolezza che gli atleti cinesi sono pronti a usurpare il suo trono. L’ultimo Mondiale è stato vinto proprio dal cinese Xiao Ruoteng, con un 86.933 che non avrebbe sicuramente portato alla medaglia d’oro con il giapponese in gioco. Uchimura può essere battuto solo dalla sfortuna ed ha ancora un’ultima possibilità per rifarsi.

 

 

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