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Emanuele Mongiardo
Il Siviglia ha punito le ingenuità della Lazio
15 feb 2019
15 feb 2019
I biancocelesti hanno offerto il fianco alle ripartenze della squadra di Machín e ora devono compiere un'impresa al Sánchez Pizjuán.
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Emanuele Mongiardo
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Il giorno prima di incontrare la Lazio, Pablo Machìn aveva offerto una chiave di lettura della partita in

a Julio Maldonado: «Se si attacca in maniera ordinata dopo è più facile difendere. La mia idea è sempre stata di partire dalla tattica offensiva per sapere, di conseguenza, come difendere. Molti allenatori pensavano prima a difendere e poi ad attaccare, affidandosi al talento dei giocatori o alla sorte. Credo che il calcio di oggi dia priorità alla tattica offensiva».

 

È un concetto piuttosto comune nel calcio moderno: se si occupa il campo in maniera ordinata in fase di possesso, si è disposti meglio in vista della fase di non possesso e del recupero palla, senza il rischio di esporsi a pericolose transizioni. Un principio che il Siviglia con Machìn segue come un mantra e che invece la Lazio di Simone Inzaghi nella partita dell'Olimpico ha dimenticato di applicare.

 

A livello tecnico il Siviglia è un’ottima squadra: il talento è ben distribuito tra i titolari e in panchina gli andalusi possono contare su giocatori dal dribbling facile come Promes e Munir. Contro la Lazio, Machín ha schierato la sua formazione ideale, un 3-5-2 con Mercado, Kjaer e Sergi Gómez a presidiare la porta di Vaclik. Sulle fasce Jesús Navas ed Escudero, a centrocampo Vázquez e Sanabria ai fianchi di Banega e in avanti la coppia Ben Yedder-André Silva.

 

La Lazio non poteva contare su due dei suoi giocatori più forti, Milinkovic-Savic e Immobile, e così Simone Inzaghi si è affidato in attacco a Correa e Caicedo, con Luis Alberto schierato da mezzala sinistra in un centrocampo completato da Leiva e Parolo. Gli esterni erano Lulic e Marusic, con Radu, Acerbi e Bastos in difesa.

 



Lazio e Siviglia condividevano il modulo di partenza, il 3-5-2, ma i principi offensivi erano però totalmente diversi. Inzaghi, come sempre, ha cercato di combinare al meglio le caratteristiche dei suoi, così da creare una comfort zone tattica che esaltasse il talento individuale e le interazioni spontanee. La squadra di Machín aveva invece direttrici di gioco dirette ma più codificate, con i movimenti coordinati di punte e mezzali.

 

Un tratto comune tra i due sistemi era la predisposizione per le transizioni offensive. Sia la Lazio che il Siviglia infatti amano attaccare in campo aperto, e per questo nella partita di ieri nessuna delle due squadre ha aggredito in maniera sistematica il possesso basso avversario.

 

I biancocelesti difendevano con un blocco medio, in cui le scalate variavano a seconda dell'altezza di campo occupata. Le due punte inizialmente schermavano il passaggio sul play basso, Banega, ma se gli spagnoli facevano circolare il pallone nella loro metà campo, o se erano costretti a giocare un retropassaggio, allora la mezzala dal lato della palla andava a pressare il centrale di fascia, Sergi Gómez o Mercado, causando la scalata di Leiva per coprire il movimento del compagno.

 

Quando invece il possesso andaluso arrivava sulla metà campo, allora la Lazio si disinteressava dei difensori e iniziava ad aggredire quando il pallone arrivava agli esterni. Solitamente erano Parolo e Luis Alberto ad attaccare Navas ed Escudero, mentre alle loro spalle Radu e Bastos dovevano controllare la punta o l'interno di centrocampo che occupava il mezzo spazio al fianco di Leiva. Una situazione ricorrente soprattutto sul binario di Jesús Navas, quello in cui il Siviglia preferisce di solito costruire. Con il pallone su quel lato, il 3-5-2 diventava un 3-4-3 asimmetrico, con Sarabia che si alzava quasi sulla linea degli attaccanti, mentre Vázquez restava più basso per aiutare Banega nella circolazione di palla.

 


La Lazio a ridosso del centrocampo: Luis Alberto scivola su Navas e Leiva va su Sarabia, mentre le punte si dividono il regista e il difensore dal lato della palla.


 

Anche il Siviglia faceva avanzare la Lazio fin quasi a centrocampo, con una punta a schermare Leiva. Il principio era quello della difesa a zona con riferimento sull'uomo. I giocatori del Siviglia dovevano muoversi in funzione della palla ma, di volta in volta, cambiavano l'avversario da controllare in base alla posizione dei laziali. Al momento del passaggio sul terzo centrale, a seconda del lato poteva scalare in pressione una punta o la mezzala, con relativo scivolamento di tutto il centrocampo. Gli esterni invece preferivano restare più bassi per controllare Lulic e Marusic già altissimi a inizio azione: il dettaglio che, come vedremo, ha fatto saltare il banco.

 



La Lazio alzava da subito gli esterni per provare ad allargare la difesa del Siviglia e creare spazi per le combinazioni tra mezzali e attaccanti. Tuttavia il piano non è andato a buon fine e le assenze di Milinkovic-Savic e Immobile si sono rivelate troppo pesanti da assorbire.

 

Con il serbo, la Lazio avrebbe avuto una soluzione diretta ed efficace per avanzare, alzando subito la palla da dietro: Milinkovic-Savic avrebbe potuto calamitare molti palloni a sinistra, contando sulla sua fisicità contro giocatori più piccoli come Sarabia e Navas. La Lazio era quindi costretta a costruire palla a terra, ma si è scontrata con l’ottima difesa posizionale del Siviglia. La squadra di Simone Inzaghi ha faticato a creare spazi contro una squadra chiusa: come detto, alla base del calcio del tecnico biancoceleste ci sono le individualità, messe in condizione dal sistema di risolvere col talento i problemi imposti dal campo. Contro il Siviglia, però, il sistema non ha funzionato e il talento non era così abbondante da aprire varchi tra le linee andaluse.

 

Anche in

la Lazio ha più volte faticato ad attaccare squadre chiuse: non è un problema inedito insomma, anche se contro il Siviglia è stato accentuato dall'atteggiamento di Radu e Bastos, poco avvezzi a creare vantaggi con il pallone. I due centrali di fascia avrebbero dovuto provare ad attrarre fuori posizione gli avversari portando palla, in modo da liberare ricezioni sulla trequarti o fronte alla porta ai compagni. Non è un caso che Luis Alberto sia riuscito a girarsi e a puntare l'area quando ha potuto appoggiarsi su Radu.

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Quando arrivava nell'ultimo terzo di campo, la Lazio attaccava spesso male e di fretta. In questo senso ha forse influito l'assenza di Immobile, con la sua capacità di spingere indietro le difese e creare spazi per i trequartisti. Un compito che Caicedo non è riuscito a svolgere, anche perché la Lazio occupava da subito e in maniera statica la trequarti, con Marusic e Lulic alti sulle fasce, Correa e Parolo, e nel secondo tempo Cataldi, già sulla linea dei trequartisti. Nonostante l'occupazione della trequarti con molti uomini, non c'era nessun movimento che riuscisse a creare vantaggi posizionali.

 


La Lazio porta ben cinque uomini sul limite dell'area, ma nessuno si muove per disordinare la difesa avversaria e offrire una linea di passaggio a Leiva. Il brasiliano, senza soluzioni, lancia per il movimento profondo di Durmisi. Vaclik blocca facilmente.


 

Anche senza le sponde in velocità d'Immobile e la tecnica nello stretto di Milinkovic, che unita a quella di Luis Alberto permette alla Lazio di gestire con più calma il pallone e di evitare soluzioni poco sensate, gli uomini di Inzaghi cercavano comunque di sfondare con combinazioni veloci e verticali a ridosso dell'area. Un piano poco efficace, con Correa che si intestardiva a cercare dribbling e triangolazioni in spazi inesistenti.

 

Non è un caso che la Lazio abbia creato palle gol solo a partire da situazioni sporche, che le hanno permesso di sorprendere la difesa del Siviglia e di attaccarla in maniera dinamica, con tanti uomini a far muovere il pallone da un lato all’altro come nei momenti più brillanti della gestione di Simone Inzaghi.

 

L’occasione di Marusic nel primo tempo nasce da una punizione battuta male da Banega, con Acerbi che di testa attiva Luis Alberto. Lo spagnolo per la prima volta ha la possibilità di combinare in maniera pulita e veloce con Correa e Caicedo, e la Lazio, con un’azione, riesce a far arrivare il pallone a Marusic sul lato debole.

 

Ragionevolmente, la Lazio avrebbe dovuto cercare di dare ordine attraverso il pallone, per attaccare in maniera meno caotica e non subire transizioni, visti i molti uomini impiegati negli ultimi trenta metri. Un compito svolto in parte nel primo tempo da Luis Alberto, più incline ad abbassarsi per scambiare il pallone con Leiva e costruire con raziocinio. Inzaghi, però, sul finire del primo tempo ha dovuto rinunciare allo spagnolo, sostituito da un esterno, Durmisi, con lo spostamento di Lulic a mezzala. Priva di Luis Alberto, la Lazio ha esasperato ancora di più la sua frenesia offensiva, soprattutto con Correa, nonostante il livello tecnico sensibilmente più basso dei giocatori in campo.

 



La frenesia con la palla ha spesso permesso al Siviglia di attaccare in transizione, visto il gran numero di uomini portati dalla Lazio oltre la linea del pallone. Con gli esterni sempre altissimi e le mezzali quasi schiacciate alla stessa altezza delle punte, a Banega e compagni bastava intercettare il pallone per costringere Leiva e i tre centrali a difendere da soli un'intera metà campo. Una situazione resa ancora più comoda dai movimenti delle punte e dalle straordinarie qualità di gestione delle mezzali. Ben Yedder e André Silva, consapevoli di poter attaccare con frequenza in transizione, a turno si abbassavano verso la zona in cui la Lazio stava attaccando, certi che i compagni avrebbero intercettato e avrebbero giocato subito su di loro il pallone. A trasmetterglielo sarebbero stati Banega e Vázquez, e anche se può sembrare strano parlare dei due argentini come di due giocatori a proprio agio in transizione, i loro dribbling nello stretto e la loro capacità di proteggere la palla permettevano di resistere ai tentativi di recupero avversari e di servire subito le punte o Sarabia.

 

La Lazio non è mai riuscita ad arginare le transizioni del Siviglia, non solo per via degli esterni altissimi, ma anche per la gestione poco attenta degli spazi e delle marcature da parte dei difensori. Bastos, Acerbi e Radu avrebbero dovuto sfruttare la superiorità numerica sui due attaccanti del Siviglia per accorciare senza paura in avanti e aggredire subito la transizione. Invece i difensori correvano spesso all'indietro, dilatando le distanze con Leiva e il resto dei compagni. A ogni pallone perso dalla Lazio sulla trequarti, il Siviglia si ritrovava in pochi secondi nell'area biancoceleste in parità o in superiorità numerica rispetto ai difensori. Solo le cattive scelte di Sarabia e André Silva hanno impedito agli spagnoli di arrotondare il risultato (mentre Machín nel post-partita ha dato la colpa al prato dell'Olimpico, che in settimana ha ospitato anche il Sei Nazioni e la Champions League). Gli Expected Goals confermano che il Siviglia avrebbe potuto raccogliere di più: avendo prodotto 1,86 xG, contro gli appena 0,56 xG della Lazio.

 

Insomma, nonostante il 3-5-2 di base, Lazio e Siviglia hanno avuto poco in comune. Per evitare problemi dovuti alla posizione troppo alta degli esterni, Machín si è appoggiato a un sistema offensivo non solo più codificato, ma anche più funzionale alla transizione difensiva. Gli spagnoli, come detto, in fase di attacco posizionale costruivano a destra con una catena composta da Navas, una delle punte che si muoveva verso il lato palla e Sarabia che si alzava fino a occupare lo spazio ai fianchi di Leiva. A quel punto i tre ruotavano per provare a costruire sulla fascia. Un sistema abbastanza semplice che il Siviglia ha dovuto comunque applicare poco, data la grande quantità di transizioni che la Lazio gli ha concesso. La costruzione laterale permetteva di correre meno rischi una volta persa palla, anche perché Navas spesso restava più basso rispetto agli altri due compagni e anche Escudero sul lato opposto non si alzava da subito. Il Siviglia quindi quando scappava all'indietro si ritrovava ad avere almeno cinque difensori, e per questo ha avuto meno problemi in transizione difensiva.

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Il gol di Ben Yedder fotografa bene il diverso atteggiamento delle due squadre. Bastos sbaglia una verticalizzazione su Parolo e il pallone arriva tra i piedi di Sergi Gómez. Il Siviglia attacca subito, con Banega che cerca l'imbucata per Sarabia, ma il passaggio viene intercettato da Acerbi. Parolo e Luis Alberto provano a guidare la transizione, ma sono costretti ad allargarsi, perché gli andalusi non si sono sbilanciati e hanno diversi giocatori sotto la linea della palla.

 



 

L'argentino da sinistra cerca la solita triangolazione con Lulic: scarica la palla e corre in avanti. Il bosniaco però controlla male il pallone e lo regala a Vázquez, che resiste al contrasto, attrae anche Parolo e con uno scavetto serve Sarabia poco dietro Leiva.

 



 

Quando lo spagnolo riceve, tra lui e i difensori della Lazio ci sono trenta metri di campo. Sarabia allora aspetta l'arrivo di Leiva per far correre Escudero alle sue spalle e innescarlo.

 



 

L'esterno conduce per qualche metro e restituisce palla all'ex Real Madrid sul vertice dell'area. A quel punto Ben Yedder si muove come un fantasma alle spalle di Acerbi e chiama il pallone nell'unico punto in cui né il difensore né Strakosha possono intervenire.

 


Ben Yedder, un attaccante davvero fenomenale per letture offensive, indica col braccio a Sarabia il punto giusto in cui passare il pallone.


 

Mentre il Siviglia, grazie all'atteggiamento più cauto di esterni e centrocampisti, è risciuto ad assorbire la transizione, la Lazio ha scoperto totalmente il fianco, senza riuscire mai a contrastare Sarabia ed Escudero.

 



Vincendo all’Olimpico, il Siviglia, che non stava attraversando un gran momento di forma, avendo perso cinque delle ultime otto partite tra campionato e Coppa del Re, diventa chiaramente favorito per la qualificazione agli ottavi di Europa League.

 

Cercando di avanzare con troppa frenesia, la Lazio ha finito per sbilanciarsi e concedere diversi attacchi in transizione alla squadra di Machín. Le cose sono leggermente migliorate nel secondo tempo con l’ingresso di Durmisi, che ha dimostrato di saper gestire bene la palla e di poterla scambiare con precisione, ma senza Luis Alberto la qualità tecnica nella trequarti è scesa forse troppo per poter attaccare con efficacia lo schieramento ordinato del Siviglia.

 

La rimonta al Sánchez Pizjuán a questo punto assume i contorni dell’impresa. Senza avere l’obbligo di segnare, la squadra di Machín potrebbe impostare un’altra partita di attesa, puntando soprattutto ad attaccare in transizione, un piano che ha già dato ottimi risultati all’Olimpico. Insomma, alla Lazio serviranno una strategia e un atteggiamento diversi da quelli visti ieri per riuscire a tornare da Siviglia con in tasca la qualificazione agli ottavi.

 

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