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Perché Luka Modric deve vincere il Pallone d'Oro
28 nov 2018
28 nov 2018
Le ragioni per cui il Pallone d'Oro dovrebbe andare al centrocampista croato.
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6 min
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In occasione della prossima premiazione del Pallone d'Oro abbiamo preparato un ciclo di articoli che descrive le ragioni per cui un candidato meriterebbe il premio. Cominciamo da Luka Modric, il favorito assoluto.

Secondo le indiscrezioni Luka Modric sarebbe nella lista dei tre finalisti per il Pallone d’Oro assieme a Kylian Mbappé e a Raphaël Varane. Fra i tre si parla di lui come il favorito assoluto, dopo anni in cui si è avvicinato al trofeo progressivamente. Il croato si è classificato al diciassettesimo posto nell’edizione del 2016 e al quinto posto la passata stagione. Sia nel 2016 che nel 2017 Modric, vincitore della Champions League con il Real Madrid e protagonista indiscusso della squadra di Zinedine Zidane, era stato oscurato dalla stella di Cristiano Ronaldo. Quest’anno il grande Mondiale disputato dalla Croazia, arrivata in finale, lo ha messo al centro del palcoscenico. Alla fine sembra poter essere davvero Modric il calciatore capace di mettere fine alla diarchia di Messi e CR7.

Nel 2010 la Spagna vinceva il Campionato del Mondo coronando il momento d’oro del calcio spagnolo. La Nazionale aveva già vinto l’Europeo in Svizzera e Austria di due anni prima mentre sulla scena tattica mondiale dominava il Barcellona di Pep Guardiola, una squadra avanguardista, diversa da tutte le altre, e che ha influenzato molti degli sviluppi tattici negli anni a venire. In finale gli iberici hanno battuto la scorbutica Olanda di Van Marwijk con il gol a soli quattro minuti dai calci di rigore di Andres Iniesta.

Quell’anno il Pallone d’Oro sembrava davvero poter andare al campione manchego, che avrebbe certificato il momento di supremazia spagnola sul calcio mondiale. Il premio invece finì per la seconda volta di fila a Lionel Messi. Iniesta si è accontentato del secondo posto, che due anni dopo sarebbe diventato il terzo, dietro, ancora una volta, a Messi e a Cristiano Ronaldo. Un destino simile, nella storia del trofeo, fu quello di Xavi Hernandez, l’altra grande mente del perfetto meccanismo del Barça, giunto terzo per tre anni di seguito tra il 2009 e il 2011. Si era ormai aperta la stagione dei due fuoriclasse, di Messi e CR7, che si sono spartiti equamente il premio per dieci anni consecutivi. Quella stagione è finita e chissà se Modric, riuscirà dove Iniesta e Xavi hanno fallito.

I parallelismi tra il croato e i due spagnoli sono parecchi. Xavi e Iniesta erano, ancor più di Messi, la ragione vera dell’alterità del calcio del Barça rispetto a quella delle altre squadre dell’epoca, grazie alla loro capacità di dominare il possesso palla, muovere gli avversari, associarsi tra loro e il resto della squadra e decidere il ritmo della partita. In maniera analoga, Luka Modric incarna perfettamente Il Real Madrid di Zidane e il calcio di impronta jazzistica che ha dominato in Europa negli ultimi tre anni. Un calcio poggiato su basi tecniche, dove l’abilità dei singoli calciatori è il mezzo con cui la squadra si auto-organizza continuamente e trova le migliori connessioni tra i giocatori per rispondere alle continue e mutevoli esigenze tattiche della partita. Come nel Barcellona di Per Guardiola, anche in questo contesto, pur se basato su basi teoriche differenti, a essere decisiva, assieme alla qualità tecnica, è l’intelligenza spaziale dei giocatori, la capacità di gestire la posizione in campo e la velocità del gioco, influenzando compagni ed avversari.

Nel Real Madrid di Zidane Modric è stato impegnato come mezzala destra al fianco del mediano Casemiro, nel lato debole della manovra della squadra. Il lato forte era, infatti, quello opposto, in cui Toni Kroos si abbassava per creare le geometrie della circolazione del pallone, Benzema, Isco e Cr7 si aprivano a puntellare il possesso e dove Marcelo si assumeva buona parte delle responsabilità creative del Real. Nonostante ciò, l’influenza di Modric nella squadra è stata decisiva. Modric, in questo forse più vicino a Iniesta, può fare ogni cosa al centro di un campo da calcio e il suo talento multiforme - un distillato della sua intelligenza calcistica - gli ha consentito di essere il giocatore perfetto nel sistema di Zidane, abile a giocare ogni fase di gioco.

La sua capacità di scegliere sempre la posizione corretta per permettere alla manovra di avanzare gli permetteva di alternare movimenti verso il basso, per dare un’alternativa a Kroos, sul lato opposto, per la risalita del pallone, a ricezioni negli spazi interni tra gli avversari per dare efficacia e continuità ai vantaggi posizionali conseguiti dai compagni sulla fascia sinistra.

È stato anche capace di muovere il pallone velocemente giocando a uno-due tocchi per dare ritmo alla manovra, di accelerare palla al piede per avanzare lungo il campo o, ancora, di tenere il pallone tra i piedi, per attirare la pressione e, allo stesso tempo, permettere alla propria squadra di ordinarsi, costringendo quella avversaria a creare buchi nella propria struttura difensiva. È stato capace di giocare in egual misura in zone arretrate del campo organizzando gli spazi e i tempi di gioco della sua squadra e più avanti, assumendosi incombenze creative. La sua perfetta interpretazione degli spazi e dei tempi di gioco gli ha consentito di primeggiare persino in fase di recupero del pallone, in cui eccelle nei tempi del pressing e nella riconquista delle seconde palle.

Il discorso di Modric dopo aver vinto il premio di miglior giocatore del Mondiale.

Modric è stato premiato come miglior giocatore del Mondiale. In Russia ha trovato il contesto ideale per esprimersi: una competizione breve, in cui ogni partita è decisiva e il contesto tattico è semplificato rispetto al calcio dei club. Il peso della tecnica e del talento nella lettura del gioco era ancora più importante. La delicatezza nel controllo e nella conduzione palla di Modric, il suo sapiente uso del destro, la sensibilità irreale con l’esterno del suo piede forte, l’utilizzo del corpo e della tecnica per difendere il pallone e attirare vicino a sé gli avversari per liberare i compagni, sono state armi fondamentali per il cammino della Croazia. Così come la sua capacità di interpretare ogni parte nello spartito del centrocampo della sua Nazionale.

È facile immaginare che guardando il giovane Luka, così come è probabilmente successo guardando i piccoli Iniesta e Xavi, qualcuno abbia pensato che fosse troppo piccolo e troppo mingherlino per potere diventare davvero un calciatore di alto livello. E invece tutti sono diventati dei campioni, utilizzando la tecnica e la profonda comprensione del gioco per dominare lo spazio e il tempo dentro un campo da calcio.

Xavi e Iniesta non sono mai riusciti a deporre dal trono del Pallone d’Oro i due giocatori dai superpoteri, Messi e CR7. Adesso sarebbe bello che vincesse Modric, che ad issarsi sulla vetta del mondo non ci fosse un supereroe, ma un giocatore dall’inclinazione diversa, il cui talento, preziosissimo, sia quello di utilizzare la propria tecnica per decidere i ritmi e i destini di una partita e per mostrarci quanto la comprensione profonda del gioco possa essere, in definitiva, la cosa più importante per un calciatore.

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