I giocatori non vivono in una stanza asettica. Respirano l’aria della città in cui si muovono tutti i giorni e sentono il carico di aspettative che li circonda. In un derby gli “input” che i giocatori ricevono dall’ambiente prima della gara aumentano, questo vale ancora di più per i giocatori più rappresentativi delle due squadre. In un derby l’aspetto mentale influisce sulla prestazione di squadra forse più di quelli tattico, tecnico e fisico; e influisce più sulle partite dei vari Totti, De Rossi e Mauri che su quelle dei compagni. Il derby porta con se non solo la forma recente delle due squadre ma la storia recente degli scontri, i derby di due, tre anni fa. La finale di Coppa Italia. Per quanto gli allenatori spingano per isolare la partita in un contesto di novanta minuti, per chi ha già giocato più volte il derby gli strascichi del passato non lo permettono. Questo spiega prestazioni spesso cariche di tanta tensione da non rendere giustizia ai valori in campo, portando a partite bloccate e ruvide. Anche il derby di domenica è stato ruvido e sembrava, dopo venti minuti, anche bloccato. Poi finalmente la partita è sbocciata. Un gol, un singolo episodio ha fatto svegliare la partita.
Primo tempo
Le due squadre sono entrate in campo con la propria identità, forte per entrambe, con pregi e difetti tanto definiti da essere letti chiaramente dai due allenatori prima della gara. La Lazio sapeva come voleva attaccare la Roma e la Roma come gestire la pressione dei rivali e soprattutto come andare a recuperare palla. Questo spiega l’inserimento di Iturbe e Florenzi dall’inizio per la Roma e la posizione di Mauri tanto avanzata in fase di non possesso per la Lazio. Una Lazio che voleva caricare l’area della Roma di giocatori lasciando la gestione delle azioni ai due esterni Felipe Anderson e Candreva, abili nel trovare lo spazio dove riceve meglio il pallone. Caricare l’area con i centrocampisti, Mauri e Parolo, che una volta recuperata la palla si lanciano per andare a portare almeno la parità numerica contro una Roma che dà molta importanza alla superiorità numerica in difesa, al punto da schierare De Rossi quasi sulla stessa linea dei centrali in fase di difesa posizionale.
La gestione del pallone è per uno dei due esterni (in questo caso Felipe Anderson). Guardate come Parolo chiama al compagno il movimento che farà andando in area (anche Candreva sulla fascia opposta chiama qualcosa nello stesso momento, in questo caso probabilmente il pallone). Il centro del campo si svuota, nessuno va verso il pallone, tutti gli offensivi della Lazio si muovono verso l’area.
Se la Lazio voleva sovraccaricare l’area la Roma voleva svuotarla. Un Totti versione ascensore, che si viene a prendere il pallone nel cerchio di centrocampo che si aggiungeva alle mazzali in fase di ricezione del pallone (Totti + Pjanic + Nainggolan) evitando così che la posizione di Mauri su De Rossi privasse la squadra di fluidità in fase di possesso. La strategia scelta da Garcia ha permesso alla Roma di mantenere il possesso, ma ha privato la squadra della possibilità di rendersi con frequenza pericolosi: nella prima metà del primo tempo la Roma non ha mai tirato in porta. Neanche una volta. Iturbe e Florenzi sono stati ottimi in fase di recupero, pressando alti e costringendo al lancio i difensori laziali, ma erano troppo poco presenti quando la palla era della Roma, ricevendo pochissimi palloni.
La Roma, così, aveva la superiorità numerica in fase di costruzione, considerando anche che la Lazio concedeva volentieri ad uno dei centrali difensivi giallorossi la libertà di giocare la palla, andando però ad aggredire chi riceveva il primo passaggio. Aggredendo, anzi, con voga. I dati SICS ci dicono che l’altezza media delle palle recuperate dalla Lazio è 35 metri, ovvero poco sopra la propria trequarti, con solo due palloni recuperati nella trequarti difensiva della Roma. Il 4-4-1-1 della Lazio non difendeva particolarmente basso ma, come detto, la volontà era quella di recuperare il pallone dopo il primo passaggio avversario.
Proprio da una palla di questo tipo, recuperata a centrocampo, e gestita da Felipe Anderson, arriva il gol che sveglia la partita.
Recuperata palla su Nainggolan la gestione viene affidata al tocco vellutato di Felipe Anderson con tutti i compagni che si fiondano verso l’area. De Rossi corre verso l’area incurante della posizione degli avversari, quando si accorge del taglio di Mauri è troppo tardi.
La partita si sveglia, ma ad essere pericolosa è solo la Lazio.
E forse i tempi di reazione della Roma vengono messi alla prova anche dal fatto che contro non c’è una squadra qualunque, che il derby non è una partita qualsiasi.
L’Indice di Pericolosità della Roma resta fermo a 5 per tutta la prima mezz’ora (senza neanche 1 tiro, con 1 solo cross) mentre quello della Lazio s’impenna addirittura fino al triplo, 15 punti, restando in leggero aumento fino alla fine del primo tempo.
La Lazio sembra andare più veloce e l’ambiente infuocato esalta il talento di Felipe Anderson. Arrivano dribbling a ripetizione (3 in una stessa azione) e la sensazione che sia imprendibile per l’avversario diretto. Arriva il secondo gol. Arriva la conferma che stiamo parlando di uno dei giocatori più in forma della Serie A, un talento finalmente a suo agio nel calcio italiano. I dribbling a fine partita saranno 5 riusciti su 6 tentati, il numero più alto tra i giocatori in campo. Il brasiliano non è solo bello da vedere quando avanza palla al piede, è anche efficace, e i suoi numeri rasentano la follia: 5 gol e 5 assist nelle ultime 5 partite. Va detto che l’assenza dal gioco di squadra che in alcuni momenti o partite rappresenta un rischio ma, anche senza fare paragoni scomodi, se Felipe Anderson si manterrà anche solo sulla metà del livello a cui è arrivato in questo periodo stiamo parlando di un giocatore comunque sopra il livello attuale della Serie A.
Mauri fa collassare su di se i difensori della Roma e poi con un bel tacco lascia la palla a Felipe Anderson. Ancora posizionato male De Rossi che può solo guardare l’avversario scaricare la palla verso la porta. E De Sanctis forse è lento a scendere su un tiro preciso ma poco potente.
La Roma è colpita dai due gol ma non le manca la determinazione di continuare il proprio gioco. Rimane costante la decisione di impostare con calma dal basso, con i terzini alti solo per il riciclo del possesso. Maicon in questo è fondamentale, garantisce ampiezza e circolazione di palla, ma non va mai a cercare il fondo lasciando sempre la palla prima dell’area di rigore (a fine partita i cross saranno 5, ma tutti prima di arrivare sul fondo). Una posizione facilmente leggibile da Radu, che quindi può concentrarsi sui movimenti senza palla di Iturbe o Florenzi. La Roma mentalmente è in partita ma continua a creare troppo poco. L’IPO raddoppia, ma rimane sempre distante almeno cinque punti da quello della Lazio. In tutto il primo tempo la Roma al tiro solo una volta, che finisce fuori dallo specchio. E il risultato è sempre 0-2.
Secondo tempo
Cruyff diceva che gli allenatori in realtà possono fare poco prima del momento dell’entrata in campo delle proprie squadre. Tutto il lavoro previo alla partita è solo speculativo, visto che l’allenatore può soltanto immaginare come giocherà la squadra avversaria e in che forma saranno i propri giocatori o come eseguiranno i suoi ordini. Dice Cruyff, che il momento dove gli allenatori sono fondamentali è dopo l’inizio della partita, dopo aver avuto una visione (se pur parziale) degli eventi in campo.
Anche Rudi Garcia ha inciso sulla partita solo dopo aver capito che l’impostazione iniziale non avrebbe portato la Roma lontano. Spesso criticato per la timidezza con cui cambia i giocatori, e la reticenza con cui modifica il 4-3-3 iniziale, Garcia stavolta ha sostituito 2 giocatori tra un tempo e l’altro e cambiato modulo. Dentro Ljajic per Florenzi e soprattutto l’olandese Strootman per un Nainggolan, che era sembrato dinamico fino alla confusione. La Roma ricomincia la partita con De Rossi e Strootman alla base di un 4-2-3-1 e la partita cambia.
La presenza di Strootman libera sia Holebas che Pjanic: il primo può arrivare sul fondo con continuità e il secondo che da trequartista inizia a far circolare la palla lungo tutto il fronte invece che solo sul centro destra (la zona di competenza nel primo tempo). Rispetto a Nainggolan, più mobile, Strootman è più conservatore senza palla ma riesce a canalizzare il volume di gioco dalla sua parte: la fascia sinistra del campo diventa terra di conquista della Roma che porta porta quasi tutti i giocatori a gravitare intorno all’olandese. L’impatto di Strootman sulla partita è evidente: i dati SICS parlano di 4 passaggi chiave e due assist. Anche la maggior dedizione di Totti a dei movimenti da “vero centravanti” sono una conseguenza del cambio di modulo.
Con il secondo tempo appena iniziato la Roma accorcia le distanze e ritrova una fiducia nei propri mezzi che, recentemente, di fronte ad avversari di livello, la squadra di Garcia sembra smarrire facilmente.
Il gol del capitano della Roma è importante anche dal punto di vista mentale: a quel punto i giallorossi avevano capito dove far male alla Lazio, in quale zona del campo avevano un vantaggio e come sfruttarlo. La Lazio da parte sua non è riuscita a rispondere immediatamente alla mossa di Garcia, concedendo alla Roma metri e soprattutto spazio per crossare ad Holebas. Il gioco della squadra di Pioli è dispendioso (le marcature a uomo nella propria metà campo, le continue ripartenze in massa) e probabilmente alla “fatica mentale” di un derby in cui a quel punto avevano solo da perdere è subentrata quella fisica.
La differenza tra le due squadre viene sottolineata dall’IPO, con quello della Roma che raggiunge e poi supera quello della Lazio. L’occasione per chiudere la partita arriva sui piedi di Mauri (sull’unico cross della partita di Basta, a sottolineare la posizione prudente dei terzini biancocelesti, anche per via degli avversari diretti sempre molto alti) che però non riesce a trovare nulla di meglio del palo quando viene toccata l’ora di gioco.
Pioli rimane fedele a uomini e tattica, forse non volendo peggiorare le cose magari sbagliando mossa. L’inerzia però ormai è per la Roma. Felipe Anderson cala vistosamente dal punto di vista fisico, non riuscendo più a far sembrare gli avversari quella frazione di secondo più lenti quando ha palla, e il peso dell’attacco finisce per ricadere sulle giocate di Candreva. L’esterno della Lazio e della Nazionale è l’unico altro giocatore della squadra di Pioli in grado di saltare l’uomo: finirà la partita con 4 dribbling riusciti (sembra incredibile ma solo lui e Felipe Anderson ne hanno tentati in tutta la partita per la Lazio, come massimizzare le risorse). Di Candreva però vanno sottolineati anche i troppi tiri forzati, ogni tanto segna anche da distanze improbabili, e con angolazioni che vede solo lui, quando però non prende lo specchio o non lo fa con pericolosità sembra avere il potere di sgonfiare le ambizioni dei compagni.
Con la Roma stabilmente in controllo del pallino del gioco e anche dell’aspetto mentale della gara arriva il secondo gol. Sempre con un cross da sinistra e sempre una conclusione di Totti sul secondo palo.
Il cambio di modulo porta anche più uomini in area per la Roma permettendo a Totti di muoversi senza essere marcato da due avversari. Il resto del gol rimarrà iconico, tra mezza rovesciata in contro tempo e selfie per festeggiare.
Con il gol del pareggio Pioli decide di intervenire per cercare di cambiare l’inerzia della gara. L’ormai stanco Felipe Anderson lascia il campo al nigeriano Onazi: Mauri va a fare l’esterno d’attacco e il nigeriano prende posto a centrocampo. A fine gara Pioli ha parlato anche di problemi fisici per Felipe Anderson, resta l’impressione che stesse cercando di fermare l’emorragia inserendo un centrocampista energico, che andasse anche a dar fastidio a Strootman. Il cambio però non diminuisce il volume del gioco alla Roma, così come l’entrata di Klose non sposta niente nell’economia della gara.
La Lazio non riesce più a creare problemi, preoccupandosi quasi esclusivamente di non subire il gol del 3-2. L’IPO dei biancocelesti rimane stagnante a 30 per tutta la fascia centrale del secondo tempo (neanche 1 tiro e solo 2 passaggi chiave, in grado cioè di superare una linea di gioco della Roma e creare un potenziale pericolo) con quello della Roma ormai distante a 40 punti (sempre comunque un bottino piuttosto modesto se confrontato al dominio del secondo tempo).
Nonostante la Roma sia riuscita a trovare la formula per vincere la partita è la Lazio che a cinque minuti dal termine va vicinissima al 2-3 con Klose che colpisce a pochi metri dalla porta ma trova un reattivo De Sanctis sulla traiettoria (reattivo e fortunato, ma tanto basta a farsi perdonare l’incertezza sul secondo gol). L’azione della Lazio non spaventa la Roma che però rimane incapace di segnare il gol del vantaggio.
Conclusioni
Finisce 2-2 un derby dalla narrativa forte che rimarrà nella memoria del tifosi. Un derby bifronte con un primo tempo in cui la Lazio giocando come vuole riesce a contenere la Roma e a passare in vantaggio grazie anche al talento di Felipe Anderson e un secondo tempo in cui la radicale scelta di Garcia ha premiato la Roma, a cui il pareggio alla fine va più che bene visto e considerato come si erano messe le cose.
Per la Lazio c’è la conferma di una squadra che può puntare in alto, anche se Candreva e Felipe Anderson (anche in uno stato di forma ridicolo, in positivo, come quello recente) non hanno forse le spalle abbastanza larghe per sostenere l’intera fase creativa della squadra durante eventuali cali di forma o periodi di difficoltà tattica.
Per la Roma la scelta di Garcia potrebbe diventare decisiva sul resto stagione futura: ora ha disposizione uno Strootman dimostratosi tornato in gran forma che porrà l’allenatore francese di fronte a una scelta difficile quasi ogni settimana (e quando tornerà Keita dalla Coppa d’Africa le scelte difficili diventeranno due). In un contesto in cui iniziavano ad esserci fort dubbi sulla capacità della Roma di creare abbastanza occasioni da gol nell’arco dei 90 minuti, forse, il passaggio al 4-2-3-1 potrebbe aver indicato una possibile strada da prendere.
Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter)