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Foto di Andy Lyons / Getty Images
NBA Fabrizio Gilardi 29 aprile 2017 3'

LPDC: si può pensare a un allargamento della NBA?

Luca ci ha chiesto di un possibile aumento del numero di squadre in NBA. Risponde Fabrizio Gilardi.

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Trovate sia lecito pensare a un allargamento della NBA?
Negli Stati Uniti si crede che 30 (come la NBA, appunto) – 32 (come la NFL) squadre sia una sorta di limite di saturazione oltre il quale le stelle si disperdono troppo e il livello generale inizia a calare. Ma la NBA è una lega forte economicamente e molto attenta all’espansione su nuovi mercati. Aggiungiamoci che i rumor circa una nuova franchigia a Seattle non sono mai terminati. Questo comporterebbe l’ingresso di un’ulteriore squadra, magari a ovest (per spostare Pelicans o Grizzlies a est) o magari anche fuori dai confini statunitensi.
Quanto cambierebbe con 2 squadre in più?

 

Grazie, Luca.

 

Risponde Fabrizio “Fazz” Gilardi

 

Ciao Luca,

il tema del possibile allargamento a 32 squadre è ricorrente, ma bisogna distinguere con attenzione tra ciò che viene dichiarato o fatto trapelare con secondi fini (politici, economici, di generico interesse) e ciò che invece rispecchia la reale situazione e le proposte concretamente al vaglio.

 


Come giustamente sottolinei la NBA è forte economicamente, perché è principalmente un business: le decisioni vengono prese dal Board of Governors, che in sostanza è il consiglio di amministrazione della lega, con estrema attenzione a costi, ricavi e guadagni e solo in seconda battuta valutando i criteri strettamente sportivi.

 

La recente e-mail inviata dal Commissioner Adam Silver a tutti i proprietari riguardo alla vicenda dei riposi concessi alle stelle delle squadre di prima fascia ad esempio non ha nulla a che fare con il concetto di “turnover” in quanto tale –che in altri sport a partire dal calcio è accettato e gestito in totale libertà dai singoli staff tecnici e medici-, ma deriva quasi esclusivamente dal fatto che le partite in questione erano in diretta TV nazionale e che alla notizia dell’assenza di Steph Curry o LeBron James o Kawhi Leonard molti potenziali telespettatori hanno deciso di impiegare diversamente la propria prima serata, indipendentemente dalla qualità intrinseca della sfida e dallo spettacolo offerto; il che significa meno ascolti (calati del 6% rispetto al 2015/16), calo di valore degli slot pubblicitari e quindi, a lungo termine, rischio che il prossimo contratto con ESPN e TNT possa essere meno ricco di quello appena firmato (oltre 2,5 miliardi di dollari all’anno, fino al 2025).


 

Per farla breve quindi l’espansione sarà possibile solo se si potrà presentare ai 30 attuali proprietari un modello di crescita economica in cui a medio termine ciascuno possa ricavare dalla nuova torta, da dividere in 32 parti, una fetta più ricca di quella che ricaverebbe dalla vecchia e cioè se aumentare del 6,7% il numero delle squadre possa garantire un incremento di almeno il 7% dei guadagni, a prescindere o quasi da quanto diluito sia il talento, o meglio valutando questo aspetto dal punto di vista dell’appetibilità dello spettacolo offerto e non da quello della competitività sportiva delle singole squadre.


 

L’apertura a mercati non Nordamericani credo sia francamente da escludere per questioni logistiche, data la grande attenzione riservata in questo momento storico all’ottimizzazione del calendario, dei tempi di recupero e dei viaggi e non è un caso che non si parli più di Londra da quando David Stern ha lasciato il trono a Silver, mentre sul territorio statunitense i nomi più citati restano i soliti: Louisville, Las Vegas, che ha appena ottenuto i Raiders (NFL) e che verrà certamente seguita con attenzione e Seattle, dove pare – finalmente e con 10 anni di ritardo – vicina la realizzazione di un’arena di nuova generazione, condizione assolutamente necessaria perché venga anche solo presa in considerazione una candidatura.


 

Sicuramente in caso di espansione verrebbero ridisegnati i confini di Division e Conference, mentre quanto ai rapporti di forza e all’equilibrio competitivo è impossibile fare previsioni, dal momento che ancora non sappiamo quali possano essere gli scenari da qui al 2020, quando si sarà normalizzata la situazione attuale sospesa a metà tra due ere economiche e due regolamenti e in cui gli Warriors hanno avuto la bravura e la fortuna di infilarsi fino a mettere insieme questo roster.
In ogni caso, l’ultima dichiarazione ufficiale resa da Mike Bass, portavoce della lega, lascia pochi dubbi: “in questo momento non abbiamo in programma alcuna espansione, né sono in corso discussioni riguardo al possibile trasferimento di alcuna squadra in altra città”.

 

 

Tags : adam silverla posta del cuore

Fabrizio Gilardi ha perso la propria via nel 1994 davanti a una figurina di Penny Hardaway. Nel tentativo di ritrovarla ha incontrato la NBA League Pass. E ha perso definitivamente anche il sonno. Dal 2005 infesta forum e social network, dal 2011 conduce Ball Don’t Lie, podcast semiserio sul basket NBA.

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