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Liturgia musettiana
15 mag 2025
La partita con Zverev non può lasciare indifferenti.
(articolo)
6 min
(copertina)
Foto IMAGO / Insidefoto
(copertina) Foto IMAGO / Insidefoto
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Poco più di dieci centimetri di altezza separano Zverev e Musetti, ma questa sera il tedesco sembra molto più alto. Vuoi perché il servizio lo sta trascinando verso la conquista del primo set, vuoi perché ogni corsa di Musetti appare sempre più affaticata punto dopo punto. Quando se ne presenta l’occasione, Zverev è profondo, potente e a tratti brutale. Insolito per un giocatore come lui, ma questa sera è così: piedi ben saldi a terra e, in uscita dal servizio, una sorprendente efficacia offensiva.

Musetti, in questo primo set, è partito contratto. Ha subito un break, è stato bravo a recuperarlo, ma nonostante tenti di gestire il gioco, per ora la forza sta avendo la meglio sulla perspicacia tattica.

40-0, tre set point consecutivi per Zverev, il cui servizio fino a quel momento è entrato con la prima nel 75% dei casi, a una media brutale per potenza e precisione. Le partite di tennis possono cambiare in un attimo, basta un dettaglio, una riga, una piccola sospensione, un mezzo nastro da una parte o dall’altra. Nel game precedente, che ha portato al break per il tedesco, un dritto incrociato di Musetti è uscito di un millimetro: è stato il punto chiave. All’inizio di questo game, un’altra palla dell’italiano è finita lunga di pochissimo.

Sono i dettagli che fanno le partite, e sono le partite che, giustamente, fanno i giocatori.

Roma è vivace in questi giorni, non solo per il torneo di tennis. È viva perché accadono molte cose, ma soprattutto perché, in qualunque modo la si viva, ci sono tante comunità che si ritrovano per seguire passioni comuni, credere in qualcosa che li fa stare bene o almeno vivere il presente con maggiore leggerezza.

Il Centrale di Roma è un ambiente caldo, ma questa sera non è ostile. Il pubblico è animato, ma corretto.

Tre set point per Zverev, dunque. Servizio. Prima centrale e potente: Musetti si allunga e risponde con un dritto in slice, che però sarebbe più corretto chiamare con il suo nome originale: dritto in “chop”. La palla resta senza peso a metà campo, Zverev è già due metri dentro, coi piedi ben piantati, e prepara il colpo con il dritto. La palla rimbalza e resta lì, quasi ferma. Zverev riflette su dove attaccare: il suo pensiero non è brutale, così sceglie l’angolo sul rovescio di Musetti. Ne esce un dritto d’approccio né troppo forte né troppo preciso. Musetti incrocia stretto di rovescio, Zverev si trova a rete con poco coraggio, quasi spaventato. Segue una volée d’allungo, timida. Musetti non può far altro che venire avanti, incrociare di dritto e annullare il primo set point.

Questa volta la prima non entra. Sulla seconda, Musetti risponde al centro con una palla che salta. Zverev, per non rischiare, la gioca col rovescio, incrociandola timidamente. Musetti risponde con un back di rovescio per rallentare il tempo, poi accelera all’improvviso con un rovescio lungolinea a una mano che apre il campo. Chiude ancora con un dritto incrociato: secondo set point annullato.

Nel tennis moderno, si sa, i giocatori sono diventati esseri umani programmati per colpire la palla fortissimo. La maggior parte del circuito si gioca su superfici veloci, e il tempo per pensare, per affrontare e gestire le proprie emozioni, è pressoché nullo. Si diventa top player quando si impara ad azzerare tempo e sensazioni. La velocità è il segreto per performare al meglio. Chiudere i punti il più rapidamente possibile, colpire forte, e poi ancora più forte. Non c’è tempo per pensare, né per parlare. L’azzeramento emotivo è la chiave per avere successo.

La notte romana inizia a dilatarsi, e una partita che fin lì scorreva secondo uno script ben definito rallenta. Il terzo set point Zverev lo affronta di nuovo con la seconda. Ma stavolta è un colpo timido, quasi conservativo. Musetti lo spinge subito in fondo, poi lo chiama a rete con una palla corta. Zverev ora sembra pesante, arriva in corsa, appoggia il colpo. Anche qui, Musetti corre in avanti e lo passa con il dritto. Ancora una volta.

Per quanto brevi possano essere gli scambi, i colpi ora sembrano pensati. La partita si è improvvisamente rallentata. Ogni colpo è un possibile boato, ogni palla una scelta. Il match è diventato criptico, faticoso. Il concetto di velocità è sparito. Zverev, appeso al servizio, si procura un altro set point. La notte romana è fresca e umida, le palle si gonfiano e forse diventano forse troppo grandi. Ma non è questo il punto. La terra comunque sembra assorbire questa velocità. Questa volta la prima entra, ma la risposta di rovescio di Musetti lo allontana dalle sue certezze. All’interno dello scambio, a un certo punto, Musetti esegue una sorta di lob con il rovescio a centro campo, rallentando il ritmo. Poi un dritto incrociato in accelerazione, seguito da un lungolinea in topspin che lo spinge fuori dal campo, e infine una magistrale palla corta in back di rovescio. Zverev corre, appesantito, lentissimo. Ci arriva, ma sa che il punto è perso.

Ci vogliono quasi dieci minuti per chiudere questo game, che ci consegna il tie-break per decidere il primo set.

Nel tie-break Zverev appare infastidito, dubbioso. Ritrova la prima, si muove, corre, cerca soluzioni. Ma si ritrova sotto 3-0, subendo due palle corte vincenti una dopo l’altra. 5-0. Il parziale inquietante è di 10-1 dopo quei tre set point consecutivi. Ritrovare la velocità spesso aiuta, e su certe superfici è più facile: un buon servizio e un dritto a 160 km/h sul cemento possono bastare per ritrovare fiducia. Ma non qui. A Roma, stasera, la partita è diventata una palude. Zverev corre, si dimena. Musetti varia colpo dopo colpo. Sembra una liturgia. E mentre il set si chiude con un pesante parziale di 13-2, Zverev si lamenta ma non trova conforto nei suoi pensieri.

Il secondo set è, punto dopo punto, solo una cerimonia nella quale Zverev cerca di sfuggire aggrappandosi al servizio, ma è sempre sul punto di cedere. Le gambe si fanno pesanti: ne ha percorsi, di chilometri. Avanti e indietro, palla veloce, palla lenta, destra e sinistra. Mentre Roma accoglie comunità di persone unite da passioni comuni, per Zverev il campo diventa sempre più grande da percorrere.

Ogni punto è più stanco, nella testa mille pensieri, pochi tentativi di trovare soluzioni.

Lorenzo Musetti tira fuori tutto il suo repertorio, in quest’ultimo periodo arricchito da un dritto che gli dà tempo e spazio per manovrare, e da un servizio oggi non sempre efficace, ma utile nei momenti chiave.

Per Musetti, il campo ampio diventa una sorta di chiesa dove può affrescare.

Per Zverev, quel campo è infinito.

Chissà quanto è difficile pensare, oggi, nel tennis moderno, un ibrido tra catena di montaggio e intelligenza artificiale. Zverev è lì, all’ennesimo cambio campo, e pensa. Ma non trova soluzioni.

Il tempo, così importante per le milioni di persone passate da Roma negli ultimi giorni, ora è un nemico per il tedesco, che alza lo sguardo e Musetti ha già servito la prima e sta correndo verso la rete. Dritto al volo incrociato. La partita è finita. Andate in pace.

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