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A Lewandowski non serve il pallone d'oro
04 nov 2021
04 nov 2021
L'attaccante polacco continua a segnare a un ritmo infernale.
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Alla fine del primo tempo Lewandowski ha la possibilità di aggiungere un altro esemplare alla sua mostruosa collezione di gol. Fermo sulla linea che delimita l’area di rigore con le braccia lungo il corpo, è in attesa che l’arbitro fischi la battuta del calcio di rigore per ritirare il suo gol numero 80 in Champions League. Viene da altri 45 minuti in cui ha nuotato come un pesce nell’aria densa di fischi e aspettative in cui quasi tutti gli altri devono barcamenarsi con muta, bombole d’ossigeno e pinne. Non ha toccato molti palloni, è vero, ma al 26esimo ha già aperto le marcature nascondendosi alle spalle di Lucas Verissimo e schiacciando in porta di testa il cross al bacio di Coman. Un giorno come un altro per Lewandowski, che segna in Champions League con la stessa facilità con cui lo farebbe giocando a “tedesca” con me e te, mio caro lettore.


 

L’arbitro finalmente fischia e l’attaccante polacco del Bayern ripete la rincorsa che gli abbiamo visto fare altre decine volte: un piccolo salto sulla sinistra, poi uno, due, tre passi sulle punte a disegnare una mezzaluna intorno al pallone, una serie di passettini più piccoli per avvicinarsi ulteriormente, un’ultima pausa sottolineata da un passo più pesante con il sinistro per alzare la testa e guardare da che parte si è buttato il portiere, e infine il calcio con l’interno dalla porta opposta. In un’intervista concessa a The Athletic all’inizio di questa stagione, Lewandowski ha ricordato esattamente il momento in cui ha iniziato a calciare i rigori in questo modo. «Se la tua tecnica è sufficientemente buona, ritardare il calcio del rigore ti dà molte più possibilità di segnare. Ma non decidi di tirarlo così dal giorno alla notte. Io ho segnato il mio primo rigore in questo modo nel 2016, in una partita in trasferta contro l’Ingolstadt. E non mi sono allenato per tirarlo così per qualche giorno o settimana, ma per mesi, in un modo molto sistematico». Per Lewandowski la ripetizione è la via per la perfezione. «Devi lavorare su tutti gli aspetti del tuo gioco, ogni singolo giorno in allenamento. Devi arrivare al punto in cui riesci a fare quelle cose sul campo automaticamente, devono diventare parte di te. Ma per farlo, devi ripetere tutti i gradini migliaia di volte ogni stagione in allenamento. È l’unico modo».


 

Da quel rigore del 7 maggio del 2016 contro l’Ingolstadt a questo contro il Benfica in Champions League, Lewandowski ha sbagliato solo tre dei 53 rigori tirati in tutte le competizioni (compresi quelli con la Nazionale polacca). Tutti e tre in campionato, tutti e tre irrilevanti ai fini del risultato, quasi sempre largamente a favore del Bayern Monaco (6-0 contro l’Amburgo nel marzo del 2018, 4-1 contro lo Stoccarda nel gennaio del 2019 e 0-1 contro l’Hertha nel febbraio di quest’anno). Questo rigore, però, è diverso. Il Bayern ha dominato il primo tempo, ma il Benfica è riuscito ad accorciare le distanze sul 2-1. La partita è stranamente in bilico e, lo sappiamo, in Champions League può succedere di tutto. Segnare significherebbe uccidere l'avversario poco prima di rientrare negli spogliatoi e questo è proprio il tipo di cose che rendono Lewandowski... Lewandowski. Tutto sembra ripetersi come l’ennesimo barattolo di zuppa Campbell in un quadro di Warhol, ma proprio quando le app e i siti di tutto il mondo stanno per aggiornare il risultato sul 3-1 succede l’inaspettato. Lewandowski fa il suo solito, identico piccolo salto sulla sinistra, poi uno, due, tre passi sulle punte a disegnare una mezzaluna intorno al pallone, una serie di passettini più piccoli per avvicinarsi ulteriormente, un’ultima pausa sottolineata da un passo più pesante con il sinistro per alzare la testa e guardare da che parte si è buttato il portiere, ma, arrivato a quel punto, non calcia dalla parte opposta ma manda il pallone esattamente dove si è buttato Vlachodimos, in maniera debole e centrale. «Ho visto esattamente dove si stava buttando il portiere ma il tiro è andato comunque dalla parte sbagliata», ha detto dopo la partita Lewandowski, incredulo, come se in quel momento un demone dispettoso si fosse impossessato per un attimo del suo corpo. O almeno è questo che credo abbia pensato Lewandowski quando si è girato verso il centro del campo, lasciando andare le braccia davanti a sé e piegando gli angoli della bocca verso il basso senza alcuna apparente tristezza.


 

Nella carriera di Lewandowski momenti come questi sono rarissimi, talmente rari che credo non vengano nemmeno più presi in considerazione come una possibilità. Per un calciatore che ha ripetuto talmente tante volte il mantra del miglioramento personale da farlo diventare verità, che è passato sopra alle pieghe della realtà con il ferro da stiro dell’allenamento giornaliero, l’errore non è nemmeno più concepibile, è diventato un riflesso inconsapevole, un glitch inconscio. Il tiro è andato dalla parte sbagliata ma Lewandowski sapeva qual era la parte giusta. E quindi si può parlare davvero di errore?


 

Su questa rimozione si basa la sicurezza dell’attaccante polacco, per cui ogni momento di una partita è vissuto come se fosse il primo o l’unico della sua carriera. Il ricordo del rigore sbagliato dura fino al fischio che decreta la fine del primo tempo, perché nel secondo non c’è alcuna traccia di dubbio o incertezza. Lewandowski sembra voler alzare ulteriormente il livello del suo gioco, ma non per rivalsa o per dover dimostrare qualcosa… d’altra parte, cosa ha da dimostrare Lewandowski? L’attaccante polacco alza il livello semplicemente perché è quello che è abituato a fare nelle partite più importanti, come ha già fatto e come continuerà a fare per chissà ancora quanto tempo sempre in maniera impercettibilmente migliore attraverso migliaia di allenamenti, e tentativi, e ripetizioni.


 

All’inizio del secondo tempo sembra voler giocare più con il centrocampo, uscire dall’area, associarsi sulla trequarti - la scelta più logica contro una difesa che si sta difendendo sempre più bassa. Al 46esimo è largo sulla sinistra, poco oltre il cerchio di centrocampo, finta di voler andare in profondità ma poi si rifugia in un sicuro passaggio all’indietro. Pochi secondi dopo trova la strada giusta per entrare in area. Con un taglio interno-esterno detta il lancio a Kimmich, che lo serve a pochi centimetri dall’area piccola. Lewandowski è rivolto spalle alla porta e ancora una volta prende la scelta più intelligente nel miglior modo possibile: con la coda dell’occhio vede Gnabry alle sue spalle con lo specchio della porta aperto di fronte a sé e lo serve facendo passare la palla tra le gambe di Verissimo con il tacco. Di fronte alla compostezza tecnica del numero nove del Bayern Monaco, la difesa del Benfica sembra ancora più disperata nello spazzare via il pallone dall’area. Al 55esimo, con il risultato già sul 3-1, la prima occasione per mettere a segno una doppietta. Goretzka gli mette il pallone sul petto dentro l’area, lui lo mette giù sgonfiandolo con il petto, lo lascia rimbalzare una volta e poi tira tra le gambe di Verissimo. Centrale.


 

Il gol arriva pochi minuti dopo. Lewandowski aiuta la risalita del pallone abbassandosi fino alla mediana, controlla l’avversario alle spalle e scarica su Kimmich, che di prima lancia lunghissimo in verticale. In un attimo Sané è ai limiti dell’area ed è difficile credere che poche frazioni di secondo dopo riappaia nell’inquadratura ancora Lewandowski, che sembra percorrere il campo con un hovercraft. La palla gli arriva pulita poco fuori dall’area di rigore, ma con l’uomo addosso, che nel caso specifico è il povero Meité. Sembra non ci sia altra scelta se non rallentare, dare la pausa e magari cercare una linea di passaggio, e invece l’attaccante polacco ha già la soluzione in tasca per arrivare alla conclusione: finta di tirare con il sinistro, controllo a seguire per mettersi l’avversario alle spalle e scavino con l’esterno destro ad anticipare l’uscita del portiere. Un gol di una complessità tecnica incredibile ma eseguito con una facilità tale da farlo apparire banale.


 



Non è il climax di una partita epica, Lewandowski continua a giocare così come aveva fatto dopo aver tirato malamente il rigore. Prima si allarga a sinistra per giocare con gli esterni, poi viene sulla trequarti per servire il taglio in profondità di Gnabry con un pallonetto programmato per atterrare senza peso sulla sua coscia. Gioca con la leggerezza di chi non conosce nemmeno il risultato, mentre il Benfica riesce a raggiungere il 4-2 con quello che in confronto sembra uno sforzo disumano. Il gol che completa la tripletta ha al tempo stesso qualcosa di casuale e ineluttabile. Lewandowski si allarga a destra sulla trequarti e prova il cross con il sinistro che però esce basso. La difesa portoghese ribatte lungo ma la palla è ancora del Bayern Monaco, che torna sulla propria mediana fino ai piedi di Manuel Neuer. In un attimo il gioco accelera: il portiere tedesco rilancia di prima, come se avvertisse un pericolo invisibile e con una precisione da golfista pesca alle spalle della difesa del Benfica proprio Lewandowski, che in qualche modo è riuscito a sgattaiolare alle spalle degli avversari senza finire in fuorigioco. Il lancio è alto e potente ma l’attaccante polacco lo mette giù con il destro come se la palla fosse fatta di gommapiuma. Improvvisamente Lewandowski è davanti a Vlachodimos e lo supera con un pallonetto alto a sufficienza per farglielo sfiorare appena, rendendo la corsa del pallone in rete ancora più lenta e beffarda.


 

È l’ottavo gol in quattro partite di Champions League per Lewandowski, che con la partita di martedì ha aggiunto un’altra manciata di record alla sua personale collezione. Il marcatore più prolifico nelle coppe europee nella storia del Bayern Monaco (64 gol, superato Gerd Müller, fermo a 62). Il più veloce giocatore della storia a segnare 80 gol in Champions League (Messi ce ne aveva messe 102, Cristiano Ronaldo 116). Il primo giocatore nella storia della Champions League a segnare una tripletta nella sua partita numero 100, una statistica che ha senso solo parlando di Lewandowski, che prima di questa ne aveva segnate già altre tre. Il bisogno di accumulazione dell'attaccante polacco, però, non ha nulla a che fare con l’ego cannibale di Cristiano Ronaldo nell'eterna sfida con il talento divino di Messi. Dopo aver battuto alla fine della scorsa stagione il leggendario record di gol in campionato di Gerd Müller (40, superato di un gol all’ultima giornata) e aver scritto per sempre il proprio nome sulla storia del campionato tedesco, Lewandowski sembra tutto fuorché appagato. Semplicemente, sembra aver raggiunto una capacità di segnare ancora più industriale e disumana. Il gol per lui è diventato facile come un cubo di Rubik che si sa completare da qualsiasi posizione di partenza: la questione non è più se riuscirà a risolverlo o meno, ma quanto tempo ci metterà nel risolverlo. In tutto il 2021 Lewandowski ha segnato 49 gol in 38 partite. Se prendiamo solo questa stagione, siamo già a 22 gol in 16 partite. Di fronte a questo ritmo nessun record sembra al sicuro. Nemmeno quello di gol segnati complessivamente in Bundesliga di Gerd Müller, che fino a poco tempo fa sembrava scritto nella pietra (365, Lewandowski attualmente è a 289).


 


Questi numeri sembrano significare molto per noi, ansiosi di definire in qualche modo la sua grandezza, e niente per Lewandowski, un calciatore che ha scollegato il gesto tecnico dal suo significato e il gol dalla sua storia personale. Interrogato proprio sul record di Gerd Müller, l’attaccante polacco ha dichiarato di non sapere nemmeno quanti gol gli mancassero per raggiungerlo e di essere concentrato solo sul suo miglioramento. Ma cosa c’è dopo una stagione da 50 gol in 41 partite? «C’è sempre una possibilità. Se parliamo dei gol, forse ne posso fare tre, quattro o cinque in più. Ma parlo anche del mio modo di giocare. Dove posso migliorare nei miei movimenti e nel mio gioco creativo?».


 

La carriera di Lewandowski non sembra seguire alcuna narrazione, la sua rincorsa al miglioramento non sembra trainata da alcun conflitto. Rimane solo il perfezionamento della tecnica fine a se stesso, come un artigiano impegnato a ricreare delle opere d’arte identiche alle originali. «Il tempo per festeggiare tutti i miei trofei deve ancora arrivare. So che posso godermi tutto ciò che sta accadendo adesso o che sta per accadere, ma so anche che domani è un nuovo giorno in allenamento. Tutto ciò che ho vinto non è il futuro, è già successo. Il futuro, invece, è sempre una nuova sfida. Ora come ora sono molto orgoglioso, molto felice, ma so che il mio percorso va avanti».


 

Forse è anche per questo che ha destato più stupore del previsto l’indiscrezione che vorrebbe proprio Lewandowski vincitore del prossimo Pallone d’Oro, dopo la pausa dello scorso anno dovuta alla pandemia. Ognuno può dare la propria personale risposta a chi dovrebbe vincerlo, se debbano pesare più i trofei vinti, la purezza del talento, o il numero di gol e la brillantezza delle prestazioni. Ma mentre ci possono essere mille risposte diverse a che significato dovrebbe dare il calcio a questo Pallone d’Oro, lo stesso non si può dire per un’altra domanda. E cioè: che significato avrebbe il Pallone d’Oro per Lewandowski?


 

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