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Calcio Redazione 17 agosto 2016 17'

Le migliori faide della Premier League

Qual è lo scontro tra panchine più interessante?

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Wenger vs Mourinho
di Francesco Lisanti

 

«So che viviamo in un mondo in cui c’è posto solo per vincitori e perdenti, ma nel momento in cui uno sport incoraggia una squadra che si rifiuta di prendere l’iniziativa, quello sport è in pericolo». Era solo il 2005, era solo trascorso un anno (e una Premier League conquistata) dall’avvento di Mou sul calcio inglese, e già Wenger mostrava i primi segni dell’ossessione che l’avrebbe accompagnato per il decennio a seguire. Curiosamente, un decennio in cui poi l’alsaziano avrebbe vinto pochissimo.

 

L’ossessione fu immediatamente recepita e sfruttata da Mourinho a suo favore: «Wenger ha un problema serio con noi, e penso che lui sia quello che in Inghilterra chiamate “un voyeur”. Ci sono alcuni uomini che, quando sono a casa, hanno un grande telescopio per vedere cosa succede alle altre famiglie. Wenger deve essere uno di loro – è una malattia». Probabilmente Wenger si è già rimesso il telescopio in spalla per osservare minuziosamente ogni dettaglio del nuovo Manchester United, e sul calendario ha disegnato un cerchio così spesso sul 19 novembre che il pennarello è arrivato a dicembre.

 

Get ready to fight.

 

 

 

Klopp vs Guardiola
di Flavio Fusi

 

Qual è il miglior gegenpressing? Quello di Klopp, vero e proprio manifesto del suo calcio “heavy metal”, in cui, una volta perso il possesso, non si lascia all’avversario nemmeno la minima libertà con il pallone tra i piedi, ma si restringe lo spazio a sua disposizione fino a soffocarlo? Oppure quello di Guardiola, espressione della volontà di controllare la partita con il pallone tra i piedi e quindi di riconquistarlo appena possibile ogni volta che viene ceduto agli avversari, sfruttando la superiorità posizionale che permette di giocare in distanze ridotte e di occupare ogni porzione di campo, neanche fosse una scacchiera?

 

 

La domanda è retorica: non esiste una risposta, ma quel che è certo è che nella prossima stagione vedremo ancora Klopp e Guardiola, due tra gli allenatori più influenti del millennio, sfidarsi l’un l’altro, stavolta nell’inedita arena della Premier League. Anche se l’ultima volta il tedesco ha esultato in faccia al rivale, i due si rispettano e si stimano vicendevolmente, quindi il loro scontro comincerà e si risolverà necessariamente sul terreno di gioco. Messe da parte le guerre di nervi e le stilettate a mezzo stampa, saranno le loro nuove squadre a dover aggiungere altre due epiche battaglie ad una guerra tattica cominciata tre estati fa. Che vinca il migliore.

 

 

Mourinho vs Guardiola
di Matteo Gatto

 

“Certo che gli stringerò la mano. Perché non dovrei?”. Mourinho ridacchia, alza le spalle e si fa beffe della domanda come se la risposta non meritasse nemmeno di essere data, tanto è ovvia, e poi aggiunge: “Abbiamo lavorato assieme al Barcellona per tre anni. Siamo stati avversari in altri club. Ma siamo semplicemente dei professionisti e abbiamo un rapporto normale. Non capisco perché non dovremmo stringerci la mano”.

 

Per il momento, José ha deciso di abbassare al minimo il livello dello scontro. “Abbiamo lavorato-assieme-al-Barcellona” – tre stagioni di fine anni ‘90 in cui Guardiola era capitano e Mourinho vice-allenatore – è una rappresentazione del suo rapporto con Pep che può dare seriamente solo lui. E trasformare la loro guerra per il controllo della Spagna e del mondo in “siamo stati avversari-in-altri-club” è assolutamente meraviglioso.

 

Ma durerà? Ci sono molte altre personalità ingombranti, è vero, e questa Premier probabilmente non sarà il dualismo western che fu la Liga. I due, poi, sono più maturi, forse anche un po’ più stanchi e consapevoli di quanto possa consumarli una sfida aperta. Eppure, per quanto possa loro sembrare sconveniente ricordarlo, si sono appena seduti su di un’altra rivalità preesistente e viva che, se vogliono tenere le redini dei rispettivi ambienti, dovranno in qualche modo cavalcare. City e United non sono mai state così contemporaneamente centrali nello scacchiere del calcio internazionale, né il loro rapporto di forza così poco delineato. Se c’è un derby, quest’anno, è quello di Manchester. Ed è iniziato col calciomercato più dispendioso, competitivo e simbolico degli ultimi tempi, sul quale sia Mou che Pep hanno messo il sigillo delle loro rispettive filosofie.

 

Con Zlatan e Pogba, due status symbol, prima ancora che calciatori, Mou ha scelto uomini di forza fisica, mediatica ed economica che fanno compiere allo United un passo enorme verso il riposizionamento come top club. Pep ha dichiarato obsoleti i suoi difensori centrali, facendosene comprare uno che sappia passare il pallone, e poi ha puntato su dribbling, velocità e gioventù da coltivare. Ha finalmente carta bianca e tutti i pennarelli che vuole. Il City gli offre un budget pressoché illimitato e nessuna identità calcistica forte da dover rispettare, e adesso l’allenatore più innovativo degli ultimi venti anni è completamente libero di costruire e vincere nel campionato tatticamente più conservatore d’Europa. Mourinho non ha nessuna intenzione di permettere che questo accada. Può forse farsi andar bene anche un secondo posto, quest’anno, ma a patto che il primo non sia il City. Distruggere il gioco di Pep sarà la sua vittoria. Costruire e inventare, anche in mezzo alla bufera, sarà quella di Guardiola.

 

 

Conte vs Guardiola
di Alfredo Giacobbe

 

Siamo tutti concentrati sull’atto finale dello scontro tra José Mourinho e Pep Guardiola, ma forse Guardiola più che dalla sua nemesi riconosciuta farebbe bene a guardarsi da Antonio Conte. Il nostro ex CT è un blend di alcuni dei pregi di entrambi gli allenatori: come Mourinho sa usare i brand per motivare la propria squadra, come Guardiola è uno studioso del gioco, meticoloso in allenamento e sempre pronto a riconsiderare le sue idee. Ma ci sono anche delle differenze sostanziali che rendono il confronto tra il catalano e il leccese particolarmente significativo.

 

Conte telecomanda i propri calciatori dalla linea laterale per novanta minuti: abbiamo ancora negli occhi l’esempio della nostra Nazionale, e, secondo la definizione di Antonio Cassano, la Juventus di Conte era composta da soldatini. Per Guardiola la squadra è sempre l’insieme dei talenti che la compongono: insegna un’idea di calcio che prescinde dai moduli e dalle posizioni, ma che si concretizza attraverso i compiti assegnati a ciascun calciatore. Sta al singolo interprete, alla sua tecnica e alla sua intelligenza calcistica, scegliere le forme dell’esecuzione per ciò che gli è stato richiesto. Per questo Guardiola ama i solisti: Messi come Robben e Ribery.

 

Conte crede ciecamente nel lavoro, ma resta consapevole dell’importanza del talento individuale: la frase-tormentone, “con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100”, nasce dalla frustrazione dovuta a un limite che Conte considera superiore a se stesso, che l’artigiano del campo non può valicare.

 

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Per questo Conte vuole dei giocatori pronti, già maturi, mentre Guardiola riconosce il talento nei ragazzi ed è capace di coltivarlo. La cultura olandese e catalana dalla quale discende gliene ha dato gli strumenti. Una delle frasi rimbalzate sui giornali inglesi in questi giorni riassume con un taglio ironico quanto sta affrontando Guardiola a Manchester in questi giorni: “Riesci ad insegnare nuovi giochi ad un cane anziano?”. Il riferimento all’impatto che l’allenatore sta avendo verso la pattuglia dei trentenni del City, da Kolarov a Touré, è evidente ed è perfettamente centrato.

 

Conte e Guardiola sono due evangelizzatori, ma il loro proselitismo tattico procede secondo metodi e scopi completamente differenti. Sono due metodi e due filosofie di fondo simili che si discostano in alcuni punti essenziali per la comprensione del calcio: seguire i loro percorsi come fossero due fratelli separati alla nascita e mandati a crescere in due famiglie diverse sarà uno degli aspetti più affascinanti della prossima Premier League.

 

 

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Tags : antonio conteclaudio ranierikloppmourinhopep guardiolapremier leaguewalter mazzarri

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