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Fabio Barcellona
L'importanza della forma
29 feb 2016
29 feb 2016
L'Inter liquida e in continuo adattamento si infrange sul monolite bianconero.
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Fabio Barcellona
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L’estremo equilibrio di questo campionato rende ogni partita e ogni punto particolarmente importante per le squadre di alta classifica. Alla vigilia di questo match la Juventus non poteva certo permettersi di rallentare visto il risicato vantaggio sul Napoli e voleva ad ogni costo centrare la vittoria anche per mettere pressione ai partenopei attesi da una difficile trasferta contro la Fiorentina. Nella lotta al terzo posto l’Inter non poteva perdere ulteriore terreno dalla Roma e dalla Fiorentina, senza considerare l’ottimo ritorno del Milan di Mihajlovic.

 

Le due squadre arrivavano alla partita sull’onda di periodi molto diversi, quasi opposti. Nonostante il pareggio di Bologna, che aveva messo fine alla serie di 15 vittorie consecutive, la Juventus aveva acquisito ulteriore entusiasmo e convinzione dalla rimonta contro il Bayern Monaco in Champions League. L’Inter invece veniva da un 2016 da incubo che l’ha vista precipitare dal primo posto al quinto a 10 punti dalla vetta nel giro di 9 partite.

 

Esattamente un mese fa le due squadre si erano già affrontate allo Juventus Stadium per la semifinale di andata della Coppa Italia e la formazione di Allegri si era imposta con un secco 3-0 che ha ridotto la partita di ritorno di mercoledì prossimo a poco più che una formalità.

 



Il recupero di Chiellini e Alex Sandro allargano le scelte di Allegri che opta per il 3-5-2 con Barzagli, Bonucci e Chiellini dietro, Lichtsteiner e Alex Sandro esterni, Hernanes mediano, Khedira e Pogba mezzali e Mandzukic e Dybala avanti.

 

In Coppa Italia Mancini aveva schierato l’Inter con un 4-5-1, due linee strette in fase di non possesso e Jovetic come centravanti a non dare riferimenti fissi. L’allenatore dell’Inter cambia tutto rispetto a quella partita e ai recenti schieramenti dei nerazzurri, decidendo di giocare a specchio contro il 3-5-2 della Juventus in modo da avere superiorità numerica al centro della difesa, protezione della linea arretrata con il mediano e la possibilità di controllare da vicino le due mezzali bianconere con i pari ruolo nerazzurri. I tre difensori davanti ad Handanovic sono da destra a sinistra Murillo, Miranda e Juan Jesus. In mezzo al campo Medel gioca in posizione di mediano con Melo e Kongodbia ai fianchi. Gli esterni sono D’Ambrosio a destra e Telles a sinistra. In attacco Palacio e Icardi.

 

Il dilemma posto dal rombo di costruzione della Juventus, costituito dai tre difensori più il mediano, è risolto da Mancini scegliendo di accettare una situazione di inferiorità numerica e affrontando i quattro giocatori bianconeri con le due punte Icardi e Palacio. Sull’inizio azione basso della Juventus le due punte dell’Inter si sistemano a metà strada tra il centrale Bonucci e i due difensori laterali Barzagli e Chiellini. Tenendo compatto il blocco arretrato, l’idea del tecnico interista è quella di forzare le giocate di Bonucci e ridurre la possibilità da parte dei bianconeri di aprire il gioco sull’esterno.

 


Palacio e Icardi si piazzano a metà strada tra il centrale Bonucci e i laterali Barzagli e Chiellini. Il passaggio verso Hernanes è sempre disponibile.



 

A corredo di questa scelta, nel primo quarto d’ora l’Inter prova a rubare palla al rombo arretrato della Juventus con uscite improvvise aggredendo le mezzali e gli esterni, per giocare un pressing piuttosto aggressivo. I risultati sono disastrosi perché le uscite sono fuori tempo e non c’è connessione tra queste e i movimenti dei giocatori alle spalle dell’aggressore. La conseguenza è che la Juventus trova spazi alle spalle della pressione imprecisa dell’Inter. Spazi che, a catena, si spostano sul campo per la destrutturazione successiva delle linee compatte dei nerazzurri.

 


L’Inter dei primi dieci minuti prova a giocare una fase di non possesso aggressiva. Bonucci porta palla e Kondogbia abbandona la sua posizione provando a chiudere. Il movimento di Kondogbia libera Khedira che riceve palla da Bonucci. Telles, anche lui aggressivo, anche lui fuori tempo, esce su Khedira lasciandosi alle spalle Lichtsteiner.



 


Khedira ha vita facile nel superare Telles completamente fuori tempo e servire Lichsteiner che ha 30 metri di campo libero davanti a sé. L’azione si concluderà con un cross dello svizzero e una conclusione da posizione vantaggiosissima di Mandzukic.



 

In questo contesto tattico, caratterizzato da errori in fase di pressione dell’Inter, la Juventus si rende particolarmente pericolosa, trovando con estrema facilità la maniera di giungere al tiro attraverso le maglie allargate alle spalle delle letture scriteriate in fase di aggressione palla dei nerazzurri. Ben 6 dei 9 tiri totali effettuati dalla Juventus avvengono nei primi 18 minuti, nel periodo della partita in cui Mancini tenta di pressare in maniera aggressiva la fase di costruzione dei bianconeri.

 


Medel è in ritardo: Hernanes stoppa e si gira. Konodgbia legge male: Khedira riceve libero alle sue spalle.



 

Le difficoltà inducono l’Inter ad abbracciare un atteggiamento più conservativo in fase di non possesso palla. I nerazzurri si limitano a presidiare lo spazio serrando le linee di difesa e centrocampo nella propria metà campo. I dati OPTA certificano quest’atteggiamento e mostrano una squadra molto corta (lunghezza media 24.5 metri) e un recupero palla molto basso (32.6 metri). Le difficoltà in fase di pressione e recupero palla dell’Inter emergono anche dal dato della Juventus che, nonostante un baricentro medio di 4 metri più basso di quello dei nerazzurri, ha una posizione media di recupero palla più alta della squadra di Mancini.

 


L’Inter abbandona i propositi di pressione aggressiva e si sistema con le due linee vicine e piuttosto basse.



 



L’atteggiamento prudente dell’Inter disegna al centro del campo una serie di duelli individuali tra gli esterni e le mezzali delle due squadre, lasciando maggiore libertà ai due mediani, Hernanes e Medel, non contrastati con continuità rispettivamente da Palacio e Dybala. I duelli individuali sono interpretati in maniera diversa dai giocatori, in particolar modo dalle mezzali. Pogba e Khedira si muovono senza palla provando a trovare spazi rispettivamente con movimenti in profondità e tra le linee, mentre Melo e Kondogbia rimangono in posizione, specie il primo, con il francese che alza la propria posizione solamente con il pallone tra i piedi.

 


Pogba si muove alle spalle di Melo e attacca le profondità. Si nota la posizione alta di Alex Sandro e Lichtsteiner, a tenere bassi e larghi D’Ambrosio e Telles.



 

Il ridotto movimento delle mezzali dell’Inter, unito alle caratteristiche di Medel, incline a una costruzione di gioco elementare, costringe i nerazzuri a una circolazione palla orizzontale che non trova varchi nella difesa della Juventus. I bianconeri non forzano la fase di recupero palla, sistemandosi in fase difensiva con un blocco basso e lasciando l’onere della creazione di spazi utili  alla modesta proposta offensiva dell’Inter.

 

Con un centrocampo troppo statico e incapace di accompagnare l’azione, e Palacio occupato a muoversi in arretramento per creare linee di passaggio, Icardi rimane isolato tra i difensori della Juventus. Solamente 21 i palloni giocati dal centravanti dell’Inter, meno persino dei subentrati Ljajic e Perisic, a testimonianza delle difficoltà dell’Inter nel coinvolgere il proprio attaccante nella manovra offensiva.

 

Nel gioco dei confronti individuali, i giocatori con più spazio a disposizione, Hernanes e Medel, giocano due partite diverse: il brasiliano è il bianconero che gioca più passaggi (61), ma mentre la mappa del cileno vede in maggioranza passaggi orizzontali all’interno della propria metà campo, quella del giocatore della Juventus è più varia e distribuita lungo il campo. In più, Hernanes approfitta della relativa libertà di azione giungendo due volte al tiro della distanza e cogliendo la traversa al quarto minuto.

 

Sugli esterni Alex Sandro vince nettamente lo scontro con D’Ambrosio, creando ben 2 occasioni da gol, vincendo 4 contrasti, intercettando 4 palloni e subendo 5 falli. In tutte questa statistiche il terzino brasiliano della Juventus è il recordman della partita. Sull’altra fascia Lichtsteiner giunge al cross 5 volte contro le due di Telles, ma lo svizzero è piuttosto impreciso nei passaggi, sbagliandone ben 15 e chiudendo la partita con un povero 55% di passaggi completati.

 

La diversa interpretazione fornita dai calciatori al gioco dei duelli individuali disegnati in campo dagli schieramenti teoricamente identici, genera una Juventus maggiormente propositiva, più efficace sugli esterni, più fluida in costruzione con Hernanes supportato dal regista aggiunto Bonucci e i movimenti senza palla di Pogba e Khedira. Di contro l’Inter mostra notevoli difficoltà in fase di manovra offensiva: Medel è troppo timido in costruzione, Melo e Kondogbia troppo statici e le linee di passaggio verticali garantite solo dai movimenti di Palacio, che però isolano ulteriormente Icardi tra le maglie della difesa bianconera.

 

Pur con enormi difficoltà a rendersi pericolosa, la tattica maggiormente prudente adottata dall’Inter dopo il primo quarto d’ora di gioco fornisce buoni risultati in fase di non possesso, impedendo alla Juventus di creare reali occasioni da gol per tutta la rimanente parte del primo tempo.

 



A facilitare la Juventus nel proprio compito ci pensa l’Inter. D’Ambrosio commette un errore difensivo capitalizzato da un ottimo gesto tecnico di Bonucci che regala il vantaggio ai bianconeri.

 

Niente di più auspicabile per la Juventus che può a questo punto abbassarsi a protezione della propria area togliendo ogni spazio in profondità ai nerazzurri. Mancini prova a correggere i naturali e prevedibili difetti della propria fase di possesso palla con l’ingresso di Ljajic al posto di Gary Medel, disegnando una sorta di 3-4-2-1 con Melo e Kondogbia in mezzo al campo con il neo entrato e Palacio alle spalle di Icardi.

 

La solidità difensiva della Juventus rende oggettivamente complesso incrementare la pericolosità della propria fase offensiva, ma l’Inter fa davvero poco per disordinare la struttura arretrata della Juventus, girando al largo del cuore dell’area e non giocando alcun inserimento da dietro che possa creare qualche dubbio di lettura nella linea difensiva bianconera. Palacio e Ljajic giocano staccati dalla linea e nessuno dei centrocampisti accompagna l’azione in profondità: la Juve si siede sui propri 20 metri e aspetta che l’Inter sbatta contro il proprio muro.

 

Nemmeno il passaggio al 4-2-4 regala pericolosità offensiva all’Inter che con l’ingresso di Perisic per Telles prova a sfruttare le catene esterne che però Alex Sandro da un lato e la coppia Sturaro-Lichtsteiner dall’altro disinnescano. Non tragga in inganno il dato che vede l’Inter concludere la partita con 8 tiri in porta di cui 4 nello specchio: fino a un minuto dalla fine i  nerazzurri tirano solamente 4 volte senza mai centrare la porta di Buffon. Solo a risultato acquisito, e dopo 89 minuti di gioco, l’Inter crea pericoli alla Juventus con una punizione di Ljajic e l’occasione di Eder, figlia finalmente di un movimento senza palla ad attaccare la profondità di un attaccante.

 


I novanta minuti regolamentari sono finiti e finalmente l’Inter riesce a penetrare in area di rigore della Juventus grazie al movimento di Eder, subentrato a Icardi, che prima si apre e poi taglia dentro creando difficoltà nella lettura alla linea arretrata della Juventus.



 

Se i cambi di Mancini non si riflettono in un’aumentata pericolosità dell’Inter, la mossa di Allegri di sostituire Dybala con Morata si rivela subito vincente, come era già capitato martedì scorso contro il Bayern Monaco. Con la Juventus ormai particolarmente bassa e Mandzukic a raddoppiare le marcature sui giocatori avversari sulla linea dei centrocampisti, la Juve progressivamente, complice la fatica, perde la capacità di risalire il campo e di organizzare ripartenze credibili.

 

L’ingresso di Morata risponde in maniera molto semplice alla necessità per i bianconeri di portare la palla dall’altro lato del campo dopo averla riconquistata a ridosso della propria area di rigore. Come è nello stile di Allegri la sostituzione, più che variare tatticamente la squadra, modifica le caratteristiche degli interpreti per adattarsi meglio alle esigenze del momento della partita. Immediatamente le capacità in campo aperto di Morata mettono la parola fine alla partita: al primo pallone toccato, lo spagnolo parte in progressione dalla propria metà campo e giunge in area di rigore dove subisce l’ingenuo fallo di Miranda. La fredda realizzazione di Morata contro il para-rigori Handanovic fissa il risultato sul definitivo 2-0.

 



La Juventus 2015-16, dopo il disastroso inizio di stagione, si è modellata in una squadra dalla fase difensiva solidissima. In campionato non subisce gol da 9 partite di fila e Buffon ha superato il proprio record di imbattibilità in Serie A. Partendo da queste fondamenta, i bianconeri costruiscono i propri successi riuscendo a interpretare le partite in funzione dei momenti tattici del match. La capacità di inibire con una transizione difensiva efficacissima le ripartenze avversarie consente ad Allegri di giocare partite in proiezione offensiva, portando tanti uomini in fase di attacco.

 

L’ottima fase di non possesso a ridosso della propria area nega spazi e profondità alle squadre avversarie e consente giocate in ripartenza. La possibilità di giocare con uguale efficacia diversi spartiti tattici, supportati dalla garanzia di una fase difensiva difficilmente penetrabile è la chiave della forza della squadra bianconera e la più profonda peculiarità della mano di Allegri nella costruzione tattica di questa squadra.

 

Contro il monolite bianconero, seppur non particolarmente brillante nella propria fase di possesso e appannato in alcuni dei suoi uomini di maggiore qualità, quali Pogba e Dybala, un’Inter imprecisa individualmente e tatticamente non poteva chiedere molto alla partita. Mancini, nel suo continuo frullare uomini e moduli di gioco, sceglie un 3-5-2 visto solamente altre due volte in stagione, di cui una nella disastrosa partita casalinga contro la Fiorentina. Il risultato è una squadra incapace di offendere per la combinazione tra modulo di gioco e caratteristiche dei propri giocatori. In particolare i centrocampisti, troppo statici e poco qualitativi.

 

L’iniziale piano di Mancini di giocare una fase di non possesso aggressiva fallisce subito a causa di errori di lettura nelle uscite dei propri giocatori e, apparentemente, poca chiarezza negli input dell’inizio del pressing. Dopo appena 15 minuti l’Inter riprende a difendere nell’unica maniera in cui ha mostrato di essere capace in questa stagione: facendo densità in posizione medio-bassa e serrando le proprie linee. Ma la proposta tattica rimane troppo povera per poter reggere errori individuali come quelli che portano al vantaggio della Juventus.

 

Dopo 27 partite di campionato appare ormai chiaro come Mancini non abbia voluto disegnare una cornice tattica alla propria squadra, optando per un progetto basato sulla continua lettura delle condizioni di forma dei propri calciatori e sull’accomodamento delle proprie mosse sulle caratteristiche degli avversari e della partita da affrontare. Dopo questo lungo periodo è però possibile affermare che il disegno di Mancini è davvero poco efficace. In termini di risultati, dopo un lungo iniziale periodo di over-performing

, l’Inter è precipitata al quinto posto, lontana già 5 punti dal terzo (in attesa del risultato della Fiorentina contro il Napoli) e braccata dal Milan per l’ultimo posto utile per la qualificazione in Europa League.

 

A posteriori sarebbe stato forse meglio, per una squadra in costruzione come l’Inter, non abbracciare una filosofia che vede il risultato come l’unica cosa importante, cercando invece di elaborare un progetto tattico ben definito. Costruirsi un’identità di gioco sulla quale poi innestare i piccoli aggiustamenti in funzione degli avversari e delle partite.

 

L’Inter dimostra, ancora una volta, che senza gioco è difficile ottenere risultati.

 

 

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