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Lookman sta rivitalizzando l'Atalanta
02 feb 2023
02 feb 2023
L'attaccante dell'Atalanta è il calciatore di gennaio AIC.
(copertina)
Matteo Bottanelli/NurPhoto
(copertina) Matteo Bottanelli/NurPhoto
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Ogni stagione, anche questa in cui pareva impossibile, l’Atalanta entra in una fase dove i suoi giocatori sembrano semplicemente più grandi e più veloci degli avversari. Avete presente quando a Super Mario prendi il funghetto e la musica accelera e tutto ciò che incontra la tua corsa viene sbalzato via? Per la squadra di Gasperini il click sembra essere arrivato tra il primo e il secondo tempo della prima partita giocata in questo lunghissimo gennaio, dopo la pausa per i Mondiali, contro lo Spezia. Oggi ci sembra passato un secolo, ma l’Atalanta veniva da quattro sconfitte nelle precedenti cinque partite, e contro la squadra di Gotti era sotto di 2-0 fino al 77'. Tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo va vicinissima a prendere addirittura il terzo.

Al primo minuto di recupero della prima frazione di gioco un lancio lungo un po’ a casaccio di Bourabia trova Nzola con tutto il campo davanti, dopo che Palomino da ultimo uomo aveva accennato un anticipo finito male. L’attaccante angolano era arrivato fin davanti a Sportiello, avanzato sul dischetto del rigore, ma poi ci aveva pensato troppo e da dietro Palomino era riuscito a recuperare con un intervento in scivolata che è praticamente una stoppata da basket. Si va negli spogliatoi ma al rientro in campo c’è ancora qualcosa che non funziona. Al 53' Bourabia riesce a servire la sovrapposizione interna di Amian ai limiti dell’area, su di lui è costretto a uscire Toloi e in area si libera di nuovo Nzola tutto solo. Il cross basso però è leggermente arretrato e scorre tra le gambe del numero 18 dello Spezia senza nemmeno fermarsi.

Ciò che hanno in comune queste due azioni è che entrambe nascono da palle perse da Ademola Lookman. Nel primo caso, ricevendo dal mezzo spazio di sinistra, aveva chiamato un uno-due geniale proprio a Toloi, arrivato al limite dell’area, che gli aveva permesso di concludere da solo davanti al portiere. Al momento decisivo, però, l’attaccante nigeriano si era visto ribattere il tiro da un intervento di Amian in scivolata pronto per finire dentro Dragon Ball. Nel secondo caso l’errore era stato più grave: un retropassaggio all’altezza del centrocampo che però per qualche ragione era uscito troppo corto e aveva permesso a Bourabia di innescare la transizione. Gasperini, con la solita severità, deciderà di toglierlo dal campo pochi minuti dopo. Nella successiva partita contro il Bologna, vinta dall’Atalanta con grande fatica, Lookman non scenderà nemmeno in campo.

Da queste due partite in chiaroscuro nasceranno le intuizioni alla base del grande momento di forma successivo, che ci ha fatto rivedere l’Atalanta per come la conoscevamo. Il ritorno a un sistema di marcature a uomo aggressivo (come si può vedere dall’atteggiamento di Palomino sul quasi 3-0 preso dallo Spezia), l’entrata definitiva tra i titolari di Hojlund (anche per via dell’infortunio di Zapata), il recupero di Boga, messo sulla trequarti nel mezzo spazio di sinistra per poter rientrare sul destro fronte alla porta, e lo spostamento di Lookman sul centrodestra. Il calcio nasce da tentativi, errori e casualità, anche dal coraggio di andare oltre ai risultati contingenti. L’Atalanta nelle partite successive segnerà otto gol alla Salernitana, cinque allo Spezia (rincontrata in Coppa Italia), tre alla Juventus, due alla Sampdoria. Pochi giorni fa ha perso contro l’Inter in Coppa Italia senza segnare, ma con una formazione senza molti di quelli che oggi possiamo considerare titolari (tra cui lo stesso Lookman, entrato solo nel secondo tempo). L’attaccante nigeriano, uno degli ingranaggi più importanti di questo nuovo motore, ha messo a segno cinque gol e due assist in queste tre partite di campionato - partite in cui è sembrato semplicemente di un altro livello rispetto a tutto il resto della Serie A. La vittoria del premio di giocatore AIC di gennaio è testimone della fondatezza di questa apparente esagerazione: la concorrenza era infatti composta da Victor Osimhen (5 gol e 1 assist a gennaio), Mattia Zaccagni (3 gol e 1 assist) e Paulo Dybala (2 gol e 3 assist); tutti giocatori che a gennaio hanno brillato al massimo del loro splendore.

Se da questi tre giocatori un mese del genere in qualche modo ce l’aspettavamo, però, Lookman sembra averci stupito un’altra volta. La prima era stata alla fine di ottobre, durante il quale l’attaccante inglese aveva iniziato a segnare con continuità. In quel momento pensavamo di averlo capito oltre i preconcetti che ci eravamo fatti al suo arrivo in estate: un giocatore cioè che “sa quando giocare a pochi tocchi, quando portare palla, quando accelerare il gioco e quando rallentarlo”, come scrisse Emanuele Atturo in quel periodo: “[Lookman] ha una capacità innata di sapere quando battere certi tasti del proprio pianoforte”. Di Lookman, insomma, apprezzavamo l’intelligenza, il sapere cosa fare e quando farlo, e l’incredibile efficienza nell’eseguirlo. Tutte caratteristiche che ovviamente non sono sparite, e che anzi sono state amplificate dalla nuova struttura offensiva dell’Atalanta che gli permette di occuparsi di meno della fase di costruzione ricevendo spalle alla porta sulla trequarti, situazione in cui commette ancora qualche sbavatura, e concentrarsi sull’attacco dell’area senza palla, che è il vero fiore all’occhiello del repertorio. Non è un caso se Lookman è il primo giocatore in Serie A per tocchi in area per 90 minuti ad esclusione delle prime punte di ruolo (davanti ha Osimhen, Cabral, Giroud, Hojlund, Beto, Dzeko, Immobile e Dessers). Insieme ad Hojlund, un altro giocatore che ama spingersi oltre la linea difensiva avversaria più che attirarla a sé in cerca del pallone, Lookman libera lo spazio sulla trequarti per Boga, che può ricevere con il destro entrando dentro al campo. Dei cinque gol segnati a gennaio in campionato, tre sono arrivati su assist di Boga.

Non è una novità nemmeno il suo talento in fase di finalizzazione, che continua a viaggiare su numeri da attaccante navigato. Lookman, tra gli attaccanti, è addirittura terzo in Serie A per goal conversion (24%), cioè per la percentuale di tiri trasformati in gol, dietro solo a Boulaye Dia (36%) e Felipe Anderson (29%), e tra i primi 10 giocatori del nostro campionato per xG prodotti solo Osimhen ha una overperformance più grande della sua (ha segnato 9 gol, esclusi i rigori, da 5.47 xG; l’attaccante del Napoli addirittura 14 da 9.04 xG). La differenza tra i due, però, è che Osimhen tira molto di più: l’attaccante del Napoli ha a disposizione 4.24 tiri per 90 minuti (cioè addirittura il 9% di tutti i suoi tocchi di palla, il dato più alto di tutta la Serie A), contro i 2.69 di Lookman (4% di tutti i suoi tocchi di palla). Osimhen e Lookman occupano le prime due posizioni della classifica marcatori, ma ci sono arrivati seguendo strade molto diverse. Pochi giorni fa, intervistato da The Athletic, hanno chiesto a Lookman cosa avrebbe detto a Osimhen se fosse riuscito a raggiungerlo in questa classifica e lui, con una sicurezza in se stesso talmente grande da risultare comica, ha risposto che è sicuro che questo succederà: «Lo raggiungerò. Non “potrei raggiungerlo”, ma “lo raggiungerò”».

È sempre difficile capire se la sicurezza in se stessi sia la causa o la conseguenza del miglioramento in campo, soprattutto in un mondo come quello del calcio, ma è certo che per Lookman al momento le due cose vanno a braccetto. In un’altra intervista, al Times, ha dichiarato di averla sempre avuta, che al massimo adesso si guarda le «interviste con persone che stanno facendo bene nella vita come Jay-Z, che è venuto praticamente dal nulla ed è ora un miliardario». Ma allora cosa è cambiato? Perché è difficile guardare il gol che ha realizzato contro la Sampdoria, in cui ha lasciato sul posto Murru con un tunnel, oppure quello contro la Juventus, in cui si è avvitato in aria come una di quelle girandole da lanciare verso il cielo che vendono nelle piazze più turistiche d’Italia, e dire che Lookman non abbia sbloccato un nuovo livello, che non sia un giocatore eccezionale solo per la sua intelligenza ma anche per la sua tecnica in velocità, per la sua completezza, che non sembri un giocatore più affilato di quasi tutti i suoi avversari, che non sia arrivato a un grado di consapevolezza che gli permette di controllare il tempo delle sue giocate più che farsi controllare da esso.

Se ho capito bene le due interviste che ha rilasciato negli ultimi giorni, mi sembra che lui imputi questa evoluzione alla routine di allenamento e alla nuova struttura dell’Atalanta in campo, che poi altro non sono che un modo per imporsi volontariamente dei limiti, nel primo caso al tempo e nel secondo caso allo spazio. A The Athletic per esempio ha dichiarato che «questa è la prima volta in tutta la mia carriera in cui credo incondizionatamente in una routine, ho questa mentalità adesso. E sta funzionando per me». In campo, invece, Lookman dà molti dei meriti a Gasperini, che definisce «un uomo molto duro», ma che gli permette di esprimersi in campo «all’interno della struttura della squadra»: «Perché tutto è fatto in funzione di come gioca la squadra e di come tu puoi essere un fattore per essa».

Lookman sembra essere uno di quei giocatori che ha bisogno del limite per esplorare la propria libertà creativa, e per certi versi è un paradosso per un giocatore molto moderno che è difficile da definire in un ruolo tradizionale. «Per il modo in cui si è evoluto il gioco oggi adesso è tipo: ‘O sei questo o sei qualcosa in mezzo’. E quando sei in mezzo le persone ti vedono come un rischio o comunque come qualcosa di poco sicuro», ha detto Lookman parlando di se stesso. Chi l’avrebbe mai detto che un giocatore così indefinibile, dal talento così apparentemente intangibile, non avrebbe funzionato in Premier League, né al Lipsia, ma in una delle squadre più rigidamente allenate d’Italia?

Gasperini ha portato l’Atalanta al periodo più felice della sua storia intrecciandolo alle gioie e ai dolori di avere in campo due artisti come Gomez e Ilicic, trequartisti incostanti, imprevedibili, che trovavano la loro creatività al di fuori del limite, dell’indicazione tattica, e che per questo hanno finito per scontrarsi più o meno esplicitamente con il proprio allenatore. L’Atalanta - la squadra che ha istituzionalizzato le marcature a uomo a tutto campo, la difesa in avanti, una struttura di pressing estremamente rigida - sembrava aver esaurito la sua linfa vitale senza di loro, come se la sua forza dirompente fosse intrinsecamente legata alla delicatezza dei suoi numeri 10. Avete capito: è la storia di Sansone e dei suoi capelli. Oggi, però, Gasperini sembra aver trovato il suo personale sacro Graal: un trequartista che si sta esaltando all’interno del limite, o sarebbe meglio dire grazie al limite. Come se l’Atalanta gli avesse dato finalmente una forma.

Lookman sembra come caricarsi attraverso il lavoro che compie per la squadra. L’intensità che ci mette senza palla, non solo nel pressing ma anche negli smarcamenti, più che stancarlo sembra affilarlo tecnicamente, come se dovesse entrare fisicamente nella partita per esprimersi al meglio. Più che Super Mario da questo punto di vista Lookman ricorda Burnout, il gioco di macchine in cui la barra del NOS si ricaricava sfasciandole sul percorso, scontrandosi quindi letteralmente con gli ostacoli che ti metteva sulla strada. Da questo punto di vista, Lookman ha un’interpretazione molto diversa rispetto a Boga, e non solo perché parte dalla parte opposta del campo. Il primo gol alla Sampdoria, per esempio, parte da un movimento ad allargarsi sull’esterno dell'ex giocatore del Sassuolo, che va a ricevere nella sua zona preferita per puntare l’uomo, andare sul fondo e mettere la palla in mezzo, come se fosse un’ala. Nel frattempo Lookman esegue il suo compito diligentemente: si inserisce in area, inganna Augello fissandolo sul secondo palo, e poi al momento giusto si stacca per colpire di testa all’altezza del dischetto. La palla finisce sul palo e poi sui piedi di Hateboer, e l’attaccante inglese in un attimo si ritaglia di nuovo uno spazio per colpire di testa. Il cross sul secondo palo però non è per lui, ma per Maehle che colpisce alle sue spalle.

C’è un attimo molto comico: mentre i suoi compagni esultano, Lookman accenna una lamentela nei confronti del suo compagno, credo per il cross troppo lungo. Non si era accorto del gol o era troppo dentro al gioco per curarsi di ciò che stava succedendo? In ogni caso il gol da esterno a esterno è forse la spia più affidabile dello stato di forma dell’Atalanta, e il fatto che sia stato propiziato dal lavoro di Lookman ci dice quanto la squadra di Bergamo debba a lui questa sua risurrezione.

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