
Quando il barone Uberto Luigi De Morpurgo, nato a Trieste ma cittadino del mondo, era stato interpellato sulla possibilità di giocare a tennis per l’Italia pare abbia risposto, infastidito, in francese: «Io sono cecoslovacco».
A scovarlo era stato il barone Giorgio De Stefani, uomo che giocava con due dritti e che durante un torneo in Svizzera lo aveva segnalato allo sgangherato comitato olimpico italiano che aveva bisogno di atleti per le vicine Olimpiadi di Parigi del 1924. Già residente in un lussuoso albergo parigino, De Morpurgo fu convinto a fatica dall’allora CONI e si presentò alle Olimpiadi del 1924 da italiano, raggiungendo la semifinale persa con l’americano Richards ma vincendo il bronzo con il padrone di casa Jean Borotra, cinque Slam, numero due del mondo e un quarto dei leggendari “Quattro Moschettieri” francesi.
Il barone De Morpurgo, giocatore dal rovescio a una mano, forte su terra e dal carattere focoso, è rimasto per cento anni l’unico giocatore italiano in grado di raggiungere una semifinale olimpica di tennis. Fino al torneo di Parigi 2024, in cui Lorenzo Musetti ha appena raggiunto la semifinale battendo con un doppio 7-5 il numero 4 del mondo Alexander Zverev, finalista uscente del Roland Garros. Certo, nel frattempo il tennis italiano aveva avuto i bronzi dell’onnipresente Pietrangeli nel 1968 e di Paolo Cané e Raffaella Reggi nel 1984, ma il tennis era presente soltanto come esibizione. Lasciando come migliori risultati di un italiano nel tennis olimpico i quarti di Furlan ad Atlanta 1996 e di Cané a Seul 1988.
Il risultato di Musetti, per chi lo ha seguito negli ultimi mesi, non arriva per caso ma in un contesto di crescita costante, iniziata proprio dalla terra rossa del Roland Garros. Il tennista carrarino, giocatore dal rovescio a una mano, forte su terra e dal carattere focoso, aveva perso con Djokovic al terzo turno del Roland Garros in una sfida che aveva ricalcato molte sconfitte brucianti di Musetti. Si era fermato a un set dalla vittoria per l’ennesima volta con un top player, come già successo in altre occasioni, sempre dopo aver offerto una grande prestazione negli altri set. Da lì è iniziata una striscia - più inattesa nel cambio di superficie - che lo ha portato prima alla finale sull’erba del Queen’s e poi alla storica semifinale di Wimbledon, la sua prima assoluta in uno Slam e arrivata su una superficie diversa dalla sua terra prediletta.
Musetti si era mostrato in una versione più offensiva, complice anche la velocità dell’erba che lo costringeva a giocare più a ridosso della riga, e creando tantissimi problemi agli avversari con la sua risposta bloccata. I miglioramenti accumulati nelle ultime settimane, in contesti di gioco più rapidi, sono tornai utili contro Zverev, su terra battuta sono stati tutti elementi.
Musetti, noto per essere giocatore fumoso, è stato particolarmente cinico a sfruttare le possibilità offerte dalla seconda di Zverev, vincendo il 36% dei punti e tessendo sempre di più la tela in cui si è incastrato il tedesco. Con il contributo di una grande solidità mentale, con Musetti che non ha perso la calma nemmeno quando il tedesco lo ha breakkato mentre serviva per il primo set.
Il tennis di Musetti, che in questo momento fulgido è fatto di accelerazioni brucianti e tocchi di seta, è entrato come un virus nel corpo di Zverev, che a fine match sembrava addirittura svuotato fisicamente. Una cosa inusuale per uno dei tennisti più forti fisicamente del circuito. La partita del nostro numero due si è costruita su alcune traiettorie. Per esempio l’insistere con lo slice sul dritto di Zverev, storicamente poco a suo agio con palle senza peso. In generale Musetti ha costruito il suo match sulla capacità di tessere Zverev dentro una ragnatela che gli permetteva di rallentare lo scambio a suo piacimento.
In un tennis sempre più ad alto ritmo si nota più nettamente chi è in grado di manipolare i ritmi della partita. Una qualità che, per come è stata impostata la crescita di molti tennisti giovani, negli ultimi anni si è un po’ persa, e proprio Zverev e altri della sua generazione come Rublev sono degli ottimi esempi. Il vincitore di Wimbledon e Roland Garros 2024 Carlos Alcaraz ce l’ha, anche se per ragioni di talento naturale. Jannik Sinner però è un esempio di chi può migliorare in maniera netta da questo punto di vista senza avere variazioni “naturali” a livello élite. Un percorso che l’italiano ha iniziato soprattutto nell’era Vagnozzi-Cahill e che per certi versi ricorda anche la traiettoria di Novak Djokovic.
Il tennis di Musetti ha così tanti tifosi proprio per questo. Al di là della componente estetica, offre un contrasto di stili così evidente che non può mai lasciarti indifferente. E il suo tennis è l’ennesima dimostrazione di come i de profundis sul rovescio a una mano e un tennis più a tutto campo erano eccessivi. È vero, Musetti non è un Leconte e tantomeno è un giocatore ultraoffensivo come Federer, ma tennisti come lui ci dimostrano che anche nel tennis del 2024 si può battagliare ad armi pari con l’élite del tennis anche esprimendo un tennis diverso e per certi versi più antico.
Nel terzo set contro Taylor Fritz a Wimbledon l’americano non sapeva più che fare contro i frequenti cambi di Musetti, sballottato qua e là per il campo e incapace di formulare un pensiero critico tennistico, avendo come risposta la sola reazione a quello che Musetti decideva dall’altro lato del campo. Zverev nel secondo set della sfida olimpica, ha seguito in maniera graduale lo stesso copione, rifugiandosi nel servizio e in un tennis certamente di molto superiore a Fritz, ma arrivando sempre alla stessa conclusione: provo a tirare più forte. Il danno però era fatto, con un tennis sempre più deteriorato e meno preciso il tedesco si è schiantato nell’undicesimo game del primo set, consegnando la vittoria a Musetti che ha suggellato con due ace una vittoria chiara e netta.
Un rovescio diciamo non bruttissimo per vincere un quarto di finale olimpico.
Nella strada per la medaglia certa e la finale olimpica c’è Novak Djokovic, un giocatore con cui Musetti ha perso sei degli ultimi sette incontri, con l’unica vittoria arrivata a Montecarlo l’anno scorso in condizioni di gioco molto particolari. Il serbo ha un rapporto complicato con i Giochi, con un bronzo nel 2008 e tante sconfitte durissime che gli hanno pregiudicato una medaglia d’oro, l’unica ossessione che non è ancora stato in grado di colmare. L’ex numero uno non ha brillato come norma in questo 2024 e sembra anche aver riportato un altro infortunio al ginocchio operato dopo il Roland Garros.
Al netto delle condizioni fisiche di Djokovic, non nuovo a vittorie miracolose in condizioni precarie, il tennista serbo è molto più fragile mentalmente quando indossa la maglia della Serbia. La dimostrazione più recente l’abbiamo avuta proprio noi italiani in Coppa Davis, con Sinner capace di annullare tre match point a Djokovic, cosa inaudita, per poi piegarlo e forse lanciarlo in questo periodo di crisi, relativa, che dura tutt’ora. Anche in una sfida indirizzata e senza troppi patemi contro Rafa Nadal al secondo turno il serbo era un fascio di nervi anche sopra di set e break, tanto da avere un crollo improvviso nel secondo set da 4-0 sopra che ha permesso al maiorchino, in condizioni fisiche non competitive, di riaprire un match dominato.
Nel quarto contro Stefanos Tsitsipas il campione di Belgrado ha rimontato da 4-0 sotto e da 5-3 40-0, chiudendo la pratica nel secondo set anche con vistosi problemi fisici. Per Djokovic è probabilmente l’ultima chance olimpica a meno di miracoli, e considerato il format 2 su 3 e la consapevolezza, a bocca del serbo, di essere un gradino sotto Sinner e Alcaraz negli Slam è sicuro che Djokovic farà tutto il possibile per vincere quest’oro, a costo di pregiudicare gli appuntamenti successivi. I Big 3 hanno dimostrato più volte che non bisogna mai lasciargli nemmeno un mignolo, altrimenti si prendono la mano.
Musetti si approccerà all’ottava sfida con Djokovic con delle consapevolezze nuove e una superficie più congeniale di quella di Wimbledon. In questa “rivalità” l’head-to-head così netto è bugiardo: Musetti ha dimostrato più volte di poter mettere in serissima difficoltà Djokovic, anche in versioni molto migliori di quella attuale. Per la medaglia servirà qualcosa di più, ma Musetti ha dimostrato di alzare il livello del suo tennis quando c’è una grande occasione. Un altro record duraturo del tennis italiano da infrangere per una generazione che sta riscrivendo la storia del tennis italiano, e che a Parigi si presenta in semifinale con il lusso di aver schierato soltanto una delle sue tre punte migliori.