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L'Italia under-21 migliore di sempre?
16 giu 2017
Storia della generazione di azzurrini anni '90, quella di Del Piero, Nesta, Totti, Vieri, Cannavaro e altri ancora.
(articolo)
19 min
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In quel decennio ormai sbiadito in cui Diretta.it e il betting online erano ancora di là da venire, e si poteva essere al corrente del risultato di una partita solo non staccando mai gli occhi dall'apposita pagina del Televideo, l'Italia Under 21 scriveva spesso piccole pagine di felicità. Non aveva giocatori che rubassero gli occhi e il cuore con giocate alla Baggio (non ancora, almeno) né smuoveva le masse critiche dividendole in fazioni come faceva l'eretico Sacchi, ma era un villaggio sereno e affidabile amministrato con buonsenso dal borgomastro Cesare Maldini. La si incrociava quasi sempre in diretta su RaiTre all'ora dei compiti, smangiucchiati di malavoglia con il familiare sottofondo di un'Italia-Estonia con telecronaca di Carlo Nesti. Come una poesia di Prévert era una piccola e periodica certezza, a volte trascurabile, ma pur sempre una certezza: metteva allegria, portava speranza, soprattutto vinceva.

Naturalmente, per rendere avvincente quella storia, c'era comunque bisogno di un cattivo. Il suo nome era Antonio Matarrese, presidente iper-maneggione di una Federcalcio che, per cavalcare la tigre del nuovo che stava avanzando, era diventata più sacchiana dello stesso Sacchi. Sbarazzatosi dell'antiquato Azeglio Vicini (giubilato dalla Nazionale maggiore dopo la mancata qualificazione a Euro 1992 e sostituito con Arrigo), Matarrese aveva certo in animo di riservare lo stesso trattamento a Maldini, portabandiera di un calcio "pane e salame" un po' favoleggiante che il presidente, uomo di praticità mercantile tipicamente barese, vedeva come il fumo negli occhi.

L'ultima ora di Maldini sembrava scoccata il 5 giugno 1991, dopo una catastrofica sconfitta per 6-0 in Norvegia che fece usare a Matarrese parole d’amore: «Andrebbero presi tutti a sculacciate». Invece la squadra tenne botta e riuscì a blindare la difesa e a inerpicarsi fino alla qualificazione alle Olimpiadi 1992, con annessa finale europea contro la Svezia, vinta contro ogni pronostico. A Barcellona Maldini perse improvvisamente il controllo di un gruppo bollito dalla calura catalana e finito alla deriva tra faide interne (Buso contro Melli, la cui pigrizia era enfatizzata dalla erre moscia parmigiana), scorribande notturne nel villaggio olimpico e gavettoni poco graditi ai danni degli altri atleti italiani, che presero a detestarli cordialmente. Maldini, poco incline alla diplomazia, se la prese a morte quando scoprì che Antonioli e Melli se la filavano in spiaggia ogni volta che potevano. Durante la gara di girone Polonia-Italia, persa 3-0 con l'Italia ridotta in 9, alcuni schermidori italiani furono visti gridare sugli spalti del mitico Sarrià "Andate a lavorare!", con seguente lettera di scuse da parte della Federazione qualche giorno dopo. Ad ogni modo, il cammino si interruppe quasi in zona medaglie, a causa di una sconfitta ai quarti contro la Spagna padrona di casa di Guardiola e Luis Enrique cui non era estraneo il casalingo arbitro brasiliano Rezende.

Pillole da Barcellona '92: le combinazioni in velocità tra Buso, Corini, Albertini e Melli e quella che è probabilmente la prima Italia di sempre con i nomi sulla schiena.

Di nuovo sulla graticola, con incalzanti voci di sostituzione con i sacchianissimi Varrella o Frosio, piano piano Maldini si riappropriò della tolda di comando con un nuovo biennio da campione d'Europa, stavolta a casa dei francesi. L'Under 1994 di Toldo, Panucci, Vieri e Cannavaro passò agli annali per aver segnato il primo golden goal della storia. All'epoca veniva ancora chiamato con il tetro nome di "morte improvvisa": il primo boia fu Pierluigi Orlandini, da fuori area nella finale contro il Portogallo di Figo e Rui Costa, favoritissimo. Ma quell'Under si fece amare anche per la prima di una lunga serie di schermaglie con il ct della Francia, affrontata in semifinale. «Cesare Maldini fa un gioco che risale a vent'anni fa. È un allenatore, lui? È solo un signore che sta in panchina», scandì in conferenza stampa Raymond Domenech, mai troppo amante della cautela. «Siamo qui per imparare», lo schernì Cesarone il giorno prima di batterlo ai rigori, e non sarebbe stata l'ultima volta.

Semifinale Francia-Italia di Euro 1994: un implume Francesco Toldo fa le prove generali di Amsterdam 2000. Il malcapitato è Makelele, a cui effettivamente tutto si poteva chiedere tranne che tirare un rigore.

Piccoli fenomeni

A livello di sport di squadra gli anni Novanta dello sport italiano sono dominati dalle imprese della "generazione di fenomeni", ovvero la Nazionale di pallavolo di Julio Velasco (tre titoli mondiali consecutivi dal 1990 al 1998, il terzo con ct Bebeto). Il calcio si lecca le ferite di Pasadena e ancora non conosce per intero il potenziale di quei ragazzi nati tra il 1973 e il 1976 che per il momento sono ancora sparsi tra la serie B e i margini delle grandi squadre: in ordine puramente alfabetico Buffon (che è un 1978), Cannavaro, Del Piero, Inzaghi, Nesta, Panucci, Totti, Vieri. Tutti loro fanno parte del biennio 1994-1996, quello del terzo titolo europeo consecutivo.

Com'è accaduto fino al 2006, per i gironi di qualificazione a Europei Under 21 e Mondiali/Europei "maggiori" veniva effettuato un sorteggio unico per comodità di trasferta: giornalisti e staff tecnico viaggiavano contemporaneamente al seguito di grandi e piccini, e se l'Italia giocava - mettiamo - a Bari, l'Under 21 andava in scena qualche ora prima a Matera. Il sorteggio del girone di qualificazione a Euro 1996 è stato assai benevolo per l'Italia vice-campione del mondo, che ha raccolto i cocci del disgregamento dell'URSS e della Jugoslavia: Croazia, Estonia, Lituania, Ucraina, Slovenia, con le prime due qualificate alla fase finale. Ben più rognosa la faccenda per Maldini, con un solo posto a disposizione da contendere a squadre dell'Est Europa abituate a coltivare i settori giovanili con cultura e rigore sovietico. L'esordio in Slovenia è già faticosissimo, nonostante possiamo schierare una coppia d'attacco Vieri-Del Piero non certo disprezzabile. Sotto 1-0 all'89', evitiamo la sconfitta grazie a un gol alla Inzaghi di un giovane attaccante del Piacenza che si chiama, appunto, Filippo Inzaghi.

Il portiere titolare di quella prima partita è Patrizio Fimiani, del quale vi sfidiamo a ricordare la carriera senza andare su Wikipedia.

Nonostante l'abbondanza di grandi nomi in attacco, la stella delle prime partite è Davide Dionigi, attaccante di proprietà del Milan che segna 4 gol in due partite a Estonia e Croazia. Quest'ultima, temibilissima, viene sconfitta 2-1 a Caltanissetta da un'Italia bizzarramente in maglia rossa: è successo che i croati si sono presentati con le tenute bianche invece che azzurre come annunciato, e le divise azzurre dell'Italia non hanno i numeri dietro. Vengono rimediate le seconde maglie della Nissa, la squadra locale, e la partita inizia con mezz'ora di ritardo, mentre il pubblico è intrattenuto dalla disputa tra la banda dell'Esercito e quella dei Carabinieri su a chi spetti l'onore di suonare l'inno di Mameli.

In campo nella Croazia Milan Rapajc, futura stella del Perugia, mentre il gol ospite è messo a segno da Davor Vugrinec, che a fine millennio si metterà in mostra con la maglia del Lecce.

Dopo la scorpacciata contro l'Estonia a Catanzaro (7-0 utile per la differenza reti), arriva un'inattesa sconfitta a Kiev che ci fa scivolare al terzo posto dietro la Croazia e l'Ucraina del forte attaccante Rebrov (il suo gemellino, Andriy Shevchenko, è stato già precettato dai grandi). La vittoria per 2-0 in Lituania manda in archivio la stagione 1994-95 e consegna agli annali un'Under 21 imperniata su giocatori di sicuro affidamento come Christian Vieri, Alex Del Piero, Marco Delvecchio, il talentuoso capitano e regista del Bari Emiliano Bigica, il portiere del Ravenna Domenico Doardo. Per vari motivi, non ritroveremo nessuno di loro un anno dopo: l'Under 21 è come l'estate dei vent'anni, dura un attimo e non torna più.

Nel primo tempo contro l'Estonia tutta la sintonia tra Christian Vieri e Marco Delvecchio, già molto prima di diventare protagonisti di un reality show ambientato a Cuba dall'immaginifico titolo "Bobo & Marco - I re del ballo”.

Prima di arrivare agli Europei, però, bisogna qualificarsi. Il grande cuore della piccola Italia ci consente di battere la Slovenia a Vicenza sotto il diluvio, con un gol di Galante a tempo scaduto decisivo per restare in corsa, e di strappare un buon 2-2 a Varazdin, in Croazia, grazie alle capocciate di Delvecchio e Galante. Il finale del girone assume connotati drammatici, con il sudatissimo 2-1 all'Ucraina firmato dal primo gol azzurro di Nicola Amoruso, elegante centravanti del Padova che nei mesi successivi scalerà le gerarchie dell'attacco ai danni dell'atalantino Vieri, rotto un po' troppo spesso, e del neo-parmigiano Inzaghi, immusonito in panchina all'ombra di Zola e Stoichkov. Lo 0-0 contro la Lituania ci qualifica ai quarti, dove non peschiamo benissimo: il Portogallo, nel remake anticipato della finale 1994. I rapporti di forza sono però cambiati drasticamente: non è più la Seleção di Figo e Rui Costa e, nonostante la sconfitta dell'andata al Da Luz di Lisbona a causa di uno svarione di Panucci, i corazzatissimi azzurrini, raggiunti anche da Del Piero, hanno buon gioco a ribaltare il risultato a Palermo, con un 2-0 che ci qualifica ai Giochi di Atlanta.

Una nuova stagione è iniziata e nella classe di Cesarone sono arrivati nuovi alunni: il terzino sinistro milanista Francesco Coco, per molti "il nuovo Maldini", e il portiere sampdoriano Angelo Pagotto, qui battuto su rigore in Croazia. Si rifarà.

La fase finale dell'Europeo Under 21 1996 viene assegnata alla Spagna, che decide di organizzarla proprio al Montjuic di Barcellona, la città dell'incubo olimpico a 40 gradi del 1992. Si sono qualificate anche la Francia di Pires, Makelele, Wiltord e un Patrick Vieira fresco di scudetto con il Milan, oltre alla sorprendente Scozia, che sarà vittima sacrificale nella semifinale contro i padroni di casa. Cesare Maldini ha fatto scelte sorprendenti: a casa l'ex capitano Bigica, avvitatosi in una brutta stagione a Firenze, e tra i pali fiducia a Pagotto, che alla Samp langue in panchina da due mesi e ha appena rifiutato un prolungamento per una sola stagione, preparandosi a un'estate da disoccupato («La Samp ha cercato di incastrarmi con un rinnovo a condizioni inaccettabili, il secondo a Zenga non lo voglio fare»). È la prima estate della rivoluzione Bosman, che porterà decine di bidoni stranieri quasi sempre a discapito dei nostri giovani migliori. Siede solo in panchina il prodigioso Gianluigi Buffon, maggiorenne da appena pochi mesi, rivelazione della stagione tra i pali del Parma a partire dal portentoso esordio contro il Milan nel novembre precedente. Il reparto più tartassato è l'attacco, che deve rinunciare a Vieri (rotto), Inzaghi (rotto) e Del Piero, preteso da Sacchi per gli Europei maggiori: giocherà in tutto 45 minuti da ala sinistra prima di essere dimenticato in un baule. Per chiudere la rosa di 18 giocatori Maldini deve avventurarsi nel fondo del barile, raccogliendo due ragazzi mai scesi in campo neanche un minuto tra girone e quarti. Il primo è un fantasista dell'Atalanta di difficile collocazione, dal talento proporzionale alla pigrizia e all'indolenza, e si chiama Domenico Morfeo. Il secondo è un attaccante tempestoso e dalla faccia vagamente da schiaffi, il secondo più giovane in rosa dopo Buffon: gioca nella Roma e porta la maglia numero 20, il suo nome è Francesco Totti.

Under Pressure

Italia-Francia, dunque. Maldini decide di abbracciare la modernità con un 4-4-2 al passo coi tempi in cui Pagotto (Sampdoria) è il portiere, Panucci (Milan) e Pistone (Inter) i terzini, Galante (Genoa) lo stopper e l'elegante Fresi (Inter) è il libero. A centrocampo quattro mediani intercambiabili con Tommasi (Verona) e Ametrano (Udinese) larghi e in mezzo la coppia al fosforo Tacchinardi (Juventus)-Brambilla (Parma). Per esclusione, a Marco Delvecchio (Roma) viene affiancato Amoruso, retrocesso in B col Padova. In panchina: Buffon, Sartor, Pecchia, Morfeo, Totti. Grandissimi assenti: i due difensori centrali titolari entrambi squalificati, non una brutta coppia dal momento che sono Nesta e Cannavaro. Il ct francese è ancora l'ineffabile Domenech, nel frattempo passato attraverso una disavventura al Mondiale di USA '94. Inviato in America dalla Federazione come osservatore, si trovava a Boston per Corea del Sud-Bolivia quando gli era stato comunicato che quella partita poteva anche risparmiarsela. Rinfrancato, si era messo nel piazzale con i suoi due biglietti di tribuna centrale rimessi in vendita a metà prezzo; sfortunatamente, si erano avvicinati per primi due poliziotti in borghese che lo avevano arrestato per bagarinaggio. Una notte in carcere, prima di pagare i 500 dollari di cauzione e tornare a piede libero. Ma in conferenza non rinuncia all'abituale carico da undici: «L’esperienza in Italia ha molto maturato Vieira, adesso sa provocare avversari e arbitri». Maldini non infierisce: «L’ho incontrato uscendo dall'ascensore, mi ha sorriso».

La proverbiale prudenza di Cesarone, aperitivo di quella che sfoggerà due anni dopo a Saint Denis in un Francia-Italia ancora più importante, va a segno: i francesi ci accerchiano ma cavano dal buco solo il ragno di una traversa di Pires. Nonostante non giochi una partita seria da gennaio a causa di un brutto virus, Tacchinardi mette la museruola al temuto Makelele. L'infortunio alla caviglia sinistra che mette fuori causa Delvecchio, l'ennesimo attaccante, obbliga Maldini a ripartire nella ripresa con Totti. Dopo neanche cinque minuti una percussione di Brambilla porta a un contrasto tra Amoruso e il portiere Letizi, la palla resta vagante per qualche istante finché non arriva Totti a metterla in rete. Siamo in finale. La prima gioia in azzurro del “Pupone" arriva poco prima delle 8 di sera, negli stessi minuti in cui, ironia della sorte, a Fiumicino sta atterrando un volo proveniente da Parigi con a bordo Carlos Bianchi. L'allenatore argentino scelto da Franco Sensi per guidare la Roma 1996-1997; l'uomo che proverà in tutti i modi a scambiarlo con Litmanen.

Dite la verità, Brambilla l'avevate rimosso.

Nove da combattimento

In finale come previsto c'è la Spagna. La allena l'arcigno Javier Clemente, che è lo stesso ct della Nazionale maggiore, e ci odia cordialmente da quando due anni prima Tassotti ha spaccato il naso a Luis Enrique. Mette in attacco la stella annunciata dei prossimi dieci anni, Raul Gonzalez Blanco, che ha già punito la Juventus in Champions, e una deliziosa mezzala basca di nome Gaizka Mendieta. Dalla cantera del Barcellona si dicono meraviglie del centravanti Oscar, ma nella vittoria sulla Scozia la scena se l'è presa il “Piccolo Buddha”, il regista Ivan De La Peña, con una punizione capolavoro.

Pur forte dei precedenti positivi (Europei 1986, Olimpiadi 1992), la Spagna teme il pragmatismo feroce di questo gruppo di giovani vecchi che non si fa problemi ad affrontare di petto la questione ambientale. Rispetto alla semifinale recuperiamo Nesta e Cannavaro e rinforziamo gli ormeggi con un 5-3-2 in cui ne fa le spese Tacchinardi, sacrificato a centrocampo. Sul prato spelacchiato del Montjuic, cui è stata passata una mano di spray verde smeraldo che rimane addosso a tutti i giocatori, passiamo in vantaggio dopo 12 minuti con una punizione di Ametrano deviata in porta da Idiakez, ingannato dalla mancata spizzata di Totti. In fondo a una prima mezz'ora lussuosa, ci piomba tra capo e collo la malefatta del mediocre arbitro austriaco Benko: prima ammonisce Amoruso per una simulazione che non c'è, poi - dopo un rissone laocoontico a centrocampo - viene indotto in errore da José Ignacio a dargli la seconda ammonizione per qualcosa che non ha mai commesso; il colpevole era semmai Nesta, mentre a fine primo tempo un Ametrano esagitato insegue il delatore cercando di farsi giustizia da solo.

La maglia azzurra del 1996 è una delle più discusse della storia, soprattutto per quella specie di cinturone color bronzo nella parte superiore dei calzoncini.

In mezzo tra le due colluttazioni c'è stato purtroppo il pareggio spagnolo, una perla di Raul su punizione dopo un fallo di Cannavaro al limite dell'area. Votati geneticamente al martirio e all'assedio, ci immoliamo tutti insieme in un secondo tempo di pura sofferenza in cui Maldini si priva dell'unica pseudo-punta, Totti, per inserire Morfeo. È un 5-4-0 che la Spagna tenta di aggirare invano, in una partita che degrada in un clima da saloon, limitandosi a qualche tentativo da lontano, mentre l'area di rigore è terreno di caccia per i giovani draghi Nesta, Panucci, Galante e Cannavaro, in quella che ha tutta l'aria di una gustosa anticipazione di altre gloriose resistenze con la maglia azzurra addosso, da Parigi 1998 a Dortmund 2006 passando per Amsterdam 2000. Quando nei supplementari restiamo addirittura in 9 per l'espulsione di Ametrano, con lo spettro del golden goal sempre più materiale, gli azzurrini ascendono direttamente al nirvana, secondo un copione consolidato che tra gli anni Ottanta e i Duemila prevedeva milioni di televisori accesi su Raiuno e la voce pastosa e sofferta di Bruno Pizzul (o del delfino Carlo Nesti) ad aggiungere pathos. Passa persino inosservato l'ingresso di un signor attaccante come Fernando Morientes. Come al solito, si va ai rigori, e d'ora in avanti accorre in aiuto questo bellissimo documento originale RAI, che provvediamo a vivisezionare.

0:50. Primo rigore affidato a Christian Panucci, come due anni prima in Francia. Incrocia il destro, gli va male: fuori. Carlo Nesti mette già le mani avanti: "Comunque vadano le cose, incredibile impresa dei nostri ragazzi".

1:45. Ivan De La Pena, il fuoriclasse in nuce del grande Barça, contro Angelo Pagotto. Che intuisce alla grande, si tuffa a sinistra e respinge a mani aperte. Incredibilmente, a bordo campo Marco Civoli riesce nel colpaccio di intervistare Galante.

2:35. Salvatore Fresi, destro, rete! Un attimo di esitazione: c'è un buco nella rete, la palla sembra uscita ma "grazie al cielo è gol". Seguirà l'1-1 di De Pedro.

3:40. Tirano solo difensori. Alessandro Pistone spiazza Mora con tranquillità olimpica. Galante si bulla: "Questa l'ho indovinata!".

4:08. Una voce impudente entra nel microfono interrompendo Galante: "Nun è bbono a parlà italiano!". Manco a dirlo, è la voce di Francesco Totti.

4:40. Dopo il pareggio di Aranzabal (2-2), tocca ad Alessandro Nesta, che indossa un incongruo numero 8. Buffon si dimena a bordo campo. Come gli succederà sette anni dopo a Old Trafford, Nesta esibisce doti eccellenti da rigorista: gran rigore, 3-2.

5:30. Tocca a Raul, già fenomeno del Real Madrid. "Raul contro Pagotto", col senno di poi, sembra il titolo di uno di quei film improbabili anni Sessanta, tipo Maciste contro il Vampiro. Come pensate che vada a finire? Che Pagotto si tuffa, la tocca, la palla gli sfugge ma lui con un estremo riflesso la inchioda a pochissimo dalla linea. Non è gol, e "se segna Morfeo siamo campioni d'Europa!".

6:20. Non Totti, che è uscito, ma Morfeo è l'uomo del destino. Quante volte gli capiterà in futuro di essere così decisivo? Mai più. E Mimmo coglie l'attimo. In terra spagnola Nesti omaggia Nando Martellini: "Campioni d'Europa! Campioni d'Europa! Campioni d'Europa! Vai Civoli!".

7:00. Civoli: "Mi hanno espulso! Ma chi se ne frega!".

8:15. Un'immagine struggente. Buffon abbraccia Angelo Pagotto, l'hombre del partido, sotto lo sguardo soddisfatto di Totti. Chissà se solo hanno una percezione incontrollabile di quanto saranno clamorosamente lontane le loro carriere.

8:45. Morfeo: "Ho chiesto a Panucci se il rigore mio era decisivo, non lo sapevo neanche io".

9:15. Anche Marco Delvecchio, vistosamente zoppo, non rinuncia ai festeggiamenti.

10:40. Totti disturba l'intervista a Fresi con un photobombing ante-litteram. Civoli, incredibilmente, non lo degna di uno sguardo.

11:35. Abbraccio tra Cesare Maldini e Antonio Matarrese, "un uomo saggio, mitico!, come si dice adesso, mitico!", con conseguente coppino sulla nuca del mite Cesarone. E a 12:58, quando Matarrese ammette che "in passato abbiamo avuto dei momenti difficili", notate la mimica alla Jim Carrey del ct.

La Giovane Italia tricampione si prepara a una notte di bagordi a Barcellona. Sarà l'ultima Under di Cesare Maldini, che sei mesi dopo sarà chiamato dal nuovo presidente federale Nizzola a sostituire Sacchi alla Nazionale maggiore. E degli altri 18 piccoli indiani, cosa ne è stato?

Angelo Pagotto è risultato positivo per due volte alla cocaina; la seconda volta è stato squalificato per otto anni. Ciononostante è rimasto nel mondo del calcio, e oggi allena i bambini della Settignanese (Prima Categoria toscana).

Alessandro Nesta allena il Miami Football Club, primo in classifica nella North American Soccer League (seconda divisione USA). Il centravanti è Vincenzo Rennella, ex del Cesena.

Luigi Sartor è stato condannato nel 2015 a 9 mesi di reclusione (pena sospesa) per cinque anni di maltrattamenti alla sua ex compagna. Coinvolto anche nel Calcioscommesse del 2012, gestisce un bar a Parma.

Salvatore Fresi ha aperto un centro sportivo e una scuola calcio sul lungomare di Salerno: si chiama "F6" ed è affiliata all'Inter.

Fabio Cannavaro, undici anni dopo aver vinto il Pallone d'Oro, allena il Tianjin Quanjian, a metà classifica nella Super League cinese. Le stelle della squadra sono Axel Witsel e Alexandre Pato.

Fabio Galante è il direttore sportivo del Chiasso, ma la stampa ticinese riporta che ha sempre meno poteri all'interno del club. La settimana scorsa alcuni siti l'hanno accostato alla nuova Inter di Spalletti, non si capisce bene con quale ruolo.

Christian Panucci ha tentato la carriera del direttore sportivo (Palermo) e dell'allenatore (Livorno, Ternana) ma è andata male. Opinionista Premium Sport, è stato inquadrato mentre piangeva durante l'addio al calcio di Francesco Totti.

Alessandro Pistone è socio di Farinami, una catena di piadinerie che si trova anche a Milano in zona Stazione Centrale. Maurizio Ganz ci ha festeggiato il compleanno qualche anno fa.

Domenico Morfeo vive a Parma con la famiglia e gestisce il ristorante "Dolcevita" (media Tripadvisor 3,0 su 5, opinioni discordanti soprattutto sulla pizza). Nel 2015 ha aperto un centro commerciale ad Avezzano.

Raffaele Ametrano allena gli Under 15 dell'Udinese, la cui corsa quest'anno si è fermata al primo turno dei playoff contro il Novara, che li ha eliminati - ironia della sorte - ai rigori.

Damiano Tommasi è il presidente dell'Associazione Italiana Calciatori. Dal 1968 è solo il secondo uomo a rivestire questo incarico, oltre al fondatore Sergio Campana.

Alessio Tacchinardi, ex allenatore della Pergolettese, ha trascorso la stagione 2016-2017 come opinionista per Premium. Gestisce insieme al fratello Massimiliano un apprezzato ristorante giapponese a Crema.

Massimo Brambilla allena gli Allievi Nazionali dell'Atalanta con ottimi risultati: nel 2016 si è laureato campione d'Italia, battendo 2-1 in finale l'Inter.

Fabio Pecchia, dopo tre anni come vice di Rafa Benitez al Napoli e al Real Madrid, ha centrato l'obiettivo della promozione con l'Hellas Verona e tra qualche mese debutterà in serie A.

Marco Delvecchio gira il mondo: nel 2015 ha girato una web serie in Brasile per Action Aid. Assecondando la sua passione per la danza, nel 2012 ha partecipato a "Ballando con le stelle", dove ha conosciuto la compagna Sara.

Nicola Amoruso, archiviato il record di marcature in serie A con 12 squadre diverse, sta tentando la carriera del direttore sportivo. In questi giorni sembrava vicino alla Virtus Francavilla (Lega Pro), ma gli è stato preferito Domenico Fracchiolla.

Francesco Totti non sa ancora cosa farà da grande.

Gianluigi Buffon, nonostante nella vita gli sia riuscito quasi tutto, ci sta ancora provando.

Cesare Maldini se n'è andato a 84 anni, il 3 aprile 2016. È l'allenatore più vincente della storia del calcio europeo Under 21.

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