In Premier League c’è un tema particolarmente sentito in questa stagione: la densità dei calendari che porta a unsovraccarico eccessivo per i giocatori. Klopp, che giàprima dell’emergenza Covid si era esposto al riguardo, è uno degli allenatori più sensibili sull’argomento, e non è stato quindi troppo sorprendente leggere la formazione che aveva scelto per affrontare l’Atalanta. Un undici fortemente ritoccato rispetto al solito, sia per sopperire alle assenze per infortunio, sia per dare un po’ di tregua a giocatori troppo impegnati o troppo intensi, come Jota e Robertson.
«È stato importante fare cinque cambi. Non ha funzionato. Fa parte del gioco e lo rifarei» ha detto Klopp al termine della partita. Ha schierato dal primo minuto tre giocatori classe 2001: Rhys Williams al centro della difesa, Neco Williams terzino destro e Curtis Jones interno sullo stesso lato. Tsimikas sostituiva Robertson a sinistra e Milner completava il trio di mediana con Wijnaldum, che faceva da vertice basso. Da un lato le sue intenzioni sono perfettamente comprensibili, dall’altro il turnover massiccio nei blocchi di difesa e centrocampo ha finito per togliere alla squadra fluidità di palleggio e movimento.
Di fronte c’era un’Atalanta alla ricerca di una svolta dopo un inizio di stagione un po’ deludente, ma che magari vorrebbe replicare il grande girone di ritorno della scorsa stagione. Gasperini ha scelto di presentarsi senza un centravanti, con Gomez e Ilicic a dividersi l’attacco in orizzontale e Pessina alle loro spalle. Finalmente, però, aveva ritrovato il quartetto di centrocampo di riferimento.
Il Liverpool non sapeva come risalire il campo
Sin dalla prima parte di gara è stato chiaro che il Liverpool avesse grossi problemi nella fase di costruzione. Sulla circolazione bassa dei padroni di casa, l’Atalanta si disponeva con il solito blocco medio-alto, cercando di non forzare le uscite in pressing delle punte, per poi aggredire forte sui passaggi in avanti e laterali. Gomez, Ilicic e Pessina pareggiavano il triangolo formato da Matip, Rhys Williams e Wijnaldum; alle loro spalle, tutte le uscite in marcatura individuale erano abbastanza agevolate dall’abbinamento lineare con lo scaglionamento del 4-3-3 del Liverpool: Gosens e Hateboer pronti a uscire sui terzini, De Roon e Freuler sugli interni e i tre difensori centrali in parità coi tre attaccanti.
Per manipolare il pressing dell’Atalanta, il Liverpool avrebbe dovuto muovere in maniera più pulita i giocatori davanti al portatore, e per certi versi – anche se non è chiaro quanto volontariamente – il trio di centrocampo è sembrato andare in questa direzione, con Milner e Curtis Jones che si sono invertiti più volte la zona di movimento. Non è servito a molto, però: la costruzione del Liverpool restava inefficace, la palla non è mai riuscita ad arrivare negli spazi per Salah o Mané, e quando entrambi hanno provato a tornare indietro per trovare una ricezione pulita, finivano per sbagliare la scelta o l’esecuzione, e i giocatori scelti da Klopp per comporre il centrocampo non si sono mostrati in grado di risolvere lo stallo attraverso letture e giocate individuali, così come i centrali difensivi.
Una verticalizzazione di Matip verso Origi intercettata agilmente da De Roon. Con un rimpallo più fortunato, l’Atalanta si sarebbe ritrovata un 2-1 centrale contro il difensore.
Il Liverpool si è trovato presto bloccato col pallone nella sua metà campo, e il nervosismo generato da questa situazione non ha di certo aiutato a uscirne. Data la poca utilità dei centrocampisti, la squadra di Klopp aveva due modi per provare a risalire: la verticalizzazione profonda o l’utilizzo dell’ampiezza nel primo terzo di campo. La prima strada, quando utilizzata, ha messo in evidenza un Romero eccellente nella gestione dei duelli individuali contro Origi.
Ma neanche quando il Liverpool ha scelto di aprire il gioco verso i terzini è riuscito a produrre qualcosa. Hateboer e Gosens li lasciavano liberi di ricevere, sganciandosi con buona reattività al momento del passaggio e oscurando la linea di passaggio in avanti. Spesso i due hanno messo in difficoltà gli avversari anche ingaggiando dei duelli difensivi, e qualche ripartenza potenzialmente pericolosa è nata proprio così.
Gosens entra in scivolata su Neco e, con l’esterno del piede, manda il pallone nei pressi del Papu, che arriverà indisturbato al tiro.
La ripartenza corta è stata un’arma offensiva ricorrente dell’Atalanta per buona parte della gara, proprio grazie all’incapacità del Liverpool nell’aggirarne il pressing.
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De Roon intercetta una verticalizzazione su Jones, Pessina guadagna una punizione provando a giocarla di prima verso Freuler. Da qui nascerà una delle azioni manovrate più raffinate della partita, terminata con un filtrante di Ilicic per Gosens in area.
L’Atalanta ha anche mosso bene il pallone
Ma l’Atalanta è stata anche molto lucida nello sviluppo delle azioni manovrate, muovendo il pallone con calma e pulizia e con l’intento di colpire il Liverpool lì dove poteva esporsi: sul lato debole e alle spalle della linea difensiva.
La prima azione interessante della gara, un tiro potentissimo di Gosens, nasce grazie a una verticalizzazione di Romero per il tedesco, pronto ad attaccare la profondità con la linea alta, e col terzino destro Williams in ritardo dopo che si era fatto attrarre in avanti da Gomez.
La difficoltà dei difensori di Klopp nel leggere e prevenire le ricezioni spalle alla porta sulla trequarti è stata decisiva in diverse occasioni. La scelta di Gasperini di utilizzare davanti tre giocatori particolarmente orientati ad andare incontro, ha contribuito a scombinare una linea che, a dirla tutta, sembrava già in crisi per conto suo.
Romero verticalizza per Pessina, che viene attaccato da Williams ma allarga subito per Gosens. Nello spazio alle spalle del difensore si inserisce Ilicic, che andrà vicino al tiro sul cross.
Significativo, poi, che i due gol siano arrivati in modo simile, con Gomez trovato sulla sinistra dopo una circolazione paziente, che si accentra leggermente e lancia di interno verso il secondo palo, sul lato cieco del terzino sinistro.
Analogie non casuali.
L’Atalanta si è presa il campo mettendo in crisi lo sviluppo del Liverpool, ma è stato grazie alla qualità delle sue azioni manovrate, costruite con convinzione, che è riuscita a ottenere e a sigillare il risultato. Una tranquillità nata, forse, anche dalla consapevolezza di riuscire ad aggredire immediatamente a palla persa. A voler trovare un piccolo neo in questa bella prestazione della squadra di Gasperini, forse un peccato non aver prodotto qualche tiro nello specchio in più da questo dominio, ma d’altro canto, aver capitalizzato quelli che sono arrivati è sicuramente un merito.
A impressionarmi della partita dell’Atalanta, in entrambe le fasi, più che lo scaglionamento o l’intensità ritrovata, è stata la consapevolezza, che in altri tempi non avrei forse trovato sorprendente, ma, considerato il periodo da cui veniva la squadra di Gasperini, potrebbe essere un segnale interessante.
Insomma, stando allo sviluppo tattico della partita, niente di nuovo rispetto a quello a cui ci ha abituato, negli anni, la squadra di Gasperini. Dall’inizio della stagione, però, all’Atalanta sembrava mancare qualcosa in termini di intensità nelle due fasi, come se fosse venuta meno quella capacità di sconquassare le partite attraverso il dominio dei duelli individuali.
Ieri Gasperini ha ritrovato degli elementi cruciali per il suo gioco, ed è diventato il secondo allenatore dopo Diego Simeone a battere il Liverpool di Klopp ad Anfield. Non una cosa da poco, nonostante le condizioni dei padroni di casa. La prestazione, però, potrebbe rivelarsi ancora più importante del risultato, ai fini del percorso dei bergamaschi in questo 20/21, se fosse davvero l’inizio di una ripartenza.