
A 23 anni, LaMelo Ball ha già vissuto parecchie vite. Capita, quando sei sotto i riflettori dall’adolescenza: vuoi per un indubbio talento nel gioco del basket, vuoi per il volere di un padre padrone che non ha mai mancato occasione di buttare i figli in pasto alla stampa, sfruttando le loro doti naturali. La vita dei fratelli Ball è stata per anni una specie di reality, termine usato non a caso. Dal 2017 al 2020, infatti, andò in onda Ball in the Family, una serie a puntate trasmessa su Facebook Watch che seguiva le vicende di LaVar e famiglia: praticamente i Kardashian del basket.
Non ci è voluto poi molto, però, per capire che Lonzo e LaMelo fossero effettivamente bravi a giocare anche se, volenti o nolenti, tutto quello che li riguarda ha sempre un sentore quasi cinematografico: l’ambiente in cui sono cresciuti di certo non li ha aiutati. Nello specifico, il gioco del play degli Hornets rispecchia quella che è stata finora la sua storia personale: imprevedibile, divertente, ma anche incasinata. Lui intanto è riuscito a rimettere gli Hornets sulla mappa della NBA e a darci un buon motivo per guardarli più spesso sul League Pass, anche se le vittorie tardano ad arrivare. Per quanto giovane, il roster comincia ad avere alcuni pezzi interessanti attorno a cui provare a costruire: alla fine, però, l’impressione è che molto passerà dal suo rendimento e forse ancora di più, dalla sua salute
Gli infortuni
Al netto di tutte le questioni tecniche, LaMelo deve cercare di fare una cosa in particolare: rimanere sano. Più facile a dirsi che a farsi, considerato che il play di Charlotte ha giocato 184 partite in carriera sulle 318 disponibili. Il suo calvario è iniziato ormai due anni fa, con il primo di una serie di infortuni alle caviglie, culminati con una tendinopatia diagnosticatagli lo scorso gennaio. In un'intervista della scorsa primavera, Ball aveva paventato la possibilità di indossare delle protezioni permanenti alle caviglie, protezioni con cui è stato effettivamente fotografato durante una sessione estiva di allenamenti. A una specifica domanda fattagli al media day di inizio stagione, Ball ha risposto confermando che le porterà.
Ovviamente, se si pensa a playmaker con problemi cronici alle caviglie, il nome che si associa in automatico è quello di Stephen Curry. La stella dei Warriors ha convissuto con articolazioni malconce nei suoi primi anni di NBA, e tuttora indossa delle cavigliere e a un paio di scarpe disegnate su misura per il suo piede (sul discorso calzature torneremo tra poco). Nel suo caso, quello che fece la differenza fu l’affidarsi a Keke Lyles, ormai ex Director of Players’ Performance di Atlanta e Golden State. Lyles, una breve carriera da giocatore collegiale naufragata per un grave problema alle anche, non propose metodi di allenamento particolarmente strani o elaborati, quanto di iniziare a distribuire il peso delle sterzate e dei cambi di direzione che rendono famoso il gioco di Curry sui fianchi oltre che sulle caviglie.
Se la teoria dei sei gradi di separazione non inganna, LaMelo e Lyles sono più vicini di quanto si immagini. L’uomo che potrebbe fare da tramite dovrebbe essere piuttosto interessato alle sorti di un giocatore a cui è stato allungato un quinquennale da oltre 200 milioni. Quel qualcuno, infatti, è l’attuale proprietario di maggioranza Rick Schnall, che fu owner di minoranza degli Hawks proprio negli anni in cui Lyles lavorava in Georgia.
Ovviamente, quando si tocca con Ball il discorso infortuni, la prima immagine che viene in mente è quella delle scarpe usate fino al 2021, anno della partnership con Puma. Stiamo ovviamente parlando di BBB, Big Baller Brand, il marchio creato da LaVar Ball e dall’ex socio Alan Foster portato in NBA per un breve periodo dai fratelli Ball. Poco importa che Lonzo, durante il periodo con i Lakers, dovesse continuamente cambiare sneakers perché queste si aprivano: per papà Ball, il problema è nelle «scarpe da due soldi di Puma e degli allenamenti della NBA. Tutti quei pesi e quelle bande elastiche… Se corri su per le colline, poi guadagni in forza e resistenza. Se lui e Lonzo si fanno male è perché me li hanno tolti».
In cerca dello step successivo
Se cercate qualche notizia “di campo” su LaMelo Ball, i primi risultati che vi vengono fuori hanno a che fare con la percezione che si tende ad avere di lui: è stato pagato troppo? È sopravvalutato? È in grado di essere un giocatore franchigia? Il suo gioco non può, vista l’età e il tempo perso dietro ai problemi fisici, essere già completo e per questo è presto per perdersi dietro a queste domande. E comunque, in questi anni, quando è riuscito a stare in campo, abbiamo visto dei miglioramenti, soprattutto al tiro da 3, il fondamentale che ormai è il barometro per molti giocatori. Appena arrivato in NBA, concluse la stagione con il 35.2% su 5 tentativi, arrivati anche al doppio nella stagione 2022-23 con il 37.6% di realizzazione. Lo scorso anno, seppur in un campione di partite molto ridotto (solo 22), la percentuale si è abbassata (35.5%), avvicinandosi a quella dell’anno da rookie, seppur con un volume maggiore (9 triple a gara). Ball alterna equamente triple spot up e dal palleggio, soprattutto con l’aiuto del pick and roll. In questi casi, però, il nativo di Anaheim sembra seguire uno schema prestabilito, piuttosto che leggere l’azione e adeguarsi di conseguenza. Il risultato sono (anche) mattonate terrificanti: