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Giulia Ficicchia
Lisa Vittozzi e la Coppa del Mondo alla fine del buio
19 mar 2024
19 mar 2024
L'atleta di Sappada ha dovuto superare diverse difficoltà per arrivare al trionfo.
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Giulia Ficicchia
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IMAGO / ZUMA Press
(foto) IMAGO / ZUMA Press
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C’è una ragazza di 29 anni di Sappada, un piccolo comune in provincia di Udine, che sta giocando con un cordino a cui è legata una bandiera tricolore. Sta aspettando che lo speaker finisca di presentarla in inglese e quando lo fa, lei la agita, mentre sale un paio di gradini del podio con gli occhi lucidi. Il presidente dell’IBU - International Biathlon Union - Olle Dahlin le stringe la mano e le porge la sfera di cristallo, uno dei sogni nel cassetto di ogni biathleta. Di coppe, più piccole, ne ha già alzate due nei giorni precedenti: una per il format dell’individuale, l’altra per quello dell’inseguimento. Questa è più grande, più pesante sotto ogni punto di vista.Quando finalmente la alza al cielo, Lisa Vittozzi può cominciare a realizzare di aver vinto la Coppa del Mondo di biathlon. Ora è tra le più grandi del suo sport, ma lei ha ancora gli occhi pieni di lacrime. Per salire sul gradino più alto ha dovuto attraversare un buio che non aveva visto arrivare. Lo dice anche qualche minuto dopo le foto di rito con la Coppa del Mondo generale tra le mani e quelle di specialità ai suoi piedi: «Quello che ho passato lo so bene, quindi è molto più speciale». Nella versione in inglese della stessa intervista, ammette di essere stata sulle montagne russe, mentre ora si sente in cima al mondo.

Lisa Vittozzi mette piede per la prima volta nel circuito di Coppa del Mondo nel 2014, a 19 anni. Ci arriva dopo un breve periodo nel circuito minore, quello dell’IBU Cup, un bronzo agli Europei juniores nel 2013 a Nove Mesto Na Morave e quattro medaglie raccolte tra i Mondiali Youth di Obertilliach del 2013 e quelli di Presque Isle del 2014. È una pagina bianca su cui sembrano esserci tutti i presupposti per scrivere una carriera bellissima.Già dalla sua prima stagione tra le grandi, l’atleta del Centro Sportivo Carabinieri dimostra subito di non temere la differenza di esperienza con le altre, raggiungendo percentuali di precisione al poligono del 90% nel tiro a terra e dell’83.3% in piedi. Sale sul podio per la prima volta a Kontiolahti in Finlandia nel 2015 grazie a un terzo posto ottenuto nella staffetta femminile insieme a Karin Oberhofer, Nicole Gontier e Dorothea Wierer, ma è quello individuale che, come per ogni atleta, rompe definitivamente il ghiaccio. Nella stessa località finlandese, a distanza di un paio di anni, al termine della gara di inseguimento, arrivano al traguardo Laura Dahlmeier, Marie Dorin-Habert e poi Vittozzi. Alle sue prime Olimpiadi, PyeongChang 2018, riprova ad acciuffare le più forti sfiorando spesso il podio individuale, ma riesce comunque a salirci grazie al bronzo ottenuto con la staffetta mista.Nella stagione 2018/2019 le cose si fanno più interessanti. Vittozzi è notevolmente cresciuta come atleta, ha maggiore consapevolezza delle sue capacità e se non è arrivata la medaglia olimpica individuale, che almeno arrivi la soddisfazione di vincere la Coppa del Mondo. A Oberhof, quando vince la sua prima gara individuale, una sprint, e il giorno successivo anche l’inseguimento, è chiaro che quella può essere la stagione giusta per provare a migliorare il piazzamento tra le prime cinque in classifica generale. È una lotta tra lei e due veterane: la slovacca Anastasija Kuz'mina e la compagna di squadra Dorothea Wierer. Ma Vittozzi resiste e durante i Mondiali di Östersund si regala la prima medaglia iridata nell'individuale, raccogliendo al contempo punti importantissimi per la classifica di Coppa del Mondo. La decisione presa dallo staff tecnico italiano di far riposare Wierer in occasione della staffetta femminile mondiale, che a suo parere sembra favorire l’altoatesina nella corsa alla vetta della classifica generale, così come le aspettative esterne e interne, rompono qualcosa nel suo equilibrio. Al rientro in Coppa del Mondo, a Oslo, arriva 68esima nella sprint, risultato che le impedisce di prendere parte alla gara a inseguimento e che spedisce la sfera di cristallo nelle mani di Wierer, che ripeterà l’impresa anche l’anno successivo.Quella che doveva essere solo una tappa di crescita, uno scivolone doloroso ma utile per provare nuovamente a rincorrere la Coppa del Mondo l’anno successivo, si trasforma invece in un lunghissimo periodo di buio. Lo dicono bene i numeri al poligono: già dalla stagione 2019/2020, la sua percentuale di precisione a terra è inferiore rispetto agli anni precedenti, si aggira intorno al 78%, mentre in piedi supera di poco l’80%. La stagione successiva, se il tiro in piedi risale un minimo, quello a terra continua a scendere fino al 70% per poi precipitare addirittura al 55% nel 2021.Sono anni in cui, ogni volta che si stende a terra per cercare di coprire nel minor tempo possibile tutti e cinque i bersagli che vede attraverso il mirino della sua carabina, qualcosa non funziona, la luce si spegne e i colpi non vanno dove vorrebbe che andassero. Grazie anche alla consapevolezza di avere tre ricariche da poter utilizzare in caso di errore, solo durante le staffette sembra di vedere la miglior Vittozzi al poligono, fantasma che scompare però nelle gare individuali. In un’intervista data al Messaggero Veneto poco tempo fa, Nadia Fontana, mamma di Vittozzi, ha raccontato che dal 2019, da quando è finita in quel buco nero, ha smesso di guardare le gare della figlia in televisione, soprattutto se è a casa. Dice che sente troppa tensione, preferisce guardare la registrazione la sera conoscendone già il risultato.Il battito di una biathleta, all’ingresso al poligono, raggiunge spesso i 160 bpm. Comincia a scendere nel momento in cui si sdraia a terra, si mette in posizione e trattiene il respiro tra un colpo e l’altro. In questo periodo a Vittozzi succede esattamente l’opposto: va in iperventilazione, il battito aumenta e lei cerca semplicemente di uscire dai giri di penalità il meno malconcia che può. Lo ha raccontato qualche mese fa alle telecamere del’IBU, che sono andate a trovarla a Sappada. Si stringe forte le mani mentre ripercorre quegli anni, riconosce che tutto è cominciato da quel secondo posto nella classifica generale del 2019, da quella situazione che forse non era pronta a gestire.Non lo vuole chiamare fallimento, non le piace il termine, ma riconosce che è stato il periodo più difficile della sua vita, complicato anche dal Covid, dalla mancanza di gioia nei confronti di uno sport che ha sempre amato moltissimo e dalla paura che la pervadeva prima di ogni gara, sfociando spesso in attacchi di panico. È alle Olimpiadi di Pechino che capisce di aver toccato il fondo, di doversi fare forza in qualche modo. La via di uscita, a detta sua, è stata cadere abbastanza volte da non rendersi nemmeno più il conto, ma anche trovare il coraggio di chiedere aiuto ad Aiace Rusciano, psicologo e neuroscienziato dell’alta prestazione sportiva, che ha collaborato in passato con il Milan e che segue Vittozzi da alcuni anni.

Nel passaggio più famoso di Anthem, lo dice bene Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa ed è lì che entra la luce”. Mentre grazie al lavoro con Rusciano si è aperta finalmente una crepa, la luce entra grazie a un cambiamento all’interno dello staff tecnico azzurro. Mirco Romanin, conterraneo e amico di Vittozzi, viene promosso dalle categorie giovanili alla squadra Milano Cortina 2026, ma soprattutto c’è un nuovo allenatore al tiro, il finlandese Jonne Kähkönen, precedentemente nel team statunitense, affiancato in estate anche da Edoardo Mezzaro. Nel maggio del 2022, a Viareggio, nel primo raduno insieme, Vittozzi e Kähkönen hanno la possibilità di conoscersi, di cominciare un nuovo percorso basato sul duro lavoro quotidiano e sulla costanza nei progressi: è forse in questo momento che comincia a (ri)nascere la "Fenice di Sappada", come qualcuno rinomina Vittozzi dopo i primi risultati nella stagione 2022/2023.Le basta, infatti, la prima gara della prima tappa di Coppa del Mondo per salire sul podio. Vittozzi arriva terza nell’individuale di Kontiolahti e le sembra quasi assurdo ritrovarsi sul podio al termine di una competizione che l’ha vista sbagliare una sola volta al poligono. In quelle successive, troverà altre occasioni per confermare che la direzione intrapresa in estate è giusta, soprattutto quando a Ruhpolding, ancora una volta nell’individuale, riesce a tornare alla vittoria dopo il 2019. Ai Mondiali di Oberhof, invece, sembra che proprio quel format di gara possa regalarle addirittura il primo oro mondiale, ma i postumi di una brutta influenza la costringono al bronzo. L’oro, storico per la Nazionale italiana, arriverà qualche giorno dopo nella staffetta femminile, grazie anche a una sua prestazione spettacolare al poligono contro la tedesca Denise Herrmann.Al termine di una stagione in cui raccoglie 10 podi in Coppa del Mondo (di cui 7 individuali e 3 staffette) e 4 medaglie mondiali, i numeri al tiro confermano la sua rinascita: a terra la precisione al tiro è dell’86%, in piedi del 90%. Si piazza terza nella classifica generale dietro alla francese Julia Simon e Dorothea Wierer e torna a casa con una coppa di specialità nell’individuale: quello che doveva essere l’anno del ritorno è stato migliore di quanto potesse immaginare. Tutte le avversarie, però, sanno che quello successivo sarà diverso. Una Vittozzi così non può che essere tra le favorite per la sfera di cristallo.

Non lo ha mai nascosto, la Coppa del Mondo era tra gli obiettivi della sua carriera. Ci pensa, ma, specifica, senza ossessionarsi, perché sa come possa rovinare tutto un pensiero che diventa totalizzante, che certi sogni a dirli ad alta voce generano aspettative esterne difficili da gestire. Ha preferito concentrarsi sul lavoro anche la scorsa estate: con Kähkönen e Mezzaro hanno trovato qualcosa su cui migliorare. Non sanno che quelli che stanno mettendo insieme sono i pezzi di una stagione, appena conclusa, che ha rasentato la perfezione.Già a Östersund, la prima gara individuale la vede già vittoriosa, con tanto di beffa alla tedesca Franziska Preuss, battuta di un solo decimo. Alla partenza della gara successiva, Vittozzi indossa il pettorale giallo di leader della classifica generale, ma è una breve parentesi: le francesi Julia Simon e Justine Braisaz-Bouchet, appena tornata dalla maternità, sembrano decisamente più veloci di Vittozzi sugli sci, così come nei tempi di rilascio colpi al poligono. La norvegese Ingrid Tandrevold, inoltre, vuole dimostrare di poter colmare il vuoto lasciato nella nazionale del suo Paese dai ritiri pesanti di Marte Roiseland e Tiril Eckhoff. Per Vittozzi la battaglia si fa dura fin dall’inizio della stagione e il suo sistema immunitario, già dalla prima tappa, non sembra essere dalla sua parte, seppure riesca comunque a mantenersi sempre nelle prime 20 posizioni. Superati gli acciacchi, deve ricostruire la forma fisica e la vittoria nell’inseguimento a Ruhpolding suggerisce che la direzione è quella giusta, nonostante le altre continuino a macinare punti. Spesso Vittozzi si deve accontentare delle posizioni di rincalzo. Ma, come ogni anno, nel circuito del biathlon, oltre alla Coppa del Mondo, ci sono anche i Mondiali a cui pensare. In una molto autunnale Nove Mesto Na Morave, ogni gara merita di essere incorniciata: il settimo posto inaspettato nella sprint fa infuriare Vittozzi che di prepotenza si prende un argento nella gara a inseguimento. Ma quella che aspetta più di tutte è ancora una volta l’individuale, ha un conto in sospeso con quell’ultimo poligono che l’anno precedente, per un solo colpo sbagliato, l’ha costretta ad accontentarsi di un bronzo.Tutti e 20 i bersagli si chiudono come da programma, mentre le gambe spingono come non hanno mai fatto prima: Vittozzi vuole a tutti i costi quell’oro e conclude la gara da neo campionessa del mondo. Non va via dalla Repubblica Ceca senza aver comunque conquistato anche un argento nella single mixed con il compagno di squadra Tommaso Giacomel e un altro argento individuale nella mass start.

La motivazione alle stelle e la forma finalmente ritrovata sono armi utili per un altro conto in sospeso, un altro lasciato per mesi di sottofondo un po’ per scaramanzia, un po’ per concentrarsi su una gara e un colpo per volta. Le prestazioni ai Mondiali della leader della classifica generale, Ingrid Tandrevold, sono state a dir poco negative e fanno pensare che la norvegese non abbia più benzina per il finale di stagione. Eppure la prima tappa di rientro, nella sua Oslo, la galvanizza al punto da farle vincere un’individuale e sfiorare il podio nella mass start. Anche le francesi, a cui si è aggiunta una Lou Jeanmonnot artefice di una sorprendente stagione, non hanno intenzione di alzare bandiera bianca.Per le ultime due tappe di Coppa del Mondo, il biathlon si sposta in Nord America: prima a Soldier Hollow, nello Utah, poi a Canmore, in Canada. Se nella penultima tappa Vittozzi dimostra di non averne di meno rispetto alle altre contendenti alla sfera di cristallo, senza comunque spostare troppo l’ordine delle cose, a Canmore il biathlon dimostra ancora una volta di essere uno sport a dir poco imprevedibile fino alla fine. 73 sono i punti che la dividono da Tandrevold all’inizio della tappa: i primi punti li rosicchia vincendo la sprint, per poi sorpassarla grazie al primo posto nell’inseguimento, podio che le regala, con sua grande sorpresa, la coppa di specialità.A una sola gara dalla fine, Vittozzi torna a indossare il pettorale giallo che aveva indossato all’inizio della stagione. Mancano gli ultimi 12,5 chilometri, quelli della mass start: nel caso in cui Tandrevold vinca la gara, a Vittozzi basta un undicesimo posto. Gli ottimisti sanno che è solo una formalità, gli scaramantici non si espongono. Vittozzi si sistema i guanti un’ultima volta in partenza e allo sparo dello starter parte assieme alle altre atlete. È una gara nervosa, con qualche errore di troppo per lei, che ci aveva viziati con un Mondiale irreale, in cui aveva sbagliato un solo colpo nelle gare individuali.Al termine della gara, Tandrevold è ottava, Vittozzi arriva al traguardo un minuto più tardi, è 21esima, ma soprattutto è la vincitrice della Coppa del Mondo di biathlon. Nell’ultimo giro qualcuno le ha dato la bandiera con cui giocherà più tardi, in attesa di mettere le mani su quella sfera di cristallo che nella vita le ha dato tanto dolore, così come gioia immensa. Mentre scia gli ultimi metri, se la mette davanti al viso per nascondere l’incredulità e le lacrime. Dopo il traguardo, si stende a terra ed è la norvegese, nel frattempo scivolata al terzo posto nella classifica generale, a toglierle gli sci e ad abbracciarla per complimentarsi per prima. Uno di quei momenti che gli appassionati dello sport citeranno per lungo tempo. Anche l’allenatore di Forni Avoltri, Mirco Romanin, ha raccontato di essere scoppiato a piangere «come un bambino» quando è riuscito a raggiungerla all’arrivo.Chissà se qualcuno, a Sappada, ha dato lo stesso abbraccio a mamma Nadia, se avrà visto la gara in diretta o se si sarà fatta raccontare da altri delle imprese della figlia in quest’ultimo, folle weekend di biathlon della stagione. In città si è cominciato a far festa già dalla sera, anche se i Lisa Vittozzi Plodar Supporters, fedele fan club anche nel periodo più buio, avrebbero voluto essere in Canada per assistere dal vivo alla ciliegina sulla torta di questa rinascita. Di festa se ne farà ancora quando la sappadina tornerà nei luoghi e tra la gente che l’ha sempre sostenuta.Alla fine di questa stagione i numeri dicono che su 21 gare di Coppa del Mondo ha ottenuto 4 vittorie, 7 podi, 13 piazzamenti nelle prime cinque, 18 nelle prime dieci; la precisione nel tiro a terra è stata del 93%, in piedi del 92%. Nessuna vincitrice o vincitore della sfera di cristallo ha mai sparato con percentuali così alte: Johannes Thingnes Bø, ad esempio, vincitore della Coppa del Mondo maschile, non è arrivato al 90% né a terra, né in piedi.Lisa Vittozzi ha dimostrato che chi crolla, chi tocca il fondo, chi conosce il buio merita come chiunque altro di avere una chance di rialzarsi, di vincere, di splendere, di scrivere la Storia. A qualcuno, delle volte, serve una crepa per far entrare meglio la luce di una sfera di cristallo.

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