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Leicester, la vita dopo
26 ott 2016
26 ott 2016
Come la squadra di Ranieri sta affrontando la normalità.
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La favola del Leicester Campione d'Inghilterra è una di quelle cose talmente belle da non poter essere riprodotte. Lo stesso Ranieri se ne era reso conto e subito dopo la vittoria del titolo, alla domanda se fosse possibile ripetere la cavalcata della stagione 2015-16 ha risposto, seccamente: «No. Non sarà possibile».

Il tecnico romano ha dovuto riassemblare da capo le motivazioni di un gruppo che, almeno in Premier League, già sapeva di ottenere un risultato peggiore della scorsa stagione, ma ha continuato a formare la squadra: «Noi vogliamo continuare a costruire. Quando sono arrivato qui, il progetto era quello di costruire una buona base e lentamente crescere insieme in 3 o 4 anni per lottare per l'Europa League e poi per la Champions League».

Risalire il campo senza Kanté

Il mercato dell'estate ha però privato il Leicester del suo miglior giocatore, Kanté, passato al Chelsea. Una delle principali forze del Leicester era proprio nei suoi numeri: 4,64 intercetti per 90 minuti, 3,72 tackle tentati per 90 minuti e il 48% vinti. Sommando intercetti e tackle positivi si ottiene una forfettaria somma di 6,42 palloni recuperati a partita dal solo Kanté. A questo bisognerebbe aggiungere la sua capacità di ripartire in transizione conducendo palla nello spazio: il Leicester poteva iniziare quasi 6 possessi e mezzo a partita nei piedi di Kanté risalendo immediatamente anche 30-40 metri di campo in alcuni casi.

Qui forse sono ancora di più.

L'abilità di Kanté negli intercetti permetteva alla linea di centrocampo di stare bassa e a zona, con generico orientamento all'uomo, ma quasi sempre lasciando a un avversario la prima ricezione tra le linee e attaccandolo immediatamente per la riconquista. Anche considerate le difficoltà di Huth e Morgan nella copertura della profondità, tutto questo aveva incoraggiato Ranieri a tenere una squadra molto bassa e a lanciare Vardy in contropiede: in questo modo è arrivato lo storico titolo in Premier.

Per proseguire l'opera di crescita, Ranieri è stato costretto a cambiare. Nelle amichevoli si notava un pressing molto aggressivo: in alcuni casi Ranieri ha alzato la linea difensiva quasi a centrocampo, ha sofferto la concessione della profondità ma ha abituato i suoi giocatori a un pensiero diverso in fase di non possesso. Tornato ai match ufficiali, il Leicester ha mostrato un assetto ibrido tra quello della scorsa stagione e quello sperimentale dell'estate. Il Leicester ora contesta il possesso avversario qualche metro più avanti rispetto all’anno scorso, e anche Huth e Morgan scoprono un po' di più la profondità per non allungare i reparti.

Le due punte continuano a oscurare le tracce centrali: con squadre con due mediani piatti si schierano a uomo in 2 vs 2, contro un solo uomo in mediana un attaccante si mette in copertura preventiva e l'altro alle spalle del mediano. L'orientamento delle punte sui primi portatori di palla avversari non è cambiato dallo scorso anno, ma in alcuni casi la posizione degli attaccanti del Leicester in fase di non possesso è più avanzata. Il rischio è quello di seguire un mediano avversario in salida lavolpiana e costringere la squadra alle spalle a concedere molta profondità: per questo gli attaccanti devono rimanere lucidi a non prendere mai la prima linea avversaria.

Dalla scorsa stagione: il corretto approccio durante la salida lavolpiana di Dier. Vardy e Okazaki coprono le linee di passaggio verso Carroll (l'altro mediano) ed Eriksen (trequartista che si abbassa). La posizione di Mahrez dimostra che il centrocampo del Leicester è stretto e Vertonghen è costretto ad aprire su Rose sulla fascia.

Quest’anno il Leicester è più aggressivo: Vardy segue la salida lavolpiana di Henderson ma sbaglia perché costringe Amartey e Drinkwater ad alzarsi molto, a uomo. Il Leicester si farà prendere pericolosamente in profondità.

È soprattutto la linea di centrocampo che lavora in modo differente rispetto alla scorsa stagione. Una volta che l'avversario ha scaricato il possesso sulla fascia, scatta la pressione del Leicester. I due mediani si schierano inizialmente a zona a palla coperta (dalle punte), ma se si apre la visuale per un passaggio centrale i mediani del Leicester si avvicinano immediatamente all'uomo di riferimento, anche perché non sono bravi a intercettare a distanza come Kanté. L'obiettivo è forzare all'errore l'avversario o, nel migliore dei casi, riconquistare il pallone 10-20 metri più avanti rispetto alla scorsa stagione, così da avere meno campo da risalire.

Prima Schlupp esce su Alonso quando riceve; poi Matic ha la visuale (non coperta subito da Okazaki) per servire Loftus-Cheek, ma King si attacca all'avversario; poi ancora Matic può servire Fabregas che si alza (con Musa che non scherma il passaggio), ma stavolta è Drinkwater che va sullo spagnolo.

La maggiore attenzione all'uomo permette al Leicester di concedere meno cross dello scorso anno. Come l'esterno di centrocampo, anche il terzino è il primo ad uscire in avanti sull'esterno alto avversario. In quel caso si apre un corridoio volutamente lasciato aperto dal difensore centrale del lato palla: Huth, Morgan e il terzino del lato debole restano sempre a protezione centrale perché i due centrali sono poco reattivi a coprire un eventuale corridoio, ma anche perché scorrendo verso un lato sarebbero lenti a riposizionarsi su un cambio di gioco. Quindi è l'esterno, o più spesso il mediano del lato forte, ad assorbire sempre l'avversario che si infila nella tasca tra terzino uscito e centrale.

Fuchs esce e dà una mano ad Albrighton contro il terzino Layún e l'esterno Corona. Jota si imbuca nel corridoio lasciato aperto da Huth, che si fida della copertura di Amartey (che infatti arriva puntuale) e dà invece una mano a Morgan per stare in 2 vs 1 sul centravanti André Silva.

Nonostante questo, il Leicester concede 1,35 xG per 90 minuti, contro gli 1,14 dell'anno scorso: ha anche aumentato a dismisura i tiri pericolosi (valore superiore a 0,3 xG ciascuno) concessi a partita, da 1 a 1,7, meno soltanto di Hull City e Swansea. Dopo la partenza di Kanté Ranieri non si sente più sicuro di difendere sempre molto basso e passivo, non potendo risalire più così facilmente il campo, e temeva anche un calo psicologico di intensità nelle marcature con la squadra schiacciata che si è infatti verificato: vedere i tantissimi gol subiti da corner.

In fase di possesso le opzioni del Leicester sono invece rimaste invariate: l'obiettivo è arrivare in porta evitando linee di passaggio rischiose (soltanto il 75% di passaggi riusciti con una normale media lunghezza di 19 metri), senza concedere transizioni che i centrali non sono in grado di sostenere. Per questo la squadra cerca di arrivare il prima possibile a Mahrez al termine di un giro palla elementare a difesa avversaria schierata, per creare superiorità numerica attraverso un suo dribbling. Mahrez però sta pagando un calo di efficacia nel dribbling (38% quelli positivi contro il 56% della scorsa stagione) e sta nettamente diminuendo anche il volume dei dribbling totali tentati (2,34 contro i 3,88 per 90 minuti della scorsa stagione), dimostrando anche come il Leicester sia ora più studiato dagli avversari. In alternativa le “Foxes" ricorrono al lancio lungo verso di lui o verso Slimani per guadagnare campo.

Una soluzione per un'immediata transizione è invece quella della seconda punta che viene incontro, apre la profondità e si appoggia verso Drinkwater (il migliore nel gioco lungo), che si muove in anticipo per raccogliere lo scarico e lanciare Vardy in verticale. La traccia si può invertire quando Slimani è in campo e lo stesso Vardy può venire incontro per liberare la profondità all'algerino.

La mancanza di evoluzioni negli schemi di possesso si traduce in una minore efficacia offensiva: rispetto alla scorsa stagione il Leicester ha diminuito xG creati (da 1,56 a 1,12 a partita), tiri medi a partita (da 13,7 a 11,4) e aumentato la percentuale di tiri da fuori area dal 35% al 49,6% (la più alta in Premier). Le squadre avversarie hanno studiato Ranieri e Vardy trova meno spazio da attaccare in profondità: ormai tutti si aspettano una verticalizzazione quando Drinkwater riceve palla e le avversarie preferiscono allungarsi ma coprire la profondità, appena persa palla. Il Leicester quindi tira circa 1 volta su 2 da fuori area per concludere l'azione senza sbilanciarsi.

I nuovi arrivi

A differenza di Kanté, Vardy ha rifiutato la corte dell'Arsenal, con motivazioni pragmatiche: «Nell'Arsenal la palla non arriva velocemente in avanti come nel Leicester, dove corro alle spalle della difesa come mi piace. Non sarei stato "l'uomo forte" dell'Arsenal e questo mi preoccupava» ha scritto nella sua autobiografia From Nowhere.

Se anche Mahrez è rimasto pur essendo stato «distratto dalle troppe voci di mercato», come detto da Ranieri, le “Foxes" hanno inizialmente individuato in Nampalys Mendy il profilo per sostituire Kanté e hanno registrato due acquisti in attacco: Ahmed Musa dal CSKA Mosca e Islam Slimani dallo Sporting Lisbona, in previsione di rotazioni nella gestione dell'impegno in Champions. Dallo Sporting Gijón è arrivato il difensore spagnolo Luis Hernández, utilizzato come terzino destro (sempre titolare in Champions) o come alternativa al centro.

Il primo ad aver sostituito Kanté in partita ufficiale è stato il capitano Andy King, ma il gallese è stato inizialmente accantonato. King non è abbastanza strutturato fisicamente per togliere il pallone all'avversario come richiede il calcio rugbistico del Leicester e - anche se si trova a suo agio con la palla, soprattutto nel gioco di prima - ha presto lasciato a Mendy lo spazio a cui sembrava destinato al momento della firma sul contratto. È stato ripescato nelle recenti partite contro Copenaghen e Crystal Palace, in contesti nei quali Ranieri immaginava di dover costruire qualcosa in più del solito con la palla tra i piedi.

Mendy è partito titolare alla seconda di campionato contro l'Arsenal, subendo un infortunio alla caviglia che tuttora lo blocca. Molto rapido sul breve, ha lasciato però perplessità nel posizionamento sulla linea di passaggio da coprire - fallendo svariati intercetti sui quali a Nizza invece si fidava molto - e nella gestione del pallone nello stretto, fondamentale negli scambi di prima che il Leicester utilizza per risalire il campo.

Mendy si posiziona male due volte di fila e non copre il passaggio alle spalle.

L'infortunio di Mendy ha lanciato il giovane ghanese Daniel Amartey. Il centrocampista africano non è in realtà un nuovo acquisto (è arrivato a gennaio 2016, 5 presenze l’anno scorso) ma è la sorpresa dell’anno. Amartey rispetto a Mendy è meno rapido sul breve (il francese è alto 1,68 m) ma si orienta maggiormente sull'uomo avversario e ha più possibilità di effettuare un tackle vincente per via della superiore fisicità. È molto più a suo agio di Mendy con il pallone, sia nel controllo e nella gestione della sfera negli spazi stretti, sia nel gioco medio-lungo, e si muove a volte alle spalle del ricevitore per aprirgli spazi e offrire una linea di passaggio.

Le abilità di Amartey nello sradicare il pallone all’avversario praticamente dal nulla.

Nonostante Mendy sia stato preso anche per la sua abilità nel recupero del pallone, nell’attuale progetto di Ranieri, con marcature più spiccate all'uomo, è probabile che Amartey manterrà lo status generico di titolare anche a seguito del rientro di Mendy dall'infortunio.

Islam Slimani ha invece conquistato il posto di attaccante titolare a fianco di Vardy: entrambi agiscono da prime punte alternando perfettamente i movimenti. Slimani è completo, potente e rapido allo stesso tempo, e fantastico nel gioco di sponda: su lanci lunghi, su veloci triangolazioni con Mahrez o nell'appoggio a Drinkwater (che toccava a Okazaki l'anno scorso) per la verticalizzazione verso Vardy. Attacca bene la profondità sia in verticale che in diagonale verso destra ed è fin troppo aggressivo nella chiusura delle prime linee di passaggio centrali agli avversari: si attacca troppo verso il portatore e a volte apre la visuale per il passaggio anziché tagliare la linea a metà strada. Rispetto a Okazaki (che si posiziona meglio sulla linea di passaggio) ha però un'intensità atletica superiore che gli permette di non essere matematicamente sostituito come il giapponese.

Saggio su Slimani: attacca la profondità (in fuorigioco per pochi centimetri), allunga la difesa e fa una meravigliosa sponda di tacco.

Ahmed Musa è invece un attaccante con pregi e difetti marcati. Fatica a lavorare sulle linee di passaggio da oscurare e il suo controllo di palla spalle alla porta è a volte macchinoso, inadatto al gioco di prima. Rimane comunque un giocatore velocissimo ad attaccare la profondità e ottimo nel dribbling soprattutto quando ha campo: è il secondo della squadra per dribbling tentati per 90 minuti (2,07), dietro soltanto Mahrez. Resta una prima punta che fatica a coesistere con Vardy a differenza di Slimani, proprio per le lacune in appoggio, e probabilmente sarà una valida alternativa all'inglese per attaccare gli spazi in velocità: grazie alle sue caratteristiche – velocità e abilità nel dribbling fronte alla porta – Musa è stato schierato anche come esterno di centrocampo nell’ultima partita contro il Crystal Palace.

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Da prima punta Musa attacca così la profondità palla al piede.

Scendere dalla giostra?

Dopo la prima giornata persa contro l'Hull City, Ranieri è intervenuto per svegliare i giocatori dal torpore del successo e riportarli nell'hic et nunc: «L'anno scorso siamo stati una grande squadra, oggi abbiamo giocato individualmente». Prima della partita con il Porto l'allenatore romano si è invece espresso così: «Nella scorsa stagione è andato tutto in modo perfetto, quest'anno gli avversari ci puniscono alla prima occasione». Ha però sottolineato quanto l'impegno europeo sia una “favola”, attribuendo quasi un valore mistico alla musica della Champions League.

Non è un caso, seppur con un girone estremamente abbordabile, che il Leicester abbia vinto 3 partite su 3 in Champions senza concedere gol. Sembra che il palcoscenico europeo venga vissuto come un piacevole fuori programma a mente sgombra, mentre il peso della riconferma sta influenzando le “Foxes" in Premier League, anche se contro le piccole squadre il Leicester conserva ancora la propria consapevolezza generando ancora un po’ di sudditanza.

Negli scontri contro le pretendenti al titolo il Leicester ha però perso 5 volte su 6, compreso il Community Shield contro lo United e in Coppa di Lega contro il Chelsea (ai supplementari) e ha pareggiato soltanto a stento contro l'Arsenal: il rischio, non impossibile da prevedere, è che il ridimensionamento sia già avvenuto e che stia tornando un certo complesso di inferiorità contro le grandi. Anche a Stamford Bridge le "Foxes" hanno fatto fatica con le marcature contro un Chelsea bravo a muovere velocemente il pallone e ad attaccare rapidamente (così come il Liverpool) gli spazi alle spalle della difesa: concedere il vantaggio dopo pochi minuti sull'ennesima grave distrazione su calcio piazzato non è un segnale positivo.

Se la scorsa stagione ha rappresentato una sorpresa irripetibile nella storia del calcio, quest’anno il Leicester deve ricominciare a programmare con razionalità, perché sarebbe sbagliato credere che la scalata ai piani medio-alti si sia definitivamente compiuta. Ranieri sa quanto siano effimere le gioie terrene, ma non è ancora arrivato il momento di scendere dalla giostra.

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