
Ci sono stati venti minuti di partita in cui l’Inter è stata ridotta a pregare. Lamine Yamal, 18 anni il 13 luglio, riceve palla sulla fascia destra con l’esterno sinistro e non c’è niente che la squadra di Inzaghi possa fare per impedirgli di creare qualcosa di pericoloso. Al massimo può negoziare sul quanto pericoloso, evitare che passi in mezzo a tutti i corpi e calci tutti i palloni nell’angolo vuoto della porta, che vinca da solo un’eliminatoria di Champions League.
Al 24’ non è stato possibile opporsi. Lamine Yamal riceve con Marcus Thuram addosso e sembra aver perso palla. Sembra troppo leggero su quel pallone e rispetto al suo avversario pare un bambino. Lamine Yamal però resiste, gira intorno a Thuram - ha più scaltrezza, più equilibrio - e prende velocità. A quel punto la difesa dell’Inter è tutta praticamente schierata e va in scena uno dei conflitti archetipici per cui seguiamo il calcio: l’individuo contro il collettivo, il dribblatore solitario contro una schiera di nemici.
Il vantaggio di chi dribbla è sempre lo stesso: ha lui la palla tra i piedi, è lui che decide dove andare e quando andare.

Lamine Yamal ha otto giocatori fra sé e la porta, ma sa che non deve saltarli proprio tutti per fare gol. Deve scegliere la migliore strada - la più intelligente, la più furba - verso la porta. Davanti a sé ha Henrikh Mkhitaryan, 36 anni, che quando brillava nel Borussia Dortmund lui aveva sei anni. Fa una finta di rientrare verso il sinistro, l’angolo che l’armeno vuole chiudergli, e poi va dritto. Mentre va dritto copre la palla con l’interno destro, e a quel punto è in area.
È difficile descrivere la velocità con cui Lamine Yamal fa queste cose, perché non ci sono strappi e discontinuità. Sembra non esserci quasi potenza. Lamine Yamal sembra scivolare sottilmente sul prato, seguendo un ritmo tutto suo, liquido quasi. Non pare fatto di carne e ossa come gli altri. E quando è in area si è costruito un angolo per calciare col suo temuto sinistro. È un angolo risicatissimo che lui fa sembrare grande. Il suo gol inevitabile. Guardate da questa inquadratura, quanto è fitto il muro di corpi avversari.

Per certi giocatori fare gol, superare il portiere, sembra impossibile. Bisogna esercitare il massimo della forza e della precisione possibili. Il gol è solo il frutto di uno sforzo gigantesco. Pensate al gol di Raphinha ieri sera, o al suo tiro a un quarto d’ora dalla fine: esecuzioni che sembrano frutto di uno sforzo titanico, alla Holly&Benji, palle infuocate scagliate inarcando il corpo come una catapulta. A Lamine Yamal, invece, le cose appaiono “facili”, come ha sottolineato anche Thierry Henry su CBS dopo la partita: «Com’è possibile che per te le cose siano così semplici?», «Penso solo a divertirmi» ha risposto lui, con una di quelle banalità che però dette da certe persone ci suonano come verità profonde.
Poco dopo Lamine Yamal va vicino a segnare il suo secondo gol. Non sarebbe stato normale. Riceve palla a destra con Dimarco di fronte. Mkhitaryan copre l’angolo verso il suo sinistro: Simone Inzaghi l’ha preparata così. L’alternativa sarebbe far accorciare anche Bastoni, che in questo caso però avrebbe aperto un pericoloso due contro due in area di rigore. Lamine Yamal accelera lungolinea verso il fondo e sembra poter crossare al centro. Si muove però con un equilibrio differente dagli altri, per come si muove sugli appoggi, e non è un grande problema fintare e rientrare. Una finta forte, decisa, che stende Dimarco a terra. Quando giocatori di quel livello sembrano così scemi bisogna guardare al fenomeno che li ha fatti apparire tali. Dopo è di nuovo rapidissimo. Ogni cosa di Lamine Yamal è improvvisa. Un tiro quasi anti-agonistico, di interno piede, da un angolo risicato, che Sommer riesce a deviare sulla parte interna della traversa.
A quel punto quasi si vede la paura dei giocatori dell’Inter; mantengono una debita distanza, sono incerti se accorciare subito in avanti o aspettarlo. Però ne servono almeno sempre due vicini. Dopo la partita Simone Inzaghi ha ammesso che Lamine Yamal gli ha creato molti problemi, che non si vedeva da otto o nove anni un giocatore così; che sono stati costretti a triplicarlo. E se porti così tanti uomini attorno a un giocatore per forza spazi si apriranno per altri. Il problema di marcare Lamine Yamal non è solo il suo uno contro uno, ma anche quello che può fare mentre aspetti che ti dribbla. Tiene sempre la testa alta e i pensieri in movimento. I giocatori del Barcellona si muovono in funzione di questi pensieri, provando a indovinarli. E lui può provare quel passaggio in area d’esterno, che sta diventando un suo marchio di fabbrica, o un più semplice scarico d’interno verso il centro, come fatto per Ferran Torres a inizio partita.
È questa la principale differenza tra Lamine Yamal e altri talenti geniali di questa generazione (li indichiamo per comodità, visto che sono comunque tutti più vecchi di lui), e cioè la pausa, la visione di gioco, la rapidità di pensiero. Rispetto a Doué, Kvaratskhelia, Barcola, Musiala, Olise: non sembra dover accelerare, la sua conduzione palla è sinuosa e senza strappi, e mentre porta la palla non smette di far lavorare creativamente il suo pensiero. A tratti pare disincarnato, una nuvola, uno spirito.
Poi nel secondo tempo è calato, e l’Inter ha iniziato a respirare. Il Barcellona è principalmente lui: pur essendo una squadra di giocatori fenomenali, che sta esprimendo uno dei migliori marcatori stagionali, Raphinha, tutto passa da lui. Guardate la passmap del Barcellona: tutte le palle si muovono verso Lamine Yamal, come le piante verso la luce.
Segna meno di altri suoi compagni, eppure resta lampante che sia il migliore, e forse ci costringerà a rivedere un po’ certi nostri paradigmi. La sensazione di onnipotenza che ci ha trasmesso ieri ci è sembrata fosse stata anche insufficientemente coronata. Un solo gol, troppo poco. Però c'è quel velo, che non gli verrà contato come assist, ma che manda per un attimo in controtempo la realtà, prima che la palla arrivi a Raphinha - che poi si inventa quel gol pazzesco.
L’Inter esce sollevata da questa partita, con possibilità migliorate di passaggio del turno. Eppure anche nella partita di ritorno dovrà imparare a gestire la tempesta, e cioè Lamine Yamal. Probabilmente ci sarà ancora un momento, dentro i novanta minuti, in cui non ci si potrà far niente, solo aspettare che passi.
Alla fine della partita Lamine Yamal riceve una palla sul lato destro dentro l'area da Ferran Torres. È una palla troppo addosso, ma lui ci pensa un nanosecondo - un tempo impossibile da rilevare - per capire cosa fare: apre il piatto del piede e alza una strana traiettoria sul secondo palo che lascia fermo Sommer e ricade sulla traversa. Ha provato a calciare, davvero, cioè con un pensiero estremo, laterale, oppure ha provato semplicemente a servire un cross per Raphinha sul secondo palo? Glielo hanno chiesto a CBS, ma a lui la domanda sembra scema, la risposta scontata.