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Foto di Patricia de Melo Moreira / Getty Images
Calcio Dario Saltari 20 maggio 2017 4'

LPDC: i terzini stanno diventando registi?

Francesco ci ha chiesto dell’evoluzione degli esterni bassi. Risponde Dario Saltari.

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Questa domanda è uscita in anteprima su Stili di Gioco, la newsletter di Ultimo Uomo. Potete iscrivervi qui.

 

Miei cari ultimi uomini e donne,
ho ancora negli occhi la partita di Dani Alves contro il Monaco. Esterno alto? Esterno a tutta fascia? Regista esterno?
Devo dire che sono un pessimista cronico in sede di calciomercato, negli acquisti tendo a vedere sempre e solo insidie e mai i lati positivi, e quest’estate consideravo Dani un bollito, uno che aveva vinto tutto a Barcellona e veniva in Italia per accontentarsi magari di aggiungere qualcosa ad una bacheca già ricchissima.
Dopo il doppio confronto col Barcellona, e con Neymar, vedo in Dani Alves un giocatore diverso, integrato completamente in quella rivoluzione di gioco che ha coinvolto l’esterno basso negli ultimi anni, forse ergendosi anche a pioniere del movimento.

 

Avrei scritto molte più cose ma verrò al punto, sperando che possa servire a ricevere una risposta: in Italia siamo pronti al cambiamento del ruolo del terzino, i futuri #2 e #3 saranno sempre più simili a Marcelo, Alaba, Carvajal e allo stesso Alves, o continueremo sempre a preferire i vari Zappacosta, Abate ecc?
In un quadro tattico generale in cui il fulcro del gioco passa dal centro, e quindi è più facilmente marcabile, una squadra con degli esterni con piedi da registi non sarebbe quasi immarcabile al giorno d’oggi?

 

Grazie per l’eventuale risposta, e a questo punto se proprio non volete rispondermi fate un nuovo capitolo di prospettiva terzini.

 

Francesco Evangelista.

 

Risponde Dario Saltari, master terzino

 

Ciao Francesco,
mettiamo subito da parte il senso di colpa per non aver creduto fin da subito in Dani Alves. È molto tipico nel mondo del calcio prendersela con commentatori o anche solo amici per previsioni che poi si rivelano essere sbagliate, trattarle come un segno divino di incompetenza, ma la verità è che non c’è niente di male: le cose cambiano, la realtà è complessa e il bello del calcio sta soprattutto nella sua capacità di stupirci sempre. Dani Alves ha fatto un percorso di integrazione nella Juventus, lungo, accidentato e inizialmente difficile, e non era detto che sarebbe andato a buon fine. Quindi era comprensibile all’inizio qualche diffidenza. Prendiamo più che altro questa storia come monito per il futuro ad essere meno esigenti e a fidarci di più di chi sceglie calciatori per mestiere. Detto questo, vengo alle tue domande.
Da come le poni mi sembra che tu dia per assodato il processo di cambiamento del ruolo del terzino mentre io, che di natura sono un insicuro, sono molto più dubbioso al riguardo.

 

L’anno scorso, con la maturazione tattica del Bayern Monaco di Guardiola, sembrava che i terzini dovessero sempre più venire dentro al campo per consolidare il possesso, invece che rimanere sui corridoi esterni e attaccare lo spazio liberato dalle ali. Si parlava, per l’appunto, di “falsi terzini”, proprio perché di fatto agivano da registi, o da mezzali. Nel Bayern Monaco di Guardiola, ad esempio, Alaba e Lahm si stringevano accanto a Xabi Alonso, mentre le due “mezzali reali” salivano alle spalle del centrocampo avversario per attaccare i mezzi spazi, a formare la famosa piramide rovesciata (2-3-5). Quest’anno l’esperimento dei falsi terzini si è diffuso in tutta Europa, e non solo perché Guardiola ha cercato di esportarlo al Manchester City. Montella, ad esempio, ha provato a replicarlo al Milan, lavorando soprattutto sulla posizione di De Sciglio, ma anche la Roma di Spalletti e la Juve di Allegri a volte stringono uno dei due terzini sulla trequarti quando cercano di attaccare posizionalmente. Questo per rispondere alla prima domanda: sì, in Italia siamo potenzialmente pronti al cambiamento del ruolo di terzino (ricordati che in Serie A non giocano solo i Ghoulam, gli Abate e gli Zappacosta, ma anche gli Alex Sandro e gli Emerson Palmieri).

 

Il problema di questo discorso è che l’esperimento dei falsi terzini si è andato gradualmente appassendo quest’anno. Il Bayern Monaco di Ancelotti lo ha abbandonato fin da subito, ritornando ad una concezione più classica. Mentre lo stesso Guardiola ha avuto diversi problemi ad implementarlo al City, per via dei limiti tecnici dei giocatori a sua disposizione. In Italia, invece, le squadre stringono i terzini più che altro in funzione difensiva (che sorpresa!), per facilitare le marcature preventive in fase di transizione negativa. L’unica squadra in Europa di questo livello che ancora utilizza i terzini per modificare il suo assetto e ottenere vantaggi posizionali in fase di possesso è il Borussia Dortmund di Tuchel, che utilizza la duttilità di Guerreiro per disordinare le linee avversarie. Mi sembra, quindi, che il processo di evoluzione del ruolo del terzino sia molto più ambiguo e sfaccettato di quanto non possa sembrare.

 

Sono d’accordo con te che avere dei terzini con dei piedi (ma aggiungerei anche una testa) da registi rappresenta un enorme vantaggio: le squadre solitamente si difendono schermando i corridoi centrali e spingendo il possesso avversario verso il muro del fallo laterale con il pressing. Avere quindi degli uomini sugli esterni in grado, con la creatività o la progressione palla al piede, di “bucare” lo schermo avversario e portare il possesso al centro della trequarti avversaria è fondamentale. Ma giocatori di questo tipo sono molto rari, perché per arrivare a questo livello non bastano i piedi da regista, ma serve anche esplosività fisica, capacità di dribblare in spazi stretti, visione di gioco, associatività, resistenza. Quanti giocatori di questo tipo ci sono, non Italia, ma in Europa? Se a quelli che hai citato tu aggiungiamo Emerson Palmieri, Alex Sandro e Raphaël Guerreiro non riusciamo nemmeno ad arrivare a dieci.

 

Non vedo quindi un trend, un processo che sta cambiando sistematicamente il modo di concepire il ruolo del terzino. Vedo più che altro terzini straordinari, che tra l’altro giocano anche in maniera piuttosto diversa. Se Marcelo, ad esempio, ama molto ricevere la palla sui piedi e agire effettivamente da regista aggiunto, Carvajal invece lavora molto più senza il pallone. Ma sono importanti entrambi. Spesso, ad esempio, il Real Madrid condensa il possesso a sinistra con Marcelo per poi attaccare il lato debole a destra, con Carvajal. Non c’è un modo migliore, o più efficace, di interpretare il ruolo del terzino: il Real Madrid è una squadra straordinaria proprio perché può permettersi il lusso di schierare contemporaneamente due terzini così forti, ma allo stesso tempo così diversi.

 

 

Tags : dani carvajalla posta del cuoremarceloraphael guerreiro

Dario Saltari nasce a Frascati nel 1989. Laureato in Relazioni Internazionali, scrive storie di finzione su eventi realmente accaduti per passione e storie vere su eventi di finzione per lavoro. Ha fondato l’Amsterdam Roma Club mentre era in Erasmus.

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