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Gian Marco Porcellini
Il trionfo inatteso della Lube Civitanova
16 mag 2019
16 mag 2019
La squadra marchigiana ha vinto lo scudetto contro la Sir Perugia e adesso può centrare la doppietta vincendo anche la Champions League.
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Gian Marco Porcellini
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La Lube Civitanova torna a vincere lo scudetto a due anni di distanza. Nel mezzo 7 finali perse e un’incredibile serie, che pareva sul punto di terminare come lo scorso anno, quando la Sir Safety Perugia ha chiuso gara 5 in 3 set facendo valere il fattore campo come in tutte le partite della post season. Invece la Lube ha avuto la forza di ribaltare uno 0-2 e infliggere agli uomini di Bernardi la prima sconfitta interna nei play-off dal 5 maggio del 2016 (gara 2 di finale, Perugia-Modena 2-3), cui sono seguiti 17 successi consecutivi al Pala Barton, replicando, sia pur a ruoli invertiti, la finale di Coppa Italia (Lube avanti di due set sconfitta al tie break) e facendo quindi saltare per la prima volta nella serie il fattore campo grazie al 15-10 ottenuto al quinto set.

 

Una serie tutt’altro che lineare, quindi, dove le squadre hanno alzato e abbassato la qualità della loro pallavolo in maniera alternata, come due piatti della bilancia che non riescono a trovare un punto di equilibrio, e resa ancora più assurda dall’evoluzione di gara 5, che in parte ha sfatato alcuni temi maturati nel corso delle precedenti sfide. Perché Perugia, che ha costruito la sua stagione sul servizio, non è riuscita a chiudere l’incontro nonostante 15 ace, mentre Civitanova, che aveva conquistato le precedenti sfide casalinghe forte di una ricezione perfetta superiore al 33%, ha attaccato al 63% malgrado un misero 10% di rice++ e 19 errori, controbilanciati però da una prestazione mostruosa a muro, ben 18.

 

Se è vero che è stato un peccato non aver mai visto le due squadre contemporaneamente al top, si è trattato comunque di un confronto scandito da sprazzi di altissimo livello, dove abbiamo assistito a una sorta di all star team allargato. In campo, infatti, c'erano due tra i migliori opposti al mondo (cioè Atanasijevic e Sokolov), due tra i migliori palleggiatori (De Cecco e Bruninho), due tra i migliori schiacciatori (Leon e Juantorena), uno dei migliori muratori (Podrascanin), e uno dei migliori attaccanti di primo tempo (Simon).

 



Alla fine ha prevalso la formazione che nei pronostici partiva leggermente più indietro, ma che si è presentata meglio all’atto conclusivo, forte di una convincente semifinale con Trento, chiusa dopo gara 4, e più in generale grazie a un 2019 in costante ascesa. Un epilogo difficile da prevedere, a maggior ragione dopo una prima parte altalenante, culminata con la sconfitta in dicembre nella finale del Mondiale per club per mano di Trento, seguita dalle

 del presidente Fabio Giulianelli, che è arrivata addirittura a dire che «la proprietà non si sente rappresentata da questa squadra e prova solo vergogna». Parole molto dure che avevano portato anche alle dimissioni del tecnico Giampaolo Medei.

 

Il subentrante Fefè De Giorgi, tornato sulla panchina marchigiana a otto anni di distanza dalla sua prima esperienza, ha avuto il merito di rendere Civitanova una squadra maggiormente coesa e imprevedibile in attacco. La rosa in estate effettivamente era stata pensata proprio per aumentare il numero di soluzioni offensive, grazie all’inserimento di Simon al centro, Bruninho al palleggio e Leal in banda, anche a costo di rinunciare al francese Grebennikov, il miglior libero della Superlega (per via della regola che prevede che ci possano essere al massimo quattro stranieri in campo contemporaneamente).

 

Tra le altre, la crescita di Leal è stata la più vistosa: da un ordinario 45,1% in attacco su 259 palloni del girone d’andata, è salito fino al 52,8% su 265 dei play-off, meglio persino di Juantorena (52,5%), eletto MVP di gara 4 e 5. L’ex banda del Sada Cruzeiro è un giocatore dalla biomeccanica particolarmente rigida, che muove le braccia come un mulinello e tende a piegare poco l’avambraccio nel momento dell’impatto con la palla, in possesso però di una buona varietà di colpi, tra cui il mani fuori, in cui sfrutta una buona altezza (misura 2,01 metri e attacca a 3,61 metri) per cercare le mani alte del muro.

 


Per certi versi è singolare l’accostamento di un giocatore quasi automizzato nell’esecuzione delle schiacciate come il cubano naturalizzato brasiliano (che ha realizzato gli ultimi due punti della Lube) all’altra banda della Lube, Osmany Juantorena, raro esempio di eleganza e plasticità.


 

C'è da dire, però, che Leal ha anche rappresentato l’anello debole della ricezione, dove ha mostrato evidenti difficoltà nell’orientare il bagher verso il centro del campo (di media appena il 15,7% di rice++). Per coprire le sue lacune, De Giorgi l’ha sostituito con Kovar dopo il servizio (P3), e in più ha proposto (con alterne fortune) in alcune rotazioni, come la P5 e la P1,

, con Sokolov che si affiancava alla linea dei ricettori, mentre Balaso e Juantorena scivolavano sul lato di Leal, in modo che quest’ultimo coprisse meno campo. Balaso in particolare ha coperto tanto campo in orizzontale, comprese le zone di conflitto, ed è stato il giocatore ad aver ricevuto più palloni della sua squadra nei play-off, un’anomalia per un libero (263 palloni e 27,4%++), capace anche di ottime prestazioni in gara 4 (24% di doppio positiva su 17 palloni) e soprattutto gara 2 (47%++ su 34 palloni).

 



I risultati delle prime quattro sfide sono legati proprio alla

 (che ha influenzato a sua volta le percentuali dell’attacco) e all’incisività del servizio (mortifere le battute a cercare le righe da parte

 e

in gara 2 e 4, così come la float di Cester e Bruno a cercare lo schiacciatore di prima linea), eppure in gara 5 la Lube ha saputo rimontare uno 0-2 malgrado percentuali modeste in ricezione e poche battute punto, con Leal al 56% su 25 palloni, Juantorena al 57% su 21 palloni e Sokolov addirittura al 71% su 24 palloni. I meriti vanno divisi tra il trio di palla alta (Juantorena e Sokolov in particolare, superlativi nella costanza con cui hanno mantenuto ancora una volta simili picchi prestazionali nel corso dell’anno) e un Bruninho tornato a livelli di eccellenza dopo una gara 3 opaca per scelte e alzate.

 

Il muro difesa della Sir ha sofferto il gioco spinto e imprevedibile del palleggiatore brasiliano, che partendo da pattern predefiniti, ha apportato variazioni sul tema con cui spesso e volentieri ha smarcato i compagni. Ad esempio con una ricezione sui 3 metri in posto 3-6 ha alzato una super in banda, intervallata da alcune aperture dietro per Sokolov, specie quando il bulgaro si trovava in seconda linea, mentre con palla vicino alla rete ha optato per il primo tempo o in alternativa un’alzata in 2.

 


La distribuzione di Bruno con palla sui 3-4 metri: prima una super per Juantorena, poi un palleggio dietro per Sokolov. Un rebus irrisolvibile per il muro perugino, che in gara 5 ha fatto registrare appena 6 punti in 5 set.


 

In più i marchigiani hanno stampato 18 muri, quasi lo stesso numero di quelli messi a segno nelle precedenti 4 partite (23), di cui 7 con il solo Simon. Il centrale cubano, malgrado la pesantezza negli spostamenti laterali, è diventato un fattore, al pari di Diamantini, entrato nel terzo parziale al posto di Cester. Anche perché negli ultimi 2 set il gioco di De Cecco ha abusato dei terminali su cui Perugia ha fondato la sua annata, Leon e Atanasijevic.

 

Se il palleggiatore argentino in questo 2018/19 ha avuto il merito di rendere poco leggibile un gioco in realtà piuttosto scontato, anche ripulendo

, martedì sera ha macchiato una bellissima serie scudetto con una regia poco lucida nel quarto e nel quinto set: condizionato da una ricezione spesso spostata verso posto 3-4, ha servito pochi primi tempi (2 attacchi di Ricci e 0 di Podrascanin) e ha trascurato un Lanza che ha chiuso con un discreto 44% (4 palle attaccate a inizio quarto, 0 nel quinto), finendo per imbeccare con scarsa precisione – del resto De Cecco con palla spostata sulla banda è restio a cercare l’opposto

- un Atanasijevic che complessivamente però ha messo assieme più errori (14) che punti (10) e un Leon meno falloso, ma lontano dai suoi standard spaziali (34% su 35 palloni).

 


Qui De Cecco alzerebbe pure un buon pallone in 2, ma il palleggio sorprende Atanasijevic, che viene murato da Kovar.


 



Il muro-difesa di Civitanova in effetti è riuscito a difendere bene la diagonale di Leon grazie a una buona compostezza e dei buoni posizionamenti del primo e del secondo di rete, ben correlati rispetto al terzo di rete, che scendeva sui 3 metri, e al posto 5, che si avvicinava verso posto 4. Ed è stata la prima volta nella serie in cui il sestetto di De Giorgi è stato in grado di limitare l’ex Kazan, che nelle altre 4 gare era arrivato a un incredibile 63,5% su 85 palloni, dando sfoggio pure di alcune pallette e tocchi sporchi che in precedenza aveva mostrato di rado. E che in gara 5, nonostante una prova poco incisiva in attacco, ha pur sempre realizzato 7 ace a fronte di soli 5 errori.

 

Sarebbe tuttavia semplicistico e pretestuoso addossare le colpe sugli uomini di maggior talento e influenza in questa squadra, che poi sono gli stessi che hanno condotto la formazione di Bernardi fino a questo punto, rendendosi protagonisti di una stagione superlativa: Atanasijevic in questo biennio è diventato uno dei migliori (il migliore?) opposti al mondo

nella gestione degli attacchi e una migliore capacità d’analisi del muro difesa avversario, oltre che una crescente applicazione difensiva. Leon, invece, al netto dei conclamati vuoti nei fondamentali di seconda linea, ha cannibalizzato la Superlega - rispettando le altissime quante giustificate attese create dal suo arrivo in Italia - fino a terminare l’anno con un eccellente 57,3% offensivo e 0,96 ace/set.

 

E questo senza contare il rendimento di altri top player, come il già citato De Cecco, o ancora Podrascanin, primo per distacco per percentuale di attacchi vincenti in questo 2018/19 (71,2%) e straordinario nelle letture come

. Che non è forte in senso assoluto, anche a causa dei problemi dei laterali nell’individuare il punto palla e il timing ideale, ma che su ricezione staccata può diventare fastidioso, se non direttamente, almeno attraverso la difesa e il contrattacco.

 



La summa della fase punto degli umbri: servizio di Leon, difesa di Colaci, contrattacco di “Bata” Atanasijevic.


 

Il punto semmai è che gara 5 ha acuito l’idea di una Sir fortemente dipendente dal rendimento di Atanasijevic e Leon, che hanno orientato sul servizio e sulla palla alta una squadra che ad ogni modo sembrava poter vincere il secondo scudetto consecutivo grazie appunto alla

dell’opposto serbo e del martello cubano sul campionato.

 

In altre parole, Perugia non ha trovato giochi alternativi e più in generale quell’equilibrio tra prima e seconda linea che lo scorso campionato aveva faticosamente raggiunto grazie alla crescita di Zaytsev in posto 4 e di Anzani al centro. I loro sostituti, Lanza e Ricci, non sono riusciti a replicare le prestazioni dei due giocatori passati a Modena, con il primo che ha costituito un ago della bilancia tra ricezione e attacco troppo spesso precario. E non è un caso che quando Lanza è saltato in ricezione (come in gara 2, quando è stato messo in crisi dalla float verso posto 1-2, o ancora in gara 4, quando ha ricevuto al 21% e attaccato al 37,5%) è crollato il suo rendimento in attacco e a cascata l’impianto di gioco di Bernardi. In casa Sir occorre dunque una riflessione per capire quale sia il contesto più funzionale, compatibilmente con l’obbligo dei 3 italiani in campo, affinché il collettivo possa esaltare i pregi e nascondere i difetti di Leon e Bata.

 

Civitanova invece non ha neppure il tempo per festeggiare o pensare al futuro, visto che sabato a Berlino disputerà la finale di Champions League contro lo Zenit Kazan campione in carica. Per i cucinieri sarebbe l’occasione di centrare in un colpo solo una clamorosa doppietta e vendicare Perugia, sconfitta proprio dai russi in semifinale.

 

 

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