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L'incantesimo tecnico del Real Madrid
11 mag 2017
11 mag 2017
L'Atletico ha fatto di tutto per imporre il proprio contesto, ma alla fine si gioca sempre la partita che vogliono i giocatori del Real.
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Foto di Laurence Griffiths / Getty
(foto) Foto di Laurence Griffiths / Getty
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Il 3-0 subito all’andata costringeva l’Atlético Madrid a giocarsi il tutto per tutto. Bisognava cercare subito, con tutte le forze, il gol che avrebbe fatto scricchiolare le certezze del Real Madrid e gettato le basi per una rimonta ai limiti dell’impossibile. La scommessa di Diego Simeone si fondava sulla capacità di portare la contesa sul terreno più congeniale alla sua squadra: rinchiudere la qualità del Madrid in una gabbia fatta di aggressività e condizionamento psicologico, con l’aiuto di un Calderón tirato a lucido per l’ultima recita europea – dall’anno prossimo l’Atleti si sposterà nel nuovo stadio, il Wanda Metropolitano. L’Atletico Madrid parte in quinta L’intensità dei “Colchoneros” è fuori scala fin dai primi minuti e la pressione a tutto campo coinvolge tutti, a partire da Griezmann e Torres, preferito a Gameiro. È uno dei due cambi del “Cholo” rispetto alla gara d’andata: l’altro è Giménez per Lucas Hernández come terzino destro (Juanfran non va neanche in panchina). L’Atleti rinuncia al controllo del pallone e punta ad accumulare situazioni offensive (cross, tiri dalla distanza, corner e punizioni): l’idea è quella di muovere lo schieramento del Madrid non attraverso un possesso ragionato, ma aumentando il numero delle contese, alzando subito la palla e forzando alcune scelte. Ogni respinta, ogni palla “sporca” può trasformarsi infatti in un’occasione da gol, vista l’intensità con cui la squadra di Simeone cerca il recupero immediato del possesso. Esattamente come nel derby di campionato giocato al Bernabéu, il “Cholo” individua il lato sinistro del Madrid come zona debole da attaccare e lì concentra i suoi giocatori migliori. Carrasco gioca largo a destra; Saúl, pur essendo mancino, gioca da interno destro di centrocampo per aggiungere un saltatore da quel lato in grado allo stesso tempo di associarsi con Carrasco e i due attaccanti; Torres e Griezmann tagliano a turno per approfittare dei buchi aperti dalle uscite dei difensori del Madrid. È proprio una combinazione sulla fascia destra tra Griezmann, Carrasco e Torres a mandare Griezmann sul dischetto per firmare il 2-0 che dopo appena 16 minuti riapre clamorosamente la qualificazione – l’1-0 era arrivato su un corner: Ramos non aveva marcato Saúl, saltato da solo sul primo palo. Il Real Madrid rimette i pezzi a posto A un passo dall’incredibile rimonta, il Madrid ritrova i propri riferimenti. Un copione che si è ripetuto in maniera costante nelle sue sfide a eliminazione diretta: il tempo di adattamento al contesto affrontato sembra sul punto di smascherare il disequilibrio tattico della squadra di Zidane, ma la fiducia che prima o poi si arriverà a giocare ai suoi ritmi riesce sempre a ribaltare l’inerzia del confronto. In questo caso è determinante il cambio di prospettiva dell’Atleti dopo il 2-0: la priorità di Simeone diventa non subire il gol che trasformerebbe la rimonta in un’utopia e l’Atleti abbassa il proprio baricentro scivolando nella propria comfort zone. Ovvero, difesa a oltranza della propria metà campo coinvolgendo anche Griezmann e Torres per proteggere il centro; atteggiamento iperaggressivo sul portatore di palla, ricorrendo spesso al fallo tattico per interrompere il possesso del Madrid. La squadra di Zidane si prende immediatamente il margine di tempi e spazi concessi dal nuovo atteggiamento dell’Atleti e, pur senza riuscire ad avvicinarsi alla porta di Oblak, inizia a prendere il controllo del pallone e, progressivamente, della partita. I “Merengues”, com’è nelle loro abitudini, evitano il centro e abbassano Kroos e Modric oltre il centrocampo biancorosso per iniziare l’azione, accumulando giocatori sulle fasce per garantire la progressione della manovra. A quel punto la sfida sul piano mentale si sposta sulla fiducia nel proprio modo di esercitare il controllo sulla partita: da un lato l’Atleti che si difende e non fa avvicinare gli avversari alla propria area di rigore, dall’altro il Madrid che tiene la palla e aspetta la giocata risolutiva di uno dei suoi campioni. Alla fine a prevalere è quest’ultima, nel modo più inaspettato: la squadra di Simeone si fa infatti sorprendere su una rimessa laterale; Benzema salta tre quarti della difesa biancorossa con una magia e crea i presupposti per il gol di Isco, che fa crollare le speranze di rimonta dei padroni di casa. La pazienza del Madrid viene premiata ancora una volta: sul 2-1 Kroos, Modric, Isco e Benzema prendono definitivamente in mano la partita e l’Atleti inizia a correre a vuoto. Alla fine la squadra di Simeone avrà tentato l’enormità di 55 contrasti, di cui appena 22 andati a buon fine. La ricetta è la stessa della gara d’andata: Kroos e Modric sono le menti che gestiscono il possesso sui due lati del campo, lasciando il centro a Casemiro, tagliato fuori dalla circolazione per concentrarsi sul recupero della palla in caso di errore; Isco si muove liberamente nella zona del pallone per garantire la progressione della manovra creando superiorità numerica o posizionale; Marcelo e Danilo (preferito a Nacho per sostituire Carvajal) restano alti e aperti per essere sempre pronti a ricevere un cambio di gioco e riciclare il possesso da una parte all’altra del campo, aiutati dai movimenti sull’esterno di Benzema e Isco per mettere in inferiorità numerica i terzini dell’Atleti. La straordinaria capacità di Kroos, Modric, Isco e Benzema di gestire il possesso anche sotto la costante pressione dell’Atleti diventa il migliore strumento difensivo di Zidane. Accorciando il campo in verticale si può ridurre lo spazio di gioco di una metà campo (la regola del fuorigioco), per difendere l’intera ampiezza del campo, invece, non esistono contromosse. È su questo semplice concetto che si basa il controllo del Real, che decide i ritmi della partita a proprio piacimento: anche una delle squadre più aggressive e intense d’Europa, se messa a correre da un lato all’altro del campo non può fare altro che inseguire la palla, specie se a gestirla sono alcuni tra i giocatori più forti al mondo. Incubo senza fine Simeone allora prova a cambiare le carte in tavola inserendo Gameiro per Torres e Thomas per Giménez, spostando a sinistra Carrasco e allargando a destra Saúl. L’idea è di impegnare in un 4 vs 4 i difensori del Madrid, utilizzando Koke e Gabi come quarterback per guadagnare velocemente una posizione negli ultimi 20 metri. La mossa finale è l’ingresso di Correa per Koke, che dirotta Griezmann sulla fascia destra: i continui movimenti dell’argentino in appoggio al portatore di palla creano qualche buona combinazione con Griezmann, ma l’Atleti conserva il possesso per troppo poco tempo per puntare con decisione sull’intesa tra i due giocatori, che aveva prodotto il gol del pareggio nel derby di campionato al Bernabéu. La risposta di Zidane è il prevedibile ricorso a Vázquez e Asensio, che trasforma il sistema del Madrid nel 4-4-2 con cui viene contenuto l’assalto finale della squadra di Simeone. Così, l’Atlético non riesce a ribaltare la tradizione sfavorevole e per la quarta volta consecutiva il suo cammino in Champions si ferma di fronte al Real. Per ribaltare il 3-0 dell’andata la squadra di Simeone avrebbe dovuto giocare una gara fuori dalle sue corde, schiacciando il Madrid nella propria metà campo e accumulando occasioni da gol. Eppure, forzando al limite massimo possibile il proprio stile di gioco, i “Colchoneros” erano comunque riusciti a dare una speranza ai propri tifosi: il Calderón è stato insomma salutato con una prestazione degna di un’ultima recita, nonostante il risultato. Il Real arriva meritatamente in finale: in ogni turno della fase a eliminazione diretta è andato vicino a compromettere tutto, riuscendo però ogni volta, in qualche modo, a rimettere a posto le cose. A Cardiff troverà di fronte la Juventus, una squadra simile in certi aspetti (la solidità mentale, la fluidità tattica), molto distante in altri (da un lato il blocco di marmo bianconero, dall’altro un potenziale offensivo che fa spavento). Questa Champions non poteva avere epilogo migliore.

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