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Fabrizio Gabrielli
L'Argentina sull'orlo del precipizio
09 ott 2017
09 ott 2017
La nazionale albiceleste è costretta a fare i conti con l’ipotesi di un’esclusione dal Mondiale. Come si è arrivati a questo punto?
(di)
Fabrizio Gabrielli
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Anche il ritorno tra i titolari dello Jefecito risponde a una logica di visceralità.

 

La mistica, e per certi versi la scaramanzia, dimostrano tutta la loro fallibilità e caducità quando non si specchiano nella realizzazione di un desiderio.  Al “Chiqui” Tapia, presidente dell’AFA, hanno svaligiato casa mentre era alla Bombonera.

 

Un altro esempio di mistica che prende una strana piega. La Noblex, società leader nella produzione di elettrodomestici in Argentina e sponsor della Nazionale da una decina di anni, prima delle gare contro Perù ed Ecuador ha rilanciato un’offerta promozionale (già inaugurata con l’approdo di Sampaoli) impegnandosi a rimborsare agli acquirenti  l’importo di un televisore di ultima generazione (circa 1000 euro) nel malaugurato caso in cui l’Argentina non si fosse qualificata per Russia 2018. Nelle ore successive al pareggio contro il Venezuela, sul sito del produttore altre 300 persone hanno acquistato la tv.

 

Oggi lo shop online dell’azienda risulta chiuso per «termine della promozione».          

 

Identità svuotata

Il simbolo più rilucente dell’inconcludenza dell’Albiceleste, della frustrazione di questo hic et nunc storico, suo malgrado, è il capitano, l’uomo più rappresentativo, il calciatore più iconico della sua generazione e - per motivi opposti a quelli che avrebbe desiderato - dell’epopea futbolistica argentina degli ultimi anni: Lionel Messi.  Altri calciatori di indubbio spessore mondiale - Di Maria, Higuain, Mascherano, Icardi stesso per quanto poco coinvolto nel percorso svolto fin qui - hanno visto il loro potere ridursi a contatto con le fibre patriottiche della camiseta albiceleste, sciogliersi in un brodo di inefficacia; ma nessuna prestazione deludente riesce a fotografare lo stato di salute della Selección meglio delle scelte prese da Messi in merito al suo rapporto con la Nazionale nell’ultimo biennio.  

 

Dopo aver annunciato il ritiro, in seguito alla sconfitta in finale di Copa América Centenario, Messi è tornato sui suoi passi cambiando anche la percezione degli hinchas che gli erano avversi, che non lo sentivano come loro rappresentante. Messi si è caricato l’intero fardello delle sorti della sua Nazionale come Atlante la volta celeste: il gioco di Sampaoli conta sugli abbassamenti di Messi persino per impostare l’azione, spesso dietro le linee del proprio centrocampo, oltre che dell’attacco. Il resto della squadra gli gira intorno, come i tangueros nella figura del molinete. Se l’Argentina crolla, Messi crolla con lei. Ancora una volta l’emotività contraddice l’ovvio del calcio: un insuccesso, per quanto grave, non può dipendere da un giocatore, eppure un eventuale mancata qualificazione dell’Argentina sarà un buco nella biografia di Messi più grande di quanto lo sarò in quello dei suoi compagni.

 

Martín Caparrós, su The New York Times, ha scritto che se Messi non dovesse «vincere una Coppa del Mondo, la sua storia sarebbe la storia di un fallimento: la sconfitta del migliore di tutti».

 








 



 



 



 



 





 



 



 



 



 



 



 



 



 

 

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