Il basket USA è una miniera di giocate insensate, intese come quelle azioni che perfino nel contesto più competitivo del mondo spiccano per originalità, esecuzione, ma soprattutto capacità di piegare la logica. Certe cose, molto semplicemente, non sarebbero dovute andare così ma lo hanno fatto. Qui ne abbiamo fatto una selezione, ben consapevoli che moltissime altre giocate sono rimaste fuori (segnalatecele!) ma che, per la portata storica o la semplice spettacolarità del gesto, sono rimaste nei nostri cuori e nelle nostre memorie negli ultimi 12 mesi.
10) DeRozan si appende in camera il poster su Gobert
Quello che rende così incredibile la pallacanestro NBA è che in ogni istante può succedere qualcosa di assolutamente incredibile. Prendete l’inizio di questa azione: DeMar DeRozan riceve un normalissimo ribaltamento di lato e si appresta ad attaccare Gordon Hayward per l’ennesimo uno-contro-uno della sua carriera, ma gli basta un decimo di secondo per prendere un passo di vantaggio e lanciarsi verso il canestro con un’accelerazione da zero a cento degna di una Formula Uno. Da lì in poi gli bastano due palleggi per prendere velocità e presentarsi all’appuntamento per il frontale con Rudy Gobert. Ecco, quello che rende questo poster migliore rispetto a tanti altri è la qualità dell’avversario posterizzato, perché Gobert non lo si può comprendere finché non lo si è visto dal vivo — e credetemi, è veramente grosso.
9) Isaiah Thomas ha gli occhi dietro la fascetta
Ogni giocata che Isaiah Thomas fa su un campo da basket NBA ha un qualcosa di insensato. Anzi, riformulo: la presenza stessa di Isaiah Thomas su un campo da basket NBA è insensata. Uno che arriva a malapena al metro e settantacinque non dovrebbe essere in grado di fare le cose che fa Thomas, così come in questa occasione non dovrebbe essere in grado di vedere Jae Crowder dopo essersi buttato in mezzo alla difesa dei Bucks, una selva selvaggia di wingspan e atletismo in grado di inibire l’attacco dei Celtics per 15 secondi abbondanti. Normalmente uno dovrebbe essere in grado di fare quel passaggio perché talmente alto da vedere “sopra” le difese: Isaiah Thomas invece vede sotto e dietro, e fa cadere il pallone esattamente tra le mani di Crowder con una parabola dolcissima.
8) LeBron James ha un paio di occhi extra, ma nessuno sa dove siano
La prossima volta che un vostro amico, un conoscente, un tizio a caso su Facebook, un troll su Twitter o un passante qualsiasi dirà “LeBron-James-è-solo-fisico-e-fa-sempre-passi”, voi ricordatevi di questo Vine, chiedetegli di pazientare un secondo, tirate fuori lo smartphone, attendete che si carichino i 6 secondi del video e poi, con un sorriso serafico, mostrategli questo passaggio dicendo solo: “Quante cose che ti sei perso nella vita”.
7) Larry Nance Jr. cita Space Jam
Essere figlio d’arte non è facile.
Essere figlio d’arte del primo vincitore della gara delle schiacciate non è per niente facile.
Essere figlio d’arte del primo vincitore della gara delle schiacciate e riuscire a crearsi una reputazione tale da raggiungere o anche superare quanto fatto da papà è unico.
Il fatto che Larry Nance Jr. sia riuscito a chiudere questa schiacciata pur essendo a tipo due metri dal canestro lo rende la cosa più simile a Michael Jordan che allunga il braccio alla fine di Space Jam che si sia vista da vent’anni a questa parte. Non aveva aggrappati tutti i Monstars alle terga, ma il peso dell’etichetta del figlio d’arte sì. E anche per questo è la schiacciata dell’anno. (PS. Anthony Bennett dove vai :| )
6)Kris Jenkins scrive la Storia
Una finale NCAA è speciale per definizione, ma una finale NCAA che si conclude con un buzzer beater da 8 metri diventa istantaneamente leggenda. Qui la portata di insensatezza è data soprattutto dal modo in cui la difesa di North Carolina si dimentica totalmente di Kris Jenkins, l’uomo che aveva fatto la rimessa — ma non sono forse gli errori di questi giovani giocatori a rendere il college basket quello che è? Gli errori e le emozioni più pure che riesce a tirare fuori alle persone, che si possono vedere da questo video.
5) Steph Curry piega la realtà al suo volere
In un’epoca in cui tutto l’archivio storico di ciò che è successo è a portata di qualche click, è incredibile osservare come la gente si sia quasi dimenticata — o, per meglio dire, stancata — di Steph Curry. Eppure quando ha messo a segno questo canestro per vincere all’overtime contro OKC c’era gente pronta a gettarsi ai suoi piedi e a eleggerlo capo dell’umanità — e stiamo parlando di fine febbraio 2016, non del 1942. Sì, le Finali. Sì, il ginocchio. Sì, la moglie sui social. Sì, nella partita di Natale ha giocato male. Sì, ma uno che fa queste cose con questa fiducia nei propri mezzi passa una volta ogni tanto. Come questa cometa che ha lasciato andare da appena oltre la metà campo, che rimane uno dei momenti più incredibili di tutto l’anno appena passato. Vorrei poter tornare indietro nel tempo e poter dire a tutti: “Vi rendete conto che a fine dicembre arriverete ad odiare questo qui?”.
4) Aaron Gordon reinventa la gara delle schiacciate
Tra le tante cose per cui dovremmo ricordare il 2016, il ritorno in grandissimo stile della Gara delle Schiacciate dovrebbe occupare uno dei primi posti. Dopo anni a sentirci dire che non si poteva inventare più niente, che tutto era già stato fatto e che la gara non aveva più senso, Aaron Gordon se ne è uscito con questa rivisitazione della schiacciata-sopra-la-mascotte facendosi passare la palla sotto le gambe unite. Un gesto tecnico che sarebbe difficile per un saltatore in alto e che invece lui fa con una facilità quasi vergognosa, tenendo la schiena piegata in avanti e riuscendo a far passare il pallone da una mano all’altra come fosse un’arancia. Anche fare una sola di queste cose sarebbe complicato: farle tutte assieme è assolutamente insensato.
3) Klay Thompson mette a ferro e fuoco Oklahoma City
Nel corso degli ultimi anni Klay Thompson ci ha abituati a esplosioni al tiro improvvise in grado di radere al suolo tanto le difese avversario quanto la logica che governa questo mondo: i 37 punti in un quarto con 13/13 al tiro contro Sacramento, i ben più recenti 60 punti in 29 minuti contro Indiana, svariate altre escursioni sopra i 40 in cui ogni cosa che tocca si trasforma in una palla di fuoco da lanciare il più in fretta possibile verso il canestro. Ma le 11 triple segnate in gara-6 contro Oklahoma City hanno cambiato il corso stesso della storia dei Golden State Warriors, che se avessero perso quella partita non solo avrebbero mancato l’appuntamento con la finale (con tutta una serie di conseguenze interne che non si possono prevedere), ma neanche sarebbero arrivati a prendere Kevin Durant (che sarebbe rimasto a OKC). Se vi va di rivedere quei canestri, fate attenzione al punteggio delle cinque segnate nell’ultimo quarto: gli Warriors si trovano sempre tra il -8 e il -7, lì lì per subire un mini-parziale e affogare sotto una doppia cifra di svantaggio. Invece quei canestri — uno più insensato e veloce dell’altro fino a quello del definitivo sorpasso, ça va sans dire — li hanno tenuti a galla come una scialuppa aiuta un naufrago ad affrontare il mare in tempesta. Prima o poi qualcuno scriverà una oral history su questa partita e su questa prestazione e sarà bellissimo.
2) Kyrie Irving: The Shot
In questo pezzo su cui vi invito a cliccare, il Wall Street Journal ha definito quello di Kyrie Irving “The Biggest Shot in NBA History”, dato che secondo i loro calcoli ha cambiato il risultato finale del titolo - e quindi delle carriere della maggior parte delle persone coinvolte - del 32%. Il tiro in sé e per sé non è nemmeno così difficile per uno come Kyrie: certo, l’importanza del momento lo rende di un peso specifico incalcolabile, ma quante altre volte ci è capitato di vedere Irving isolarsi su un quarto di campo e segnare per una tripla contestata? Quello che fa la differenza - e fa capire che si tratta di un momento veramente speciale - è il modo in cui Kyrie salta quei cinque-dieci centimetri più del solito e allunga ulteriormente gli addominali per guadagnare l’elevazione necessaria e rendere inutile la mano protesa di Curry (che peraltro aveva fatto un lavoro egregio). A certi livelli, sono i dettagli che fanno la differenza. Quei due, insieme a mille altri fattori (a partire da Tyronn Lue che disegna la rimessa per lui, tanto è vero che dopo il tiro Kyrie si gira e lo indica), hanno deciso il tiro più importante dell’anno.
1) LeBron James non arriva in ritardo all’appuntamento col destino
Se cercate una spiegazione scientifica a questa giocata, potete provare con questo video di Sports Science. Se ne cercate una storica, possiamo dire che è la giocata definitiva di tutta la carriera di LeBron James. Se ne cercate una logica, semplicemente non c’è. Ormai l’avrete vista e rivista milioni di volte, ma se c’è una cosa che mi sento di sottolineare, è la capacità di LeBron di reagire e cambiare obiettivo della giocata in tempo infinitesimale da Curry a Iguodala, come noi potremmo spostare il mirino quando giochiamo a uno sparatutto semplicemente schiacciando un tasto sul joypad. Solo che quelle sono impostazioni assistite dei videogiochi, non l’appuntamento col proprio destino. Almeno una volta nella vita tutti dovremmo provare cosa si sente a essere all’interno del corpo di LeBron James, cosa vuol dire poter scaricare a terra tutti quei cavalli nell’accorciare i passi per prendere il tempo e salire per stoppare quel tiro. Forse la tecnologia ci aiuterà anche in questo, forse in un futuro non troppo lontano la realtà virtuale ci permetterà di sentirci delle macchine da guerra su un campo da basket. Fino a quel momento, possiamo semplicemente guardare e riguardare la giocata più insensata del 2016.