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Lezione tattica
14 giu 2016
14 giu 2016
Un'Italia battagliera e iper-organizzata ha la meglio sul grande talento del Belgio, anche grazie al suicidio tattico di Wilmots.
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Belgio - Italia era una delle partite più attese del primo turno della fase a girone degli Europei. Di fronte c’erano l’attesissima squadra di Marc Wilmots, col suo talento e il secondo posto nel ranking FIFA, e la Nazionale di Antonio Conte che, inferiore per talento offensivo, prometteva però grande solidità difensiva e organizzazione di gioco. Nell’immaginario generale, una classica partita talento individuale vs organizzazione collettiva.

Wilmots nella conferenza stampa pre-partita aveva affermato di avere studiato gli schemi su calcio piazzato dell’Italia, con particolare attenzione ai blocchi di Chiellini. La gara ha mostrato però come il tecnico abbia dimenticato di ripassare i movimenti degli azzurri nel gioco aperto, che di fatto hanno consentito all’Italia di vincere la partita e portarsi subito in testa al proprio girone.

Capire la fase di possesso avversaria

Antonio Conte sceglie la formazione prevista alla vigilia. Rispetto all’ultima amichevole giocata contro la Finlandia l’Italia schiera sull’out sinistro Darmian, un esterno dalle caratteristiche più difensive, al posto di El Shaarawy e piazza De Rossi davanti alla difesa al posto di Thiago Motta. In avanti, a dispetto delle buone indicazioni fornite specialmente da Simone Zaza, gioca la coppia da considerare titolare, formata da Pellè ed Eder. Per il resto è l’atteso 3-5-2: Barzagli, Bonucci e Chiellini in difesa, Parolo e Giaccherini ai fianchi del mediano e Candreva sull’out di destra.

Wilmots non abbandona il 4-2-3-1, il modulo prescelto dopo la rinuncia al 4-3-3. Rispetto alle ultime partite, inserisce Nainggolan al fianco di Witsel in mezzo al campo e avanza Fellaini sulla linea dei trequartisti alle spalle di Romelu Lukaku, con De Bruyne e Hazard sugli esterni. Nel reparto arretrato, i tanti dubbi della vigilia vengono risolti schierando Alderweireld in mezzo a far coppia col recuperato Vermaelen, Ian Verthongen terzino sinistro e, un po’ a sorpresa, il trentenne Laurent Ciman dei Montreal Impact come terzino destro.

L’Italia decide di non pressare alto la circolazione bassa del Belgio, ma rimane molto compatta appena al di là della linea di centrocampo, con le distanze tra i reparti molto ridotte e la linea arretrata piuttosto alta. In fase di non possesso gli azzurri disegnano un 5-3-2 con Candreva e Darmian alla stessa altezza del trio difensivo.

Il 5-3-2 dell’Italia in fase difensiva. La linea arretrata rimane piuttosto alta (qui è piazzata a circa 40 metri dalla porta di Buffon) e la squadra è strettissima. Tra la linea difensiva e Pellè, il giocatore più avanzato, ci sono circa 20 metri. La lunghezza media della squadra è molto corta (27.9 m).

Le due punte azzurre schermano la trasmissione del pallone dai difensori verso i centrocampisti avversari; per evitare di creare spazi ai fianchi di Barzagli e Chiellini e alle spalle degli esterni, i terzini avversari sono contrastati dalle due mezzali Giaccherini e Parolo, tenendo gli esterni in posizione più bassa.

La palla giunge al terzino Ciman. A uscire è Giaccherini, mantenendo così la struttura a 5 dietro. Eder scherma Witsel. Ciman è costretto a tornare dietro verso Alderweireld.

La pressione alta è riservata dagli azzurri solamente alle fasi di transizione difensiva, quando alla perdita di pallone segue la ricerca rapida della riconquista. Dopodiché, in caso di consolidamento del possesso avversario, ripiegano nelle loro posizioni.

In fase di non possesso Wilmots schiera il suo 4-2-3-1 piazzando Fellaini su De Rossi e Lukaku su Bonucci. I due interni, Witsel e Nainggolan, cercano invece di orientarsi nella zona delle due mezzali italiane, mentre gli esterni, De Bruyne a destra e Hazard a sinistra, provano a schermare rispettivamente le linee di passaggio Chiellini-Darmian e Barzagli-Candreva.

L’Italia costruisce dal basso. In mezzo Lukaku e Fellaini marcano Bonucci e De Rossi. Hazard taglia la linea di passaggio verso Candreva, mentre Witsel e Nainggolan giocano piatti, cercando di incrociare le zone di competenza di Parolo e Giaccherini.

Partendo da questa fase difensiva, il Belgio vorrebbe provare a recuperare il pallone giocando sulle linee di passaggio dell’Italia, mostrando però così di avere capito molto poco delle direttrici del gioco di Antonio Conte.

L’errore capitale di Wilmots

A differenza del Belgio, che lancia lungo verso Fellaini tutte le rimesse dal fondo, l’Italia prova in ogni occasione a costruire il gioco dal basso con l’obiettivo di ampliare gli spazi tra le linee avversarie, attirando così in avanti il pressing della squadra di Wilmots. È fondamentale in questo senso il contributo di Buffon, a fine partita il giocatore dell’Italia con il maggior numero di lanci positivi, ben 8.

In fase di possesso palla gli azzurri trasformano il proprio 5-3-2 in un 3-3-4 alzando Candreva e Darmian sulla linea degli attaccanti.

Rimessa dal fondo dell’Italia. Buffon, nonostante la pressione dei quattro giocatori offensivi del Belgio, gioca il pallone su Chiellini, attirando in avanti il pressing avversario. La disposizione dell’Italia amplia a dismisura le distanze della squadra di Wilmots.

Solitamente la squadra di Antonio Conte avvia la propria azione offensiva con un passaggio verticale dal proprio settore difensivo verso una delle due punte, innescando a catena una serie di movimenti coordinati dell’altro attaccante, degli esterni e delle mezzali.

Le scelte di Wilmots in fase difensiva finiscono per stendere un tappeto rosso alla costruzione del gioco dell’Italia. La posizione assunta da De Bruyne e Hazard li taglia fuori da ogni contributo difensivo. Dovrebbero schermare un passaggio che Conte non vuole fare, e che comunque spesso non è realizzabile vista la posizione altissima assunta dagli esterni, usati solo come soluzione di ripiego per mantenere il possesso del pallone e continuare a muovere la struttura difensiva avversaria.

L’enorme spazio tra Nainggolan e Witsel è lungi dal rivelarsi un efficace rimedio contro le ipotetiche ricezioni in mezzo al campo delle mezzali azzurre, semplicemente non previste dalle manovra offensiva di Conte. Invece finisce per aprire un’autostrada alla linea di passaggio diretto tra i difensori dell’Italia e le due punte. All’Italia è stata di fatto aperta la possibilità di sviluppare con costanza la propria direttrice di gioco preferita.

Con Bonucci quasi sempre marcato da Lukaku, ad approfittare della situazione tattica è principalmente Barzagli che trova con puntualità la ricezione di Pellè e Eder e gioca più passaggi di ogni altro compagno di squadra (48, di cui 40 positivi).

L’eccessivo spazio tra Witsel e Nainggolan, piatti e distanti, lascia tutto lo spazio libero per il passaggio da Barzagli verso Pellè. Parolo è larghissimo sulla destra, Giaccherini si muove nello spazio tra terzino e centrale del Belgio. Cosa stanno facendo esattamente i due interni di Wilmots?

La posizione assunta dai due interni del Belgio non protegge in alcun modo la linea difensiva, costantemente sollecitata e in parità numerica, dal passaggio addosso le punte azzurre, senza mai alcuna schermatura della traiettoria da parte del centrocampo.

È tutto troppo facile per la squadra di Antonio Conte. Pellè ed Eder riescono con buona continuità a non farsi anticipare da Alderweireld e Vermaelen e, dopo la loro ricezione, gli spazi a disposizione dell’Italia sono troppo ampi per potere essere gestiti dalla difesa belga.

Gli azzurri giocano con tanti uomini sopra la linea del pallone: la posizione altissima e coi piedi sulla linea laterale degli esterni mette in imbarazzo i terzini del Belgio. Questi sono presi in mezzo tra la necessità di marcare i diretti avversari e quella di stringere verso i centrali per supportarli nella gestione delle due punte e coprire gli inserimenti di Giaccherini e Parolo.

Il gol del vantaggio, sebbene l’azione non transiti per un passaggio intermedio verso le punte che vengono incontro, è generato dalle stesse logiche tattiche. La linea arretrata del Belgio, stimolata continuamente ad accorciare sulle ricezioni di Pellè ed Eder, non è pronta a coprire la profondità sull’inserimento di Giaccherini. Bonucci poi è particolarmente preciso nel raggiungere il compagno alle spalle di Alderweireld.

La struttura posizionale dell’Italia al gol di Giaccherini. Candreva e Darmian altissimi , Giaccherini e Parolo pronti a inserirsi nello spazio tra terzino e centrale.

L’impotenza del talento non organizzato

Dall’altro lato del campo, la fase di possesso del Belgio non va oltre alla circolazione bassa tra i quattro difensori e il tentativo di aumentare le linee di passaggio con la rotazione del centrocampo. Nainggolan si alza sul centro destra e il Belgio disegna in campo una sorta di 4-3-3. Le linee dell’Italia sono troppo strette e la protezione centrale del trio difensivo coadiuvato da De Rossi troppo attenta per lo statico gioco offensivo della squadra di Wilmots. Hazard e De Bruyne si muovono troppo poco senza palla e rimangono in posizione fornendo uno splendido punto di riferimento per la difesa azzurra. I terzini Ciman e Verthongen sono troppo lenti a sovrapporsi in uno spazio che comunque i due esterni faticano a creare.

La rotazione del triangolo di centrocampo del Belgio disegna un 4-3-3. È quasi tutto qui il piano di Wilmots per sviluppare la propria fase di possesso.

Come troppo spesso capita alla squadra di Wilmots, a dispetto del talento offensivo a disposizione la soluzione per creare pericoli è quella di giocare palle lunghe nel cuore della difesa per Lukaku o Fellaini, sperando che possano prevalere fisicamente sugli avversari. I difensori dell’Italia sono però in grado di gestire con successo l’impatto fisico degli attaccanti e il Belgio si ritrova così spuntato contro la solida, precisa e concentrata difesa azzurra.

L’unica occasione in cui il Belgio, nel primo tempo, entra pericolosamente in area avversaria senza cercare di transitare per la testa di Fellaini o Lukaku. Per una volta uno dei due esterni si muove senza palla e taglia alle spalle di Chiellini.

Mosse della disperazione

Al 62° minuto, il primo cambio di Wilmots: arretra Fellaini al posto di Nainggolan e inserisce Mertens sulla linea dei trequartisti. In una fase offensiva costruita essenzialmente sugli spunti individuali, la vivacità dell’esterno del Napoli produce una maggiore pressione sulla difesa italiana. Il Belgio tuttavia continua a sbattere contro il muro difensivo eretto dall’Italia e a subire le trame offensive degli azzurri che sfiorano più volte il raddoppio. L’unica vera occasione da gol per la squadra di Wilmots arriva in pura ripartenza dopo una palla persa ingenuamente da Darmian su un corner a favore giocato corto.

A circa un quarto d’ora dalla fine Wilmots gioca il tutto per tutto, inserendo Ferreira Carrasco al posto del terzino Ciman e schierando la sua squadra con il 3-2-4-1. Verthongen si stringe verso i due centrali per formare una difesa a 3, Ferreira Carrasco e Mertens giocano larghi con De Bruyne e Hazard alle spalle di Origi, entrato al posto di un deludente Lukaku, e Fellaini pronto a inserirsi in area partendo dalla sua posizione al fianco di Witsel.

Il tentativo appare piuttosto improvvisato e si risolve nell’accumulo di corpi nel cuore della difesa azzurra e in una serie di palloni giocati in mezzo all’area di rigore dell’Italia. Quasi tutti i palloni vengono ben controllati da Barzagli, Bonucci e Chiellini, supportati dagli esterni e da Daniele De Rossi. Sono ben 60, nell’intera partita, gli interventi positivi in area dei giocatori azzurri. Il Belgio riesce effettivamente a mettere sotto pressione la squadra di Antonio Conte, che sconta anche un calo atletico dovuto all’enorme intensità di gioco messa in campo. Le sostituzioni del tecnico italiano danno però respiro all’Italia. De Sciglio gioca una partita molto attenta al fianco sinistro di Chiellini, Immobile, entrato al posto di Eder, ha la capacità di sfruttare gli enormi spazi lasciati dal 3-2-4-1 di Wilmots, sfiora il gol ed è decisivo nel 2 a 0 di Pellè. Thiago Motta aumenta ulteriormente la presenza fisica in difesa e fornisce buone geometrie in ripartenza.

L’Italia ha mantenuto le promesse. Anche grazie al Belgio

La partita era stata presentata come una sfida tra l’organizzazione tattica e l’intensità dell’Italia contro il talento del Belgio. O, in alternativa, tra la difesa azzurra e la qualità offensiva dei “Diavoli Rossi”. Utilizzando entrambe le chiavi di lettura, la sfida è stata vinta dalla Nazionale italiana, che ha dominato tatticamente la partita e che difensivamente ha annullato gli attacchi della squadra di Wilmots.

Le parole di Courtois, che a fine partita ha parlato di una netta sconfitta tattica della sua squadra aprono un’inevitabile riflessione sulle scelte di Wilmots.

Se era lecito attendersi un’Italia superiore per organizzazione, anche per la necessità di compensare il gap di talento offensivo presente in campo, era davvero difficile immaginare che l’atteggiamento tattico assunto dal Belgio potesse addirittura favorire il gioco degli avversari. Invece, le scelte in fase di non possesso prese dall’allenatore dei “Diavoli Rossi” hanno permesso all’Italia di sviluppare comodamente il proprio gioco. La pressione sulla circolazione bassa dell’Italia si è limitata a una marcatura, nemmeno troppo aggressiva, su Leonardo Bonucci e Daniele De Rossi, lasciando liberi Chiellini e soprattutto Barzagli di creare gioco. Nella squadra di Wilmots la distanza tra i due interni, e tra questi e gli esterni offensivi, è stata sempre e incomprensibilmente dilatata, lasciando enormi linee di passaggio per le manovre offensive preferite dagli azzurri.

In estrema sintesi, era sempre possibile giungere alle punte giocando un semplice passaggio verticale dal reparto arretrato, eliminando di fatto dall’equazione difensiva del Belgio sei giocatori (i due interni, i due esterni, Fellaini e Lukaku). Realizzato questo passaggio, per l’Italia era troppo semplice, grazie alla precisione dei propri movimenti, trovare soluzioni offensive contro l’indifesa linea a quattro del Belgio, impotente ed esposta contro gli inserimenti degli esterni e delle mezzali italiane. Solo le non eccelse qualità tecniche degli interpreti a disposizione di Conte, responsabili di alcuni banali errori di misura nei passaggi nell’ultimo terzo di campo, ha permesso al Belgio di resistere fino al novantesimo minuto in svantaggio di un solo gol.

In fase di possesso palla, le soluzioni progettate da Wilmots si sono rivelate, come spesso capita, troppo povere. Con l’Italia che abbassava i propri esterni a formare un 5-3-2 non c’è stato alcun tentativo di creare superiorità numerica in fascia e di ribaltamento veloce del pallone dal lato forte a quelle debole, cercando di sfruttare le possibili difficoltà dei soli tre centrocampisti italiani nella copertura dell’ampiezza. La soluzione offensiva più ricercata è stata quella di sfruttare i corpi di Fellaini e Lukaku, ma il trio di difesa italiano si è rivelato troppo forte, esperto e attento per potere essere messo in difficoltà da una scelta così semplice e incapace di muovere e disordinare la struttura arretrata della squadra.

Favorita dalle sciagurate scelte di Wilmots, l’Italia ha ampiamente mantenuto quanto promesso alla viglia degli Europei. La squadra di Conte ha messo in mostra una fase di possesso verticale e iper-organizzata, che lascia al reparto arretrato gli oneri della costruzione, dilata con la propria struttura le distanze tra gli avversari e alza tanti uomini sopra la linea del pallone, per svilupparsi con rapide combinazioni nel campo svuotato di avversari. Come previsto la fase difensiva è stata molto precisa e ha esaltato le qualità del blocco difensivo della Juventus che ha ancora dimostrato di essere probabilmente il migliore reparto difensivo d’Europa.

Per il proseguo del torneo l’Italia dovrà tenere a mente che non sempre troverà avversari sprovveduti tatticamente come il Belgio visto a Lione. I “Diavoli Rossi” dovranno invece capire in fretta che il pur tanto talento a disposizione deve essere organizzato razionalmente per giocare un calcio che possa essere efficace ad alti livelli.

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