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Le regine
24 ott 2015
24 ott 2015
L'ultimo torneo di Flavia Pennetta, il ritorno di Maria Sharapova, l'assenza di Serena Williams: ecco le otto protagoniste delle WTA Finals di Singapore.
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Road to Singapore

Il motivo sostanziale per cui quest’anno vale la pena seguire le WTA Finals di Singapore è l’assenza di Serena Williams, che, pur qualificata fin dalla vittoria a Wimbledon di luglio, ha rinunciato al primo posto per risolvere i problemi fisici che l’hanno perseguitata tutto l’anno e quelli psicologici dopo il mancato conseguimento del calendar-year slam a New York. Il ritiro di Serena Williams ha dato possibilità di qualificazione ad atlete che altrimenti non avrebbero avuto molte speranze.

Alle WTA Finals accedono otto giocatrici grazie al punteggio ottenuto in sedici tornei nel corso dell’anno. Sono inclusi tutti gli Slam—Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open—i quattro tornei Premier Mandatory—Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino—e i migliori due risultati nei tornei Premier 5—in cui sono inclusi, tra gli altri, Dubai, Roma e Cincinnati.

Le qualificate di quest’anno sono: Simona Halep, Maria Sharapova, Garbiñe Muguruza, Petra Kvitová, Agnieszka Radwanska, Angelique Kerber, Lucie Safarova e Flavia Pennetta.

I primati di Flavia

Flavia Pennetta si è qualificata alle WTA Finals per la prima volta quest’anno. Lo scorso 12 settembre è riuscita nella leggendaria e commovente impresa di vincere nella stessa sera il primo US Open, il suo primo major in singolare e la prima, storica, finale tutta italiana del torneo di New York, battendo Roberta Vinci.

È nella semifinale contro Halep che Pennetta gioca al suo massimo livello nel torneo. Il punto per il primo game (minuto 0:19) arriva dopo un lungo scambio in cui Flavia porta il gioco fin dalla prima ribattuta oltre il limite, alza il livello e Simona tenta di mettere i piedi in campo e rilanciare, ma nella pallina di Pennetta c’è una spinta propulsiva eccezionale che non va mai sulla difensiva, non si lascia sorprendere e decide quando diventare decisiva, apparentemente senza fatica. L’intensità di questo punto si è vista molto spesso durante l’incontro e ha condotto alla demolizione di Simona Halep.

Nella serata della finale, che ha riacceso i cuori nostrani per il tennis femminile, Flavia Pennetta è riuscita anche a lasciare aperta la porta a un sogno: un 2016 in cui un'altra ultratrentenne avrebbe potuto percorrere una parabola di successi, ribadendo ancora una volta come questa generazione abbia ancora molto da dire sul campo.

Ma lei sorprende tutti e subito dopo la vittoria annuncia il ritiro a fine 2015, definendo un limite che non ha molto a che vedere con l’epico trionfo o il primato raggiunto, avendolo già deciso prima del torneo, ma ha tutto a che vedere con l’opportunità intima di godere di quel momento per sempre e incastonarlo in cima, nell’alveo delle partite irripetibili.

Non è da tutti potere arrivare all’apice e sentire di averne comunque abbastanza, non tornare indietro solo per una vittoria, rinunciare a essere famelici e lasciare un piccolo spazio al possibile—penseremo spesso a cosa sarebbe potuto accadere. Questo talento fa parte delle grandi campionesse e Flavia Pennetta si è iscritta fra queste, inequivocabilmente.

Questo torneo che va a iniziare sarà, quindi, il suo ultimo. Nel suo gruppo avrà rivali ostiche: Halep e Sharapova vorranno approfittare dell’assenza di Serena Williams e mantenere le loro posizioni, mentre Radwanska ha dimostrato di essere molto in forma. Ciò che dovrà portare sul campo l’italiana è quella spinta superba che l’ha condotta sul tetto più alto di New York.

Come sono arrivate fin qui

Simona Halep è stata su un’altalena per tutto il 2015. Era uscita fiduciosa e molto rafforzata, anche mentalmente, proprio dalle WTA Finals del 2014, quando è arrivata in finale contro Serena Williams. Nonostante la sconfitta 6-3 6-0, il suo percorso nel torneo dimostrava una condizione in ascesa e preludeva ai momenti in cui il suo talento sarebbe stato visibile a tutti, dopo qualche incertezza. Nel 2014, inoltre, raggiungeva il secondo posto in classifica mondiale, scalzando Li Na, prima degli US Open—a inizio anno era undicesima—e ottenendo il suo posto a Singapore già a metà settembre.

La sua miglior partita alle Finals del 2014 è stata la semifinale contro Agnieszka Radwanska, vinta 6-2 6-2. Nonostante qualche attacco molto riuscito di Radwanska che tentava di invertire la rotta del match, Halep ha dimostrato una determinazione vincente e ha messo in pratica un gioco sempre all’altezza, molto forte e preciso, mai timoroso né improntato alla difesa: voleva la finale, e si è visto chiaramente.

Con queste premesse, il suo 2015 sarebbe dovuto essere un anno di ulteriore svolta e crescita, ma così non è stato, e anzi ha ricalcato nel movimento altalenante il 2014. Nessun particolare passo avanti, ma solo una riconferma: un talento forte e deciso, che a volte viene offuscato negli appuntamenti importanti.

L’esempio lampante è il Roland Garros, a cui arrivava da terza testa di serie, dietro Serena Williams e Maria Sharapova, e tra le favorite, ma da cui è uscita malamente già al secondo turno, contro Mirjana Lucic-Baroni, con il punteggio di 7-5 6-1.

Nonostante il punteggio del primo set lasci pensare a una frazione di partita combattuta, in realtà Simona Halep è sembrata fin da subito molle e disattenta, troppo spesso dietro la linea di fondo e con scarse e prevedibili idee in attacco. Il punto perso al minuto 0:44 sul suo turno di battuta è un esempio: non riesce a mettere in difficoltà l’avversaria, che la blocca su un fazzoletto di campo troppo piccolo e chiude lo scambio con un potente dritto incrociato.

L’elemento che però gioca a suo favore è che nella seconda parte della stagione è riuscita a rialzarsi e a riprendere le fila del suo gioco, arrivando in finale a Toronto e Cincinnati e in semifinale agli US Open, mantenendo il terzo posto in classifica—questo, forse, più per demeriti altrui.

Se questo torneo potrà essere un nuovo punto di partenza, magari con uno slancio più deciso, lo si capirà presto. Per il momento è la testa di serie numero uno ed è la prima volta per lei a un torneo così importante.

Maria Sharapova ha aperto il 2015 con una vittoria in finale a Brisbane contro Ana Ivanovic per 6-7 6-3 6-3 e l’ennesima sconfitta nell’atto conclusivo dell’Australian Open contro Serena Williams per 6-3 7-6. Anche se non ha conquistato nemmeno uno Slam e per vederla alzare un trofeo abbiamo aspettato maggio, con la vittoria a Roma contro Carla Suárez Navarro per 4-6 7-5 6-1, è riuscita comunque a raggiungere la semifinale sia a Madrid che a Wimbledon.

Nel corso della stagione ha avuto molti problemi fisici e due infortuni, uno alla gamba e uno all’avambraccio, che l’hanno tenuta lontana per due mesi dai tornei, appena dopo Wimbledon. Il fisico indebolito è stato per lei l’avversario più duro, ma Sharapova ha mantenuto la seconda posizione della classifica WTA più di tutte le altre quest’anno: 25 settimane.

Da lei possiamo aspettarci ogni cosa: che abbia finalmente ritrovato la forma e quindi disputi un torneo ottimo, o l’esatto contrario e quindi rinunci, che cada presto o invece riesca a cogliere il meglio dai vantaggi statistici sulle avversarie—Maria Sharapova ha vinto sempre contro Simona Halep e Garbiñe Muguruza, rispettivamente cinque e tre volte, e sei su nove contro Petra Kvitová—e rispetto al torneo stesso: è arrivata in finale tre volte e due in semifinale, su un totale di sette partecipazioni in carriera.

Queste WTA Finals sono l’opportunità di chiudere l’anno con una tela bianca su cui ricominciare a disegnare il 2016 e approfittare sia del vantaggio di non trovarsi di fronte l’avversaria contro cui non vince—quasi—mai, Serena Williams, e farsi forza sugli scontri diretti con le altre qualificate, campo su cui è finora sempre in vantaggio.

Garbiñe Muguruza è la debuttante, ma una debuttante scomoda soprattutto per le top players contro cui, Serena Williams a parte, è sempre in attivo: ha raggiunto la qualificazione per la prima volta lo scorso 8 ottobre, giorno del suo ventiduesimo compleanno, dopo la vittoria contro Timea Bacsinszky nella finale del China Open per 7-5 6-4.

La spagnola arriva a Singapore decisa a mettere tutte in difficoltà: è atletica, ha un gioco muscolare e vario, è in forma, ha talento e determinazione e sa riprendersi i set anche quando sono a rischio, testimoniando grande prontezza mentale.

I momenti chiave del suo 2015 sono arrivati da due sconfitte: il quarto di finale al Roland Garros, dove ha perso contro Lucie Safarova 7-6 6-3, e la finale di Wimbledon, dove è stata battuta da Serena Williams per 6-4 6-4.

In queste due occasioni, nonostante i risultati sfavorevoli, abbiamo avuto la misura sostanziale del suo gioco e abbiamo visto che ha la reale possibilità di mettere in crisi entrambe le avversarie. In particolar modo a Parigi, Muguruza nel primo set ha costretto Safarova a sudare e conquistare punto su punto. La sua capacità di stare nel set senza particolari timori è sembrata lampante: la ceca aveva disputato già due finali e un quarto di finale nel torneo di Parigi in carriera, mentre la spagnola non era arrivata mai oltre le qualificazioni.

Contro Serena Williams, invece, ha impressionato l’inizio di partita, in cui si sarebbe potuta far schiacciare dal peso del momento e dell’avversaria, ma che invece l’ha vista totale protagonista, portandosi subito sul 4-2.

Se Williams cedeva alla poca lucidità, Muguruza rinvigoriva a ogni punto infilato sul ciuffo d’erba più giusto, con determinazione e senza paura.

Per Petra Kvitová, come per Simona Halep, il 2015 è stato un anno amaro: negli Slam, ha ottenuto un buon piazzamento solo agli US Open, dove ha perso ai quarti contro Flavia Pennetta 4-6 6-4 6-2, mentre per il resto non è arrivata oltre il quarto turno del Roland Garros.

Negli altri tornei, ha vinto a Sydney, a New Haven, ma soprattutto a Madrid contro Svetlana Kuznetsova (6-1 6-2). Dopo le incertezze post-Australian Open, sembrava che il torneo spagnolo potesse essere il suo riscatto.

Aveva conquistato la finale con un’impresa: battendo Serena Williams in semifinale per 6-2 6-3—e per la statunitense quella era la prima sconfitta in assoluto del 2015, in primavera—disputando probabilmente il suo match migliore dell’anno. A discapito di una Williams molto distante da quella che eravamo abituati a vedere, sia fisicamente sia dal punto di vista di gioco, la ceca ha approfittato del momento, si è rinvigorita del risultato e ha lustrato i colpi migliori per la finale, dove Kuznetsova è stata sostanzialmente assente.

Petra Kvitová pareva essere davvero rinata in quel momento della stagione, e la partita a senso unico ha dimostrato la sua forza, quando è fisicamente a posto e capace di imporre il suo gioco potente e determinato.

Così non è stato: subito dopo, ha perso ai quarti degli Internazionali d’Italia contro Carla Suárez Navarro (6-3 6-2) e non ha convinto particolarmente in nessuno dei tornei immediatamente successivi, nemmeno sul campo amico di Wimbledon, dove la difesa del titolo 2014 si è fermata al terzo turno contro Jelena Jankovic (3-6 7-5 6-4).

Arriva a Singapore dopo aver disputato due prove molto deboli: è stata battuta prima da Roberta Vinci al terzo turno a Wuhan, dove era campionessa uscente, per 7-6 6-2, poi da Sara Errani al primo a Pechino, dove nel 2014 ha perso la finale contro Maria Sharapova, per 7-5 6-4.

Agnieszka Radwanska è riuscita a conquistare un posto per Singapore, per la quinta volta consecutiva, il 18 ottobre, dopo aver vinto il suo sedicesimo titolo WTA in carriera al Tianjin Open. Ha battuto in finale Danka Kovinic, cinquantanovesima al mondo, 6-1 6-2 e durante tutto il torneo non ha avuto particolari cedimenti: ha imposto un gioco solido e aggressivo, che in finale ha costretto Kovinic a stare troppo lontana dalla linea di fondo per poterla impensierire.

Una delle vittorie più importanti per ottenere l’accesso alle WTA Finals, però, è stata quella di fine settembre nella finale di Tokyo, la sua seconda in carriera su questo campo, per 6-2 6-2 contro Belinda Bencic, che l’aveva battuta a Eastbourne nel loro unico precedente. In questo match, che le ha ridato un posto fra le top 10 del mondo, Radwanska ha espresso al meglio le sue qualità: velocità, precisione e capacità di lettura della partita. Nonostante la svizzera abbia provato a metterla in difficoltà proprio sul versante atletico e delle energie di gioco, non ha praticamente mai perso il controllo.

Nel primo set, dopo il 2 a 2 iniziale, sul 15 pari la polacca ha inanellato una serie di punti eccellenti: ha anticipato l’avversaria con una volée di diritto, ha chiuso il 3 a 2 con un pallonetto, arrivato dopo uno scambio in cui Bencic ha fatto fatica a stare dietro alla pallina, non si è fatta sorprendere dopo un rovescio a effetto ripreso dalla svizzera, conquistando il primo punto del sesto game.

Per Angelique Kerber è la terza volta al torneo di Singapore, dopo il 2012 e il 2013. In entrambi non ha mai superato il girone iniziale; l’ultimo match è stato la sconfitta contro Petra Kvitová, che ritroverà di nuovo quest’anno.

Il terzo turno degli US Open 2015 ha visto scontrarsi la tedesca e Victoria Azarenka, una delle migliore partite della stagione. Ha vinto Azarenka 7-5 2-6 6-4 e la bielorussa aveva talmente brillato da essere salutata come una più che probabile finalista (ma la storia ci ha detto altro).

Durante il match, Kerber ha mostrato non solo di saper reggere il forcing strabiliante di Azarenka, ma di saper muoversi tanto quanto la vincitrice in una partita giocata ad altissimi livelli.

Lucie Safarova è stata l’ultima ad accedere alle WTA Finals. A Singapore giocherà anche il doppio assieme a Bethanie Mattek-Sands, con cui nel 2015 ha vinto due Slam in Australia e in Francia.

È la sua prima volta nel singolare e ha dichiarato: «È stato un anno da sogno ed essere una delle otto qualificate nel singolare e gareggiare anche nel doppio mi rende molto orgogliosa. Ci sono stati già molti momenti straordinari quest’anno e spero di concluderlo giocando del buon tennis di fronte al pubblico di Singapore».

Tra i momenti a cui la ceca probabilmente fa riferimento c’è sicuramente la finale raggiunta al Roland Garros, per la prima volta in un Grande Slam. Dopo aver perso il primo set Safarova riesce a conquistare il secondo, dimostrando opportunismo e determinazione nel peggior momento della partita di Williams. Lucie Safarova sa mettere in difficoltà le avversarie, ma soprattutto sa cogliere le loro debolezze e farne un vantaggio.

La sconfitta contro Serena Williams 6-3 6-7 6-2 è stata il trampolino di lancio verso la top dieci mondiale, raggiunta lo scorso settembre nonostante una serie di risultati non eccezionali, salvo la finale persa a New Haven contro Petra Kvitová, e problemi fisici: si infortuna ai muscoli addominali e dopo la successiva, sorprendente eliminazione al primo turno degli US Open, le viene diagnosticata un’infezione batterica che la tiene lontana dai campi fino a due settimane fa.

Da domani

Il sorteggio ha raggruppato nel girone rosso, sulla carta più difficile per qualità e esperienza delle giocatrici, Simona Halep, Maria Sharapova, Agnieszka Radwanska e Flavia Pennetta, mentre nel girone bianco si sfideranno Garbiñe Muguruza, Petra Kvitová, Angelique Kerber e Lucie Safarova.

Avrà la meglio la condizione fisica di Radwanska, la voglia di rinascita di Sharapova e Halep, l’occasione per uno strabiliante canto del cigno di Pennetta, il desiderio di affermazione di Kerber e Kvitová o la freschezza dell’esordio al torneo di Muguruza e Safarova?

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