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Foto di Clive Mason / Getty
Fondamentali Flavio Fusi 23 gennaio 2017 5'

Le fatiche di Guardiola

Contro il Tottenham di Pochettino, il City sembra ritrovare la certezza del proprio gioco, ma è ancora troppo vulnerabile.

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Tra dichiarazioni shock, strisce di risultati incoerenti e scelte di formazione non sempre felici, l’avventura di Guardiola in Premier League è cominciata in mezzo a mille difficoltà. Eppure, nonostante il Chelsea sembri ormai troppo lontano, non tutto è perduto per il Manchester City: il resto delle prime sei posizioni è ancora ampiamente in discussione. In questo senso la gara dell’Ethiad Stadium contro il Tottenham di Pochettino era importante anche per ragioni di classifica, ma la sfida aveva ancora più valore sul piano simbolico: era l’occasione per il City di rispondere alle critiche piovute dopo il 4-0 subito dall’Everton, la sconfitta più pesante nella carriera di Guardiola.

 

Abbandonato il fallimentare rombo visto a Goodison Park, l’allenatore catalano è tornato al 4-1-4-1, ancora con Yaya Touré nel delicato ruolo di pivote davanti alla difesa (in assenza di Gündogan e Fernandinho, e con Fernando recuperato ma solo per sedere in panchina) e Agüero da unico centravanti, con Sterling e Sané ai lati.

 

Il Tottenham di Pochettino era forte di sette vittorie consecutive tra campionato ed FA Cup, ed è sceso in campo con un 3-4-2-1 in cui Wimmer ha completato la difesa (vincendo il ballottaggio con Davies) con Alderweireld e Dier. Al centro del campo Dembele e Wanyama, con Walker e Rose larghi in posizione di fluidificanti, e i soliti Eriksen e Alli alle spalle di Harry Kane.
 

 

Guardiola scardina il pressing degli “Spurs”

 

Nel primo tempo il City ha avuto un netto predominio territoriale e ha controllato la partita con il pallone, anche se il pressing del Tottenham – con tre uomini che volevano negare l’accesso al centro del campo – ha fatto sì che la squadra di Manchester variasse il proprio approccio alla fase di uscita.

 

Touré si posizionava davanti ai centrali, mentre lo stesso Bravo era spesso coinvolto in prima persona, formando una sorta di rombo. La manovra però passava spesso e volentieri dai terzini, che nella contrapposizione tattica con il 3-4-2-1 del Tottenham (in fase difensiva si riorganizzava a cinque nel reparto arretrato) si trovavano liberi abbastanza spesso.

 

Non sempre le uscite sono state stilisticamente perfette, ma sempre efficaci nel superare la prima linea di pressione del Tottenham. Nel farlo i “Citizens” non hanno disdegnato nemmeno soluzioni più dirette, con palloni lunghi giocati sulle fasce oppure sulle mezzali, spesso abili a smarcarsi nello spazio tra il centrocampo e la difesa degli “Spurs”.

 

 

Passando dalle corsie i difensori del City disinnescano il pressing del Tottenham, poco compatto e vulnerabile agli inserimenti.

 

I frequenti tagli verso la profondità degli esterni offensivi, e gli inserimenti delle mezzali, hanno creato diversi problemi alla difesa a cinque del Tottenham, in difficoltà a difendere ampiezza e profondità in contemporanea.

 

Una strategia offensiva facilitata dagli intelligenti movimenti di Agüero – magistrale a facilitare i compagni con naturalezza – e dalle uscite dei fluidificanti del Tottenham, costretti ad andare su Zabaleta e Clichy e a lasciare spazio tra loro e i centrali di fascia.

 
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I continui tagli verso il centro degli esterni offensivi del Manchester City sono stati un fattore determinante, soprattutto quando gli Spurs difendevano con una linea a cinque. Qui sono sia Sterling che Sané a convergere.

 

La difesa a cinque degli “Spurs” non li aiutava nemmeno nelle transizioni: il Tottenham era spesso costretto a partire molto in basso, esponendosi al gegenpressing del City. Non avere a disposizione l’arma del contropiede ha tolto la possibilità di sfruttare il fatto che spesso rimanevano solo Touré e i centrali Otamendi e Kolarov in difesa. Kane era troppo isolato per rappresentare una minaccia concreta e le trappole di fuorigioco sono scattate quasi sempre con i tempi giusti.

 

Ma ancor più decisivo è stato pressing del City, che ha permesso di creare occasioni pericolose, causando l’ammonizione sia di Wimmer che di Dier.

 

 

 

I paradossi del secondo tempo

 

Stabilito di aver sbagliato la lettura della gara, Pochettino ha deciso di cambiare sistema di gioco, passando al 4-2-3-1 dopo metà del primo tempo. Dier è avanzato a centrocampo e con due esterni per fascia il Tottenham ha avuto maggiori possibilità di difendere l’ampiezza.

 

Il City ha comunque continuato a mostrare la propria superiorità dal punto di vista del gioco, anche se non è riuscito a segnare. Il cambio di Pochettino ha iniziato a portare reali benefici dall’inizio del secondo tempo, quando il Tottenham è sembrato maggiormente in grado di rispondere agli attacchi del City. Paradossalmente, però, è stato il City a passare in vantaggio dopo cinque minuti della seconda frazione: su un lancio – come sempre splendido per precisione, visione e velocità – di De Bruyne, Sané ha sfruttato l’errore in uscita di Lloris, che nel tentativo di allontanare il pallone di testa lo ha messo davanti alla porta.

 

Dopo altri cinque minuti è arrivato persino il raddoppio, con il portiere francese che su un cross di Sterling che nessun avversario era abbastanza vicino da contendergli si è fatto sfuggire la palla, permettendo a De Bruyne di spingere il pallone in rete.

 

Insomma, il City che per quanto prodotto avrebbe potuto chiudere i primi 45 minuti persino in doppio vantaggio, è riuscito ad andare sul 2-0 proprio nel momento in cui l’inerzia della gara sembrava a favore del Tottenham (che intanto ha inserito Son per Wimmer, con Dier nuovamente scalato in difesa). A quel punto, quando il City sembrava avviarsi verso una vittoria fondamentale, l’andamento della partita è continuato nella sua stranezza, e il Tottenham è riuscito a riportare il risultato in parità.

 

Continuando con i paradossi: gli “Spurs” hanno trovato più giocate tra le linee con il 4-2-3-1, rispetto ai minuti in cui avevano due trequartisti centrali. È stato proprio un passaggio filtrante (di Alderweireld) a disorganizzare la linea difensiva del City, che, dopo aver inizialmente recuperato, ha poi clamorosamente lasciato Alli libero di inserirsi. E a dieci minuti dal termine è arrivato anche il gol del pareggio, con una grande azione partita sul centro-destra. Un passaggio di Dembele per Eriksen, piccola pausa, dribbling, hockey pass per Kane e assist di tacco per Son.

 

 

Nei minuti finali c’è stato il tempo per vedere il positivo esordio di Gabriel Jesus, che si è persino visto annullare un gol per fuorigioco, ma il risultato non è più cambiato.

 

La rimonta subita dal City è un duro colpo, soprattutto perché i due punti avrebbero permesso agli uomini di Guardiola di riprendere contatto con la zona Champions.

 

Pep se l’è presa con l’imprecisione dei suoi attaccanti, e in effetti i Citizens hanno segnato 2 gol a fronte di 17 tiri e 3,37 xG generati: probabilmente la sua squadra non ha ancora la consapevolezza per difendere il vantaggio con autorevolezza. Ma è vero anche che la vulnerabilità del City, sempre colpito alla prima occasione, lo costringe a segnare il più possibile per scongiurare le rimonte avversarie.

 

Dall’altra parte Pochettino ha ammesso con onestà che «il City è stato migliore» ma «a volte nel calcio, semplicemente non vinci».

 

 

Tags : manchester citypremier league 2016/17Tottenham

Flavio Fusi è nato nel 1993 e vive ad Arezzo. Laureato in Management, lavora per una startup tech e collabora anche con il sito di analytics StatsBomb.

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