Matteo Iachino ha 25 anni ed è un surfista professionista di Albisola, piccola cittadina in provincia di Savona. Da 4 anni è diventato professionista e da 3 si dedica esclusivamente al windsurf. Due volte Campione Italiano, Campione europeo IFCA, vice-campione del mondo IFCA e per il terzo anno consecutivo nella top 10 di coppa del mondo PWA, il circuito professionistico d’ élite nel mondo del windsurf. Fino ad ora ha conquistato due podi in coppa del mondo, compresa la vittoria nell’evento spagnolo da poco disputato in Costa Brava e per il quale è balzato agli onori della cronaca.
Come ti sei avvicinato al mondo del Windsurf ?
Avevo 8 anni, quindi si parla di più di 17 anni fa. Ero in vacanza con i miei genitori ad Hurgada in Egitto e mio padre faceva già windsurf da molti anni. È stato lui ad insegnarmi i primi fondamentali. Solo a 10 anni però ho iniziato per davvero, con la scusa di mostrare ad altri amichetti che sapevo già fare qualcosa con un windsurf. Da quel momento questo sport è diventato una vera malattia. Ricordo le giornate invernali freddissime, in cui obbligavo mio padre ad uscire in mare perché volevo a tutti i costi surfare. A 17 anni sono entrato nel mondo delle competizioni e sono così riuscito a fare della mia passione un lavoro.
Cosa significa fare del windsurf un lavoro?
Non essendoci squadre o allenatori – a meno che tu non decida di averne uno stipendiandolo – sei tu a decidere se e quando fare qualcosa. Quindi immagina da ragazzino, a 17-18 anni, imporsi quattro allenamenti settimanali in palestra senza che nessuno ti obblighi o ti spinga a farlo. Immagina di dover uscire in mare sempre, in qualsiasi condizione meteo, dal vento leggero alla tempesta, anche quando vorresti fare dell’altro, e senza che nessuno ti telefoni per dirti che lo devi fare. I pomeriggi invernali in cui viene buio presto e ci sono 2 gradi, i tuoi compagni di scuola si vedono in centro o la fidanzatina ti chiama, ma tu ti imponi di non uscire con lei, per allenarti. Non è semplice, ci vuole una passione sfrenata e bisogna avere l’obiettivo sempre li, davanti agli occhi, focalizzarsi su di esso per non distrarsi e rovinare tutto il lavoro fatto, e vi assicuro che da soli, da giovanissimi, è un attimo.
È difficile associare tutta questa fatica quotidiana al windsurf, anche pensare che qualcuno lo faccia per lavoro…
Tutti trattano la tua passione come se fosse un gioco, uno scherzo, qualcosa da cui poi ti dovrai svegliare e che dovrai accantonare per prendere in mano la tua vita. Ci sono tanti discorsi con amici più grandi, parenti o semplici conoscenti che cercano di convincerti che la strada che hanno percorso loro è quella giusta. Scuola, università, lavoro è la scaletta da seguire e non c’è scampo.
E tu devi di nuovo convincerti che invece ce la puoi fare, che quel che ti piace può diventare la tua vita e che può davvero essere il tuo lavoro. Non è facile, serve una prova, qualcuno che ti dimostri che si può fare.
Come si allena un surfista ? Quali muscoli sono maggiormente sollecitati in questo tipo di sport?
In linea di massima, fuori dall’acqua, ho due sedute di palestra alla settimana, vado a correre tre volte e per il resto windsurf e, quando possibile, surf. Le gambe e la schiena sono le zone più sollecitate nella mia disciplina.
Gli infortuni sono frequenti?
Fortuna, mi sono fatto male raramente. L’unico episodio abbastanza serio è di 4 stagioni fa, quando, in allenamento al Lago di Garda al mattino presto, con l’acqua molto fredda, mi è scivolato un piede giù dalla tavola mentre l’altro è rimasto incastrato nella strap (uno dei lacci in cui mettiamo i piedi in planata per non perdere la tavola) e il ginocchio ha ruotato male verso l’esterno sfilacciandomi per 3/4 il legamento mediale. Per fortuna il mediale va a posto da solo quindi con riposo e poi fisioterapia e bicicletta. In poco più di un mese e mezzo ero di nuovo in mare a gareggiare.
Com’è composta una tua giornata tipo?
Mi sveglio, faccio una colazione abbondante con frutta e fette biscottate. Mi alleno a secco o in mare al mattino, con un’altra pausa per un pasto a metà mattinata. Pranzo ed il pomeriggio a volte è come al mattino, visto che non possiamo decidere se e quando entrerà vento per allenarsi. Poi cena e relax. Se vengo da un periodo intenso di gare e stress riduco gli allenamenti, specialmente in mare e cerco di distrarmi con la mia fidanzata e gli amici.
Una giornata di Matteo Iachino.
Se in Italia un ragazzino volesse avvicinarsi al mondo del Windsurf come dovrebbe fare ?
Dovrebbe iscriversi ad un corso in una delle tante scuole windsurf che ci sono in giro per l’Italia e provare. Siamo uno dei paesi con la maggiore estensione di coste bagnate dal mare in Europa e il clima è quasi sempre favorevole. È un peccato non vivere il mare fino in fondo. Dopo la prima planata non si può più smettere, ve lo assicuro.
Con Alberto Menegatti vi siete trovati ad essere due italiani nella top ten della PWA. Un’autentica impresa. Passerà ancora molto tempo prima che si ripeta questo evento oppure vedi altri surfisti in grado di seguire le tue orme ?
È stato bellissimo anche perché non c’erano precedenti. Ci sono molti ragazzi italiani forti nel Tour che stanno crescendo e migliorando stagione dopo stagione quindi credo che nei prossimi anni sia quasi sicuro che si ripeta l’impresa.
Oltre a me in questo momento nel Tour ci sono altri ragazzi italiani che stanno crescendo nei risultati, anno dopo anno. C’è Malte, dell’isola d’Elba, che è migliorato molto dalla stagione passata e può sicuramente fare molto bene come ha già dimostrato. Poi ci sono Andrea Rosati, Bruno Martini, Andrea Ferin che seguono quasi tutto il tour e che vanno forte, sicuramente hanno le potenzialità per andare meglio e sostituirsi anche loro alla miriade di francesi che mi circondano.
A un livello più generale, a che punto è il movimento italiano?
Francia e Germania nel mondo del Windsurf sono molto più avanti di noi. Anche la Spagna non scherza. In Italia la FIV (Federazione Italia Vela) non supporta in alcun modo i professionisti, cosa che la federazione francese fa regolarmente. Siamo abbandonati a noi stessi senza nessuno che ci aiuti ed è per questo che molti talenti si perdono. In Francia già a partire dalle scuola medie inferiori e superiori si vive il mare molto di più, praticando surf e windsurf. Così aumenta in modo esponenziale la quantità di surfisti e di conseguenza è più semplice trovare atleti forti. In Italia il lavoro in questo senso è zero. Lo sport nazionale è uno solo e da li non ci schiodiamo, sarà anche un luogo comune, ma tutti i soldi e l’attenzione dei media sono focalizzati in una direzione sola, quindi non c’è da stupirsi. Tuttavia per il windsurf l’Italia resta uno dei mercati principali in Europa, nonostante si remi contro di esso da anni con regolamenti che soffocano gli sport acquatici nelle stagioni estive e divieti e restrizioni in quelle invernali.
La vittoria di quest’anno in Costa Brava, categoria slalom.
Prima hai affermato che la FIV non è di sostegno per voi professionisti. In che modo dovrebbe sostenervi ?
In Italia la FIV, ovvero la Federazione Italiana Vela, non supporta minimamente il funboard. Il funboard, come dice la parola, comprende le discipline “divertenti” del windsurf, quindi lo slalom, il freestyle ed il wave.
L’unica disciplina che la nostra nazione supporta, sebbene in piccola parte, è la classe olimpica, l’RSX. Purtroppo questa classe, sebbene sia una disciplina olimpica, non si avvicina minimamente a quel che fa il giovane appassionato che nei weekend insegue il vento e le onde per farsi una surfata. Si utilizza una tavola di circa 20 kg, piuttosto antiquata, lunga quasi tre metri, associata ad una vela di 9,5 mq per gli uomini e 8,5 mq per le donne, anch’essa ormai superata e con delle prestazioni abbastanza ridotte. Noi in gara utilizziamo tavole in carbonio che pesano 6-7 kg e vele super leggere.
Per fare un paragone è come vedere dei piloti di formula uno che gareggiano tutti con la stessa auto, con prestazioni degli anni 70, invece di utilizzare vetture di ultima generazione, con più scuderie che si sfidano per avere il motore più performante. Tutti gli appassionati di windsurf praticano il funboard, con tavole piccole, leggere e con vele moderne, con le quali sfrecciano gareggiando tra loro o escono in mare nelle mareggiate a saltare e surfare, non escono sicuramente in RSX, spaccandosi la schiena con un’attrezzatura costosa e antiquata con cui non si riesce nemmeno ad avere una buona performance.
Prima hai citato la Francia, lì funziona in modo diverso rispetto che da noi?
In Francia la federazione ha scelto i top 5 di ogni disciplina di windsurf e ha creato un team francese che ha allenatore, massaggiatore, furgone e spese pagate per i viaggi sostenuti per partecipare alla coppa del mondo. In Italia io ho appena vinto una tappa di coppa del mondo e non mi è arrivata nemmeno una mail dalla FIV per complimentarsi del risultato. So che i paragoni non vanno fatti e che l’erba del vicino è sempre più verde ma a me non sembra una situazione corretta.
L’Italia ha un’estensione di coste incredibile, eppure sono veramente pochi i giovani che si avvicinano al mare. Io vado spesso ad allenarmi nella Francia meridionale, e non è raro vedere scolaresche con insegnanti che provano il surf da onda, il windsurf o la vela. Sono i professori i primi a spingere i ragazzi a vedere il mare come un ambiente da sfruttare e non da temere. Qui da noi non succede. Poi è ovvio il motivo per cui in Coppa del Mondo di windsurf tra i primi dieci ci sono 5 francesi e di italiani ci sono solo io.
Pochi giorni fa un grande campione di surf, Mick Fanning, è stato vittima di un attacco degli squali, durante la finale di una competizione molto importante ed il tutto ha avuto una grossa cassa di risonanza perché è avvenuto in diretta TV. Per fortuna si è risolto tutto per il meglio. Hai avuto esperienze dello stesso tipo ? Cosa ti passa per la testa in queste situazioni ?
Adoro fare surf da onda e seguo online tutto il WSL World Tour, la coppa del mondo di surf, la competizione alla quale partecipa Fanning. Quel giorno ho visto l’attacco a Mick in diretta ed è stato impressionante. Inutile dire che per un surfista una delle più grandi paure sia proprio questa, ma bisogna sottolineare che è raro e bisogna essere davvero sfortunati per essere attaccati da uno squalo, se si pensa a quante persone quotidianamente mettono piede in ogni mare della terra e a quante vengono attaccate all’anno.
Detto questo, ho trascorso parte dell’inverno scorso in Sud Africa, a Cape Town, allenandomi tra velocità e onde. Uno degli ultimi giorni ero a Muitzenberg, una località di Cape Town situata nella parte orientale del capo. È la stessa baia in cui c’è l’Isola delle Foche e dove tutti vanno con la barca a vedere e fotografare gli attacchi di squalo più spettacolari del mondo. Dopo circa 20 minuti in acqua a prendere onde, tornando verso il line up sul mio windsurf, a circa dieci metri da me dentro un’onda è passato uno squalo bianco di circa 5 mt di lunghezza con un corpo di uno spessore incredibile. Mi sono fossilizzato dalla paura e sono tornato a terra con la prima onda. Ho avvertito sbracciando gli altri due ragazzi con cui ero in mare e siamo andati via. Uno dei ragazzi è riuscito a vedere lo squalo e non voleva più mettere piede in mare.
Quest’anno sei in lizza per la vittoria del campionato del mondo della PWA categoria Slalom. Hai appena vinto la tappa in Costa Brava. Ti senti abbastanza forte per riuscire nell’impresa ?
Non avrei mai creduto di vincere così presto una tappa di Coppa del Mondo. Ogni volta che si raggiunge un obiettivo per cui si è lavorato tanto, i limiti si spostano e l’obiettivo cambia. Sicuramente proverò a puntare al titolo. Ho tanto allenamento alle spalle, i materiali con cui gareggio sono tra i migliori se non i migliori, quindi i presupposti potrebbero anche esserci, ma sta a me vedere se è possibile. Tutti i ragazzi attualmente nella top ten sono molto forti e pericolosi, darò il 100% e vedremo come andrà a finire.
Arriviamo ad un capitolo triste, la morte di Alberto Menegatti, tuo compagno di gara ed amico. Ci ha lasciato a febbraio nel momento migliore della sua carriera, un paio d’anni prima di morire era diventato vice campione del mondo PWA.
Come ho già detto in altre circostanze Alberto per me è stato un amico ed un compagno di allenamenti. Ma più di tutto per me è stato ed è tutt’ora una fonte d’ispirazione.
Matteo Iachino e Alberto Menegatti.
Prima parlavo di una prova, qualcuno che ti dimostri che si può fare. Ho trovato questa prova in Alberto. Alto, magro, potente, con il windsurf volava. Partendo da zero si è fatto strada fino a diventare un professionista al 100%. Mi ha dimostrato che anche un ragazzo come tanti, come ero io qualche anno fa, se si dedica al 100% ce la può fare, perché anche lui era così. A volte basta poco, la spintarella giusta al momento giusto e tutto va come dovrebbe andare. Arrivano i primi sponsor, arrivano i primi risultati. Grazie a quella spinta vinco la Coppa Italia, poi l’Italiano, quindi l’Europeo IFCA e ora sono qua che ancora non mi capacito di aver vinto una tappa di coppa del mondo.
Ho iniziato a gareggiare nel 2007 e ho subito conosciuto Albi. Aveva una marcia in più degli altri ragazzi che a quei tempi gareggiavano con noi. L’unico a tenergli testa era Cucchi, che ancora gareggia ed è molto competitivo, ma ormai è più focalizzato sulla sua azienda che sulle competizioni. I primi due anni avendo 4 anni in meno di Alberto ed essendo di un livello notevolmente inferiore al suo, ci vedevamo alle gare ma non ci allenavamo insieme più di tanto. Nel 2009 però ero migliorato ed abbiamo iniziato l’anno allenandoci insieme tra casa sua al Lago di Garda e per alcuni mesi a Hyeres, in Francia, dove faceva ben più caldo. Vivevamo come barboni. Tutto il giorno in acqua, il piano sopra del furgone allestito con un letto mezzo bagnato e pieno di attrezzatura, mentre il piano di sotto era un magazzino di tavole, vele, pinne e quant’altro. Avevamo sempre lo stesso furgone e giravamo all’ora di pranzo e cena per cercare un posto al riparo dove cucinare i chili di pasta e carne che consumavamo tutti i giorni. Quando pioveva ci facevamo da mangiare ad una fermata dell’autobus con i furgoni che la tappavano ed il fornello acceso. Altrimenti quasi sempre finivamo per cucinare davanti al muro di un cimitero che era soleggiato e riparato dal vento. Abbiamo iniziato a migliorare, ognuno al suo livello. Per me erano i primi passi, lui era già al top. Mi ha insegnato come cercare uno sponsor, come fare un curriculum di presentazione, come cercare di prendere più attrezzatura da uno sponsor rispetto a quella da contratto. Facendo così capivo che lui non era nato li, ma che in passato aveva avuto gli stessi problemi miei, anzi forse più grossi. Ed è li che ho capito che ce la potevo fare.
Non era semplice stare con Albi. Era costantemente di corsa, 1.000.000 di impegni incastrati in dieci minuti qui e quindici li. Se mancavi un semaforo verde ti saltavano due impegni ahahah. Pianificava ogni ora della giornata con una scaletta spesso troppo stretta, c’era da ridere e rido ancora se ci penso. Nel windsurf era la persona più maniacale e meticolosa che abbia mai conosciuto. Faceva attenzione ad ogni minimo dettaglio, anche dettagli che tuttora reputo inutili, lui li curava nel particolare uno per uno. E tutti gli dicevano che sarebbe andato forte anche con una tavola poco competitiva, una pinna storta e una vela rotta. La cura di ogni componente era la sua droga e aveva bisogno di sapere che tutto era perfetto per essere rilassato e andare forte in gara. Io vi parlo molto degli aspetti che vivevo quotidianamente legati allo sport, ma ce ne sono migliaia simpatici e veramente unici che lo rendevano particolare anche nella vita quotidiana. Questo è un tesoro gelosamente custodito dai suoi amici più stretti, la fidanzata e i famigliari. Vi assicuro solo che era un ragazzo umile e uno sportivo vero, di quelli che non sono semplici da incontrare. Era uno di quei rari ragazzi che, qualsiasi cosa avesse deciso di fare nella sua vita, a livello sportivo o meno, sei sicuro che avrebbe primeggiato e non sarebbe stato nella media. Sapeva solo vincere.
Cosa gli è mancato per vincere nell’anno in cui è arrivato secondo in coppa del mondo PWA ?
A livello fisico e di prestazione non gli è mancato niente. Doveva ancora maturare la convinzione di potercela fare al 100%. Gli è mancata un po’ di testa.
Per me è stato di grande stimolo vedere lui vincere una tappa e finire la stagione da vice campione del mondo. Questa sua affermazione mi ha sbloccato a tutti gli effetti.