
Come spesso accade ai grandi allenatori, i destini di Klopp e Tuchel continuano ad incrociarsi. Prima, nel 2009, l’attuale allenatore del PSG si guadagnò la panchina del Mainz che fu di Klopp dal 2001 al 2008; poi, dopo aver concluso la sua avventura a Magonza ed essersi preso un anno sabbatico, rimpiazzò nuovamente “Kloppo”, stavolta sulla panchina del Borussia Dortmund.
Qualche mese dopo, il tecnico vincitore di cinque trofei con i gialloneri, accettò l’incarico di allenare il Liverpool e ad aprile 2016 si trovò ad affrontare proprio Tuchel e il Borussia Dortmund, in uno spettacolare doppio quarto di finale di Europa League, in cui la spuntarono i “Reds” grazie a un gol di Lovren in pieno recupero che siglò la vittoria per 4-3 ad Anfield e il passaggio del turno.
A meno di due anni di distanza (l’anno scorso Tuchel non ha allenato), i sorteggi dei gironi di Champions League hanno ancora messo i due tecnici tedeschi uno di fronte all’altro: Tuchel, fresco di nomina sulla panchina del PSG ha fatto visita a Klopp ad Anfield, nella gara inaugurale del gruppo C, dove competono anche Napoli e Stella Rossa. La gara è stata probabilmente la più emozionante e ricca di colpi di scena della prima due giorni europea della stagione, ma alla fine è stato uno dei due tecnici a prevalere nettamente sull’altro.
Alla scoperta dei problemi del PSG
Klopp ha dovuto rinunciare a Firmino, che dopo aver rimediato un dito nell’occhio da Vertonghen nella gara di campionato con il Tottenham, si è seduto precauzionalmente in panchina. Sturridge lo ha rimpiazzato al centro dell’attacco. Joe Gomez ha cominciato da titolare al centro della difesa in sostituzione di Lovren. Per il resto, quella schierata da Klopp era la formazione titolare di questo inizio di stagione.
Tuchel ha invece sperimentato maggiormente in queste prime settimane e dopo aver rinunciato al centrocampista difensivo che aveva richiesto dal mercato, ad Anfield ha dovuto fare a meno anche di Verratti e Buffon, entrambi squalificati. Nel 4-3-3 (almeno in grafica UEFA), Marquinhos si è posizionato in mezzo al campo, mentre Di Maria ha fatto la mezzala sinistra, con Neymar e Mbappé ai lati di Cavani.

Il 4-3-3 del PSG si è quasi subito rivelato essere più vicino ad un 3-2-4-1, in cui Marquinhos si abbassava in mezzo a Thiago Silva e Kimpembe per costruire il gioco, con Rabiot e Di Maria che rimanevano piatti di fronte al terzetto arretrato. Sulle fasce, Meunier e Bernat si mantenevano sempre molto larghi, ma troppo alti per partecipare attivamente alla manovra, così erano spesso Mbappé e soprattutto Neymar a dover abbassarsi per ricevere palla e cercare di creare pericoli.
Nonostante una percentuale di riuscita dei passaggi che ha sfiorato il 90%, contro una squadra aggressiva come il Liverpool, la struttura proposta da Tuchel è parsa subito troppo povera per consentire una circolazione di palla fluida e incisiva. I tre centrali erano spesso troppo vicini tra loro e quindi più facili da pressare per il tridente dei padroni di casa.

I tre centrali del PSG sono troppo vicini e complicano la progressione, facilitando al contempo il pressing del Liverpool, che può bloccare l’accesso al centro del campo. Anche Di maria e Rabiot sono rimasti spesso troppo piatti e non sono riusciti a far uscire il pallone con continuità.
Come al solito, le due ali di Klopp si mantenevano sugli spazi di mezzo, in modo da bloccare la linea di passaggio a Thiago Silva e Kimpembe, potendo accedere sia al centro che alla fascia. Rabiot e Di Maria ricevevano spesso spalle alla porta, attivando i “pressing-triggers” avversari. Le migliori azioni dei parigini, soprattutto nel primo tempo, sono nate da iniziative individuali dell’argentino, quando questo riusciva a crearsi spazio superando la pressione del centrocampo avversario.
Il Liverpool funziona in Champions League
In generale, non c’è stato paragone sul piano dell’intensità, con i “Reds” che hanno letteralmente surclassato il PSG, che ogni volta che recuperava palla cercava di ripristinare una situazione in cui esercitare controllo, ma che puntualmente veniva frustrato dalla feroce riaggressione del Liverpool, che scombinava i piani di Tuchel e moltiplicava le seconde palle, facile preda degli uomini di Klopp.
La cavalcata del Liverpool verso la finale dello scorso anno è stata caratterizzata dalla volontà di recuperare il pallone ogniqualvolta questo veniva perso, per ricominciare l’attacco il più possibile vicino alla porta avversaria. Il report della UEFA sulla Champions League 2017/2018 ha confermato l’efficacia di questa strategia, visto che il 51% dei gol della passata edizione sono stati segnati proprio dopo che la squadra in attacco aveva recuperato palla nell’ultimo terzo di campo. Il Liverpool è stato un esempio paradigmatico di questa strategia, che ha generato 47 gol nella strada verso Kiev, un record per la competizione. Gol spesso segnati in velocità, come conferma la media di 2,56 passaggi giocati in 7,68 secondi, contro un media nelle azioni da gol delle altre squadre di 4,03 in 12,26 secondi.
Questo stesso atteggiamento ha messo in ginocchio il PSG nel primo tempo ed è valso al Liverpool un doppio vantaggio. Klopp ha canalizzato gli attacchi sulla fascia destra, dove Alexander-Arnold ha avuto ampie libertà per esporre i limiti difensivi di Neymar e Di Maria (è stato il tecnico stesso a sottolineare questo aspetto nel post-partita) e crossare un pallone dopo l’altro (11) per i compagni sempre pronti ad avventarsi sia sul traversone che sul rimbalzo.

Alexander-Arnold ha da subito avuto molta libertà ed è riuscito spesso a prendere in mezzo Neymar e Di Maria (come nell’esempio), ricoprendo il ruolo di arma tattica di Klopp.
Così come ha fatto Milner (9 i cross per lui), un altro tra i migliori in campo, che gravitava in quella zona, pronto a ribadire la sfera in area o a recuperare un pallone dopo l’altro (6 contrasti vinti) prima di lanciare in profondità Salah senza nemmeno bisogno di vedere la posizione dell’egiziano.
Il gol di Meunier, bravo a conquistarsi una palla vagante al 40.esimo, ha dimezzato lo svantaggio e riaperto i giochi, ma fino a quel momento erano stati appena 8 i passaggi del PSG negli ultimi 30 metri di campo. D’altronde anche due talenti generazionali come Neymar e Mbappé possono essere annullati se sono costretti a prendersi palla sulla linea di centrocampo e spalle alla porta. Soprattutto se i compagni giocano sotto-ritmo mentre gli avversari sembrano essere tarantolati.
Non c’è nemmeno da meravigliarsi se poi il gol del pareggio nel secondo tempo ha avuto origine da una brutta palla persa da Salah nella propria metà-campo, che ha avviato l’accelerazione di Neymar, poi bravo a servire Mbappé per il 2-2. Un gol arrivato in un lampo, grazie alla velocità che il PSG non ha messo in campo nel resto del tempo.
A meno di 10 minuti dalla fine, una partita che per il Liverpool doveva essere un trionfo, ha assunto i contorni della beffa. Ma i “Reds” non si sono arresi e si sono prodotti in una reazione rabbiosa che si è concretizzata quando, in pieno recupero, Milner ha recuperato l’ennesimo pallone e Firmino non si è fatto certo problemi a punire l’inspiegabile e rinunciatario atteggiamento difensivo di praticamente metà squadra avversaria. Emblematico l’atteggiamento di Bernat (che aveva già regalato il rigore del 2-0): prima stordito a distanza da una finta di tiro dell’attaccante brasiliano, poi negligente nell’intervento tanto quanto Marquinhos e Rabiot e capace di opporsi solo alzando pigramente la gamba sinistra.
Di fronte a Klopp, il 91.esimo minuto (lo stesso del gol di Lovren) si è rivelato nuovamente fatale per Tuchel, ma il divario tra le due squadre è stato netto e la partita avrebbe dovuto decidersi molto prima. Se il Liverpool ha ripreso dove aveva lasciato, mettendosi alle spalle lo psicodramma di Kiev, è ancora presto per giudicare il PSG, che sta innegabilmente attraversando un periodo di adattamento.
Tuchel dopo la partita ha dichiarato che la “sconfitta non è meritata”, dopo che i suoi giocatori si sono prodotti in un’altra prestazione sciapa e in linea con le precedenti stagioni europei. È forse questa la preoccupazione più grande, che neanche Tuchel riesca a fare dell'ammasso di talento del PSG una vera squadra.