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L'Italia del nuoto non è mai stata così forte
22 ago 2022
22 ago 2022
La squadra italiana ha divorato il medagliere nell'europeo casalingo.
(copertina)
Foto di Filippo Monteforte / AFP / Getty Images
(copertina) Foto di Filippo Monteforte / AFP / Getty Images
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La scelta di organizzare i Campionati Europei di nuoto a Roma nel 2022 è stata una coincidenza fortunata ma lungimirante, che coincide con il periodo più splendente della nazionale azzurra: mai, nella storia del nuoto, l’Italia è stata così forte e completa.

I Campionati Europei di nuoto mancavano in Italia da 39 anni, cioè dall’edizione di Roma 1983 - nel frattempo, lo Stadio del Nuoto del Foro Italico ha ospitato i Mondiali nel 1994 e nel 2009 - e mai decisione fu più sensata di quella di riportarli proprio quest’anno. Paolo Barelli, presidente della Federazione Italiana Nuoto, ha dichiarato, nel suo discorso di inaugurazione dei Campionati, di aver parlato con il Presidente della Regione Lazio e il Sindaco di Roma nel 2020, proprio durante il lockdown, per iniziare l’organizzazione dell’evento, la cui designazione ufficiale era stata annunciata nel dicembre del 2019. La notizia aveva lasciato un po' interdetti, trattandosi di un periodo storicamente complicato e nel quale era difficile pensare con serenità al futuro.

Paolo Barelli però aveva probabilmente già intuito che un’edizione dell’Europeo casalinga sarebbe stata un’opportunità imperdibile per mettere in vetrina i talenti del nuoto italiano, che avevano dato i primi ottimi segnali di crescita al Mondiale preolimpico, quello di Gwangju 2019.

Così è stato: nel solo settore del nuoto in vasca il bottino è di 13 ori, 13 argenti e 9 bronzi, un record storico di 35 podi per l’Italia, che ha vinto il medagliere per nazioni e la classifica a punti dominando come non le era mai successo. Quella degli azzurri è stata una presenza costante e orizzontale, un dominio non solo qualitativo ma anche quantitativo. Almeno un italiano era presente sul podio in 29 delle 43 gare ed almeno un italiano era presente in ogni finale della manifestazione, ad eccezione dei 200 stile libero donne. Spesso ci sono state eliminazioni di italiani per la regola che permette solo a due dei quattro partecipanti di una stessa nazione di accedere dalle batterie alle semifinali, e nella rana veloce maschile e femminile gli atleti azzurri avevano addirittura i primi quattro tempi dopo il turno preliminare del mattino. È vero che alcune gare erano facilitate dall’assenza degli atleti russi, esclusi per motivi politici, ma la sensazione è che, anche con la loro presenza, staremmo parlando di un Europeo trionfale per l’Italia.

Una squadra in costante crescita

Dei tredici ori dell’Italia, undici sono individuali e due di staffetta, ed è proprio da questi ultimi due che vorrei partire. Gli italiani hanno primeggiato sia nella 4x100 stile libero che nella 4x100 mista maschile, le due staffette che più di ogni altra denotano la crescita generale del nostro movimento. In passato l’Italia ha spesso avuto uno o due elementi forti, magari anche eccezionali, ma ha sempre faticato a completare la formazione con almeno altri due nuotatori in grado di essere allo stesso livello prestativo. Nel caso delle staffette vincitrici non solo c’è un quartetto titolare eccezionale, ma l’Italia si può anche permettere di fare dei cambi tra la batteria del mattino e la finale del pomeriggio - nel caso della 4x100 mista sono stati cambiati tutti e quattro i componenti - senza paura di essere esclusa, facendo così riposare gli elementi di punta della squadra.

I risultati di queste staffette sono costanti: nell’ultimo anno, entrambe sono finite a podio sia alle Olimpiadi (seconda e terza) che ai Mondiali (terza e prima), ed entrambe a Roma hanno vinto con ottimi tempi e ampio vantaggio sulle rivali (rispettivamente due e quattro secondi), dimostrandosi nettamente le migliori formazioni del continente. Se teniamo conto che dal settore staffette sono arrivate altre tre medaglie e che anche le formazioni femminili, quelle più in crisi negli ultimi anni, hanno dimostrato di aver intrapreso un cammino positivo, sembra che la strada sia quella giusta. Perfino la 4x200 stile donne, indebolita fortemente dall’addio al nuoto di Federica Pellegrini, è arrivata quarta, lontana dal podio ma con in formazione tre staffettiste giovani che hanno nuotato nell’arco dell’Europeo diverse prestazioni interessanti.

La valutazione generale non può che essere ampiamente positiva, sostenuta dal fatto che nel settore individuale le cose sono andate forse anche meglio.

Divertimento

Le colonne portanti della 4x100 mista maschile, Thomas Ceccon a dorso e Nicolò Martinenghi a rana, sono anche i volti principali della nuova generazione di questa Italia del nuoto. Il loro approccio alle manifestazioni e alla gara in sé si discosta molto da quello che siamo stati abituati a vedere e sentire nel passato dei nostri atleti; lo dimostra il fatto che una delle parole più usate da loro per descrivere e commentare le gare sia “divertimento”: «Domani pomeriggio entrerò in acqua per divertirmi e vedremo quello che verrà» ha detto Ceccon dopo la semifinale dei 50 farfalla; il giorno dopo, con una progressione devastante, ha vinto la prima delle sue medaglie d’oro, quella meno attesa e per questo più sorprendente.

«La stagione è stata lunga e faticosa, ma sono venuto qui per fare risultato e divertirmi», ha detto Martinenghi a margine della sua doppietta d’oro nei 50 e 100 rana, gare che ha dominato dal primo all’ultimo turno con una sicurezza spaventosa e delle prestazioni - entrambe al record italiano - che lo pongono definitivamente nella top tre dei ranisti mondiali. Soprattutto nei 50 rana, in una corsia insolitamente baciata da un raggio di sole, Martinenghi ha dato la netta impressione di nuotare innanzitutto per divertirsi e per divertire il pubblico, effettuando la seconda prestazione mondiale di sempre in un ambiente acceso dall’incitamento incredibile degli spettatori del Foro Italico.

Un divertimento che Ceccon ha confermato dopo il suo secondo oro individuale, quello nei 100 dorso, che ha celebrato portandosi il dito indice alla bocca in tono polemico a causa di una, a suo parere, esagerata esultanza del greco Christou che lo aveva battuto di quattro centesimi nei 50. «Non sono solito fare troppe scene quando vinco», ha detto in zona mista, «ma stavolta lui aveva esagerato e allora ho voluto divertirmi anche io».

Il capostipite di questa filosofia che si discosta così tanto dal passato è di sicuro Gregorio Paltrinieri, che non rappresenta la new wave del nuoto azzurro ma che resta sulla cresta dell’onda anche a distanza di dieci anni dai suoi esordi ad alti livelli. Nelle sue gare, le più lunghe del programma (800 e 1500), Paltrinieri non scende al di sotto del secondo gradino del podio dal 2012, sei edizioni europee consecutive. Per quanto strano sia associare la parola divertimento alle fatiche del mezzofondo, Paltrinieri ci ha insegnato che senza quella grande passione per la sofferenza in acqua non sarebbe arrivato da nessuna parte. «I miei risultati sono solo in minima parte dovuti al talento individuale» ha detto durante un incontro con i media, «per il resto derivano dal fatto che ogni giorno mi diverto nell’andare ad allenarmi e torno a casa quasi mai interamente soddisfatto da quello che ho fatto».

In occasione del suo oro negli 800 a Roma, Paltrinieri ha addirittura sperimentato una nuova strategia di gara, che mai prima di questa occasione aveva provato. Dalla corsia 3, ha tenuto un ritmo blando e compassato fino ai 400, per poi accelerare improvvisamente e piazzare una seconda parte nettamente più arrembante e veloce degli avversari, che ancora una volta sono stati colti impreparati dalla sua geniale condotta di gara. «Tutti si aspettavano una gara all’attacco» ha detto, «e invece ho deciso di divertirmi nella seconda parte, provando una tattica simile a quella che uso nelle gare in acque libere». Paltrinieri, che in questa distanza ha nuotato il record dei Campionati, ha poi aggiunto che «le urla di incitamento del pubblico mi hanno dato una spinta in più», chiarendo che il fattore ambientale è stato uno sprone determinante per alcuni dei risultati ottenuti a Roma dagli italiani.

Lo può sicuramente confermare Alberto Razzetti, vincitore del primo oro italiano nella giornata inaugurale, che è stato trascinato dall’incitamento del pubblico nei 400 misti, in particolare nella frazione a rana, dove ogni sua bracciata è stata accompagnata da un urlo potente al punto da far tremare gli scalini della tribuna sotto i piedi. Lo stesso possono dire tutti gli altri medagliati, molti dei quali hanno dichiarato di aver usufruito in maniera positiva della carica del pubblico per dare tutto in vasca e, cosa alquanto insolita, di aver sentito il boato della folla durante la propria gara.

I volti femminili dell’Italia

Proprio la rana è lo stile che più di tutti da la possibilità al nuotatore di sentire l’incitamento del pubblico, ed è quello dove il nostro settore femminile esprime la quantità di talento maggiore. Dalla rana sono arrivate quattro medaglie in tre gare, bottino che sarebbe stato anche maggiore se non ci fosse la regola del massimo di due semifinaliste per nazione. Benedetta Pilato, pur dichiarando uno stato di forma imperfetto e qualche piccolo dolore ad una spalla, ha confermato la sua crescita nei 100, portando a casa la vittoria davanti alla compagna di squadra Lisa Angiolini, ed ha lottato per l’oro nei 50 fino alla fine, battuta solo da una Ruta Meilutyte tornata in gran forma alle competizioni dopo un periodo di ritiro. La ranista tarantina è il volto nuovo di questa Italia, un’atleta così giovane ma già così esperta da dimostrare la stoffa per trainare un movimento che, è bene ricordarlo, per anni ha vissuto sulle spalle di Federica Pellegrini.

Ma i volti femminili di questo Europeo sono tanti. C’è quello sorridente e anche un pò stupito di Margherita Panziera, che ha dominato i suoi 200 dorso (terza vittoria consecutiva agli Europei) ma che solo grazie al boato del pubblico ha intuito di aver vinto anche i 100, gara che solitamente non prepara ma che, quando è in forma, riesce comunque ad interpretare al meglio. «Il tabellone dei risultati è lontano, se non fosse stato per il rumore dagli spalti non avrei capito di aver vinto» ha detto ai giornalisti, dopo che con la sua nuotata fluida e alta sull’acqua aveva trovato la frequenza giusta per non andare sottoritmo e vincere anche la gara più veloce.

C’è poi il volto di Simona Quadarella, romana cresciuta a dieci minuti dallo Stadio del Nuoto, alla quale si devono probabilmente i boati più forti di questo Europeo, un po' come accadde nel 2009 con la vittoria nei 1500 della romana Alessia Filippi. Quadarella, che nelle ultime due edizioni della rassegna continentale aveva vinto 400, 800 e 1500, riesce a confermarsi nelle due distanze più lunghe con gare dal dominio assoluto, condotte in testa dal primo all’ultimo metro, perdendo solo nei 400 (la distanza a lei meno congeniale), battuta dalla tedesca Gose, una specialista. A lei si deve il ritorno alla parola divertimento: «Non avevo l’ossessione della medaglia, per me l’importante era divertirmi e dimostrare di non mollare mai». Cosa che è sembrata lampante dalle sue prestazioni: 800 e 1500 vinti praticamente in solitaria, con una caratteristica frequenza di bracciata sempre molto elevata e mai in distrazione, 400 nuotati in rimonta, con un finale che per poco non faceva gridare al miracolo.

Programmazione e futuro

La forza di un movimento si misura anche con quanto c’è dietro alle prime linee, e in questo l’Italia si è superata. Complice anche l’organizzazione casalinga, è stata la nazionale più numerosa, 58 atleti convocati, ed ha portato a podio individuale venti atleti diversi, undici maschi e nove femmine, ed altri venti sono entrati in finale senza andare a podio, tredici maschi e sette femmine. Significa che oltre ai nomi citati che hanno vinto l’oro, ci sono diversi nuotatori che non ci sono andati così lontani, denotando un livello medio della nazionale estremamente elevato.

Si è creato quindi un circolo virtuoso nel nuoto italiano che ha un’origine lontana e che sta dando i suoi risultati con buona costanza. L’ultima edizione dei Campionati Europei senza una medaglia d’oro per l’Italia risale al 1995: dal 1997 in poi è stata una costante crescita di medaglie e vittorie, fino ad arrivare all’apoteosi di quest’anno.

I fattori sono sicuramente da ricercare innanzitutto nella politica delle Federnuoto, fatta di «controllo costante, condivisione e comunicazione tra settori, formazione continua ed aggiornamento dei tecnici» come ha sottolineato il direttore tecnico Cesare Butini, che ha parlato a fine Campionato. Si è trattato quindi di condividere le scelte di programmazione, aiutare gli allenatori di tutti gli atleti a stilare programmi adeguati, lasciando loro «la libertà di calibrare sul proprio atleta la finalizzazione della preparazione, usando anche la rispettiva sensibilità personale», ha detto sempre Butini.

Non sottovaluterei, tuttavia, anche il fattore emulazione, l’influenza che le generazioni più esperte hanno avuto sui giovani e giovanissimi. Ci sarebbe, per esempio, un Lorenzo Galossi (classe 2006) capace di andare al bronzo negli 800 stile con il record del mondo junior, se non ci fosse stato Gregorio Paltrinieri (classe 1994) vincitore della stessa gara e fonte di ispirazione per intere schiere di ragazzini che nuotano? Ci sarebbe una Benedetta Pilato (2005) già campionessa del mondo e d’Europa, detentrice del record del mondo, senza una Federica Pellegrini che vinceva medaglie Olimpiche prima ancora che Pilato nascesse? Si tratta di un dato difficile da dimostrare e quantificare ma facile da intuire.

Ora che l’asticella è posizionata molto in alto, l’obiettivo non può che essere quello di mantenere lo standard qualitativo raggiunto. Da qui all’estate di Parigi 2024 ci saranno due edizioni dei Mondiali ed altrettante degli Europei, da affrontarsi, come dice sempre il d.t. Butini «calibrando le scelte di preparazione in base alle esigenze del periodo, e ricordandosi che l’obiettivo primario sono i Giochi Olimpici 2024».

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