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Lo spogliatoio: nona puntata
14 lug 2014
Diario dell'esperienza del calciotto a Roma. In questa puntata: tre bottiglie di Mumm nel congelatore, il portiere psicopatico, l'odore di scampi, pensare a Zidane e un futuro da dirigente.
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Pareggio 1-1 con gol a 7 secondi dalla fine; vittoria 5-3 ai calci di rigore. (Primo tempo: 0-1)

Giovedì ore 22, fresco. Villaggio Olimpico.

DANIELE

Questa settimana, nella finta preview con finta quotazione degli organizzatori del torneo eravamo dati a 4 e il pareggio a 3,55. Secondo il sito del torneo, eravamo chiamati a compiere “un secondo miracolo sportivo dopo quello degli Ottavi contro il Sassuolo”. Gli avversari hanno il capocannoniere del torneo, con 19 gol in 7 partite. Una media di 2,7 gol a partita. A Roma sarebbe dovuto arrivare un temporale e faccio un giro di telefonate per capire se si rimedia una macchina, ma VC al telefono è preoccupato: “Capocannoniere del torneo, in una squadra che non si è classificata nella parte alta del tabellone. Questi giocano tutti per lui”. Diciamo che forse andrebbe marcato a uomo. E fallo sistematico.

FRANCESCO

La mia fidanzata, FM, si ammala nel pomeriggio e io devo assisterla fino al momento di uscire con il dubbio che mi sia richiesto il sacrificio di saltare la partita. Le garantisco che il mio telefono sarà in mano ai panchinari tutto il tempo e potrà scrivermi se le sale la febbre al di là dei 37,8. Ciò mi fa dimenticare che sono i Quarti di finale, guido la macchina fino al campo ad alta velocità. Quel giorno stesso ho chiuso l’ultima rilettura di un libro che ho cominciato a scrivere a metà del 2010, è come se avessi rifatto il liceo, sto pensando a quel che mi è successo in questi quattro anni e la partita non è fra le priorità perché è la partita in cui ci elimineranno. Io sto dormendo poco, sono nervoso. Sulle ampie curve della tangenziale le ruote della mia 600 sembrano piegarsi.

DANIELE

Niente temporale, prendo il motorino. Faccio la solita strada per andare al Futbol, scendendo i Parioli lentamente lungo via Barnaba Oriani, un percorso che mi piace pensare sia “mio”, anche se di solito non sono uno di quegli uomini che dovunque si vada ha una strada sua con meno incroci o semafori. Ci sono quattro ambasciate in cento metri (algerina, sudafricana, coreana, svizzera) e palazzetti a tre piani assurdi come la Casa del Cannocchiale (del 1936; l'unica di cui so qualcosa) o il villino con la rampa per le auto che arriva davanti al portone. Mi piacciono molto anche l'Hotel degli Aranci e un palazzo curvo con i primi due piani coperti di rampicanti. Il mio preferito somiglia ai villini del lungomare dell'Agro, con gli alberi cubici e un muro cieco stretto sulla facciata. Secondo me andrebbe dipinto con i blu i rossi e i gialli dei quadri più famosi di Mondrian, i balconi di nero come le linee che separavano i campi di colore. O tutto di bianco, tinteggiato di frequente per farlo somigliare a una nave. Immaginatelo con ancora un filo di luce rosata, pochi minuti prima che la notte abbia la meglio.

Poi via Oriani curva come un ruscello verso sinistra, fino a ricongiungersi con via Denza che incrociava in cima. In fondo a via Denza l'odore di scampi di un ristorante, con l'entrata nascosta da Smart, berline e SUV in doppia fila.

FRANCESCO

In spogliatoio Daniele prende la lavagnetta magnetica, disegna i difensori avversari e poi disegna me: “Vedi, devi muoverti in questo circolo”, e traccia un ovale che gira intorno al difensore centrale avversario. Lo ricalca. “Non devi allontanarti troppo, perché non hai abbastanza corsa per prendere palla a centrocampo e andare verso la porta: devi fare questo cerchio piccolo, tentando di darci sempre la profondità”.

La donna portafortuna, oggi, dopo due partite vinte consecutive con in panchina la fidanzata di CF e poi la mia, è la ragazza di VC, che dice sempre che secondo lei “VC” fa troppo pensare a WC, cioè un water, e io ogni volta casco dalle nuvole.

Scendiamo in campo per il riscaldamento, dopo aver inquadrato gli avversari: persone col fisico da calciatori—perlomeno tre di loro—e con l’aria molto seria e per il momento amichevole. Prima dell’inizio ci stringiamo per lasciare che Daniele, alla sua ultima partita prima delle vacanze, ci dedichi un discorsetto motivazionale. Stranamente, lo trovo solenne: giochiamo bene, siamo una squadra, questi i temi. Dopodiché la squadra domanda che io faccia un’altra promessa dopo quella dell’altra volta: mi ero proposto per l’intera quota, 95 euro, della partita successiva se avessimo vinto quella, gli Ottavi di finale. La cosa interessante è che dopo aver insistito per pagare io i Quarti di finale ho scordato il portafoglio a casa. MG, con il terrore schema Ponzi negli occhi mi ha anticipato i contanti e ho dovuto spiegargli che poteva fidarsi (glieli ho ridati sabato mattina). Allora dico: “Se vinciamo anche questa, porto cento euro di champagne”. Scrivo la rubrica a un’ora dalla prossima partita, le Semifinali, e ho nel congelatore tre bottiglie di Mumm. Ho quasi 37 anni, mi sto preparando a un futuro da dirigente.

DANIELE

Contro il Sassuolo abbiamo marcato a uomo perché AL è uno specialista, ma oggi AL non c'è. Nel pomeriggio penso che in marcatura potrei mettere GDA. All'inizio GDA non era abituato al contatto prolungato e intimo con l'avversario del calcio, tutta colpa della pallavolo, commetteva l'errore ingenuo di entrare sempre in tackle e non temporeggiare mai, facendosi saltare o facendo fallo; tuttavia durante il torneo ha imparato da solo a prendere il tempo agli avversari e dato che è molto forte fisicamente è diventato quasi insuperabile.

Resto in dubbio fino a quando arrivo al campo. Decido niente marcatura a uomo. Al centro della linea di 4 difensori giochiamo io e GG che è uno di quei terzini perfetti anche come centrali. Ci diciamo che a seconda di dove va il Capocannoniere lo marcherà uno di noi. Non è la zona, ma così non rinunciamo del tutto a un uomo e siamo tutti più liberi di interpretare a seconda dell'azione. La tattica non è tutto ma non è neanche solo una strategia per provare a vincere più partite possibile. Con la tattica si esprime anche la propria idea di mondo.

FRANCESCO

Corro negli spazi disegnati da Manusia, faccio molte sponde, cerco di creare le possibilità perché la squadra salga, segno quasi un gol di tacco. Devo stare zitto: comincio a odiare il portiere avversario e ho l’obiettivo di non litigare mai con gli avversari. Corro a testa bassa e non chiedo mai il cambio. In panchina c’è HSP, compagno di calcetto, venuto a vedere la partita. Lui e la ragazza di VC/WC fanno un bel tifo (stasera invece viene la mia fidanzata, FM, guarita dalla febbre, e spero non passi tutto il tempo al cellulare come in un’illustrazione di Emma Verdet).

DANIELE

Gli avversari hanno la nostra età ma sono tutti grossi, tutti con la maglietta del West Bromwich con i numeri. Noi abbiamo le pance e maglie diverse, solo alcuni quelle dell'AIK, quasi nessuno il numero: VC che ha portato la sua fidanzata ha una maglia nera con il 4, MG il 10 e FF l'11. L'arbitro si lamenta e fa il simpatico nel modo aggressivo dei coatti. È basso e pelato e per guardarmi negli occhi manda la testa all'indietro. Faccio lo sciolto rispondendo, mi sono ricordato di una persona bassa che mi ha detto quanto gli dava fastidio che quelli alti piegassero la testa o le spalle per ascoltarla, e l'ho fatto all'arbitro. Dopo pochi minuti di gioco contesto una cosa e lui mi dice: “Capitano non te voglio senti'. Me dai fastidio”.

FRANCESCO

Il portiere avversario comincia a spazientirsi perché noi fermiamo sempre il loro gioco per linee centrali, e abbiamo sviluppato l’automatismo delle ripartenze. Lui, un pariolino bello e stronzo, liquida i nostri progressi cominciando a insultare i suoi con le parole “Con chi stamo a perde”, che della mia squadra sento solo io, punta avanzata. Non gli dico niente fino a metà del secondo tempo, quando vedo arrivare una sconfitta a questo punto immeritata—causa anche due miei gol mangiati (una volta però il mio tiro è entrato a gioco appena fermo causa fallo inesistente di GDA su non so chi)—e mi spazientisco goffamente: “Arbitro, dice qualcosa a questo psicopatico?”

Mi chiedono chi sarebbe lo psicopatico e io rispondo “Lui”, indicando il portiere.

Il difensore che mi marca dall’inizio mi offende non ricordo come, e io, sentendo svanire le energie per la rabbia, gli mormoro “che cazzo vuoi” e “vattene affanculo, testa di cazzo”.

Il portiere, tra le altre cose, dice che noi non siamo gente che ha mai giocato a calcio. Mi è già stato detto mesi fa e penso che nel mio caso abbiano ragione: io provo un odio per gli avversari incompatibile con lo sport. Io a fine partita li odio sempre e non stringo la mano, se anche solo hanno fatto mezza cosa aggressiva, come dire che siamo delle pippe. Corricchio mormorando a mia volta “siete delle pippe”, perché il portiere pensa che lo siamo noi. Mi chiedo quale mancanza nella mia formazione mi porti a vedere l’avversario come un persecutore (mmm, sarà il fatto che non ho mai praticato seriamente sport di squadra eccetto un anno di pallavolo?). A fine partita non li saluterò, tenendo la maglietta sopra la testa per non guardarli.

DANIELE

Vanno in vantaggio loro su calcio d'angolo. Battono veloce, uno di noi svirgola la respinta e il Capocannoniere ne approfitta. Poi però non ci scomponiamo, il West Brom' è aggressivo ma fatica a tracciare le corse di TL e MG palla al piede. Faticano anche sull'ampiezza dei nostri terzini. Andiamo più volte vicini al gol, Francesco ha fatto un tacco strano di sinistro dal centro dell'area con cui ha quasi scavalcato il portiere, che ci è arrivato, mi sembra, io sono lontano da Francesco, con la punta delle dita deviandola sul palo. Lentamente risaliamo il campo, li costringiamo al lancio lungo. Il West Brom' non riesce a costruire, nel secondo tempo perde la forma adattandosi alla nostra: adesso giocano con due punte fisse e due centrocampisti. Iniziano a perdere tempo. Chiamo il time-out e dico di lasciarci soli 2 vs 2 in difesa e di restare il più alti possibile anche senza pressare. Ogni volta che sono lenti a recuperare il pallone io faccio: “Arbitro tempo”. Quando dà due minuti di recupero protesto. Si mettono addirittura sulla bandierina con la palla sotto la suola.

FRANCESCO

Ma pareggiamo con un tiro di VC cui fa seguito il triplice fischio finale. Incredulo, senza fiato, festeggio con la panchina, tentando di bere. Ho paura di svenire.

DANIELE

Non mi godo i festeggiamenti perché l'arbitro dopo aver fischiato per il gol si gira e mi ammonisce per proteste, gli avevo chiesto come cazzo stava arbitrando pochi secondi prima sulla stessa azione che ci ha portato al pareggio. Ero già stato ammonito (la sola volta che il Capocannoniere era riuscito a prendere palla e partire).

Penso a Zidane. Poi penso che in parte è una fortuna che io non possa tirare il rigore. Lo avrei tirato, ma non sono un rigorista. Chiedo chi se la sente di tirarlo e si fanno avanti in molti. Penso a van Gaal che ha detto di aver scelto Vlaar contro l'Argentina dopo aver ricevuto un paio di “no” da altri giocatori. L'ordine era: TL, VC, MG, GG e Francesco. In caso come sesto avrei scelto JL, il portiere, che ripeteva: “Io li so tirare”. Ma non siamo arrivati neanche al quinto perché JL ha parato il primo rigore del West Brom' e il terzo lo hanno calciato fuori.

FRANCESCO

Resto vicino alla panchina durante i rigori perché ho paura dell’emozione. Ho problemi a respirare. In occasione degli errori avversari rido e soffoco, odiandoli. Quando entrano i nostri rigori mi scambio pacche con i compagni e mi pare di stare su un’astronave che va a velocità supersonica dove non c’è atmosfera. Dopo il quarto rigore il nostro vantaggio è irrecuperabile e corriamo verso GG per abbracciarlo. Mi ritrovo dentro l’abbraccio collettivo e smetto per un attimo di respirare; terrorizzato smetto, mi allontano, continuo ad esultare, più contenuto. Poi, ripreso fiato, mi trovo ad abbracciare i compagni uno per uno con una forza che non ricordo di aver mai impiegato per abbracciare qualcuno. Andiamo ad aprire le bottiglie di Peroni e ci mettiamo a bere intorno alla panchina.

Dopo torno a casa in macchina, senza patente. La birra bevuta dopo il calcio passa per tutti i pori; per l’alcol il mio corpo dopo la partita è come una tangenziale vuota la notte.

DANIELE

Salterò la semifinale. Che avrei saltato lo stesso perché quando con la mia ragazza abbiamo preso i biglietti per una settimana di vacanze non ho pensato al torneo (né alla finale del Mondiale che vedrò in un bar in Grecia). Mentre torno a casa penso che in panchina avrei rosicato ma sarei stato comunque parte della cosa.

Nothing will ever change what we accomplished.

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