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Foto di Julian Finney/Getty
Calcio Marco D'Ottavi 20 febbraio 2017 7'

Leggere la faccia di Klopp

Le espressioni dell’allenatore tedesco riflettono la sua idea di calcio.

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Guardate la sua faccia.

 

Le sopracciglia importanti, la linea della mascella ancora più importante. Il naso grosso e schiacciato che termina in due narici prepotenti da cui ti aspetteresti di veder uscire del fuoco. I capelli sono folti e scarmigliati quel tanto che basta per convincerci che è più il tempo che dedica al lavoro che alla loro cura. Gli occhi, poi, sono penetranti ed espressivi come quelli di un leader carismatico, mentre gli occhiali non troppo pretenziosi ne spezzano l’aria irrequieta per restituirci un uomo dalla profonda intelligenza.

 

Jürgen Klopp ha la faccia perfetta.

 

Anzi, più specifico: Jürgen Klopp ha la faccia perfetta per allenare. Quando urla la sua faccia sembra poesia, quando ride vorresti ridere con lui. Anche se l’espressione “andare all’inferno per” è pericolosa, diciamoci la verità, chi non andrebbe all’inferno per quest’uomo qui?

 

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A Liverpool non è un buon momento, dopo l’eliminazione dalla Coppa di Lega per mano del Southampton e quella dalla FA Cup ad opera del Wolverhampton, la sconfitta contro l’Hull ha spento quasi definitivamente le ambizioni di titolo. Dopo mesi idilliaci sono arrivate le prime critiche, che Klopp accetta perché quando hai la faccia perfetta è più facile mettere le cose nella giusta prospettiva.

 

Appena arrivato a Liverpool Klopp aveva detto di essere il normal one e di aspettarsi di essere competitivo per il titolo nel giro di quattro anni. Anche per questo i tifosi del Liverpool dovrebbero avere pazienza e fidarsi della rivoluzione che Klopp sta portando nel Merseyside. Se anche la stagione dovesse finire senza titoli, il pubblico può sempre concentrarsi sui progressi tattici della squadra e, soprattutto, rivolgere i propri sguardi verso la panchina, dove possono assistere ad uno spettacolo continuo.

 

La faccia di Klopp è il calcio di Klopp, la sua espressione è la nostra garanzia di spettacolo.

 

L’adrenalina che deforma i suoi tratti a bordo campo è la stessa che chiede ai suoi giocatori, e se il Liverpool corre, Klopp corre ancora di più. La sua faccia alterna celebrazioni estatiche a strattoni di furia livida. Le reazioni dell’allenatore tedesco durante i 90 minuti sono sempre esplosive, figlie della sua idea di mondo, la stessa di un batterista heavy metal che passa la vita a pestare rullanti. Questo approccio crea un cortocircuito: prendendo una foto di Klopp senza conoscerne il contesto è quasi impossibile identificare se sta passando un momento positivo o uno negativo.

 

Emozioni come rabbia e felicità sono troppo simili quando vestono la sua faccia, come se non ci fossero sfumature in Jürgen Klopp, ma solo sgasate col NOS.

 

 

Rabbia

 

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La smorfia che tende i muscoli del collo, i denti gialli digrignati fino al limite possibile per una mandibola umana, gli occhi iniettati di sangue, i capelli completamente spettinati. Ogni centimetro della faccia di Klopp esprime livore, rabbia verso Tony Pulis, che è quello di spalle col cappello che sembra scomparire davanti all’allenatore tedesco.

 

La foto riprende un istante del finale di Liverpool – West Bromwich con Klopp che si rifiuta di stringere la mano del tecnico avversario perché “non è stata una partita amichevole” (riferendosi ad un intervento particolarmente duro su Lovren). Il giorno dopo si scuserà: «Posso solo dire che mi dispiace per quello che ho detto durante la partita. Ma sono emotivo. Sono emotivo durante la partita e alle volte si dicono cose non si direbbero nella vita normale».

 

Affermerà anche che non cambierà il suo modo di essere durante le partite, perché è fatto così. Soffermandoci solo su questa prima foto sembra evidente il rapporto esistente tra la faccia di Klopp e il concetto di rabbia, espressa in maniera così intensa da sembrare dipinta da Francis Bacon.

 

 

Felicità

 

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Ora però guardate la seconda foto.

 

Stessa smorfia, stessi denti, stessa rabbia. Apparentemente. Eppure, in questo caso la sua faccia esprime l’esatto opposto. È un lampo della sua reazione al gol del 3 a 3 di Joe Allen contro l’Arsenal.

 

In Klopp, felicità e rabbia sono due concetti non così distanti, vi passa lo stesso spazio che intercorre tra il recupero palla del suo Liverpool e il seguente tiro in porta di Coutinho. Per Klopp anche le emozioni sono verticali.

 

 

Soddisfazione

 

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Oltre a rabbia e felicità, che sono i due motori primari di Klopp, la sua faccia esprime altre sfumature emotive per farci capire come vanno le cose in campo. Una delle migliori è senza dubbio la faccia soddisfatta, anche perché arriva quando le cose vanno bene per lui e quindi, di riflesso, vanno bene anche per noi. La faccia soddisfatta di Klopp è la stessa che tiravamo fuori noi quando ci veniva un problema di matematica al liceo, è la faccia dell’uomo compiuto i cui pezzi del puzzle si combinano più o meno tutti. È la faccia di chi ha visto i propri giocatori annichilire il Tottenham, con una mezz’ora di calcio offensivo a cui mancava solo la gigantesca scritta Klopp per quanto era il suo calcio. Il volto è rilassato, le labbra serrate come a voler assaporare il più possibile il momento, gli occhi semichiusi come quelli di un animale non del tutto in guardia. Usa anche le braccia come un direttore d’orchestra tanto è soddisfatto del lavoro dei suoi giocatori. Dopo la partita dirà di essere molto contento perché risultato e performance sono arrivati insieme, che sono due cose che vanno a braccetto con lui. Per spiegare la prestazione della sua squadra e la sua soddisfazione usa anche questi termini, tutti insieme, che mi sembrano il perfetto epitaffio per il suo calcio: «really strong, really direct, really clear, really together».

 

 

Tristezza

 

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Come ovvio, quando le cose vanno male, per Klopp vanno molto male. Avendo la faccia perfetta, l’allenatore tedesco ha la faccia perfetta anche per esprimere tristezza.

 

Labbra piegate verso il basso, sopracciglia aggrottate, sembra quasi la versione con la barba dell’emoticon triste.

 

Come ci conferma lui stesso, la tristezza in Jürgen Klopp non è come quella degli altri allenatori (ovvio lui è l’unico con la faccia perfetta per allenare), ma più intensa: dopo la sconfitta in finale di Capital One Cup contro il Manchester City arrivata ai rigori, è andato davanti ai microfoni dicendo «Questa sera ci sentiamo spazzatura» correggendosi subito dopo, perché la sua faccia non inganna, ed affermando: «Ok, ci sentiamo di merda».

 

 

Estasi

 

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Forse non arriviamo ai picchi toccati dal Bernini con Santa Teresa, ma non possiamo negare che la faccia di Klopp abbia tutti gli strumenti per rimandarci una perfetta sensazione di estasi. Evoluzione del filone “Mourinho”, l’allenatore tedesco è in grado di raggiungere vette inesplorate quando si tratta di esultare: può spiccare il volo, prendere sulle spalle Manè, arringare le folle, farsi strappare la maglia.

 

Anche quando esegue quella che è forse la sua più tipica esultanza, quella con il pugno, la faccia di Klopp si deforma, si trasfigura, ci rimanda tutta la sua gioia. Klopp vive i gol della propria squadra ad un livello superiore, o almeno ad un livello superiore di quello accettato da una persona normale. Questo accade anche in momenti non proprio memorabili, proprio perché per Klopp non esistono sfumature, ma solo eccessi.

 

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Di seguito una lista di momenti in cui altri allenatori non sono totalmente d’accordo con le reazioni di Klopp:

 

– Arsene Wenger ammette che ha dovuto calmare Klopp.

 

– Mourinho critica il comportamento a bordo campo di Klopp.

 

– Marcelino: “Non vorrei mai essere come è lui dopo una vittoria. Io non sono così. Oggi con i suoi festeggiamenti ha esagerato.”

 

– Klopp si scorda di dare la mano a Conte per festeggiare con i suoi giocatori.

 

 

Perdere gli occhiali

 

Oltre a queste facce, che comunque esprimono emozioni classiche, Klopp ha anche un’espressione tutta sua: quella in cui perde gli occhiali. Non esiste persona al mondo a cui cascano gli occhiali più spesso che a lui.

 

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Cosa sarà accaduto qui?

 

Li perde quando esulta con Coutinho, quando esulta con Lallana, quando esulta per un gol di Mané, poi vende Benteke perché glieli ha rotti. Oramai sono diventati un po’ il suo marchio, tanto che se per Carnevale volete vestirvi da Klopp, oppure avete solo bisogno di un bel paio di occhiali, potete comprarli qui.

 

 

Klopp e il quarto uomo, non una storia d’amore.

 

Le uniche persone al mondo che possono davvero essere infastidite dal comportamento a bordo campo di Jürgen Klopp sono i “quarto uomo”. Sono nemici giurati, come Superman e i colori pastello. Ovviamente la colpa è dell’allenatore tedesco che spesso riversa i suoi comportamenti sopra le righe sui malcapitati assistenti che hanno il compito di tenerlo a bada. Ecco alcune delle molestie fatte da Klopp:

 

– Urlargli in faccia “nessuno può batterci” dopo l’errore dal dischetto di Diego Costa.

 

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– Calciare il pallone e colpirlo “inavvertitamente”.

 

– Gli consiglia il numero da mostrare sulla sua lavagnetta; critica l’abbinamento calze azzurre, felpa verde; li prende in giro per l’altezza.

 

– L’oramai leggendario scazzo durante la partita tra Borussia Dortmund e Napoli.

 

 

Insomma

 

Oramai sono un po’ di anni che abbiamo a che fare con Klopp, quindi magari tendiamo a darlo un po’ per scontato. Sebbene la sua faccia sia solo un espediente, anche se è la faccia perfetta eh, aiuta a raccontare una storia più grande, la storia che fa dell’allenatore tedesco un grande allenatore.

 

In questa risposta Daniele Manusia chiedeva al suo interlocutore se avrebbe rinunciato “ad un cinema, a un’uscita con gli amici, a scopare, per guardare una partita del Real Madrid di Zidane”. Credo che la stessa domanda possa essere usata per Klopp: riesce a vendervi il suo calcio? Vi sentite eccitati quando avete novanta minuti liberi per vedere una partita della sua squadra? La risposta probabilmente è sì.

 

Klopp è un pacchetto completo: uno di quegli uomini in grado di esprimere un’idea forte e di farlo attraverso il gioco, un’idea coerente e propositiva. Un’idea che ha spostato i confini più in là di dove li ha trovati, un uomo che ha fatto bene al calcio inteso come sistema di valori e verso il quale non possiamo fare altro che essere riconoscenti.

 

La sua faccia è il suo biglietto da visita, non è un grande allenatore solo perché ha quella faccia, ma anche perché ha quella faccia, sì. I suoi tic, i suoi spasmi, i suoi eccessi non sono trucchi da quattro soldi, fanno parte della narrazione che vuole venderci: finché avremo la sua faccia, avremo il suo calcio, e come possiamo non esserne felici?

 

 

Tags : allenatorijurgen kloppliverpool

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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