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Lo spazio di Casemiro
28 mag 2016
28 mag 2016
Da reietto a elemento imprescindibile del Real Madrid. Le mille giravolte della giovane carriera di Casemiro.
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Estate 2011, la Roma è in una delicata fase di transizione societaria e il nuovo allenatore, Luis Enrique, vuole un centrocampista. Sabatini pensa a Carlos Henrique Casemiro, un brasiliano di 19 anni che ha vinto il Sudamericano Under 20 con la sua Nazionale. La trattativa non si concretizza: il 20 agosto il Brasile di Casemiro vince anche il Mondiale Under 20 (tripletta di Oscar in finale), e pochi giorni dopo la Roma acquista Gago. Per mesi si continuerà a parlare di questa infatuazione ma anche di altre squadre europee ed italiane per Casemiro, senza che nessuno decida effettivamente di acquistarlo. Si apriva così lo “scenario Ganso”, dal nome del regista del Santos di Neymar: da giovane talento richiesto da tutti a buon giocatore che non riesce a compiere il grande salto nel calcio internazionale.

Casemiro comincia una lenta eclissi, che lo porterà ad avere conflitti continui nel San Paolo, oltre a non attirare più l’attenzione dei grandi club. Un anno e mezzo dopo, a fine gennaio 2013, dopo aver acquistato proprio Ganso, la società paulista libera Casemiro dalla spirale negativa in cui era avvolto: viene ceduto, addirittura in prestito, al Real Madrid, che lo acquista per la seconda squadra (dove giocavano Jesé, Lucas Vazquez e Morata). A 21 anni, Casemiro si era già trasformato da grande stella a giocatore di Segunda División. Il suo agente all’epoca si affannò a ricordare che non si trattava di un giocatore di Serie B, mentre la stampa catalana parlava di operazione poco chiara. In pochi mesi il giovane centrocampista brasiliano riesce ad esordire in prima squadra. Mourinho lo schiera titolare nel doble pivote, contro il Betis, per poi non farlo più giocare.

Casemiro nel Porto di Lopetegui era un dominatore del centrocampo.

Con l’arrivo di Carlo Ancelotti sembrava che Casemiro potesse davvero diventare un giocatore da elite: il Real inizia con il doble pivote, e il brasiliano sostituisce Khedira nel secondo tempo delle prime tre partite. Poi gli passa davanti Illarramendi, pagato uno sproposito, che fallisce miseramente; Ancelotti passa al centrocampo a tre con Xabi Alonso davanti alla difesa e Casemiro entra a partita in corso come interno di centrocampo, ruolo che non gli si addice per lo scarso dinamismo.

In tutta la stagione gioca solo due volte per tutti i 90 minuti, nel primo turno di Coppa del Re: vince la Champions League raccogliendo 6 presenze (solo 144 minuti), ma incide entrando a partita in corso contro un Borussia Dortmund indemoniato.

Pare che Ancelotti non fosse un suo grande estimatore, e così con l’arrivo di Kroos è toccato proprio a Casemiro andarsene: ceduto al Porto con diritto di riscatto e controriscatto. La grande stagione agli ordini di Lopetegui e l’arrivo di Benítez al Real gli hanno inaspettatamente riaperto le porte della Casa Blanca: è così che inizia questa fondamentale stagione, che a Madrid sarà sicuramente ricordata come l’”Anno del Casemiro Ridente”. Come un Forrest Gump di Valdebebas, le sue peripezie sono quelle della stagione del Real Madrid.

Pivote

L’ultimo Real Madrid di Ancelotti aveva sofferto in maniera sistematica la copertura dello spazio in zona centrale, lasciando spesso la possibilità agli avversari di dettare il passaggio tra le linee, in particolare alle spalle di Kroos. Con la guida tecnica di Rafa Benítez, la rivoluzione parte proprio dal centrocampo: si passa al tanto caro doble pivote, con Kroos e Modric a dividersi i compiti. Non lo fanno bene, però: l’allenatore spagnolo è abituato ad avere almeno un giocatore in grado di garantire gli equilibri difensivi. Dopo poche partite di Liga e una sola di Champions, Casemiro diventa titolare inamovibile: vicino a lui c’è Modric a garantire un inizio azione almeno decente, mentre Kroos comincia a girare per il campo alla ricerca della posizione ideale.

Solo per ricordarvi che Casemiro sa usare il pallone: pensate fino a 10 prima di commentare.

Dopo 8 partite consecutive da titolare (5 in Liga e 3 in Champions), cominciano i mugugni reali: piovono critiche sul lavoro di Benítez, in particolare per la centralità di Casemiro nel gioco “merengue”. Il brasiliano sarebbe considerato un ottimo centrocampista, anche discretamente tecnico, in Italia; ma a Madrid non si vuole ancora ammettere l’esistenza degli incontristi. Nella sua storia recente il Real Madrid ha eliminato continuamente quel tipo di giocatore: Makelele fu ceduto al Chelsea e sostituito addirittura da Beckham in mezzo al campo, Emerson veniva considerato un onesto mestierante, Capello quasi odiato per la sua scelta di proteggere il centrocampo con Diarra.

A causa dei mugugni di Florentino, Benítez si piega, forse per la prima volta nella carriera, e a sorpresa lascia fuori Casemiro nel Clásico contro il Barça: sconfitta casalinga devastante per 0-4, l’inizio della fine per l’allenatore spagnolo. Eppure il centrocampista brasiliano non viene richiamato a furor di popolo, anzi: continua il suo esilio in panchina, che si accentua con l’arrivo di Zidane. Delle prime 9 partite con Zizou allenatore, Casemiro ne ha giocata solo una da titolare e un’altra da subentrato (un minuto a Roma in Champions): una svolta richiesta da Florentino. Sembrava la fine definitiva della carriera madrilena di Casemiro, l’ennesima giravolta per un calciatore appena 24enne. Invece il Real continuava ad avere difficoltà, era una squadra senza alcun equilibrio, e Zidane deve aver compreso che è meglio pensare al campo e non al palco del Bernabeu.

Casemiro ritorna in campo da titolare per non uscirne più: nelle 12 vittorie consecutive dei Blancos nella Liga, il brasiliano è titolare in ben 10 occasioni. In Champions il suo posto è garantito, e quando un infortunio lo costringe a saltare la semifinale di ritorno, a Madrid sentono i brividi lungo la schiena.

Non entrate nella comfort zone di Casemiro: sembra questa la lezione per il Barça. Anche al Camp Nou il brasiliano si dimostra uno schermo per la propria difesa, persino quando si schiaccia sulla linea difensiva e respinge dei tiri quasi calamitandoli.

Meglio senza

La dote principale di Casemiro è la capacità di leggere le azioni: a causa del suo scarso dinamismo, ha sviluppato un senso della posizione ai limiti del paranormale, che ricorda quella di altri giocatori poco dinamici, ad esempio Walter Samuel. Sa sempre dove stare, in aggressione sul giocatore in possesso o pronto a schermare la linea di passaggio nella propria trequarti.

La comprensione dello spazio di Casemiro: sa che Messi si accentrerà e si alza in anticipo, andando ad occupare proprio quella zona. Riesce a rubare il pallone di tacco all’argentino, che commette anche fallo. È il momento catartico della stagione del Real Madrid.

Tra i giocatori delle prime quattro della Liga, Casemiro è quello con la media più alta di tackle per 90 minuti (4,2); è il migliore del campionato per numero medio di passaggi bloccati (2,7 per 90 minuti). È anche fondamentale nel gioco aereo (2,5 duelli vinti per 90 minuti, nei Blancos solo Pepe gli è superiore) e la sua fisicità è un altro pregio che in questo Real Madrid in pochi possono vantare. Quando il livello dello scontro si alza, Casemiro c’è. Quando l’avversario lancia lungo per occupare la trequarti avversaria, Casemiro c’è. E c’è quasi da solo, con Modric e Kroos ad accompagnarlo.

Verratti si allunga il pallone e Casemiro si concede anche il lusso del colpo sotto a scavalcare: il brasiliano si esalta quando già sa di aver occupato lo spazio in anticipo rispetto all’avversario.

Precog Casemiro sembra sapere sempre dove andrà il pallone ma certe volte sbaglia: non è un temporeggiatore, preferisce buttarsi spesso alla ricerca del pallone e questo lo espone anche a brutte figure, oltre a lasciare la linea difensiva senza copertura.

Nelle triangolazioni veloci può essere saltato quasi come un birillo: per quanto riesca a ritornare sempre e comunque sull’avversario, la rapidità non è il suo forte. In progressione invece riesce a gestire meglio il tempo di entrata sugli avversari, ma quando Casemiro ha tanto campo da coprire significa che il Real è completamente spezzato in due: non un buon segno.

Il brasiliano è anche uno strumento di reattività: per una squadra così rapida nelle transizioni offensive è fondamentale avere un centrocampista in grado di recuperare palloni nella propria metà campo, così da attirare gli avversari fin sulla trequarti e ripartire negli spazi che inevitabilmente si creano.

Geometrie esistenziali

Con il pallone, Casemiro non è così abile come con lo spazio: ha un tempo di troppo, quello della riflessione, non sa in anticipo dove andrà il pallone, non ha già visto i compagni e non prevede il gioco. Ma ha un’ottima capacità di calcio lungo e i suoi cambi di gioco sono pregevoli; ha un ottimo tiro da fuori che però prova pochissimo, perché esporsi fino alla trequarti avversaria non è contemplato tra i suoi compiti.

Si tratta di caratteristiche facilmente riscontrabili anche a livello statistico: gioca in media 60 passaggi per 90 minuti (praticamente gli stessi di Banega al Siviglia), di cui ben 6,5 passaggi lunghi riusciti (solo in 4 nella Liga meglio di lui).

Non solo cambi di gioco, ma anche lanci millimetrici in profondità: Isco ringrazia (e poi segna).

La gestione della palla in una squadra poco lineare come il Real rimane un problema, e lui ne fa parte: il suo difetto principale è la ricerca costante dello scarico orizzontale. La mancanza di un piano preciso nell’inizio azione rende la sua presenza un inutile fastidio: come un bambino piccolo che si intromette in una partita dei grandi, certe volte Casemiro viene addirittura cacciato da quella posizione da Kroos e Modric.

Casemiro alza la testa, pensa la giocata ma poi si ricorda che il suo compito è solo quello di recuperare il pallone per darlo a uno più bravo: si ferma e scarica lateralmente per Kroos.

Le difficoltà del brasiliano nello stretto e nel gioco corto fanno da contraltare alle sue abilità nel lungo: ma in una squadra con un tasso tecnico così elevato, ogni errore è evidente, come anche il disappunto dei suoi compagni.

La disastrosa risalita del pallone del Real Madrid, con sei giocatori nella zona della palla, quasi tutti schierati sulla stessa linea, Pepe fa il vigile e Casemiro nel dubbio ha sempre pronto uno scarico laterale.

Il Real Madrid ha bisogno di uno specialista in fase difensiva e per questo costringe Casemiro a un ruolo innaturale: distruggere e basta. D’altra parte, una squadra che ha bisogno di un profilo simile non ha alcuna possibilità di essere armonica in campo: le quattro fasi di gioco si svolgono per compartimenti stagni. Casemiro ci riporta a un mondo antico, in cui alcuni giocatori avevano dei compiti minimi; è una fuga dal calcio che Zidane ha l’ambizione di perseguire, uno stile associativo in cui ogni elemento è in grado di giocare il pallone e aiutare i compagni.

Inevitabile

Casemiro è un ottimo centrocampista che si è ritrovato suo malgrado simbolo di una stagione particolare e irripetibile: una catastrofe che potrebbe tramutarsi in trionfo senza nessuna reale inversione di tendenza, ma solo per un equilibrio competitivo in qualche modo raggiunto da Zidane.

Come per il Real, anche la stagione di Casemiro sta diventando trionfale quasi per caso: dopo un anno di assenza, è stato convocato da Dunga per la Nazionale brasiliana che disputerà la Copa America negli USA. E proprio Dunga sembra il riferimento di gioco di un centrocampista come Casemiro, nel solco della scuola brasiliana del volante, un giocatore duro a morire, che nelle parole del Ct della Nazionale deve sostanzialmente caricarsi il pianoforte, affinché i grandi solisti lo suonino.

L’unico in grado di lottare allo stesso livello dei “colchoneros”.

Nel Brasile probabilmente riuscirà a rendere il suo gioco molto più sofisticato di quanto accade nel Real Madrid; o forse sarà criticato per il suo essere così poco attento alla parte estetica del gioco.

È evidente che Casemiro ha sbagliato sponda del Manzanarre: fosse finito nell’Atletico del Cholo, ne parlerebbero tutti con toni entusiastici. Il Bernabeu vuole solo violini, e Casemiro suona la batteria.

Anche se per le ragioni sbagliate, Florentino Perez non ha torto nel pensare che un Real Madrid con Casemiro sia una squadra sbilenca: Casemiro in campo è la spia accesa di un problema, cioè dell’impossibilità dei Blancos di essere una fluidi, compatti e armonici. Con il centrocampista brasiliano davanti alla difesa, il Real a volte si appiattisce, si separa ed è macchinoso: ma senza di lui, Zidane non sarebbe neppure riuscito a guidare fino alla finale di Milano.

Casemiro è inevitabile, più che indispensabile: gli equilibri nel calcio logorano chi non ce l’ha.

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