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Tiziana Scalabrin
L'estate d'amore di Coco Gauff
13 set 2023
13 set 2023
L'estate della fioritura di un grande talento.
(di)
Tiziana Scalabrin
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Foto di Dubreuil Corinne / ABACA / Imago
(foto) Foto di Dubreuil Corinne / ABACA / Imago
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Le settimane tra la fine di luglio e l’inizio di settembre sono state la Summer of Love di Coco Gauff. Sui campi in cemento americano, ha vissuto un’estate dorata, dove le è successo qualcosa che nel tennis si può solo sognare: ha vinto sempre, o quasi. Quando ha sollevato il trofeo, a Washington, quel WTA 500 era il titolo più importante della sua carriera, e nessuno poteva immaginare che pochi giorni dopo sarebbero arrivati un 1000, e poi addirittura uno Slam. È una stagione surreale a qualsiasi età, ma a diciannove anni ancora di più, e se accade nei tornei di casa, a Cincinnati e poi allo US Open, è pura magia.Sotto le luci dell'Arthur Ashe, lo stadio di tennis più grande del mondo, il tetto chiuso amplifica il boato della folla. Sembra non abbiano mai gridato così forte, scatenato un caos così euforico, neanche quando, appena un anno fa, Serena Williams festeggiava il suo addio al tennis su questo stesso palcoscenico, vestita come un'imperatrice. Tutti amano Coco Gauff, forse più di Serena: senza dubbio infinitamente di più di quanto non amassero Serena quando aveva la sua età. La sostengono incondizionatamente, da tempo ormai la considerano una futura campionessa. Secondo Coco, tutto è possibile solo grazie a Serena. Questa vittoria arriva come un regalo, ancora più dolce perché atteso da tempo.Coco Gauff è una promessa mantenuta. Si presenta al circuito, appena quindicenne, come una predestinata. Nel 2019 supera le qualificazioni di Wimbledon, e al primo turno le capita Venus Williams. Sembrano madre e figlia, o sorelle che hanno viaggiato nel tempo. Hanno 24 anni di differenza, Coco sembra una versione nuova, aggiornata, ottimizzata, luminosa, di Venus: vince in due set, inizia a tremare solo al momento in cui a rete deve stringere la mano alla leggenda che ha appena battuto, che invece le sorride con dolcezza.

In quel Wimbledon arriverà agli ottavi, e poco dopo al terzo turno degli US Open, fermata soltanto dalla più giovane tra le tenniste che per lei sono “la definizione di un’atleta”, Naomi Osaka. In quel momento Osaka è campionessa in carica e numero 1 del mondo: a fine partita chiede a Gauff di asciugarsi le lacrime, e di rimanere per l’intervista, visto che il pubblico è lì per lei. Vuole che si goda il momento, il suo primo main draw a Flushing Meadows, la sua prima partita sull’Arthur Ashe; sa per esperienza che lì è difficile rendersene conto, ma è tutto importante. Quando Coco Gauff, nella finale dello scorso sabato, chiude la partita con un rovescio vincente, Naomi Osaka è in tribuna. La sua prima vittoria lì era stata molto diversa. Nel discorso di premiazione, Gauff la ringrazia per essere lì, e per quel momento che hanno vissuto insieme tre anni fa; è felice che stia tornando. Chi segue il tennis si ricorderà quell’estate, prima della pandemia: ci si chiedeva a vicenda “Ma l’hai vista, quell’americana, Gauff?”. Due anni dopo, dagli spalti del campo 3 del Foro Italico, il suo futuro da super-campionessa è lampante. Ha ancora diciassette anni, e a Roma arriva in semifinale battendo in fila Sakkari, Barty, e Sabalenka, perdendo soltanto con Swiatek. Crea un hype che si vede raramente, gli spettatori la studiano in ogni suo movimento. Ma è proprio Gauff che fa questo effetto. Il suo corpo è una combinazione di leve e muscoli che sembra costruita per giocare a tennis, la sua espressione è sempre concentrata, e straordinariamente determinata: sembra impossibile sia un’adolescente, forse non ha un’età. Sa giocare contro ogni tipo di avversaria, e su tutte le superfici (a differenza dei suoi connazionali, perché è cresciuta all'accademia di Mouratoglou). Sul campo da tennis fa tutto, è esplosiva e allo stesso tempo ordinata, arriva ovunque, fa scelte giuste e coraggiose. Poi però Iga Swiatek diventa numero 1 del mondo, e rimane in vetta per 75 settimane consecutive, fino a questo US Open. Quando il circuito trova la sua nuova leader, cala un’ombra sul talento di Gauff. In quattordici mesi si incontrano sei volte, e Gauff non riesce a strapparle neanche un set, non arriva nemmeno a giocarsi un tie-break. Il gap tra le due è immenso. Il dritto di Swiatek è un arma, quello di Gauff vacilla, Swiatek controlla, mentre Gauff prova a resistere. Nei confronti importanti sembra mancarle qualcosa che va oltre i tre anni di età. Sia in fase difensiva che offensiva, tanto al servizio quanto in risposta, i colpi di Gauff sono fermi ad un livello che va bene per vincere tante partite, ma non quelle davvero importanti. Tolto il 250 di Parma vinto nel 2021, mancano i titoli, e a dire la verità anche le finali.Nel tennis non tutte le promesse sono destinate ad essere mantenute. La combinazione di fattori richiesti per farcela, tra capacità di reggere la pressione, mancanza di infortuni, capacità finanziarie, è un raro allineamento di pianeti. Si può solo lasciare tempo al tempo: come si dice sempre, il percorso è una maratona, e non uno sprint. Quello che colpisce di Coco Gauff è come non abbia tradito quella promessa neanche per un istante: nel 2021 quarti slam e top 20, nel 2022 prima finale a Parigi e top 5. Nel 2023, però quando ha perso al primo turno di Wimbledon con Sofia Kenin, il suo dritto sembrava portare i segni di tutta questa pressione. Una vittoria come quella di questo US Open non è mai il semplice compimento di un percorso. Anzi, è il gradino dove tanti, anche tra i talenti più brillanti, si fermano per sempre. La vittoria di uno slam, nel tennis contemporaneo, è qualcosa di più di un obiettivo sportivo. Non basta allenarsi molto, non basta né il talento né la fiducia. Per il modo in cui funziona questo sport, individuale e iper-professionalizzato, i soldi contano altrettanto se non di più. La principale barriera in ingresso rimangono le possibilità economiche, e perché sia sostenibile immaginare una carriera di alto livello occorre anche essere in grado di fare delle scelte finanziarie. Un tennista di vertice è un’azienda. Perciò non è un caso se Coco Gauff ha vinto questo slam con un team al seguito composto da due coach, due trainer, un fisioterapista, e due agenti del management.Si è parlato molto di Brad Gilbert, e a ragione. Gilbert è stato il preparatore atletico che ha risollevato la carriera di Andre Agassi nel 1994. Come per le grandi religioni, c'è un libro da leggere nei momenti di crisi, appena prima di vincere lo US Open; funge da oggetto stregato. Nel 2003 farà lo stesso con Roddick. Sembra avere una ricetta magica: prendetelo una volta per decennio, dategli un’estate di tempo, ed eccovi con il trofeo dello US Open sul comodino. Anche Pere Riba però ha i suoi meriti: è stato lui la prima aggiunta del 2023 che ha portato al nuovo team. Più giovane di Gilbert, può vantare di aver portato Zheng Qinwen in top 25, Newcomer of the Year nel 2022. Riba ha ricostruito la sicurezza nei suoi colpi, e Gilbert è stato lo stratega. La prima volta che Gauff è tornata a incontrare Swiatek, dopo aver iniziato a lavorare con questo team, è stata la semifinale di Cincinnati, dove ha vinto per 76 36 64.Il percorso di questo US Open è stato tutto tranne che semplice, e sono state tante le partite in cui non ha potuto giocare il suo miglior tennis, ma ha dovuto vincere sporco. La sua avversaria di primo turno, Laura Siegemund, in conferenza stampa sarebbe scoppiata in lacrime per il tifo avverso del pubblico; ma durante la partita ha usato tutta la sua esperienza per togliere il ritmo a Gauff, e farla innervosire. Per superare questa prima insidia, Gauff ha avuto bisogno di personalità, più che di tennis. Siegemund prendeva tempo, al servizio ma anche in risposta, rallentando il gioco, imponendo i suoi ritmi. Una volta la costringe a servire di nuovo, mani e racchetta alzate. Gauff non cade nella trappola, e quando la tensione diventa eccessiva chiede all’arbitro di far rispettare lo shot clock. Sarà Siegemund, un warning e un penalty point più tardi, a pagarne le conseguenze.

Al secondo turno ha avuto una partita allo specchio con Mirra Andreeva, che oggi è la sedicenne più promettente del circuito come Gauff era stata tre anni prima, e ha dovuto vincere da veterana. Poi Mertens, una delle giocatrici più continue degli ultimi dieci anni. Al turno successivo Wozniacki, che si era ritirata pochi mesi dopo il debutto di Gauff, l’ha costretta a un tennis che nel circuito nel frattempo è scomparso, un palleggio fondato su una corsa inesauribile. Ha dovuto trovare soluzioni per uscire dagli scambi e chiudere i punti. Ostapenko, che aveva eliminato la campionessa in carica e n.1 del mondo, Iga Swiatek. Muchova, in stato di grazia ormai da diversi mesi. Non soffre la pressione, sull’Arthur Ashe si sente a casa, il pubblico è sempre tutto per lei e le avversarie lo sanno.Il peso di questo amore, e di questo rumore, nel corso della finale soffoca la sua avversaria. Aryna Sabalenka era scesa in campo sapendo che in ogni caso, dopo poche ore, sarebbe diventata la nuova numero uno del mondo. Quest’anno ha vinto l’Australian Open, il 1000 di Madrid e raggiunto almeno la semifinale in tutti gli slam. Sul veloce è sembrata a tratti imbattibile, e quando si sono incontrate a marzo, ai quarti di finale di Miami, ha vinto con un assertivo 64 60, in poco più di un’ora, senza concedere neanche una palla break (e senza commettere doppi falli). Per entrambe è la seconda finale in uno slam, ma lei ha vinto, mentre Gauff, al Roland Garros 2022, ha perso quasi di schianto contro Iga Swiatek. All’inizio della partita, la spinta estrema di Sabalenka costringe Gauff a stare in campo come un portiere in una porta troppo grande: lei corre da una parte all’altra, su ogni palla, ma a volte i colpi sono così violenti da piegarle la racchetta in mano. Il set finisce 6-2, raccontando proprio la storia che già sapevamo, e sembra non ci sia molto da fare. A tennis però non vince chi tira più forte, ma chi vince l’ultimo punto. Nell’ora successiva il tennis di Sabalenka si disintegra: più i suoi colpi finiscono a rete, più il nodo in gola le impedisce di respirare, più i suoi movimenti si induriscono e i colpi si sgretolano. L’unica cosa che deve fare Gauff è non specchiarsi in quell’ansia, e continuare a correre, continuare a muovere le gambe, e spingere ogni volta che può.

Quando Sabalenka va a distruggere discretamente la sua racchetta nella solitudine nell’area di warm-up, gettandola poi con cura nei contenitori della raccolta differenziata, sa bene che la colpa di aver perso quella partita non è della racchetta, né del pubblico, né del destino. Sa che una giocatrice con la sua esperienza avrebbe dovuto reagire, e mettere in campo un piano b. Eppure non è stata lei ad aprire la porta, ma la difesa di Gauff che l’ha scardinata. Sabalenka gioca a tennis come se ogni punto, e ogni partita, dipendessero dalla sua racchetta - la sua presenza in campo, densa e violenta, è quello che rende entusiasmanti le sue partite. Inevitabilmente, non è una giocatrice paziente, e la calma dall’altra parte della rete è spesso la sua nemesi: soffre giocatrici come Muchova, Swiatek, Rybakina, che hanno giochi diversi ma la gelano allo stesso modo. Quello che rende bella questa finale, malgrado i tanti errori, è stata l’intensità con cui la difesa di Gauff è cresciuta in qualità, e dopo il secondo set anche in consapevolezza. Nel terzo set non c’è un punto del campo che lei non possa coprire. È sempre stata veloce: ora è anche sicura. Ha preso le misure, mentre la sua avversaria si ostina nella stessa strategia, lei la legge in anticipo. Il suo dritto, che Sabalenka cercava insistentemente, il colpo che avrebbe dovuto essere fragile e traballante, non cede - mentre quello di Sabalenka non entra più. Il rovescio, il colpo che gioca ad occhi chiusi, è il vincente finale.Il pubblico è esploso. Gauff si è lasciata cadere a terra, si è rialzata per abbracciare l’avversaria, ha stretto la mano all’arbitra, e poi è andata dritta verso suo padre, sulle tribune. «Lui è stato la prima persona che ho visto. È stata la prima volta che ho visto mio padre piangere. Al Roland Garros, diceva che non stava piangendo. Ma oggi, l'ho visto. [...] Le persone hanno sempre cercato di separarci, dicendo che non aveva bisogno di essere nel mio box o che non doveva più allenarmi. Quello che non sanno è che è la ragione per cui ho vinto questa partita». La più grande differenza che separa Coco Gauff dalle sorelle Williams, di cui spesso è acclamata come erede perché afro-discendente in uno sport che ne ha pochi, è il ruolo del padre. Mentre Richard Williams è rimasto a lungo centrale nell’allenamento delle figlie, il padre di Coco, Corey Gauff, ha capito di doversi fare da parte. Ha spostato la famiglia per darle migliori possibilità di allenarsi, l’ha portata nelle migliori accademie, sostenuta con infiniti sacrifici ed è sempre presente; ma sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui la cosa migliore che potesse fare per lei era affidarla a dei professionisti d’élite. E se oggi Gauff è una campionessa, e il suo rapporto con il tennis è una promessa meravigliosa per questo sport, forse è anche merito di questa scelta.Gauff ha vinto tre milioni di dollari. È il prize money più alto tra tutti gli slam. Quest’anno lo US Open celebra 50 anni dall’introduzione dell’equal pay, e Gauff riceve l’assegno direttamente dalle mani di Billie Jean King: «Grazie per aver combattuto per questo», le dice. Coco Gauff è la nuova numero 3 del mondo. Ha già staccato il suo biglietto per le finals di fine anno, insieme alle Big Three di quest'anno: Iga Swiatek, Aryna Sabalenka, e Elena Rybakina. Anche l'anno scorso si era qualificata, ma non aveva vinto neppure una partita. Le sue avversarie sanno che quest'anno sarà un torneo diverso.

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