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Olga Campofreda
L'Italia migliore
06 ago 2016
06 ago 2016
Un punto sulla situazione del nostro movimento di scherma, che anche a Rio porterà una delle nazionali più forti.
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Olga Campofreda
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Rispetto alla maggior parte degli sport, il rapporto tra scherma italiana e mass media è sempre stato controverso. Da che sport e televisione hanno iniziato a frequentarsi, in nome di nessun combattimento in pedana si è osato interrompere i cartoni animati trasmessi nel primo pomeriggio dei bambini, mentre per la Formula Uno, lo sci, il motociclismo non si è mai esitato a modificare il palinsesto di rete. Questo aspetto è indicativo, tuttavia negli anni la scherma si è difesa bene dall’invadente concorrenza degli altri sport proprio dispensando in quei cartoni sospesi una serie di eroi che hanno contribuito non poco alle strategie di marketing della Federazione (FIS) con guest star del calibro di Lady Oscar, Zorro, La stella della Senna, D’artagnan, solo per citare l’immaginario Mediaset degli anni Novanta.

 

Eppure: sulle reti principali raramente si assiste a una prova di coppa del mondo, non una finale nazionale per uno sport che viene definito ‘minore’ in base a un semplice fatto di numeri. La scherma, è chiaro, non ha lo stesso bacino di utenza del basket, della pallavolo, del calcio e non ha certamente le stesse cifre, nonostante questo gli schermidori italiani risultano tra gli atleti che riportano più hype nel corso dei giochi olimpici e non solo.

 

Benché talvolta sia quasi impossibile distinguere un’azione schermistica e la conseguente assegnazione di un punto se non fosse per il supporto delle luci colorate, benché la maggior parte degli spettatori non conosca la differenza tra una sciabola, un fioretto e una spada, benché spesso i giornalisti si ostinino a chiamare Aldo Montano ‘spadaccino’ piuttosto che ‘sciabolatore’, a voce di popolo e di tweet la scherma azzurra si afferma tra le discipline olimpiche più gettonate. Solo per dare un’idea, il

dello sciabolatore livornese conta ad oggi 111 mila followers contro i 37 mila di Gabriel Garko e i 38 mila di Marco D’amore aka Ciro l’Immortale di Gomorra la serie.

 

https://www.youtube.com/watch?v=KtAr7V46dKU&feature=youtu.be&t=50s

L’oro di Aldo Montano ad Atene 2004, capace di rinnovare la tradizione di medaglie olimpiche avviata dal nonno e proseguita dal padre.


 

La risposta non va certamente cercata nell’eleganza del gesto, nel fascino cavalleresco di questo sport o nella spettacolarità delle azioni schermistiche. Anche questo, ma il motivo principale è che l’Italia vince, è sempre sul podio, vince costantemente, lo fa bene e per lo spettatore è bello, bellissimo sentirsi parte – anche solo occasionalmente, ogni quattro anni – di un team che trascinerà ogni supporter sul carro dei vincitori. Vincere è, del resto, anche il modo migliore per attirare l’attenzione.

 



La squadra azzurra lavora da anni all’immagine della sua invincibilità sotto diversi punti di vista. Un primo discorso riguarda la tradizione, che risale a ben prima della rinascita delle Olimpiadi. Per quanto riguarda la letteratura, i trattati più importanti e famosi a livello internazionale sono quelli italiani, dal Rinascimento in poi, eclissati temporaneamente da quelli francesi, intorno al ‘700. Raggiunta l’unità nazionale, in pochi anni si avverte l’esigenza, tutta militare, di una scuola unitaria. Il Ministero della Guerra bandisce un concorso, vinto col suo trattato da Masaniello Parise che divenne direttore della Scuola Magistrale Militare di Roma, nel 1884. Questa scuola si presentò dall’inizio come ben strutturata, con una seria selezione iniziale che diede frutti notevoli.

 

Questo iniziale connubio tra maestranze, finanziamenti dello stato nascente e disciplina militare proprio a ridosso delle prime olimpiadi moderne (1896) hanno permesso alla scherma italiana di essere da subito competitiva a livello internazionale.

 



 

Un altro discorso è quello che riguarda i numeri delle lame azzurre.
Dal 1896 al 2012 gli schermidori italiani hanno contribuito al medagliere nazionale portando a casa un totale di centoventuno medaglie olimpiche, nello specifico 48 ori, 40 argenti e 33 bronzi. Nel corso di trentuno edizioni la media della scherma italiana è quella di 3.9 medaglie per olimpiade, il che all’incirca significa che l’Italia non ha mai rinunciato a salire sul podio.

 

A una ricognizione generale dei risultati iridati della nostra scherma, non serve un occhio particolarmente esperto per indicare il momento storico in cui gli schermidori azzurri hanno smesso di essere avversari temibili e hanno cominciato a giocare come invincibili.
Sorprendentemente il momento è molto più recente di quanto si creda.È il 1996, giusto vent’anni prima di Rio. Le olimpiadi sono quelle di Atlanta, un anno storico per una serie di obiettivi raggiunti sia come team che a livello dei singoli atleti. Prima di tutto il mondo ebbe modo di assistere al grande debutto olimpico di Valentina Vezzali, che con un argento sorpassava il bronzo della campionessa in carica nonché compagna di squadra Giovanna Trillini nella specialità del fioretto femminile (con cui si è conquistato l’oro).

 



 

Atlanta vide anche il trionfo di Puccini nel fioretto maschile individuale e l’oro della spada maschile a squadre, nella sciabola maschile e nella spada femminile. Un totale di sette medaglie in una sola edizione olimpica che costituì un record per l’Italia da allora sempre riconfermato a partire da Atene 2004.

 

L’invincibilità degli schermidori italiani, il loro appeal, la loro temibilità nell’immaginario degli avversari e dei supporter è diventata a questo punto una macchina che si alimenta da sola. Si pensi a un atleta come Daniele Garozzo, undicesimo nel ranking internazionale che il 7 agosto disputerà nella prova di fioretto individuale: nato nel 1992, ha costruito la sua carriera di atleta in un contesto in cui l’Italia a livello internazionale non ha mai rinunciato ad affermare la sua leadership indiscussa. Dopo Atlanta ’96 per uno schermidore italiano che compete a livello internazionale ‘fare podio’ non è un obiettivo eccezionale, ma uno standard specifico da tenere costante. Alle difficoltà degli allenamenti, dei sacrifici, delle rinunce, si inserisce il supporto dato dalla consapevolezza di far parte di un team storicamente imbattibile, un aspetto che si trasforma in intimidazione negli occhi dell’avversario oltre il reticolato di ferro della sua maschera.

 



Giovedì mattina

, attuale numero uno del mondo nel fioretto femminile, ci avvisa che tutto bene, il viaggio è andato bene, la delegazione italiana dall’altra parte del mondo è al completo e può iniziare a disfare le valigie al villaggio olimpico. Arianna, manco a dirlo, è una delle certezze di questa olimpiade: oro a squadre e argento individuale a Londra 2012, è appena reduce dall’oro europeo e cinque vittorie in coppa del mondo. Il prossimo 10 agosto proverà a contendersi con la campionessa in carica Elisa Di Francisca l’oro olimpico di Rio, l’unico titolo che manca alla sua collezione di medaglie. Secondo Giorgio Scarso - presidente della Federazione Italiana Scherma dal 2005 e vice presidente della Federazione Internazionale (FIE)- sono almeno quattro i risultati sicuri che l’Italia dovrebbe portare a casa in questa Olimpiade. Il 10 agosto appunto nel fioretto femminile individuale Errigo e Di Francisca dovrebbero riuscire a calcare il podio confermando la scena di quattro anni fa, esclusa purtroppo la presenza di Valentina Vezzali che pochi mesi fa ha annunciato il suo ritiro dalle pedane per dedicarsi a tempo pieno alla carriera di deputata.

 

Nella spada femminile la squadra italiana non è riuscita a superare le qualificazione (e questa è di per sé una notizia) e oggi scenderà in pedana Rossella Fiamingo come unica rappresentante italiana in questa specialità. Campionessa del mondo uscente e volto nuovo della scherma azzurra.

 

Per chi vuole organizzarsi un calendario selezionando i giorni ad alto rischio di podio, certamente le prove di fioretto maschile, individuale e a squadre, sono quelle più attese e quest’anno si preannunciano essere anche particolarmente avvincenti. I fiorettisti Daniele Garozzo, Giorgio Avola, Andrea Cassarà e Andrea Baldini arrivano a Rio da campioni olimpici in carica, campioni del mondo in carica e numero uno del ranking internazionale.

 

Il 12 agosto sulle pedane di Rio proveranno a riprendersi quello che è loro. Nella gara individuale il risultato sembra meno scontato, un po’ per l’imprevedibilità delle prove singole che vanno più soggette alla giornata di ciascun atleta, un po’ per l’estrema competitività dei campioni schierati a partire dagli Stati Uniti con Massialas primo nel ranking internazionale. Occhi aperti anche sul 9 agosto, per la spada maschile individuale, con Enrico Garozzo – fratello del fiorettista Daniele - che parte in gara secondo solamente al francese Gauthier Grumier. Un punto interrogativo la prova di sciabola maschile individuale di Aldo Montano, a causa di una recente operazione alla spalla che lo vede partire come undicesimo, nonostante una brillante apertura di stagione. Una prova tutta da giocare quella del 10 agosto, in cui ci sarà anche Diego Occhiuzzi a difendere l’argento conquistato a Londra nel 2012. Se la scherma italiana diventa sempre più spettacolare in particolare in occasione delle olimpiadi, in questa XXXI edizione a vent’anni di distanza da Atlanta ’96 il valore delle medaglie azzurre si caricherebbe di significato ulteriore, andando a confermare non solo la qualità del lavoro di atleti e tecnici ma quello di una tradizione che è stata in grado con gli anni di costruire un immaginario potentissimo di invincibilità attorno a risultati concreti.

 

 

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