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Foto di Antonin Thuiller / Getty Images
Sport Gianluca Ciucci 30 dicembre 2017 4'

L’anno in cui Gatlin ha rovinato la festa a Bolt

A Londra, nella gara del ritiro di Bolt, ha vinto l’atleta che nessuno sopporta.

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Per salutare al meglio il 2017 abbiamo raccolto le fotografie dei momenti che hanno segnato l’anno, per archiviarle nel nostro album dei ricordi. Qui trovate gli altri momenti già pubblicati.

 

Il mondo capovolto in dieci secondi, anzi 9’’92 per la precisione. È questo il crono con il quale Justin Gatlin si è aggiudicato il titolo di campione del Mondo nei 100 metri di Londra il 5 agosto del 2017, nella gara che doveva essere di Usain Bolt, giunto al passo d’addio alla specialità che ha dominato e stravolto nell’ultimo decennio. Era tutto pronto nello stadio olimpico di Londra, in quello che doveva essere la rassegna dei vecchi leoni pronti a salutare con l’ultima zampata e che invece si sono ritrovati con la faccia nella polvere. Succede a Mo Farah che viene sconfitto nei suoi 5000, ma soprattutto succede a Usain Bolt che lascerà Londra addirittura in sedia rotelle dopo l’infortunio nella staffetta 4×100. La vera tragedia però si consuma nella gara più famosa e seguita dell’atletica, quella che lui ha reso una specie di concerto rock brevissimo, tutto fatto in assolo. Nella notte del re si è infilata la lama del traditore, il fantasma cattivo dell’atletica del 2000: Justin Gatlin.

 


Gatlin riceve solo ululati in presentazione e poi fa calare il gelo sullo stadio.

 

«Non è stata scritto il finale previsto: non sono entusiasta che a vincere il mondiale dei 100 nel giorno dell’addio alle piste di Usain Bolt sia stato un velocista per due volte squalificato per doping». Le parole sono del presidente della Iaaf Sebastian Coe e suonano spiacevoli, ma in accordo col clima di quella sera: «Certo, Gatlin ha tutto il diritto di gareggiare. Mi aspettavo un Bolt vincente, dalle dichiarazioni della vigilia. È una gara che rimarrà nella sua carriera, e il copione non è stato quello perfetto: deve essere stato amaro per Bolt». Il copione non è stato perfetto, ma a pensarci nessun regista sarebbe stato in grado di scrivere e dirigere quanto visto sulla pista la scorsa estate: il cattivo che vince tra i fischi di un pubblico che ha dimenticato cosa significhi lo sport da un pezzo, vivendo in una realtà in cui le cose vanno sempre come devono andare.

 


Partendo dall’ottava corsia l’americano fa una gara perfetta e Bolt nemmeno lo vede quando si sforza per ricucire su Coleman.

 

L’inno statunitense torna a suonare per una vittoria sui 100m dopo dieci anni dall’ultima volta: era il 2007 quando Tyson Gay fece sua Osaka, mentre Gatlin scontava la squalifica. A Londra al secondo posto si è piazzato Christian Coleman, per ritrovare una doppietta a stelle e strisce bisogna risalire addirittura al 2001 con Greene e Williams.

 

Gli USA, insomma, sono tornati padroni della velocità dopo il poker giamaicano (tre Bolt, uno Blake) e anche questa è una vera e propria rivoluzione, o restaurazione. Ma anche questo passa in secondo piano quando il pubblico è venuto a veder vincere il suo idolo e perdere l’antagonista, e invece accade l’esatto opposto. Bolt non avrebbe vinto neppure se Gatlin non ci fosse stato, ma non importa davvero a nessuno.

 


La conferenza stampa post gara dimostra come probabilmente Bolt sia quello che ha preso meglio la sua sconfitta.

 

Justin Gatlin torna sul gradino più alto del podio tredici anni dopo la sua vittoria alle Olimpiadi di Atene 2004 e dodici dopo Osaka 2005, suo unico titolo mondiale. All’epoca era una freccia, si scoprirà poi truccata nel motore, mentre Bolt è solo un nome sui taccuini degli osservatori. A 35 anni e dopo anni di secondi posti ingoiati con rabbia si può permettere di esultare in faccia al pubblico, intimando il silenzio ad uno stadio intero che fischia il risultato dopo lo shock dei primi secondi in cui tutta la metropoli britannica sembra in silenzio.

 

La storia fosca del velocista, che a 35 anni è il più anziano campione del mondo della velocità, inizia il 29 luglio del 2006 quando viene resa pubblica la positività di Gatlin al testosterone. Per lui non è la prima volta: nel 2001 era già stato trovato positivo alle anfetamine e squalificato per un anno. Justin Gatlin è recidivo e per questo arriva la squalifica per otto anni che, successivamente, verrà ridotta a quattro. Il blocco forzato termina nell’agosto del 2010 e Gatlin torna all’attività agonistica. Ai giochi olimpici di Londra del 2012 arriva sul gradino più basso del podio nei 100 metri, vince Bolt ovviamente. In quella gara lo statunitense ottiene un primato particolare: il suo tempo 9”79 è il miglior risultato mai registrato da un atleta terzo classificato.

 

Un gesto non scontato.

 

Gatiln perde sempre contro Bolt, anno dopo anno. Perde anche a Pechino 2015 quando si presenta coi tempi migliori in assoluto, ma il giamaicano è uno specialista delle finali e il pubblico si gode la sconfitta dell’imbroglione che non ha mai perdonato. Rovinare la festa a questo pubblico è stato forse la cosa più dolce per Gatlin, un atleta discusso e discutibile, ma testardo, e un uomo imperfetto. Di certo non gode nel veder perdere Usain. Il gesto di inchinarsi, lui fresco campione del mondo, di fronte al «più grande velocista di tutti i tempi», non è cosa da tutti e difficilmente capiterà di rivederlo tanto presto.

 

 

Tags : i momenti più importanti del 2017iaaf 2017justin gatlinusain bolt

Gianluca Ciucci è giornalista professionista. Nella vita precedente ha insegnato italiano, precariamente, in scuole medie e istituti professionali. Scrive di pallacanestro per il Corriere adriatico e di utopia su Vaielettrico.it.

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