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Le due facce della Roma in Europa
13 feb 2019
13 feb 2019
Nella vittoria con il Porto, la Roma ha dimostrato tutta la propria emotività.
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Se si prendono in considerazione le partite di Champions League giocate in casa dalla Roma di Di Francesco, compresa la vittoria di ieri sul Porto, e le si comparano con quelle in campionato, la differenza è netta. In Champions League, all’Olimpico, la Roma ha raccolto l’83,3% dei punti potenzialmente disponibili: 8 vittorie, un pareggio e una sconfitta; mentre in Serie A la percentuale di questi due anni scende al 51,1%: 17 vittorie, 6 pareggi e 7 sconfitte.

 

Certo, influisce la differente grandezza dei due campioni statistici, ma la differenza è talmente marcata che è naturale chiedersi quanto cambia la squadra di Di Francesco, sul piano della concentrazione e dell’intensità mentale, una volta che si è concluso l’inno della Champions League. Dopo il 2-1 di ieri contro il Porto, l’impressione che negli ultimi due anni tra questa Roma e la Champions League ci sia un rapporto speciale, per quanto sia irrazionale, ne esce rafforzata.

 


La

di Di Francesco, d’altra parte, è esattamente quel tipo di squadra che ha bisogno di giocare sempre al massimo della concentrazione. Con un equilibrio mentale sottile, che può essere spezzato in un senso o nell’altro, trasformandosi in esaltazione o depressione in qualsiasi momento. Ieri, il momento decisivo è stato l’infortunio di Yacine Brahimi, intorno al 68esimo del secondo tempo.

 

Fino a quel momento era stata una partita molto fisica, equilibrata e senza troppi acuti. La Roma aveva sofferto la capacità del Porto di occupare gli spazi in fase di non possesso, facendo salire il proprio baricentro gradualmente ad ogni passaggio all’indietro, ma senza scomporre la struttura posizionale della squadra. Le uniche occasioni in cui era riuscita a sfondare erano state quelle in cui Zaniolo aveva ricevuto palla nel mezzo spazio di sinistra, alle spalle di Herrera; oppure con una fortunosa conduzione palla al piede di Fazio, che con un assist di scavino ha permesso a Dzeko di colpire un palo in area.

 

Va detto che il Porto era stato ancora meno pericoloso, con Fernando e Tiquinho facilmente controllati dai due centrali giallorossi. L’unica occasione era arrivata su calcio d’angolo: un cross perfetto di Telles, che aveva messo Danilo Pereira nelle condizioni di colpire di testa alle spalle di Cristante, a pochi metri dalla porta.

 


Il dato finale sugli Expected Goals è piuttosto eloquente, sia la squadra di Di Francesco (1.2 xG a fronte dei 2 gol realizzati) che quella di Sérgio Conceição (0.5xG - 1 gol) hanno raccolto più di quanto seminato.


 

Come detto, l’equilibrio si è rotto dopo l’infortunio di Brahimi: con l’algerino a terra - letteralmente, scatenando le proteste più o meno giustificate della panchina portoghese - la Roma è riuscita a creare un’occasione pericolosa con un cross un po’ casuale di Cristante, che ha portato a un tiro al volo dentro l’area di rigore Pellegrini. E forse il litigio tra Conceição e Di Francesco a bordocampo, oltre ad aver acceso lo stadio, è riuscito anche a caricare la squadra giallorossa con un’energia mentale diversa.

 

Ovviamente è impossibile dare un peso reale a episodi del genere, ma non sembra del tutto un caso che il gol dell’1-0 di Zaniolo sia arrivato circa tre minuti dopo. L’intera azione che porta al primo gol è una sequela di gesti tecnici e fisici eccezionali, il culmine di un momento in cui i giocatori di Di Francesco sembravano giocare in uno stato mentale in grado di fargli superare i limiti contingenti.

 

L’azione comincia con una seconda palla raccolta e controllata miracolosamente da Pellegrini con un tocco elegantissimo di esterno, mentre è circondato addirittura da cinque avversari e sembra non avere linee di passaggio pulite: quando Pellegrini pensa di aprire a destra, con un lob dolcissimo, verso la corsa di Florenzi, il terzino della Roma non è nemmeno nell’inquadratura.

 



 

Florenzi, poi, prova a servire in diagonale Dzeko, che però viene anticipato da Pepe. La palla torna sulla trequarti, e questa volta è De Rossi a fare qualcosa di eccezionale, almeno relativamente alle sue capacità fisiche: la palla sembra destinata ad innescare il contropiede del Porto, ma il regista della Roma accorcia sul pallone con una prontezza fisica sorprendente, anticipando l’avversario e dando continuità all’azione giallorossa.

 

Ancora una volta, per apprezzare a pieno lo sforzo di De Rossi, è interessante notare che anche lui è fuori inquadratura nel momento in cui la palla è ancora potenzialmente nella disponibilità dell’avversario.

 



 

La palla arriva sulla fascia sinistra, da Kolarov, dopo uno scambio con El Shaarawy che gli serve un passaggio troppo lento: il cross del terzino serbo viene ribattuto da Militão. Questa volta è Fazio ad accorciare in avanti, anticipando Otavio e provando addirittura a lanciarsi sulla fascia.

 



 

Dal fallo laterale guadagnato da Fazio nascerà il gol di Zaniolo, dopo un cross di El Shaarawy e un controllo magistrale in mezzo all’area di Dzeko, che ieri ha dato prova ancora una volta di una classe fuori dal tempo. Anche in questo caso è interessante notare come Dzeko per addomesticare il pallone debba rimediare a un primo tocco non precisissimo, che gli manda la palla addirittura sul petto, ma poi è rapidissimo a servire Zaniolo sul lato debole.

 

L’assist immediato del bosniaco, nonostante la pressione di Pepe alle spalle, è il penultimo di una serie continua di gesti individuali che denotano freschezza e concentrazione mentale, che hanno portato la Roma su un livello tecnico e fisico che spesso, soprattutto in campionato, non sembra più il suo. A chiudere la serie, il tiro di Zaniolo, una frustata successiva a un controllo mancato a metà, che ha allargato la palla stringendo la porzione di specchio libero. Ma in qualche modo Zaniolo ha trovato lo spazio giusto dove farla passare.

 


Di Francesco dice spesso che la Roma ha bisogno di prendere uno “schiaffo” per poter dare il massimo. Ma se questo è vero - e dopo quanto descritto sopra sembrerebbe esserlo - è incredibilmente vero anche il contrario. Nei momenti di maggiore esaltazione e apparente controllo sulla partita, infatti, la Roma vive degli inspiegabili momenti di pausa, delle paralisi temporanee, come se avesse bisogno di fermarsi a respirare dopo una lunga apnea.

 

Ad esempio, il pesantissimo 2-1 del Porto è arrivato appena due minuti dopo il raddoppio di Zaniolo (altro momento di grande esaltazione, con Dzeko che ha condotto palla per tutta la metà campo avversaria e colpito il palo con un precisissimo diagonale rasoterra da fuori area). Come molti hanno notato, la Roma è stata sfortunata: un tiro sbilenco di Tiquinho si è trasformato nell’assist per Adriàn Lòpez. Ma la Roma ha rischiato di subire il pareggio immediatamente anche dopo il primo gol.

 

Nell’immagine sotto, la squadra di Di Francesco al primo possesso avversario dopo essere passata in vantaggio.

 



 

La Roma in pochi secondi ha abbassato dieci giocatori negli ultimi 25 metri, portando la difesa dentro l’area di rigore, con De Rossi che è finito davanti a Manolas.

 

Da questa situazione il Porto riuscirà a mandare al tiro Tiquinho all’incirca all’altezza del dischetto del rigore, e il gol sarà sventato solamente dal provvidenziale intervento di Fazio.

 



 

Questa sopra, invece, è l’istantanea del lancio da cui nasce il gol del 2-1, con la Roma di nuovo alta e ben sistemata sul campo. La difesa deve gestire solo il movimento in profondità di Adrian Lopez (teoricamente un tre contro uno), ma Manolas è distratto e si fa bruciare alle spalle.

 

Poi, sia Fazio che De Rossi sono lenti ad accorciare sul pallone e Tiquinho può colpire fronte alla porta al limite dell’area: se avesse segnato sotto l’incrocio dei pali colpendo di collo pieno avremmo comunque parlato di fortuna?

 



 

Ovviamente, una prodezza balistica del genere non c’è da aspettarsela dal legnoso attaccante del Porto, ma si presume che se la Roma andrà avanti in Champions League avrà sempre più chance di incontrare giocatori capaci di gesti tecnici simili. E in quel caso non servirà a niente prendersela con la sorte.

 

Al momento, insomma, la Roma sembra riuscire a superare i propri limiti tecnici e tattici ricorrendo ad uno sforzo mentale eccezionale, in momenti particolari che, a quanto pare, riesce a vivere nelle notte magiche di Champions League, con l’Olimpico pieno e l’epica dell’impresa a soffiare alle sue spalle. Con in testa, forse, la cavalcata dello scorso anno e il miracolo della rimonta contro il Barcellona.

 

Ma già a partire dalla partita di ritorno, con uno stadio ostile contro e il Porto costretto a segnare per passare il turno, alla squadra di Di Francesco servirà qualcosa di diverso: freddezza, calma, sicurezza nei propri mezzi, capacità di gestire la partita. Scopriremo in Portogallo se la Roma 2018-19 è capace anche di questo.

 

 

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