
Nella valutazione della performance di un calciatore devono essere considerati una serie di fattori. Alcuni di questi sono endogeni: le sue abilità tecniche, l’esperienza accumulata nel ruolo. Altri esogeni: il sistema di gioco e i compiti che gli sono richiesti; il contesto di compagni, allenatore e ambiente nel quale è inserito.
Robert Huth è un difensore tedesco con alle spalle una lunga militanza in Premier League: fu scoperto proprio da Ranieri, che nel 2001 lo prelevò per conto del Chelsea dall’Union di Berlino. Dopo due anni nella squadra B londinese, Ranieri ha iniziato a inserirlo nelle rotazioni della prima squadra. Huth era un’armadio a due ante che si faceva rispettare in area di rigore ma palesava evidenti limiti tecnici. Ha sofferto qualche infortunio di troppo, ma tutto sommato il suo minutaggio era buono.
Poi il suo mentore è stato silurato per far spazio a José Mourinho da Setubal e Huth è diventato la quarta scelta, alle spalle di Terry, Gallas e Carvalho. Ha finito così per perdere il Mondiale 2006, iniziando la sua espiazione attraverso squadre di seconda fascia. Al Middlesbrough è stato ancora tormentato dagli infortuni, e ha subito anche l’onta della retrocessione in Championship. Pulis lo prende allo Stoke City: ha cercato sempre il modo di farlo giocare, persino sulla fascia, dove ha fornito prestazioni disastrose. Con Hughes invece non ha mai trovato spazio, costretto tre volte sotto ai ferri per risolvere i problemi a un ginocchio. Quella del Leicester City, l’ultimo giorno del mercato invernale 2015, aveva i crismi dell’ultima chiamata per Huth, in una squadra che sembrava condannata alla retrocessione.
Oggi Huth è campione d’Inghilterra, ha giocato 35 partite su 38 (le altre 3 le ha saltate solo per squalifica), è il perno della terza difesa meno battuta del campionato. E se ci fossimo sbagliati su Robert Huth?
Huth nella comfort zone
Ranieri ha costruito un sistema difensivo nel quale Huth ha compiti precisi e limitati. Sia lui che il suo compagno di reparto Morgan sono tutt’altro che veloci, non possono concedere metri di profondità alle loro spalle. Per questo siedono bassi, con l’unica missione di proteggere la zona centrale davanti al portiere. In senso letterale: spesso Huth e Morgan hanno pestato quasi i piedi di Schmeichel. La cerniera centrale è chiusa da Kanté e Drinkwater e sembra quasi loro due siano i primi difensori del Leicester. Huth e Morgan sono come dei liberi vecchio stampo, se passa un pallone lo rimandano lì da dove è venuto. No frills.

I compiti in partita di Huth si limitano alla pulizia della zona. Non è la cosa che sa fare meglio: è l’unica cosa che sa davvero fare.
Huth quest’anno ha segnato 3 gol in Premier League: uno è bastato per espugnare White Hart Lane; con gli altri due ha sgretolato le ultime vestigia del Manchester City. Gol pesantissimi, tanti per un giocatore che non ha mai segnato molto: 1 gol a campionato di media; solo nel periodo passato allo Stoke ha segnato con regolarità un gol ogni 10 partite. Ma quella era una squadra che speculava anche sui falli laterali, con Rory Delap che cambiava fascia per andare a giocare la rimessa con le mani anche dalla parte opposta.

Quando trova la posizione e pianta le gambe per terra non c’è modo di spostarlo: per Huth il gol non è questione di scelta del tempo dello stacco o di capacità nell’eludere la marcatura, è solo una pura questione fisica. Chi calcia deve solo mettere il pallone nella sua zona all’altezza giusta.
Huth in balia delle onde
Se è costretto a mettere i piedi fuori dall’area di rigore, Huth va subito in difficoltà. La sua distribuzione del pallone in fase d’impostazione è più che elementare e il compito viene completamente delegato ai compagni. Le sue letture del gioco e l’applicazione dei meccanismi difensivi codificati non sono imprescindibili.
Huth si fa ingannare dall’uscita precipitosa di Morgan su movimento incontro di Martial. Il tedesco mima il movimento del compagno, quando avrebbe dovuto scappare all’indietro, per coprire lo spazio lasciato libero dal compagno. Una vecchia volpe come Schweinsteiger prova ad avvantaggiarsi del cattivo posizionamento dei centrali del Leicester, e Huth non può far altro che abbatterlo. Il suo intervento è talmente goffo e plateale che coglie di sorpresa anche l’arbitro, che fa proseguire l’azione. Quello che più conta, in questo tipo di errore per un giocatore così esperto, è la recidività.
Huth non ha neanche le qualità del marcatore vecchio stampo: i difensori del Leicester sono in parità numerica nella zona centrale, Huth avrebbe dovuto limitarsi a tenere il suo uomo. Perde invece il contatto fisico e visivo con Loïc Rémy, che gli sfila alle spalle. Nell’ultimo Liverpool-Leicester, Huth tiene Benteke per tutta l’azione; lo molla all’altezza del dischetto per andare a coprire una traccia per il cross, sulla quale c’è già Morgan. E Benteke segna il classico rigore in movimento.
I migliori momenti
Huth ha disputato la sua miglior stagione da professionista? Certamente sì. Ed è il miglior difensore della Premier League della stagione 2015/16? No, perché solo il particolare contesto di squadra, un abito su misura confezionato da un sarto abile come Ranieri, gli ha permesso di mettere sul piatto una serie di performance al di sopra delle aspettative.
Stabilire il valore assoluto di un calciatore può avere senso solo se si considerano tutte le condizioni al contorno, a maggior ragione se la valutazione è fatta nell’arco temporale ristretto di una singola stagione. Un giocatore che riesce ad imporsi facendo appello alle proprie risorse in un contesto di squadra inadeguato è certamente da preferirsi: dimostra un’intelligenza calcistica e una capacità di adattamento superiori, che gli permetteranno di esaltarsi nelle condizioni tattiche favorevoli e di sopravvivere in tutte le altre. Huth, invece, si è trovato al posto giusto nel momento giusto. E meno male!