Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Daniele Manusia e Francesco Pacifico
Lo Spogliatoio s02e16
10 apr 2015
10 apr 2015
Moduli sperimentali, andare sotto di due gol senza perdere la fiducia, litigare: l'AIK si qualifica per gli ottavi di finale.
(di)
Daniele Manusia e Francesco Pacifico
(foto)
Dark mode
(ON)

 



 



Arrivato nella loggia che dà su via degli Olimpionici, la settimana scorsa, l’organizzatore mi è venuto incontro dicendo: «Avete vinto a tavolino, la Roma non viene». Un problema di organizzazione. La serata aveva un bel tepore, la primavera era in anticipo ed era venerdì. Probabilmente i ragazzi della Roma hanno ottenuto le chiavi dell’auto dai genitori e hanno preferito correre dalle proprie ragazze invece che sul campo. «Ma veramente dobbiamo andarci a rovinare questa bella serata con quei vecchi barbuti dell’AIK Solna?». Noi, vecchi barbuti e rancorosi, al posto loro ci saremmo presentati, se non altro per vendicare la sconfitta dell’andata. L’AIK Solna, infatti, annota sul taccuino tutti i cattivi del campionato e conta i giorni che mancano al payback, alla vendetta. Per fortuna VC, che manco mi ha salutato, mi ha detto subito: «Ho prenotato il calcetto, vatti a cambiare». Giocare per divertirsi non esiste. Giocare è competere, dalla briscola in cinque al calciotto. Con l’età io mi sono ammorbidito: quando do la notizia ai compagni arrivati dopo di me aggiungo che «tre punti guadagnati senza fare nulla sono sempre ben accetti» (anche perché con il forfait della Roma eravamo matematicamente terzi a una giornata dalla fine, e per le fasi finali si qualificavano le prime quattro).

 



«Come uomo di fascia non mi conosci», ho spiegato a TL dopo un malinteso in campo: me l’aveva data sulla corsa, io l’aspettavo sui piedi. Fallo laterale. Il nostro grado di conoscenza dentro e fuori dal campo è aumentato molto negli ultimi mesi e adesso non capirsi è un evento, qualcosa da spiegare. Mi rendo conto che ormai passo la palla in base alle caratteristiche del destinatario, con scelte rapide e praticamente inconsapevoli. Questa partita, iniziata con un modulo decisamente diverso dal solito, mi ha messo di fronte a delle nuove difficoltà. Era più o meno un 2-1-3-1: DM davanti ai due centrali AL e CF, con il compito di abbassarsi tra di loro per impostare (sì, facciamo la

a calciotto...); davanti a DM e dietro all’unica punta c'era una linea a tre formata da GG a destra, più avanzato rispetto al solito, TL centrale, anche lui spostato più vicino all’area avversaria, io a sinistra. Non ho mai giocato sulla fascia senza un terzino dietro, e di solito c'era un solo centrocampista al centro, mentre stavolta erano due. Gli unici a giocare nello stesso ruolo di sempre erano FP da centravanti e il portiere.

 



L'inizio shock della partita con il Sassuolo, che ci ha messo sotto 0-2 dopo pochi minuti, è in parte ascrivibile ad un cattivo inizio sia mio che di MG. La sera prima il triangolo offensivo FP, MG e TL si era radunato per una birra divenuta ben presto una serata ad alta gradazione. Morale: in una partita per noi decisiva e tutta in salita, gambe molli e poca energia. VC, assente perché in trasferta in terra molisana, aveva inviato le sue minacce in caso di sconfitta. Abbiamo subito il primo gol dopo pochi istanti, su un contropiede nato da un rinvio lungo del portiere. Pochi minuti dopo, ho perso palla io su un dribbling in attacco, veloce ripartenza e raddoppio Sassuolo. Il nuovo modulo, il 2–1–3–1 aveva snaturato il nostro centrocampo e tolto compattezza a tutta la squadra. Il ritorno (quasi immediato) al 4–2–1 ci ha restituito le perdute certezze.

 



Il Sassuolo si porta sul due a zero per via di due nostre disattenzioni, anche perché il loro centravanti sembra un furetto in cerca di gloria. Sulla fascia, lontano dagli errori che hanno dato il là allo 0-2, guardo i miei compagni reagire silenziosi, senza però demoralizzarsi. L’atmosfera è un po’ surreale: stiamo perdendo dal Sassuolo, i nostri sparring partner nelle pause campionato che riempiamo di gol ad ogni occasione. Abbiamo iniziato male, il centrocampo è in difficoltà soprattutto per via delle gambe lente e pesanti di TL, il nostro perno lì in mezzo. Deve carburare, deve guidarci verso il gol. Intanto però ne fa fare uno al Sassuolo. Sul due a zero il loro capitano dice ai suoi compagni: «Daje regà: tutti dietro ora». La battuta diventa la loro tattica mentre il loro portiere si guadagna subito la sufficienza piena deviando in angolo ogni tiro.

 



Venivo da una prestazione da zero in pagella di due settimane prima e avevo le gambe molli. Perciò avevo promesso a MG che contro il Sassuolo avrei fatto una prestazione superba. Lui ha abbozzato un sorrisetto pietoso. Avevo anche scritto a TL: «Mercoledì ti dedico un gol». Risposta: «Sì, vedremo». Se fai la parte dell’arrogante, poi sei costretto a impegnarti a tener fede alle tue sparate, così quando in area mi è venuto addosso il cross da cecchino di TL, ho spizzato di testa e la palla è scesa nell’angolo basso della porta, il portiere si è tuffato sfiorandola con un guanto ma la palla ha toccato il palo ed è schizzata dentro. Da lì è partito il recupero e poi la vittoria. Dall’assist di uno che smaltiva una sbornia in campo e dal colpo di testa di chi finge di essere ciò che non è.

 



Passano i minuti ma la sensazione che sia una serata maledetta, comunque, non ci pervade. Quando segna GDA, facendo sì che questa volta il cammello passi per la cruna dell’ago, faccio una prima smorfia come a dire: ecco. Qualche minuto dopo FP sigla il due a due con un gran tiro da fuori: «È l’arrivo dell’inevitabile» avrebbe detto Mr. Smith di

al signor Anderson. La partita finisce lì, prendiamo il largo e quindi ci concediamo qualche vezzo in campo attendendo il triplice fischio che ci consegna alla cena post partita a Ponte Milvio, in compagnia dei pischelli di Roma nord che all’indomani hanno la scuola chiusa e quindi festeggiano, proprio come i pischelli della Roma. La nostra tranquillità è frutto della consapevolezza maturata in questi mesi. Partite come queste, iniziate male per il caso o per qualche disattenzione, avremmo potuto perderle, pareggiarle o buttarle in “caciara”, qualche mese fa. Oggi invece le vinciamo, e bene, come tutte le squadre che non sono nettamente più forti di noi.

 



Il primo gol è un'azione tipica dell'AIK: GDA detta il passaggio dietro la difesa avversaria, gli faccio arrivare l'assist e GDA si conferma bravo a depositare in rete di testa. Il pareggio è frutto di una combinazione tra MG e FP, che realizza con un tiro da fuori area con parabola a scendere sotto la traversa. Nel secondo tempo giochiamo meglio e il 3–2 lo realizza MG con un bel tiro al volo. Con FP abbiamo studiato diversi movimenti nel prepartita e lui è bravissimo ad imparare: il 4-2 è nato da una corsa senza palla di MG, servito con un lancio di prima intenzione da DM. FP si smarca e riceve in area, realizzando praticamente a porta vuota. FP perfeziona l'hat-trick con un gol da cineteca con un pallonetto sul portiere in uscita. Su tutti i gol, un Matteo ha firmato l'assist.

.

 



DM ha attaccato briga per alcuni falli, ha messo le mani in faccia a un avversario. Quando nel secondo tempo si è chinato di scatto sul loro attaccante a terra e gli ha sbandierato un pugno a due centimetri dal viso, il film della partita ha bruscamente cambiato genere: la parodia calcistica della foto in cui Alì incombe coi guantoni su un Liston ormai al tappeto e gli inveisce contro. Le escandescenze di DM fanno perdere alla squadra energie e tempo, minuti d’oro soprattutto se si è in svantaggio. Destabilizzano anche lui, lo fanno giocare peggio. Eppure questa rabbia—una pignatta in ebollizione in cui cuoce un po’ di tutto: complessi personali, odio di classe, trance agonistica—è volutamente esasperata. Sa di teatro. E infatti, a fine partita, eccolo lì, la faccia limpida e briosa; scherza sui suoi exploit, ripassa le battute. In fondo è l’alchimia della squadra. Con l’AIK studiamo i moduli di gioco, proviamo gli schemi in campo, riscaldamento a scaletta, partite extra di allenamento: una mescola di ossessione per il gioco, serietà organizzativa e, di punto in bianco, il gesto folle di qualcuno.

 



Questa è stata l'ultima partita del torneo di Francesco, che si sposa, ci lascia con una tripletta lui che ha dovuto inventarsi tutto un modo suo di giocare punta, perché in questa cultura calcistica romana di merda gli attaccanti sono degli egocentrici che fanno tutti da soli e tirano da ogni posizione, lui non avrebbe mai potuto trasformarsi in quella cosa e si è trasformato in quest'altra, nel punto di riferimento per far salire la squadra, che gioca quasi sempre di prima a costo di fare brutte figure, che ha

a trent'anni, ha imparato prima a tirare da vicinissimo, poi dal dischetto, poi dal limite dell'area, e adesso ci svolta le partite con traiettorie illegibili e centrali tipo il Mondiale del 2010 con il pallone pazzo, Jabulani credo si chiamasse. Ci mancherai Fra, in campo e a cena, cercheremo di farti onore facendo cose pazze senza giudicarci.

 



Siamo una squadra che ha imparato non solo a passarsi il pallone, ma anche a gestire le diverse emotività. C’è chi implode, chi esplode verso i compagni, l’arbitro, gli avversari, chi si chiude, chi brontola, chi si colpevolizza. Un ampio ventaglio di

che a volte ci aiuta a dominare mentalmente la partita e altre volte ci ostacola. L’AIK non è mai stata una squadra serena e adesso, ogni tanto, ho l’impressione di vedere e saper gestire i demoni dei miei compagni meglio dei miei.

 



Siamo un team che gioca bene e sta di stanza all’Overlook Hotel. Siamo pronti per gli ottavi.

 
 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura