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Alfredo Giacobbe
L'analisi del giovedì: crederci di più
24 apr 2014
24 apr 2014
Le due partite della vigilia di Pasqua che hanno fissato anche il quarto e il quinto posto del campionato italiano. Qualcuno si accontenta di dire che il livello si è abbassato: non l'Ultimo Uomo.
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Alfredo Giacobbe
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INTRODUZIONE La FIGC ha presentato il suo “Report Calcio” e i numeri mostrati hanno fatto molto rumore: il numero più negativo è la riduzione del numero di spettatori negli stadi della Serie A. Qualcuno ha addebitato il calo a questioni di ordine pubblico in impianti sempre più vecchi (l’età media degli stadi è di 64 anni), qualcun altro ha additato l’abbassamento del livello tecnico e la scarsa competitività delle nostre squadre rispetto alle big europee. Ma dal punto di vista tattico, l’esperienza di uno spettatore è davvero così penalizzante? Stiamo assistendo a partite noiose e scadenti? Proviamo a capirlo analizzando le due sfide che hanno fissato (sembra) il quarto e il quinto posto del campionato italiano. PARMA–INTER L'Inter, grazie alla sua settima vittoria in trasferta, è salita a 56 punti, cinque in più del Parma e del redivivo Milan. Il Parma ha aspettato l’Inter nella propria metà campo e per i primi venti minuti i nerazzurri hanno faticato a trovare spazi. Nel 4-1-4-1 organizzato da Donadoni in fase di non possesso, Marchionni si è piazzato davanti alla propria difesa dove è riuscito a togliere spazio a Palacio tra le linee; Cassano ha messo pressione a Cambiasso in prima battuta mentre Gargano e Parolo hanno marcato rispettivamente Kovacić e Hernanes, impedendo loro di girarsi verso la porta. I difensori nerazzurri sono stati costretti a ricorrere al lancio lungo verso il terminale offensivo Icardi e la loro imprecisione ha permesso al Parma di impossessarsi del pallone e di attaccare. Consapevole del fatto che l’Inter avrebbe negato la profondità ai propri attaccanti, sistemandosi con una linea difensiva bassa formata da cinque uomini, Donadoni ha optato per il tecnico Palladino al posto del veloce Schelotto. E quello tra Palladino e D’Ambrosio sulla fascia sinistra si è rivelato uno dei duelli cruciali della partita. Palladino ha trovato spesso la combinazione con Molinaro, D’Ambrosio è stato preso in mezzo dai due avversari e non ha avuto adeguato supporto da Hernanes, fino a quando il brasiliano non è stato richiamato da Mazzarri a restare più vicino al compagno. Dall'altra parte Rolando è stato bravissimo nel chiudere sempre lo spazio per la corsa in diagonale senza palla di Biabiany, un taglio alle spalle della difesa che di solito viene letto e servito molto bene da Cassano; il barese è risultato meno incisivo rispetto alle ultime uscite: il suo consueto movimento incontro ha trovato in Cambiasso un ostacolo che gli ha impedito sistematicamente di girarsi verso la porta. Una volta lasciata la marcatura a Hernanes o Kovacić quando Cassano finiva fuori dalla sua zona di competenza, Cambiasso è andato a pressare anche Marchionni, l’altra fonte di gioco parmense. Nella seconda metà del primo tempo, l’Inter è riuscita a fare più gioco: il forcing del Parma è stato via via meno incisivo e Samuel è riuscito a tenere la sua difesa più alta di una decina di metri, compattando le due linee e riducendo gli spazi per le combinazioni palla a terra degli avversari. Sono mancate però le giocate di qualità da parte di Kovacić ed Hernanes.

Il primo tempo inconsistente di Kovacić ed Hernanes.

Proprio sulla fascia sinistra il Parma ha costruito l’occasione più ghiotta di tutta la partita: D’Ambrosio ha letto male per due volte di fila la sovrapposizione di Molinaro su Palladino, costringendo un preoccupato Samuel a un precipitoso scivolamento verso destra. Samuel poi ha sbagliato a temporeggiare anziché spazzare ed il tocco in più gli è stato fatale: Parolo lo ha anticipato con la punta del piede, costringendolo al fallo. Fortunatamente per l'Inter, Cassano ha sbagliato il rigore e l’episodio che ha cambiato la partita è arrivato dopo trenta secondi dall'inizio del secondo tempo: Palacio ha superato Cassani con un tunnel ed è stato abbattuto da Paletta poco prima dell’ingresso in area, all’altezza del vertice sinistro. L’arbitro non ha potuto far altro che tirare fuori il secondo giallo per l’oriundo italo-argentino. Donadoni non fa in tempo a effettuare un cambio che sulla successiva punizione l’Inter va in gol: i suoi giocatori si fanno comprimere verso il centro dell’area e dimenticano un uomo sul secondo palo, dove è diretto il cross di Hernanes.

Due interisti fanno blocco per lo stacco di Rolando sul secondo palo.

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In seguito all'espulsione di Paletta Felipe è subentrato a Palladino ed è andato a giocare al fianco di Cassani e Lucarelli nella difesa del 3-5-1 formata da Donadoni. Nonostante il gol e la superiorità numerica, l’Inter ha subìto ancora l’iniziativa degli avversari, pericolosi sempre sulla fascia sinistra. Mazzarri ha quindi deciso di inserire Javier Zanetti al posto di D'Ambrosio, disastroso. La contromossa di Donadoni non si è fatta attendere: dentro Schelotto per Molinaro sulla fascia destra, mandando Biabany a giocare dalla parte opposta. Ma il cambio non ha dato gli effetti sperati: Biabiany ha iniziato ad accentrarsi finendo nell’orbita dei tre centrali interisti consentendo così a Zanetti di controllare con tranquillità le sporadiche discese di Felipe.

Biabiany ordinato per sessantadue minuti, anarchico negli ultimi ventotto.

Il Parma ha attaccato con molti uomini e lo sforzo fisico per supplire all’inferiorità numerica si è fatto sentire nella seconda parte della ripresa: inevitabilmente i reparti si sono allungati e l’Inter ha avuto spazi maggiori per la ripartenza in contropiede. Palacio ed Hernanes hanno spesso ricevuto palla alle spalle dei centrocampisti avversari, le statistiche del brasiliano sono risultate decisamente migliori nella ripresa (la percentuale dei suoi passaggi riusciti è del 95% nei secondi 45’). Donadoni ha tentato il tutto per tutto quando Schelotto si è infortunato, appena dieci minuti dopo il suo ingresso: con l’ingresso di Amauri il Parma è passato a uno sbilanciato 3-4-2. Per migliorare nella gestione del pallone e permettere a tutta la squadra di recuperare dalla pressione del Parma, a dieci minuti dal termine Mazzarri ha inserito Ruben Botta al posto di Icardi, chiedendo a Palacio di agire come unica punta. Sull’ennesimo ribaltamento di fronte Alessandro Lucarelli, monumentale fino a quel momento, prima ha recuperato palla e poi l’ha persa nel tentativo di impostare. Il pallone è giunto a Nagatomo sulla fascia sinistra, sia Gargano che Parolo in ripiegamento difensivo si sono schiacciati dalla parte del giapponese e si sono persi l’inserimento di Guarín (appena subentrato a Hernanes) alle loro spalle. Il colombiano ha fulminato Mirante con un destro potente da fuori area, fissando il risultato sul definitivo 0-2. FIORENTINAROMA La Roma ha iniziato aggredendo la Fiorentina fin dalle primissime battute, con Nainggolan molto alto. Il belga aggrediva David Pizarro quando questo impostava all'altezza della propria area di rigore, lasciandolo poi a Totti quando varcava la metà campo. Una mossa che ha reso la manovra della Fiorentina meno fluida del solito e spezzando la squadra di Montella in due tronconi già dopo pochi minuti. Inizialmente l’unica arma con cui gli uomini di Montella hanno provato a far saltare la cassaforte romanista sono stati i cross ma la squadra di Garcia è rimasta compatta, con le due linee sistemate davanti all’area di rigore e De Rossi terzo centrale di difesa. I rientri di Ljajić e Gervinho sui terzini avversari testimoniano il grande spirito di sacrificio dei singoli e il grande gruppo che il tecnico francese ha contribuito a costruire. Da un rilancio di Dodò in scivolata al nono minuto è nata la prima grande occasione che capita tra i piedi di Gervinho: Totti tocca il pallone di prima, anticipa Pizarro e lancia Ljajić in profondità come solo lui sa fare. Due contro due con i centrali viola, Ljajić attira su di sé Savić e serve Gervinho che però, davanti al portiere Neto, manda a lato di piatto. Dopo il grande spavento, la Fiorentina si è ricompattata: con i tre giocatori offensivi che hanno iniziato a rientrare stabilmente dietro la linea del pallone in fase di non possesso. La Roma ha trovato meno spazi per verticalizzare il gioco verso la porta avversaria, accontentandosi di mettere in mostra la sua proverbiale capacità nella gestione della palla. L’azione che porta la Roma al gol è la miglior sintesi del gioco messo in mostra quest’anno dai giallorossi: Maicon, già molto alto, riceve palla da Pjanić; Ljajić arretra per farsi vedere dal brasiliano e Pjanić si muove senza palla per andare a occupare la posizione lasciata dal serbo.

Il movimento senza palla di Pjanić porta via un uomo dalla zona che Ljajić attaccherà.

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Ljajić prende la decisione di attaccare la linea, sfruttando i movimenti di Pjanić e Totti, riuscendo a evitare l’intervento di due uomini. Nainggolan, che aveva seguito l’azione al piccolo trotto, si accorge che Ljajić ha attirato attorno a sé tutta la retroguardia avversaria e decide quindi di accelerare per dettare il passaggio in profondità alle spalle di Gonzalo Rodríguez. L’assistenza di Ljajić è precisa e puntuale per la spaccata di Nainggolan che anticipa e batte Neto.

Nainggolan e Pjanić sono gli uomini più avanzati tra i romanisti.

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La Fiorentina ha provato a reagire, con Rodríguez che ha alzato la linea accorciando la squadra e incaricandosi dell’impostazione viste le difficoltà di Pizarro. Aquilani e Borja Valero hanno tentato di attaccare la linea difensiva andando a incocciare contro il muro eretto dai giallorossi al limite dell’area e finendo per togliere spazi a Matos e Cuadrado. In maniera molto intelligente, Ilicić ha iniziato a cercare sfogo per la propria azione sulle fasce: i suoi movimenti hanno creato talvolta lo spazio per portare Pasqual e Tomović pericolosamente al cross dal fondo; in altre occasioni Ilicić ha ricevuto il pallone largo per poi accentrarsi e scoccare il suo sinistro dal limite. In entrambe le occasioni De Sanctis e compagni non hanno corso particolari rischi giungendo al riposo in vantaggio. Montella nel secondo tempo ha inserito Alessandro Matri al posto di Matos: nelle sue intenzioni Matri avrebbe dovuto garantire una maggiore ricerca della profondità e un maggior peso in area sui cross. La Roma ha iniziato il secondo tempo con la stessa foga mostrata a inizio partita, aggredendo la Fiorentina fin dal primo possesso, quasi a voler ribadire la supremazia mentale sull’avversario, prima che nella tecnica o nella tattica. Pjanić e Totti accorciavano su Pizarro e Rodríguez, Gervinho e Ljajić chiudevano i corridoi esterni verso Pasqual e Tomović. La Fiorentina, ridisegnata in un 4-3-2-1 con Cuadrado e Ilicić a supporto di Matri, era costretta a lanciare lungo per alleggerire la pressione romanista. Tolói e Castán hanno fatto buona guardia su questi tentativi, impedendo al centravanti viola di controllare per far salire i compagni. Quando poi è tornata in possesso palla, la Roma ha provato ad abbassare il ritmo della partita e a controllare il gioco attraverso il possesso e in un paio di occasioni Ljajić e Totti hanno impensierito Neto con tiri dalla distanza. I due interni del centrocampo della Fiorentina si sono divisi i compiti: Aquilani è sceso basso nella propria metà campo per liberare Pizarro dall’onere dell’impostazione; Borja Valero è rimasto alto e vicino a Matri, inserendosi nello spazio creato davanti alla difesa dai movimenti verso l’esterno di Cuadrado o di Ilicić. Col passare dei minuti l’azione di copertura dei tre romanisti davanti è via via scemata, dando così l’opportunità a Pizarro di toccare più palloni e di velocizzare la manovra della sua squadra con cambi di gioco su entrambe le fasce.

Il primo e il secondo tempo di David Pizarro messi a confronto.

Al ventottesimo minuto Montella ha deciso di effettuare il suo secondo cambio: Joaquín per Ilicić modificando l’assetto della sua squadra in un 4-3-3 puro. La Fiorentina è diventata più pericolosa, in particolare sulla fascia destra dove Tomović e Joaquín attaccavano la zona di Dodò, già ammonito. Il terzino brasiliano è stato spesso lasciato senza raddoppio da parte di Nainggolan, che temeva le incursioni di Borja Valero alle sue spalle e restava in posizione davanti alla difesa; o da parte di Ljajić, ormai a corto di fiato. La risposta di Garcia è arrivata cinque minuti dopo e in due mosse successive: prima ha sostituito Totti con Florenzi, chiedendo a Pjanić di pressare alto Pizarro in un vero e proprio 4-2-3-1 che vedeva Gervinho unico riferimento centrale; poi ha concesso riposo a Ljajić, inserendo Bastos. Il brasiliano ha lavorato praticamente in marcatura a uomo su Tomović, e Florenzi che ha preso a seguire Pasqual sull'out sinistro. La Roma si è abbassata tutta a protezione della propria area di rigore con due linee da quattro e da cinque uomini. Senza più sbocchi nemmeno sulle fasce, l’azione della Fiorentina si è affievolita col passare dei minuti. CONCLUSIONE Dal punto di vista tattico, il nostro campionato è ancora tra i più evoluti al mondo. Garcia, Donadoni, Montella: con Benítez e Conte sono gli allenatori che stanno portando una mentalità più europea nel nostro calcio. Le loro squadre cercano di controllare la partita attraverso il possesso palla; tutti gli effettivi sono coinvolti nella costruzione della manovra senza che il pallone venga mai regalato agli avversari; i movimenti dei giocatori sono volti a creare la superiorità numerica in ogni zona del campo; l’atteggiamento in fase di non possesso è aggressivo, verso il pallone, piuttosto che rinunciatario e all’italiana. Mazzarri da parte sua cerca di adattare un calcio di reazione, che lascia l'iniziativa agli avversari, a un contesto tecnico e muscolare evoluto. Le nostre squadre, acquisendo maggiore consapevolezza, potranno tornare a dire la loro in Europa. Basta un po' di fiducia.

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