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Le imprese straordinarie di Sansone
06 ott 2016
L'ultima è stata farsi convocare da Ventura.
(articolo)
6 min
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Il baricentro basso, le due punte vicine, la densità centrale, l’identità contropiedista: forse una trasformazione radicale dell’impronta di gioco del Villarreal non sarebbe nelle corde di Fran Escribá, che grosso modo aveva strutturato già l’Elche e il Getafe intorno ad un 4-4-2 reattivo, e di sicuro non era nelle sue possibilità pratiche, considerando che ha ereditato la squadra da Marcelino solamente a metà agosto. Neanche due mesi dopo, oggi, il Villarreal è ancora imbattuto nelle nove partite disputate tra campionato ed Europa League, è in testa al gironcino europeo e in Liga è quinto a due punti dalle capolista madrilene.

Escribá si è presentato con l’aria pragmatica di chi conosce l’importanza di lavorare sulla formula vincente del proprio predecessore, soprattutto se quest’ultimo ha condotto il mercato (che ha depositato ulteriore ruggine sul rapporto di Marcelino con la dirigenza) e ha contribuito in prima persona a definire la rosa fino alla sua formazione attuale: «L’identità di questi giocatori era molto buona, c’erano aspetti molto validi. In fondo tutti gli allenatori hanno bisogno di tempo, e qui invece è stato tutto molto rapido, ma sono contento. Nessuno può aspettarsi un cambio radicale in nessun aspetto, la rosa è quella che è, anche se possiamo variare il modulo di gioco».

Quindi, al netto di qualche lieve cambiamento, ad esempio nei movimenti degli attaccanti, dovuti principalmente alle diverse caratteristiche dei nuovi arrivati (per approfondire: Ecos del Balón ha dedicato un podcast all’argomento), il Villarreal di Fran Escribá nei principi di gioco si è conservato molto simile al Villarreal di Marcelino. E, se volete, si è conservata un’affinità stilistica con le squadre di Giampiero Ventura, allenate sugli stessi principi, anche se la Nazionale italiana gioca con il 3-5-2 i princìpi sono quelli del suo Pisa, del suo Bari e del primo Torino, schierati con lo stesso 4-4-2 del Villareal.

Il collegamento tra Villareal e Nazionale, tra Marcelino, Escribá e Ventura, è necessario per introdurvi all’argomento che voglio trattare: Nicola Sansone.

Cilentano nato e cresciuto in Baviera, Sansone è stato il primo beneficiario di questa continuità tattica tra club e Nazionale. Lui viene da quella scuola italiana del 4-3-3 tutta organizzazione difensiva, catene laterali e inserimenti dei centrocampisti (quella di Pioli, di Donadoni e Di Francesco, che l’hanno allenato negli ultimi cinque anni) e ritorna in Nazionale proprio nei giorni in cui l’antagonismo tra il modello di gioco del Sassuolo e quello ormai impiantato nella Nazionale ha assunto i contorni della rivalità («poi il Milan è pieno di nazionali mentre noi non abbiamo neanche un nazionale perché siamo piccolini...» ha detto Di Francesco, nostro signore delle frecciate polemiche).

Da dove viene

Sansone in Italia era una classica ala sinistra a piede invertito, quasi robotico nell’applicazione dei movimenti senza palla e abituato a concedersi gesti estemporanei di grande qualità (come questa punizione segnata alla Juventus). In Spagna è rimasto lo stesso tipo di giocatore, ma in un contesto diverso ha saputo brillantemente adattarsi per giocare anche da attaccante centrale. Nel sistema del “Submarino", Sansone deve preoccuparsi di essere sempre disponibile per la ricezione e di monitorare la palla per decidere se attaccare la profondità o provare a giocare d’anticipo in contro e far guadagnare metri alla squadra.

Nell’azione del primo gol alla Real Sociedad, emerge la qualità eccelsa di Sansone nei movimenti senza palla. Occupa lo spazio tra terzino e difensore centrale, cambia tre volte traiettoria e si mette nella posizione migliore per calciare di destro. Poi il tiro è fiacchissimo e centrale, ma ormai Rulli ci ha rinunciato. I tagli alle spalle della difesa rappresentano l'aspetto del gioco che meglio è riuscito a traslare nel campionato spagnolo, in cui affronta spesso linee difensive alte sul campo. Con la palla tra i piedi, però, cambia radicalmente registro: esplicativa l'azione contro il Malaga in cui, trovatosi da solo di fronte a Kameni, si incarta due volte su sé stesso prima di sparargliela sui piedi.

Sansone avrebbe sofferto se schierato sulla fascia del Villareal, perché non brilla né nella conduzionenella protezione, né ha la rapidità per vincere i duelli individuali. Che potesse riciclarsi in un contesto diverso dall’unico in cui l’avevamo visto operare l’ha intuito per primo Marcelino, che ha scelto di reinvestirci parte dei soldi ricavati dalla cessione di Bailly: «Vedo Sansone più come un attaccante, anche se può giocare sulle fasce o come seconda punta. È un ragazzo che può segnare molti gol, con una notevole qualità tecnica, sa legare bene i reparti e creare squilibri, oltre a essere ottimamente complementare con quello che già abbiamo in rosa».

Così, Sansone è diventato il quarto acquisto più caro della storia del Villarreal, posizionandosi con i 13 milioni del suo cartellino sopra Riquelme, fermo a 10 (sopra di lui solo Soldado, Nilmar e Roberto Soriano). Di fronte alla perplessità per un simile investimento, e alle domande sulla compatibilità tattica, Marcelino ha risposto con le idee chiare: «Non sappiamo come reagirebbe se giocasse sulla fascia. Non è lo stesso giocare sulla fascia in un 4-4-2 o in un 4-3-3, perché innanzitutto le richieste difensive aumentano moltissimo e noi non vogliamo che perda il suo potenziale offensivo. Lo scopriremo vedendolo».

Dove sta andando

In effetti, come ha sottolineato Marcelino, Sansone non è un buon difensore, non è neanche un difensore “buono per essere un attaccante”. Ha una struttura da ottimo corridore, è un fine lettore di linee di passaggio, ogni tanto ha dei colpi da vero “maestro” (come il gol da 53 metri segnato sempre alla Real Sociedad) ma il talento difensivo è meno del minimo sindacale. Non che non si sacrifichi, o che perda l’uomo assegnato, ma si fa saltare sempre, e sempre con grande facilità.

In parte è colpa del fisico sottodimensionato, che paga anche quando va a sbattere sui difensori avversari, quando prova ad anticiparli e non regge l’impatto, quando dopo un buon taglio si fa recuperare sulla corsa e poi bruciare in scivolata. A causa della struttura fisica esile, è facile che si trovi senza equilibrio, soprattutto in seguito a una palla persa, e che finisca per subire dribbling abbastanza elementari.

D’altra parte, la densità centrale del Villarreal si può permettere anche questo. A volte Sansone si limita a dettare il passaggio, poi inciampare sul diretto marcatore e comunque il Villareal riesce ad accorciare nella zona della respinta e arrivare per primo sulla seconda palla.

Dopo cinque anni spesi nel rigido apprendistato della Serie A, Nicola Sansone è riuscito a ritagliarsi una dimensione da giocatore di alto livello - o, quanto meno, utile alla causa di una squadra di alto livello.

Al Villarreal ha trovato un nuovo ruolo, un nuovo sistema di gioco, una nuova cassa di risonanza per i suoi gol pazzeschi, e tutto questo lo ha spinto nella direzione di Giampiero Ventura, che l’ha riaccolto in Nazionale dopo l’esordio nel giugno 2015, in amichevole contro il Portogallo.

Nel sistema dell’Italia Sansone potrebbe occupare la casella vicina a un attaccante con una stazza superiore come Pellè o Belotti, pur non avendo l’intelligenza negli spazi stretti di Éder o la finalizzazione di Immobile. Ventura però guadagna una riserva che può fare un po’ di tutto, sfibrando le difese avversarie con un continuo lavoro ai fianchi di grande qualità.

Al Villarreal Sansone ha imparato la ricetta dell’attaccante completo: muoversi, muoversi senza palla, muoversi prima degli altri. Poi se le conclusioni saranno imprecise, c’è sempre la ribattuta, e se anche quella va male, c’è sempre qualche jolly da giocarsi con un tiro assurdo da lontano.

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