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Foto di Paolo Bruno / Getty Images
Calcio Dario Saltari 9 settembre 2017 4'

LPDC: perché il Napoli ha comprato Inglese?

Simone ci ha chiesto cosa ne pensiamo del centravanti del Chievo Verona.

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Cara Redazione,

 

cosa ne pensate di Roberto Inglese?

 

Simone Goffredo

 

Risponde Dario Saltari, massimo esperto di Chievo Verona sotto il Po

 

Caro Simone,

purtroppo non sono riuscito a risponderti prima che il Napoli acquistasse Roberto Inglese (pur lasciandolo un altro anno in prestito al Chievo), operazione che dimostra la bontà del tuo occhio e la validità della tua domanda.

 

Inglese ha un aspetto fisico piuttosto comune e uno stile dimesso che l’ha portato a dichiarare di vedersi tra 20 anni a gestire uno stabilimento balneare a Vasto. Soprattutto sembra essere autenticamente umile. Quando qualche mese fa gli hanno chiesto se si sentiva pronto per passare in una grande squadra, lui ha risposto: «Se sei un fenomeno, e non lo sono, devi fare molta esperienza». Sono caratteristiche che si appiccicherebbero bene alla retorica dell’attaccante ignorato dal mediaticità del calcio odierno, o addirittura a quella, molto amata in Italia, del bomber di provincia, se non fosse che di gol in Serie A Inglese ne ha segnati appena 14.

 

La realtà è che Inglese non ha doti fisiche o tecniche eccezionali che gli permettano di risaltare dalla media e come la stragrande maggioranza dei calciatori ha avuto bisogno di un bel po’ di fortuna per arrivare alla nostra attenzione, nel suo caso quella di trovare sulla sua strada un allenatore intelligente come Maran che decidesse di toglierlo dalla “girandola di prestiti” e puntare su di lui.

 

L’esser passato in una grande squadra come il Napoli, insomma, non lo rende un fenomeno ignorato dal grande calcio, o un attaccante sottovalutato, qualsiasi cosa significhi, e dubito che i tifosi del Milan avrebbero fatto salti di gioia se Fassone avesse scelto lui al posto di un attaccante più tecnico come Kalinic o più fisico come André Silva o anche solo più giovane come Cutrone.

 

Inglese ha tante qualità, non fraintendermi. È un giocatore molto completo, innanzitutto, che abbina le qualità del centravanti d’area a quelle dell’attaccante moderno in maniera decisamente originale. Inglese ha un fiuto finissimo nel trovare lo spazio in area e una grande tecnica nel colpo di testa, che dice di aver imparato da Sergio Pellissier: dei 10 gol realizzati l’anno scorso, 4 sono stati segnati di testa, come anche il primo segnato in questa stagione, alla prima giornata contro l’Udinese. L’attaccante del Chievo ha un’interpretazione più tecnica che fisica del colpo di testa: ha un tempismo quasi perfetto nello staccarsi dalla marcatura e quando colpisce il pallone di testa non cerca quasi mai di imprimere forza alla palla, ma di indirizzarla in modo di renderla inaccessibile ai riflessi del portiere.

 

Ma anche lontano dalla porta il suo apporto è di grande qualità: Inglese sa difendere benissimo il pallone con il corpo, e non solo spalle alla porta, ma anche in progressione, una qualità che penso abbia sviluppato per sopravvivere, da giocatore alto e macchinoso, in squadre che facevano molto affidamento alla transizione (il Carpi prima del Chievo). Tutto questo abbinato ad una tecnica che non è affatto rozza e che spesso si giudica senza considerare il lavoro difensivo che gli è richiesto (e quindi la lucidità che inevitabilmente finisce per togliergli) e il fatto di avere a disposizione il pallone solo per brevissimi lassi di tempo. Rivedendo tutti i suoi gol delle scorse due stagioni mi sono stupito di quanti ce ne fossero, di tecnicamente complessissimi: un tiro a incrociare con un angolo strettissimo quasi al confine dell’area di rigore contro la Sampdoria, un tiro al volo sempre a incrociare di destro su cross a mezza altezza contro l’Empoli, una bomba dalla trequarti dopo essersi girato faccia alla porta contro l’Udinese, solo per citare i più belli. Quello che ti domando, però, è: Inglese sarebbe capace di portare tutte queste qualità ad un livello e una continuità tale da giustificare la sua presenza in squadre così forti come il Milan o il Napoli?

 

La mia non è una domanda retorica ma un dubbio autentico perché se c’è una cosa che Inglese sa fare davvero bene, quella è migliorarsi. La sua crescita statistica nei suoi primi due anni di Serie A è impressionante: Inglese segna di più (i gol segnati ogni 90 minuti sono passati da 0.19 a 0.46), si ritaglia occasioni più pulite (con gli Expected Goals per 90 minuti passati da 0.22 a 0.28) tirando di meno (tiri ogni 90 minuti scesi da 2.29 a 1.92) ma sensibilmente meglio (l’accuratezza di tiro è passata dal 38% al 54%) e dribbla gli avversari in maniera molto più efficace (la percentuale di dribbling riusciti è quasi raddoppiata: da 33% a 61%).

 

Il percorso di Inglese, arrivato sull’orlo dei 26 anni al Napoli e alla Nazionale dopo anni di Serie B e Lega Pro, dovrebbe metterci in guardia dal dare giudizi definitivi. Il sacrificio, l’umiltà, la dedizione che ci piace ammirare nelle squadre di provincia non sono solo qualità di per sé ma per la grande maggioranza dei calciatori anche l’unica strada percorribile per diventare migliori, per arrivare a giocare a fianco di Hamsik, Insigne e Mertens senza avere il loro talento.

 

Qualche tempo fa hanno chiesto a Inglese come poteva migliorare ancora. Lui ha iniziato rispondendo: «Primo: devo credere più in me stesso».

 

 

Tags : chievo veronala posta del cuoreroberto inglese

Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.

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