Nel febbraio del 2016, al suo arrivo al centro di allenamento del Gremio, la macchina di Luan è stata accolta da una pioggia di popcorn e dal grido “pipoqueiro”, venditore di popcorn. Quella del lancio dei popcorn è una delle usanze tipiche dei brasiliani quando non sono soddisfatti delle prestazioni di uno dei giocatori della loro squadra, in particolare quando si rivela poco coraggioso nelle partite decisive. Un anno e mezzo dopo il sentimento dei tifosi è cambiato radicalmente: Luan ha trascinato il Tricolor alla vittoria della Copa Libertadores ed è stato eletto miglior giocatore del torneo. Dopo il gol nella finale di ritorno si è tolto qualche sassolino della scarpa e ha postato su Instagram una foto che lo ritrae con i due trofei, accompagnato da una didascalia che prende spunto da una canzone di un rapper brasiliano: «Non avere paura ragazzo delle favelas, mi hanno criticato, attaccato e umiliato, ma sono andato avanti senza paura e sono stato premiato dagli uomini e benedetto da Dio».
Il trequartista del Gremio ha dominato la finale di ritorno della Libertadores, legittimando ulteriormente il premio di miglior giocatore. Non lo ha fatto solo con le sue giocate spettacolari, come ci si aspetta sempre da un giocatore offensivo brasiliano molto dotato tecnicamente, ma soprattutto con un’intelligenza tattica insolita per il contesto. La vittoria della Copa Libertadores con il Tricolor ha chiuso un cerchio, la parabola di Luan nel continente sudamericano potrebbe aver toccato il punto più alto e sembra arrivato il momento per il grande salto verso l’Europa. I suoi 24 anni potrebbero trarre in inganno, facendo pensare che non possa essere un giocatore di livello internazionale se a quest’età gioca ancora in Brasile, soprattutto in questo periodo storico in cui i talenti verdeoro partono verso l’Europa ancora teenager. Se Luan è ancora in Brasile è perché quando era teenager ancora non giocava a calcio.
L’euforia dei tifosi del Gremio.
Imparare il calcio a 20 anni
Fino a 19 anni Luan era un giocatore di futsal e non voleva avere niente a che fare con il futbol. Un fisico troppo gracile, una sensibilità particolare con la palla e un rapporto idilliaco con gli spazi stretti ne facevano un giocatore più da calcio a cinque che da calcio a undici. Luan è cresciuto senza padre, morto quando lui aveva solo 5 anni, e così è stato uno dei suoi mentori – Alex Sandro Rocha Pinheiro – a portarlo nelle giovanili del Rio Preto all’età di 15 anni, ma dopo un anno passato tra panchina e tribuna la decisione di tornare al futsal, accompagnata da un’enorme delusione, è stata quasi automatica.
Tre anni dopo Pinheiro ci riprova e riesce a farlo includere nella rosa di una delle squadre partecipanti alla Taca Sao Paolo de Futbol Junior, il più importante torneo giovanile della regione di San Paolo; un’occasione importante che Luan ha rischiato di perdere per colpa della precedente esperienza negativa, come lui stesso ha ammesso: «Due giorni prima della chiusura delle registrazioni dissi a Pinheiro che non volevo avere niente a che fare con il calcio a undici, poi è cambiato qualcosa nella mia testa e ho capito che era una possibilità che non ricapita due volte nella vita». Il torneo è la rampa di lancio della carriera calcistica di Luan, che dopo un anno tra i dilettanti viene notato dagli osservatori del Gremio, frenati però dagli evidenti limiti fisici e tattici; nonostante questo Junior Chavare – capo del settore giovanile del Tricolor – ha voluto credere in lui: «Aveva giocato pochissimo su un campo da calcio e non era in grado di sostenere gli esercizi, abbiamo dovuto scommettere su di lui e senza nessuna garanzia di successo».
Un secchissimo Luan (probabilmente non arrivava a 60 kg) ai tempi dei dilettanti parla del momento in cui ha pensato di smettere di giocare a calcio.
Domina nel torneo, chiuso da capocannoniere. Nell’anno passato tra i dilettanti prima del Gremio Luan ha giocato come attaccante centrale, com’è giusto che sia per un giocatore estremamente tecnico e veloce ma senza particolari principi tattici. Non è semplice cambiare prospettiva all’improvviso ed entrare dentro quello che di fatto è un altro sport, ma per Luan l’adattamento è stata un’occasione che non capita spesso ai giocatori maggiorenni non ancora professionisti: a 20 anni ha avuto l’occasione di imparare in una delle più importanti scuole calcistiche brasiliane movimenti e nozioni basilari che i suoi compagni già eseguivano in automatico dai primi anni di giovanili. «Non avevo una buona base. Col Gremio ho partecipato tre volte alla settimana a sessioni intensive sulla tattica e questo mi ha aiutato molto», dice adesso Luan parlando dell’adattamento al calcio a undici. Per un giocatore di futsal intelligente e dotato tecnicamente studiare il calcio a undici in età quasi adulta è come iniziare le elementari a 12 anni: sei in grado di capire le cose più velocemente e da un punto di vista diverso.
Luan però non si è fermato alle basi elementari ma ha continuato a studiare per riuscire ad adattarsi ed è riuscito a sviluppare una sensibilità particolare per gli spazi e i tempi di una partita. Il suo particolare background lo ha aiutato paradossalmente ad avere una maturazione tattica superiore alla media. È un giocatore originale, difficile da leggere per gli avversari ma sempre funzionale per i compagni. Non ha un talento offensivo appariscente, capace di rompere gli equilibri delle partite attraverso le sue giocate. La sua differenza sta nelle letture di gioco.
La scelta di rimanere in Brasile e la svolta alle Olimpiadi
Il ritardo con cui ha iniziato la carriera lo ha spinto a rifiutare diverse proposte dall’estero- specie nel 2015, quando ha iniziato ad avere gli occhi addosso - decidendo di completare la maturazione nel Gremio.
Crescere in Brasile con meno pressioni e più spazio per crescere gli ha permesso di prendersi i suoi tempi, nei quali ha avuto anche dei momenti bassi, come ad esempio la prima parte della stagione 2016, quando appunto i tifosi hanno iniziato a chiamarlo “time pipoqueiro”. Quella versione di Luan (soli 6 gol in 29 presenze stagionali) sembra lontana anni luce da quella dominante di quest’anno (15 gol e 7 assist in 31 partite). In Europa avrebbe avuto meno margine di errore (come insegna il caso di Gabriel Barbosa), in Sudamerica invece ha avuto la possibilità di sbagliare e una giusta seconda occasione che ha sfruttato al meglio: le Olimpiadi del 2016.
La Nazionale di Rio non può fallire, chiamata a sfatare, fra le mura di casa, il tabù olimpico che ha perseguitato il Brasile. Neymar è il capitano di una Nazionale olimpica con una quantità di talento smisurato, specie nel contesto U-23. Gli unici fuoriquota chiamati dal selezionatore Rogerio Micale, oltre a Neymar, sono stati il modesto portiere Weverton, convocato a sorpresa dopo l’infortunio del veterano Fernando Prass ma poi diventato eroe in finale, e Renato Augusto, centrocampista di esperienza che ora gioca in Cina.
In quel Brasile Gabriel Jesus, Felipe Anderson e Gabigol agiscono alle spalle di Neymar, schierato come prima punta nel 4-2-3-1; tanti giocatori che amano avere la palla tra i piedi, primo tra tutti Neymar, che spesso abbandona la posizione di centravanti attirato dal pallone. Le prime partite del girone sono due deludenti zero a zero contro Iraq e Sudafrica e la pressione è altissima perché il Brasile rischia di non passare un girone veramente agevole nell’Olimpiade di casa. Per cambiare rotta Micale inserisce Luan al posto di Felipe Anderson come trequartista centrale nella sua formazione per l’ultima partita del girone contro la Danimarca, in cui i verdeoro sono obbligati a vincere. Luan riesce a riportare l’equilibrio nell’attacco confusionario e talentuoso del Brasile: prende il posto di Gabigol e Gabriel Jesus sulle fasce, lasciandogli spazio per i tagli verso il centro, occupa invece lo spazio da centravanti quando Neymar è attirato dal pallone; occupa gli spazi lasciati liberi dai difensori quando si occupano degli inserimenti da mezzala di Renato Augusto.
Con il giocatore del Gremio in quella posizione il Brasile trova il giusto equilibrio e si sblocca: arrivano le vittorie per 4-0 con la Danimarca che vale il passaggio del girone, quella 2-0 con la Colombia nei quarti e quella 6-0 con Honduras in semifinale; Luan gioca tutti i minuti di queste partite, nelle quali va in gol per tre volte consecutivamente e serve anche due assist; le sue prestazioni vengono notate anche dal sito della Fifa che tra la semifinale e la finale gli dedica un articolo dal titolo emblematico: “Luan sta lasciando il segno”. Rogerio Micale non può più fare a meno di lui e in finale lo responsabilizza ulteriormente: oltre ai veterani Renato Augusto, Marquinhos, Rafinha e Neymar c’è lui tra i cinque designati per calciare un rigore, che trasforma con freddezza prima del tiro decisivo di O’Ney.
Il rigore di Neymar che pone fine alla maledizione olimpica del Brasile, che in casa vince il primo oro della sua storia nel calcio maschile.
Dominare in Sudamerica con l’intelligenza tattica
Roger Machado nel 2015 è stato il primo allenatore che ha provato a cambiare ruolo a Luan, vedendo in lui un giocatore utili anche in fasi gioco diverse da quelle di prima punta. Spesso lo arretra da esterno offensivo sulle due fasce, altre volte lo schiera da falso nueve, o ancora addirittura da trequartista puro. È proprio quest’ultimo ruolo che permette a Luan di esprimersi al meglio e diventare l’arma segreta del 4-2-3-1 di Portaluppi, vecchia meteora della Roma che sta facendo le fortune del Tricolor Gaucho. Il Gremio è la più argentina delle squadre brasiliane e la più europea delle squadre sudamericane, usa il palleggio per creare gli spazi ideali dietro le linee avversarie e Luan è uno dei chiavistelli principali, con i suoi movimenti senza palla, per cacciare gli spazi dietro le linee avversarie.
Il primo gol della semifinale della Coppa del Brasile contro il Cruzeiro arriva dopo un minuto e venti secondi di possesso palla consecutivo. Per gol come questo il Gremio di Portaluppi è soprannominato “il Barcellona del Sudamerica” e possiamo capire perché Luan ne è la stella.
Luan è bravissimo a tradurre le nozioni del calcio a cinque in quello a undici. Lo spazio nel futsal è poco e per questo nessuno sta mai fermo, il giocatore che gioca la palla subito dopo si muove e spesso va a occupare lo spazio lasciato libero da un compagno con un altro movimento, ogni centimetro del rettangolo è fondamentale e sfruttato al massimo. Luan prova ad applicare la spaziatura del futsal anche nel calcio a undici, diventando funzionale in una squadra che attacca gli spazi come il Gremio. Tostao, uno dei campioni brasiliani del Mondiale del ’70, ha descritto Luan come uno dei cinque giocatori brasiliani più forti al momento, ma è riuscito a darne una definizione che raccoglie molta dell’essenza del suo gioco: «È brillante sia nella sua individualità che nel contesto collettivo, è come un ponte che unisce due parti». Luan è il ponte della squadra di Portaluppi proprio come era il ponte del Brasile delle Olimpiadi, galleggia tra le linee e crea armonia nelle spaziature della squadra impegnando i difensori con i suoi movimenti senza palla, magari non appariscenti come un dribbling spettacolare, ma sicuramente molto utili per i suoi compagni. Ne è una dimostrazione il rendimento dei volanti del Gremio, Jailson, Ramiro e il promettentissimo Arthur, ventiduenne al centro di un procedimento internazionale tra Gremio e Barcellona dopo il corteggiamento piuttosto spinto dei blaugrana.
Quando invece è palla al piede la sua caratteristica più peculiare è l’andatura ciondolante con cui disorienta i difensori in dribbling. In fase di progressione non strappa mai, rallenta, aspetta i difensori avversari per poi superarli attraverso il suo tocco palla. Ha una progressione apparentemente calma ma, anche se avanza esitando senza nessuno strappo, riesce a saltare l’uomo con continuità e con un’ottima percentuale. È un dribbling che ricorda più quello tecnico di Perotti che quello per strappi di Douglas Costa. Anche nell’azione del gol realizzato nella finale di Copa Libertadores contro il Lanus Luan sembra perdere l’occasione in contropiede con un controllo sbagliato che fa rientrare i difensori, ma è proprio rallentando il tempo dell’azione riesce a presentarsi davanti al portiere saltando la coppia di centrali argentini senza strappare, grazie a una sola finta che non cambia il ritmo della sua progressione.
Al minuto 2:50 il bellissimo gol realizzato nella finale di ritorno della Copa Libertadores. Luan salta i difensori con calma estrema prima di battere il portiere con uno strano pallonetto.
Quale potrebbe essere il suo impatto in Europa
Nonostante si sia rivelato uno dei migliori – se non il migliore – giocatore in Sudamerica, rimangono alcuni punti interrogativi sul suo possibile adattamento al calcio europeo, o almeno ad alcuni campionati europei. Ad esempio al momento non potrebbe essere in grado di reggere l’impatto fisico della Premier League, il suo corpo (180 cm x 67 kg) è troppo fragile e senza mettere su ulteriore massa difficilmente resisterebbe all’urto con il calcio inglese. Un’altra questione è la sua posizione in campo: nelle 129 presenze ufficiali con il Gremio Luan ha ricoperto tutti i ruoli dell’attacco con grande efficacia, ha giocato 44 partite da punta, 47 da trequartista centrale e 38 da esterno, anche se al momento la sua collocazione naturale sembra essere nella zona centrale dietro un vero attaccante. Per trasformarlo in un giocatore molto duttile anche a livello europeo sarà fondamentale il ruolo del suo prossimo allenatore, che avrà anche l’arduo compito di costruirgli una fase difensiva credibile, visto che al momento Luan si interessa relativamente poco alle situazioni in cui il possesso è gestito dalla squadra avversaria.
Nel Mondiale per Club ha avuto il primo grande test contro una squadra europea, ovvero la finale contro il Real Madrid. Luan non ha giocato bene, anche se in questo caso può vantare diverse attenuanti: sfidare i Blancos come prima avversaria europea non è esattamente ciò che si augurava e a marcarlo a uomo c’era Casemiro, uno dei migliori mediani al mondo.
Il tema della partita era chiaro già alla vigilia: Ronaldo e compagni in controllo del pallone alla ricerca del gol e il Gremio chiuso e più attento alla fase difensiva che a impensierire i Blancos: non esattamente il contesto ideale per le caratteristiche di Luan, che spesso ha bisogno di tempo e tocchi per entrare in partita. Il primo tempo ha evidenziato come il suo istinto di abbassarsi molto – a volte anche troppo – per giocare la palla, unito alla riluttanza a scaricarlo anche in situazioni più complicate, possa rivelarsi un problema contro squadre più educate tatticamente; il Real lo ha pressato alto fin da subito e Luan ha perso un grande numero di palloni, poi con il passare dei minuti è riuscito a entrare di più in partita, mettendo in mostra una parte del suo repertorio (Casemiro è stato costretto a tirarlo giù diverse volte, ha chiuso con sei falli su di lui e ha rischiato in più occasioni l’espulsione).
La scorsa estate il suo arrivo in Europa sembrava veramente vicino (è stato trattato anche dalla Sampdoria per sostituire Schick), soprattutto a causa del contratto in scadenza a dicembre 2018 che diminuiva di molto il potere di trattativa del Gremio, ma Luan ha sorpreso tutti e lo scorso novembre ha rinnovato il suo contratto con il Tricolor fino al dicembre 2020. Il passaggio in Europa nella prossima sessione di mercato estivo sembra il passo più logico per la sua carriera, ma sarà importante scegliere bene il contesto perché approdare direttamente in una delle migliori squadre europee senza una tappa intermedia potrebbe essere un grosso rischio. Il suo obiettivo potrebbe essere quello di fare bene in Brasile per i primi sei mesi del 2018 nel tentativo di convincere Tite – che lo ha fatto esordire nella penultima partita del girone di qualificazione contro l’Ecuadror – a convocarlo per Russia 2018. Luan ha ammesso che «fare bene con il Gremio è stato fantastico ma giocare il Mondiale sarebbe un sogno».