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Le risposte contraddittorie di Milan - Roma
02 ott 2017
02 ott 2017
Alla vigilia della partita ci si facevano molte domande su due squadre ancora in costruzione.
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Milan e Roma arrivavano alla sfida di ieri con tanto da dimostrare. Non si trattava solo dell'esigenza dei tre punti, fondamentali vista l'importanza degli scontri diretti in un campionato in cui sembra più facile vincere con le "piccole". La squadra di Montella doveva dimostrare di aver superato i problemi strutturali messi in mostra nella netta sconfitta contro la Sampdoria (ma anche nella poco convincente vittoria contro il Rijeka) e di aver iniziato finalmente ad assorbire i princìpi del nuovo 3-5-2. La squadra di Di Francesco, invece, di essere andata avanti nel lento processo di apprendimento del sistema di gioco del suo tecnico, che sembrava essersi impantanato dopo l’inquietante prestazione in Champions League contro il Qarabag.

 

La partita ha dato risposte contrastanti e ha gettato luci e ombre su entrambe le squadre, senza chiarire del tutto i dubbi presenti prima del fischio di inizio. Per parlarne vorrei per una volta partire dalla fine, dall’azione che porta allo 0-2, che si può prendere come una specie di sineddoche contenente il resto della partita.

 



 

L’azione comincia con un possesso lento tra i difensori della Roma intorno alla linea di metà campo. Il Milan cerca di alzare il baricentro senza però disordinare troppo la struttura posizionale senza palla che ha adottato per tutto il resto della partita: le due punte, Kalinic e André Silva si mettono in diagonale, sia per schermare la ricezione a De Rossi che per minacciare il passaggio in orizzontale fra i due centrali; le due mezzali rimangono strette per schermare la linea di passaggio verso i mezzi spazi ed escono aggressivi sui terzini solo quando quest’ultimi ricevono dai centrali; gli esterni seguono le ali.

 



 

Quando la palla arriva a Kolarov, la Roma cerca di attivare quei triangoli che nelle idee di Di Francesco dovrebbero portarla velocemente sulla trequarti avversaria: un uomo si propone sulla verticale del terzino, vicino alla linea del fallo laterale (di solito la mezzala che taglia dall’interno all’esterno), un altro va nel mezzo spazio a proporsi come scarico centrale.

 

In questo caso El Shaarawy va incontro al terzino destro sull’esterno, mentre Nainggolan è più dentro al campo, nel mezzo spazio tra Biglia e Borini. I due, però, si sono mossi male e in ritardo: El Shaarawy è ben pressato da Borini alle spalle e l’angolo per servire Nainggolan è davvero troppo stretto. Kolarov decide quindi di lanciare lungo per Dzeko, che nel frattempo ha tagliato dall’interno all’esterno, attaccando lo spazio liberato dalla salita tardiva di Musacchio sul mezzo spazio occupato da Nainggolan.

 



 

Dzeko, col suo movimento, si è portato via due dei tre centrali del Milan perché alle spalle è stato seguito anche da Bonucci. Il bosniaco controlla la palla col petto e poi con una grande coordinazione serve Nainggolan, che si infila proprio nello spazio liberato dai due centrali. Biglia lo ha lasciato, accorgendosi del suo inserimento troppo tardi. Il belga viene affrontato in maniera troppo molle da Romagnoli e può quindi entrare in area e tirare. Sulla respinta centrale di Donnarumma arriva Florenzi e segna.

 



Da questa azione è chiara la difficoltà della Roma a passare per i corridoi centrali o intermedi sin dalla prima costruzione dell’azione. La squadra di Di Francesco dietro ha fatto un possesso esclusivamente perimetrale (“l’odiosa circolazione a U”, come la chiama Guardiola), da una parte per il buon lavoro di schermatura delle punte e delle mezzali rossonere ma dall’altra anche dai limiti dei propri giocatori.

 


La circolazione a U e l’enorme influenza di Kolarov sul gioco della Roma, tradotte in posizioni medie.


 

I due centrali, Fazio e Manolas, hanno abdicato a qualunque tipo di rischio creativo, limitandosi a scaricare in orizzontale sui terzini, mentre sia De Rossi che le due mezzali si sono mosse pochissimo in orizzontale per cercare di aprire degli spazi alle spalle della prima linea di pressione del Milan. Il problema non è solo tecnico: se è vero che Manolas ha dei mezzi tecnici in impostazione molto limitati e Fazio, stando a sinistra, da destrorso ha un angolo di passaggio più ristretto da sfruttare, è vero anche che i due centrali non hanno mai nemmeno tentato di rompere la linea di prima pressione del Milan.

 

L’unica valvola di sfogo della Roma è stata ancora una volta Kolarov, per adesso il vero regista di questa squadra, praticamente il solo dei giallorossi a prendersi dei rischi in dribbling o nei passaggi taglia linee in diagonale dall’esterno verso il centro (di solito proprio verso Dzeko, che ha compensato con i suoi movimenti in orizzontale o incontro la staticità delle mezzali).

 

E dire che il Milan era tutt’altro che perfetto nella copertura dello spazio tra le linee, se veniva superata la prima schermatura sull’impostazione bassa della Roma. L’azione più pericolosa della Roma prima dei due gol è nata da un semplicissimo passaggio in verticale di Manolas, che ha pescato Pellegrini nel mezzo spazio di destra totalmente libero di ricevere.

 

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Calhanoglu anticipa il movimento verso l’esterno e libera la linea di passaggio verso Pellegrini, totalmente libero di ricevere e puntare la linea di difesa. Romagnoli è rimasto accanto a Bonucci ma i due lasciano comunque Florenzi libero di andare in porta.


 

La mezzala della Roma ha quindi potuto girarsi in completa libertà e lanciare in porta Florenzi, lasciato inspiegabilmente libero da Bonucci e Romagnoli.

 



Quello della coordinazione dei movimenti tra i centrali di difesa e le mezzali, sia col pallone che senza, è un tema fondamentale per il buon funzionamento del 3-5-2, che il Milan però ha dimostrato ieri di non aver ancora appreso alla perfezione.

 

La struttura posizionale del Milan in fase di possesso prevedeva che le mezzali salissero alle spalle del centrocampo della Roma, per ricevere nei mezzi spazi tra il centrale e il terzino avversario. Questo movimento prevedeva quindi che la prima impostazione fosse lasciata totalmente al rombo di difesa composto dai tre centrali e Biglia, visto che anche gli esterni, Borini e Rodriguez, si alzavano sulla trequarti.

 

Questo piano è stato però sabotato dalla Roma, almeno nel primo tempo, con un pressing alto, intenso e ben organizzato. Dzeko schermava la linea di passaggio tra Bonucci e Biglia (su cui, alle spalle, saliva anche o una delle due mezzali o De Rossi), mentre le due ali uscivano molto aggressive sugli altri due centrali una volta che si attivava l’innesco del passaggio tra Bonucci e uno tra Musacchio e Romagnoli.

 


Il rombo d’impostazione del Milan viene messo in crisi dalla Roma: Dzeko rompe la linea di passaggio tra Bonucci e Biglia, mentre Florenzi e El Shaarawy sono pronti ad andare su Romagnoli e Musacchio. Bonucci torna da Donnarumma che lancia sulla testa di Fazio.


 

Il Milan nel primo tempo ha faticato molto a far uscire il pallone pulito dalla difesa, affidandosi quasi esclusivamente al lancio lungo verso un André Silva comunque efficace nel riciclo dei lanci attraverso i duelli aerei (nonostante ne abbia vinto solo uno sui 6 tentati), e ha anche rischiato più volte di perdere il possesso in zone molto pericolose di campo. Solo nel primo tempo, la Roma ha recuperato il possesso nella trequarti avversaria ben 8 volte.

 


I pallini in blu sono le palle recuperate dalla Roma nel primo tempo.


 

Il Milan, in questo senso, ha sfruttato poco i difetti strutturali della Roma nella difesa dello spazio tra le linee, difetti che sono usciti fuori in tutta la loro evidenza nel secondo tempo, quando la squadra di Di Francesco ha abbassato tantissimo il proprio baricentro, accettando di difendersi anche molto dentro alla propria area di rigore senza alzare alcuna pressione sui portatori di palla (forse per semplice stanchezza fisica). Nel secondo tempo, quindi, il Milan è riuscito ad arrivare sulla trequarti con grande facilità. La linea difensiva giallorossa sembrava timorosa di concedere profondità ai tagli di Kalinic alle proprie spalle e preferiva rimanere bassa, anziché uscire in aggressione sulle mezzali e su André Silva, che a sua volta si è mosso molto tra le linee per ricevere.

 

Calhanoglu, soprattutto, è riuscito più volte a mandare in crisi Bruno Peres, che era costantemente stretto nel dubbio se uscire sul trequartista turco o difendere l’ampiezza attaccata allo stesso tempo da Rodriguez. Per cercare di tamponare il terzino svizzero, Florenzi è dovuto spesso rinculare fino alla linea difensiva, spuntando di molto la sua pericolosità offensiva.

 


Qui Biglia, per fortuna della Roma, sbaglia il lancio.


 

Senza palla, invece, il 3-5-2 di Montella prevedeva come abbiamo già visto l’uscita aggressiva delle mezzali sui terzini della Roma, una volta che questi entravano in possesso, e teoricamente la contemporanea salita dei due centrali laterali sulle mezzali giallorosse, per impedirgli la ricezione nei mezzi spazi. Questo meccanismo ha in realtà funzionato molto poco, principalmente per via della timidezza di Musacchio e soprattutto Romagnoli, molto lenti nello staccarsi della linea di difesa forse per il timore di lasciare Bonucci in uno contro uno con Dzeko.

 

Questa mancanza di coordinazione e coraggio ha rappresentato un problema per il Milan anche in fase di transizione negativa. Con le mezzali a ricevere sulla trequarti e i centrali ancorati alla linea difensiva, la squadra di Montella in caso di perdita del possesso lasciava uno spazio enorme da coprire in orizzontale a Biglia, già di per sé non del tutto a suo agio nel recupero immediato del pallone.

 

Questo problema è stato evidente nel caso del primo gol in cui, su una palla persa in impostazione da Rodriguez e poi riciclata da Florenzi, il Milan ha lasciato a Pellegrini la libertà di attaccare la linea difensiva partendo dalla propria metà campo.

 


Calhanoglu e Kessié erano altissimi per ricevere e non riescono a rientrare su Pellegrini.


 

Sulla transizione, Biglia era l’unico ostacolo da superare tra Pellegrini e un potenziale tre contro tre con la difesa del Milan.

 



C’è da dire che sul malfunzionamento dei movimenti difensivi del Milan hanno inciso anche i meccanismi di formazione dei triangoli sulle catene laterali da parte della Roma, probabilmente il marchio di fabbrica più famoso di Eusebio Di Francesco.

 

La Roma inizia le proprie azioni con un possesso basso lento e ragionato che coinvolge tutti e quattro i difensori, che serve ad attirare il pressing avversario e a liberare spazio alle spalle della linea di pressione. Se i centrali non riescono a raggiungere direttamente le mezzali, che in un primo momento si posizionano nei mezzi spazi, la palla viene scaricata al terzino. A quel punto le mezzali e le ali fanno movimenti opposti: la mezzala va sull’esterno mentre l’ala entra dentro al campo e si posiziona nel mezzo spazio. Se l’ala riesce a ricevere centralmente, la mezzala continua il suo movimento e attacca la profondità alle spalle della difesa avversaria, questa volta dall’esterno all’interno.

 

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La fase di possesso della Roma, nei suoi migliori momenti, somiglia a una trappola a molla, che si carica lentamente e faticosamente per tendere all'improvviso in verticale verso la porta avversaria.

 

La squadra di Di Francesco ieri ha ripetuto in modo meccanico questi movimenti più volte, senza però trarne troppi benefici tattici. Su questo ha influito da una parte l’inefficace esecuzione tecnica dei giocatori, ma dall’altra anche la mancata interiorizzazione dei meccanismi da parte di alcuni giocatori, che non sembrano ancora del tutto a loro agio in un sistema di gioco di questo tipo. Non è un caso che Pellegrini, cresciuto a Sassuolo con Di Francesco, conosca ed esegua questi movimenti già alla perfezione, al contrario di Strootman, che è sembrato spaesato anche prima dell’infortunio che lo ha costretto ad uscire.

 


Qui il movimento di Pellegrini è ancora più intelligente perché attira e poi elude l’intervento di Borini con un velo. El Shaarawy potrebbe servire Nainggolan totalmente libero di puntare la linea difensiva rossonera, ma sbaglia il controllo.


 

In definitiva, quello di Di Francesco è un gioco che cerca di arrivare alla porta avversaria con movimenti molto complessi e pochissimi tocchi, ed è quindi naturale che la squadra debba raggiungere uno stato di perfezione sia tattica che tecnica per risultare davvero efficace.

 



Le incognite che lascia sul tavolo un sistema di gioco come quello della Roma nascono nel momento in cui questi meccanismi non funzionano o vengono disinnescati dall’avversario.

 

Al di là dei difetti strutturali nella difesa dello spazio tra le linee e nell’aggressione del possesso, la Roma sembra avere poche idee su come arrivare in area avversaria quando i triangoli in fascia vanno a vuoto. Avere dei grandi giocatori dalla propria parte in questo senso aiuta a risolvere queste situazioni di impasse e anche la partita di ieri ha dimostrato

giocatori come Dzeko o Nainggolan facciano realmente la differenza. Ma più si alzerà il livello fisico e tecnico dell’avversario, più la Roma farà fatica a imporre questa superiorità.

 



 

Per il Milan si pone un problema simile, con l’aggravante di avere dalla sua pochissimi giocatori che possano risolvere la partita in qualsiasi momento. Cambiare sistema di gioco comporta non solo posizioni diverse ma anche l’apprendimento di una serie di movimenti coordinati che rendano la squadra davvero equilibrata.

 

Montella ha bisogno di tempo per capire come risolvere i problemi di reattività di una difesa che, senza il pallone, sembra andare in difficoltà sia quando deve salire accorciare il campo in anticipo sia quando deve coprire la profondità alle proprie spalle. Allo stesso modo, i giocatori hanno bisogno di tempo per interiorizzare un sistema, che attualmente sembra molto fragile anche in transizione negativa.

 

La Serie A è uno dei campionati più cinici nel mettere in mostra i problemi delle squadre ed è difficile tenere la polvere sotto il tappeto per troppo tempo. Di Francesco e Montella faranno meglio a sfruttare il tempo concesso dalla pausa per le nazionali per lavorare sui problemi visti ieri. Napoli e Inter (le loro prossime avversarie) stanno arrivando più lanciate che mai.

 

 

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