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Le contraddizioni del Milan, gli sprechi della Lazio
14 feb 2017
Montella sceglie un Milan più prudente e viene premiato dall'imprecisione della squadra di Inzaghi.
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7 min
(copertina)
Foto di Paolo Bruno / Getty
(copertina) Foto di Paolo Bruno / Getty
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Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Nelle ultime settimane il Milan ha dovuto affrontare una crisi di risultati – tre sconfitte consecutive contro Napoli, Udinese e Sampdoria – che l’ha fatto scivolare fuori dalla zona Europa. Un paradosso, considerato che in questo stesso periodo sembra essersi accorciata la distanza tra le idee di Vincenzo Montella e il gioco mostrato dalla squadra, riequilibrato solo in parte dalla vittoria in 9 contro 11 a Bologna, che ha interrotto la striscia di risultati negativi aggiungendo quel pizzico di epicità utile a rilanciare le ambizioni rossonere. Per questo la partita contro la Lazio, una diretta rivale per un piazzamento europeo, in un certo senso avrebbe fatto da test della verità sulle reali possibilità della squadra rossonera.

Per la prima volta in stagione Montella ha mandato in panchina sia Carlos Bacca che Gianluca Lapadula, schierando Gerard Deulofeu da falso nove e completando il tridente con Suso e Lucas Ocampos, all’esordio da titolare. Il Milan, cioè, ha giocato una partita chiave per il proprio campionato con una formazione sperimentale.

Ma ancora più della scelta degli uomini è stata sorprendente la strategia pensata da Montella: il tecnico rossonero ha deciso di tornare sui suoi passi rinunciando all’aggressività, e al tentativo di controllo della partita attraverso il pallone, per riproporre la squadra prudente e dalle combinazioni codificate capace nei mesi scorsi di superare ogni aspettativa e di arrivare molto vicina alla Juventus. Proprio per ribaltare il paradosso di cui sopra: il Milan migliore in stagione è stato quello che ha raccolto meno punti; Montella ha deciso di tornare al paradosso precedente: un Milan meno bello ma più vincente.

Si sono così rivisti gli accorgimenti abbandonati nell’ultimo periodo: la rotazione del triangolo di centrocampo in fase di non possesso per marcare il mediano avversario (Poli su Biglia, con Locatelli e Pasalic a formare la coppia di mediani in protezione della difesa); la circolazione bassa e sicura, che punta a consolidare il possesso più che a risalire il campo in maniera graduale, in attesa della verticalizzazione o del cambio di gioco che inneschi la fase di rifinitura.

Vecchi pregi, ma anche vecchi difetti

Contestualmente, però, sono riemersi gli antichi difetti: l’atteggiamento fin troppo passivo in fase di non possesso, che delega eccessive responsabilità alle iniziative individuali per recuperare la palla, e la difficoltà a collegare i reparti per dare il via alle combinazioni in verticale con cui risalire il campo.

La Lazio, che pure pressava in maniera occasionale il primo possesso del Milan (e quando l’ha fatto non è stata precisa), riusciva a ostruire agevolmente il passaggio dalla fase di costruzione bassa a quella di rifinitura con le solite uscite dei centrocampisti – la mezzala che si alza sul portatore di palla, i compagni che scalano di conseguenza – e l’aggressività di Basta e Radu su Ocampos (o Deulofeu, quando lo spagnolo scambiava la posizione con l’ex Genoa) e Suso.

La circolazione del Milan era troppo lenta per approfittare dello spazio concesso ai lati di Biglia dalle uscite di Parolo e Milinkovic-Savic e oltretutto la posizione prudente di Abate, vicina ai centrali di difesa per ostacolare i tentativi di ripartenza della Lazio, rendeva più semplice controllare Suso, il giocatore da cui dipende gran parte della pericolosità del Milan.

Suso non doveva soltanto affrontare la marcatura aggressiva di Radu, sempre pronto a uscire sullo spagnolo, anche in zone piuttosto profonde, ma una volta portatosi il pallone sul sinistro veniva raddoppiato da Milinkovic-Savic o Biglia, che ne seguiva oltretutto i frequenti tagli verso il centro.

La strategia studiata da Simone Inzaghi per limitare Suso è stata la ragione principale della scarsa pericolosità del Milan: 9 tiri in tutto, 4 dei quali da fuori area, per un misero 0,3 nel conto degli Expected Goals.

Montella, al contrario, non ha avuto successo nell’arginare i punti di forza della Lazio e la scelta di difendere con maggiore prudenza, limitando le azioni di pressing e abbassando il baricentro per non dare profondità al tridente non è servita ad annullare i vari mismatch su cui la Lazio ha costruito l’ottimo campionato disputato finora: i cambi di gioco a isolare Keita e Felipe Anderson; le verticalizzazioni dalla difesa alla trequarti per attivare immediatamente Keita o Felipe Anderson e affidarsi alle loro corse palla al piede per risalire il campo; i lanci lunghi su Milinkovic-Savic.

Senza contare i pericoli creati da calcio piazzato, con l’occasione sprecata da Hoedt che rappresenta il picco degli errori biancocelesti sotto porta.

La squadra di Inzaghi ha bombardato il Milan per 45 minuti – 16 conclusioni, la metà delle quali nello specchio della porta – ma è andata in vantaggio soltanto su rigore pochi secondi prima dell’intervallo. Vangioni ha prima perso la palla con un passaggio impreciso verso Pasalic poi è stato bruciato da Felipe Anderson: la rappresentazione plastica delle difficoltà milaniste nella costruzione della manovra, del controllo difensivo esercitato dalla Lazio e dei continui mismatch creati per attaccare il Milan – e quello tra Vangioni e Felipe Anderson è stato uno dei più frequenti della partita.

Una volta passata in vantaggio, la Lazio ha potuto recitare il copione preferito: occupazione della propria metà campo per aprire gli spazi in cui far correre Felipe Anderson, Immobile e Keita in contropiede. Il Milan è stato obbligato a sbilanciarsi sempre di più, alzando il baricentro e portando più uomini sopra la linea della palla: la fluidità della manovra non è però migliorata – a parte un'azione in cui i rossoneri hanno occupato bene la trequarti offensiva, Suso e Abate si sono mossi in direzioni opposte con i tempi giusti e Sosa è stato preciso nel lancio per il terzino, che è finito a terra toccato da Lulic – e ogni palla persa si è così trasformata in un’occasione potenzialmente decisiva per chiudere la partita in favore della Lazio.

Lazio sprecona

L’imprecisione dei biancocelesti e le parate di Donnarumma hanno però tenuto il Milan in piedi fino all’ultimo, quando il guizzo di Suso ha cancellato ogni strategia: per quanto Inzaghi si sia sforzato di limitare lo spagnolo, è bastata un’unica occasione in cui Biglia, Radu e Hoedt gli hanno concesso pochi centimetri, pur in una situazione di assoluto vantaggio, per essere puniti.

La vittoria sfumata negli ultimi minuti ha confermato un trend recente della Lazio, che crea molto, ma raccoglie pochissimo. Contro il Milan non sono bastati 23 tiri (10 in porta), aver creato occasioni per un totale di 1,8 xG (escludendo il rigore) per vincere e allontanare i rossoneri dalla zona Europa.

Avere le idee chiare, magari semplici, ma tagliate su misura dei giocatori più forti, non sempre basta per vincere le partite: Inzaghi ha vinto nettamente la battaglia tattica con Montella, ma è stato tradito dall’imprecisione sotto porta dei suoi, un aspetto che dovrà migliorare rapidamente per non sprecare quanto di buono fatto vedere finora.

I biancocelesti hanno le carte in regola per arrivare in fondo in Coppa Italia e lottare fino all’ultimo per il quarto posto, ma non possono permettersi di perdere altre occasioni come quelle contro il Milan o il Chievo.

Il pareggio è invece quasi una vittoria per il Milan, per come è arrivato e per le tante assenze che ha dovuto affrontare Montella. Le sue scelte non hanno comunque convinto: né Ocampos né Deulofeu, che si sono alternati al centro dell’attacco, hanno dimostrato di avere le caratteristiche adatte per ricoprire con successo il ruolo di falso nove, a meno di un investimento di tempo che Montella in questo momento non può permettersi. Anche la scelta di una fase di possesso più verticale per andare incontro alle loro qualità non ha funzionato a causa delle solite difficoltà a collegare efficacemente i reparti, accentuate dall’ingresso in squadra di Poli (che più di una volta si è ostacolato con Suso) e dalla prudenza di Abate, che ha iniziato a spingere con continuità solo quando c’era da recuperare il risultato.

I rossoneri continuano a dipendere troppo da Suso, l’unico ponte tra la fase di costruzione bassa e quella di rifinitura, per qualità tecniche e decisione negli smarcamenti alle spalle delle linee avversarie. Contare sulla capacità dello spagnolo di tirare fuori dal cilindro un coniglio a partita non è però una strategia abbastanza solida per poter sperare di recuperare il terreno perso nelle ultime settimane.

Non possiamo sapere se quella di Roma sia stata solo una tappa, se le difficoltà abbiano consigliato prudenza a Montella e il graduale recupero di squalificati, infortunati e giocatori finiti fuori dall’undici titolare (l’ingresso di Sosa per Locatelli, ad esempio, ha migliorato il palleggio ed è stato determinante nell’azione dell’1-1) farà tornare il Milan sulla strada tracciata nelle ultime settimane.

Quel che resta della partita contro la Lazio è soprattutto l’ennesima dimostrazione della capacità di reagire anche nelle situazioni più complicate: in attesa dei miglioramenti dal punto di vista del gioco, è la base più concreta su cui appoggiare le speranze di rimonta in classifica.

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