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Daniele Manusia e Francesco Pacifico
Lo Spogliatoio s02e15
27 mar 2015
27 mar 2015
Nuovi compagni, tiri della domenica e pubblicità per gli abbonamenti.
(di)
Daniele Manusia e Francesco Pacifico
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Se ci fosse un diario dello Spogliatoio apocrifo, racconterebbe anche le nostre amichevoli, i 3 vs 3 domenicali, i calcetti più o meno sgangherati, uno dei quali si è tenuto nell’ultima sera veramente fredda dell’Inverno Romano 14/15 e ha visto LD scattare in dribbling e poi accasciarsi a terra dolorante, toccandosi il quadricipite destro. È rientrato in campo venerdì, per circa dieci minuti, prima che il famigerato “riacutizzarsi dell’infortunio” costringesse lui a fermarsi ancora, e ES e me a non fermarci più per il resto della partita. ES è un over 40 dal fisico asciutto che non aveva mai giocato con noi prima. È stato coinvolto da GDA, che lo ha introdotto come un suo colpo di mercato last minute utile a puntellare il centrocampo, già orfano di TL e CF. “ES C’È”, ha scritto in chat GDA a poche ore dal fischio d’inizio, tutto maiuscolo come se stesse annunciando una salvezza.

 



Le quattro ore prima della partita le ho passate al telefono. Nel pomeriggio eravamo ancora senza portiere, un ospite svedese di DM avrebbe sostituito CF ma non aveva gli scarpini; assente anche TL. Poi dal nulla ci è piovuta in testa la tegola di VC: era infortunato, ce l’aveva tenuto nascosto fino all’ultimo credendo di recuperare ma alla fine non ce l’ha fatta. Ho telefonato e scritto messaggi dalle quattro alle otto. Ho trovato un paio di scarpe per lo straniero dell’AIK. Ho tallonato ES, un mio amico che gioca nella Nazionale scrittori, impegnandomi a prelevarlo in auto da Anagnina. Ma nel frattempo avevo promesso uno strappo anche a MG e alla nostra ospite FS dal Pigneto: non ce l’avrei mai fatta, altra giostra di messaggi. Alla fine sono andato in tilt. È una cosa che mi accade spesso, quando entro in empatia con troppe persone, per troppe cose. Me l’ha scritto anche DM su WhatsApp: «Stai diventando irrazionale». Uscendo di casa ho sentito contro la coscia, attraverso la stoffa dei jeans, un tepore strano, come una patata bollita in tasca. Era il mio smartphone surriscaldato.

 



L’enorme aspettativa su ES è stata purtroppo disattesa, e qua si scontrano due necessità: essere fedele allo spirito di un diario, e quindi onesto; non risultare offensivo. Ma non credo sia offensivo dire che ES non ha giocato bene, non ha mai trovato posizione e ritmo, ha sofferto l’intensità degli avversari. Anche perché ES è certamente un individuo che sa giocare a calcio. E non importa quanto sofisticata possa essere la tua concezione del gioco: se il tuo posto è in mezzo al campo, possono dirti che non corri, non sai difendere o saltare di testa, che sei troppo egoista o altruista, o non abbastanza cattivo sotto porta, e niente di questo è peggio di sentirsi dire che non sai toccare un pallone. ES lo sa toccare, solo che io e lui, accoppiati eppure soli a centrocampo, abbiamo avuto proprio una serataccia. Io ho giocato disorientato, con una sensazione costante di incompletezza, e ho imparato che con CF, LD e TL, gli altri tre centrocampisti centrali dell’AIK, abbiamo ormai costruito delle partnership. Se adesso chiudo gli occhi e mi immagino in mezzo al campo con uno di loro, sento per ognuno una sensazione netta, solida. Tre mini-squadre nella squadra che ci sono, possono giocare bene o male, ma ci sono.

 



È la prima partita che salto per infortunio da quando faccio parte dell'AIK: polpaccio indurito dopo una lunga sessione di tappeto rotante e una partita di calciotto 12 ore dopo. Ho forzato troppo credendo di essere d'acciaio, e ora sono fuori nel modo più idiota possibile. Ho sperato di recuperare fino all'ultimo, quando mi sono arreso a poche ore dalla partita GDA è riuscito a recuperare un suo amico 'forte' over 40 per darci i cambi. "Centrocampista di qualità" è quanto riesco a tradurre dal suo entusiasmo per averlo convinto a venire, quindi da coach per una notte quale sono ho a disposizione lui e l'amico di DM, svedese in trasferta nella capitale in onore del quale indossiamo la maglia nera e gialla con lo stemma ufficiale. Non so se sia di Stoccolma ma spero possa comunque gradire. Comunque è un centrale di difesa che non gioca da un po' e quindi lascio DM e AL in campo almeno all'inizio sempre insieme, sperando che la partita vada in modo tale da garantire minutaggio anche a lui. Purtroppo non succederà. Non c'è TL: con DM e FP decidiamo di assegnare la fascia di capitano a MG. Gliela lancio in spogliatoio, non la raccoglie. Non è un buon segnale. Comunque dalla panchina io e FS notavamo come gli stesse bene addosso, così rossa sulla divisa nera e gialla portata con estrema eleganza. Quando faremo la pubblicità per gli abbonamenti, punteremo su una foto con lui davanti a tutti.

 

Guardare la partita dalla panchina è una frustrazione insopportabile. Un cocktail di avvilimento, nervosismo e tensione. Cioè, a cinquant'anni sarà bellissimo, quando le mie ginocchia diranno basta e mi approccerò al mestiere e al campo come un vecchietto ai cantieri, ma ora proprio no. Sarà che devi pure restare calmo, perché tutto il tuo tempo devi passarlo a guardare e valutare i giocatori, gli spazi, i duelli: è impegno a tempo pieno. Qualche azione mi basta per accorgermi che sullo scatto LD non è "iturbiano" come al solito, e mi sembra accenni anche a zoppicare. È il primo che richiamo anche perché viene da un infortunio e voglio capire come sta. Butto dentro l'amico di GDA, che in poco tempo si rivela: a) totalmente inadatto ai ritmi forsennati dei ventenni che sfidiamo e b) l'unica soluzione possibile al dover restare in campo in inferiorità numerica. LD infatti dice di stare bene, che deve giocare, lo rimando in campo per MG poco dopo ma al primo scatto la contrattura al bicipite femorale che gli avevo già visto addosso si fa sentire troppo forte. Per lui è partita finita, noi siamo nelle mani dell'ultimo arrivato. Piano piano il nostro centrocampo sparisce fagocitato dagli avversari, ma chiudiamo il primo tempo in vantaggio grazie alla punizione di DM e anche in credito con la fortuna per aver sfiorato due volte in sequenza il raddoppio. È il risultato a trarmi in inganno, non cambierò nulla del sistema di gioco e mi sarà rinfacciato da più parti, nel post partita dove il romanismo spinto è padrone: a tavola divento il Rudi Garcia dell'AIK, incapace di cambiare lo schema di una squadra che così non poteva durare.

 



Giocare sulla fascia, su tutta la fascia del campo, è il posto migliore per capire la partita mentre la giochi. Infatti, se non hai la palla fra i piedi, il tuo sguardo comprende sempre tutti i giocatori in campo, proprio come quello dell’allenatore in panca. Sulla fascia destra con MG e FP abbiamo fatto trovato subito l’intesa, facendo buone triangolazioni in fase offensiva. In mezzo al campo, a fare il play, MG era orfano del suo compagno TL, il nostro giocatore più forte. TL è più centrocampista di MG: porta palla, la tiene il giusto per farti salire e poi servirti, e ha inoltre il sinistro migliore di Roma nord. MG invece è fortissimo quando punta la porta, meno quando deve difendere la nostra area. Si soffriva quindi nel mezzo del campo, anche dopo il nostro vantaggio, e le mie sensazioni negative, nate dopo diverse occasioni da gol fallite, aumentavano.

 



I nostri avversari trovano il pareggio, con un tiro della domenica da centrocampo che si infila sotto la traversa. Non ci voleva, l'entusiasmo gli raddoppia le forze e ora loro volano e noi arranchiamo. Ci manca energia, ma non ho nessuno in panchina da inserire e non penso al 3-3-1 come possibile alternativa di gioco.

 



Manco a dirlo, loro pareggiano con un tiro di collo pieno centrale a palombella scagliato da lontano e sul quale nulla ha potuto il nostro portiere-fake. Infatti a difendere i pali c’è G, uno che gioca di solito in mezzo al campo, non molto alto, e che si è gentilmente prestato per sostituire MA, il nostro spilungone dall’aspetto curato. Perdiamo facilmente la tranquillità. Saranno stati i gol sbagliati mentre eravamo in vantaggio, o un centrocampo che ha iniziato a sfaldarsi, ma ci disuniamo un po’. In mezzo alla difesa AL, il nostro Manolas, sbaglia tutti gli anticipi e non è la solita sicurezza. DM è molto preso dal cercare di farsi dare palla largo basso sulla destra, per poi lanciarla in diagonale sull’altra fascia verso GDA (in pessima serata), o verso FP, il nostro target-man in attacco capace di addomesticare palloni cadenti o fare da sponda come e meglio che sul tappeto verde. Noi siamo forti quando giochiamo palla a terra, quando le nostre geometrie sembrano tele di Mondrian. Prendiamo il secondo e il terzo gol con due nostri errori di posizione sul centro-sinistra. Io sono lontano, a controllare il mio dirimpettaio sprovvisto di velleità offensive. Saltano gli schemi e regna il disordine: a vederci dall’alto i nostri passaggi disegnerebbero probabilmente una tela di Pollock. Il centrocampo, zona nevralgica del calciotto, il fossato a protezione del castello-difesa, ha abbassato il ponte levatoio per il comodo ingresso in difesa. Inevitabile perdere così. Inevitabile arrabbiarsi, così.

 



A un certo punto Daniele ci ha invertiti, io più dietro ed ES più vicino a Francesco. ES stava ancora metabolizzando il cambio di posizione e non è andato a chiudere subito su una loro punizione battuta corta in zona centrale: hanno tirato, rimpallo, nuovo tiro (maledetto) e pareggio. A fine partita mi sono sbracato in panchina e ho detto: «Ecco, stasera abbiamo capito che non siamo ancora dei quarantenni», riferendomi alla differenza di passo tra ES e noialtri. Ne ho fatto una questione anagrafica, di tenuta fisica, e qui spero ancora di non essere offensivo, anche perché adesso credo sia vero solo in parte. Non è stata solo una questione fisica: l’estraneità di ES al nostro gioco è il manifesto della nostra evoluzione come squadra. Abbiamo vinto l’estate scorsa, disposti a falange oplita sulla soglia della nostra porta, e ognuno di noi era immediatamente sostituibile con più o meno chiunque altro, l’importante erano l’assetto e la concentrazione. Oggi invece un esperto regista dal buon piede sinistro può smarrirsi nel nostro centrocampo come un bambino all’Ikea. Un Ikea ipersensibile in cui, se si perde un bambino, anche le viti che tengono i mobili assieme si ritraggono e la stabilità della struttura va in crisi. Oggi l’AIK è più complessa ed è più difficile entrare a farne parte. E questo non vale solo in campo, vale anche fuori.

 



Ho fatto due errori stupidi e abbiamo perso. Sull’1-1 ho ritardato il momento del passaggio a centrocampo pur avendo a disposizione sia MG che FP, il loro terzino mi ha rubato palla ed è partito il contropiede. Ma questo non è stato grave quanto il fatto che la stessa scena si è ripetuta quasi identica dieci minuti dopo. Palla al piede, microblackout di lucidità—per un istante ho perso la mappa degli eventi, tra quello che accadeva intorno e il pensiero su cosa fare c’era un secondo in più di differita—quindi assalto alla baionetta dell’avversario, ripartenza e 3-1 per loro. A un minuto dalla fine ho raccolto una palla fatta filtrare di testa da FP e in corsa, sulla diagonale stretta, ho calciato di esterno sinistro sull’incrocio opposto. Il più bello dei miei gol inutili.

 



Finisce 3-2 con GDA che riscatta in parte i due errori sui gol avversari con un sinistro al volo potente e preciso sotto l'incrocio, a tempo ormai scaduto e dopo aver rischiato più volte il tracollo in contropiede. Se avessimo vinto saremmo stati sicuri della qualificazione in Champions, ora diventa decisiva la sfida con la Roma di venerdì: saremo senza DM e io spero che il polpaccio non mi tradisca, perché non sopporterei un'altra partita guardata dalla panchina.

 
 

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