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Per LaMelo Ball il momento è ora
10 ott 2024
Il giocatore degli Hornets è chiamato a una stagione finalmente di livello.
(articolo)
9 min
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A 23 anni, LaMelo Ball ha già vissuto parecchie vite. Capita, quando sei sotto i riflettori dall’adolescenza: vuoi per un indubbio talento nel gioco del basket, vuoi per il volere di un padre padrone che non ha mai mancato occasione di buttare i figli in pasto alla stampa, sfruttando le loro doti naturali. La vita dei fratelli Ball è stata per anni una specie di reality, termine usato non a caso. Dal 2017 al 2020, infatti, andò in onda Ball in the Family, una serie a puntate trasmessa su Facebook Watch che seguiva le vicende di LaVar e famiglia: praticamente i Kardashian del basket.

Non ci è voluto poi molto, però, per capire che Lonzo e LaMelo fossero effettivamente bravi a giocare anche se, volenti o nolenti, tutto quello che li riguarda ha sempre un sentore quasi cinematografico: l’ambiente in cui sono cresciuti di certo non li ha aiutati. Nello specifico, il gioco del play degli Hornets rispecchia quella che è stata finora la sua storia personale: imprevedibile, divertente, ma anche incasinata. Lui intanto è riuscito a rimettere gli Hornets sulla mappa della NBA e a darci un buon motivo per guardarli più spesso sul League Pass, anche se le vittorie tardano ad arrivare. Per quanto giovane, il roster comincia ad avere alcuni pezzi interessanti attorno a cui provare a costruire: alla fine, però, l’impressione è che molto passerà dal suo rendimento e forse ancora di più, dalla sua salute

Gli infortuni

Al netto di tutte le questioni tecniche, LaMelo deve cercare di fare una cosa in particolare: rimanere sano. Più facile a dirsi che a farsi, considerato che il play di Charlotte ha giocato 184 partite in carriera sulle 318 disponibili. Il suo calvario è iniziato ormai due anni fa, con il primo di una serie di infortuni alle caviglie, culminati con una tendinopatia diagnosticatagli lo scorso gennaio. In un'intervista della scorsa primavera, Ball aveva paventato la possibilità di indossare delle protezioni permanenti alle caviglie, protezioni con cui è stato effettivamente fotografato durante una sessione estiva di allenamenti. A una specifica domanda fattagli al media day di inizio stagione, Ball ha risposto confermando che le porterà.

Ovviamente, se si pensa a playmaker con problemi cronici alle caviglie, il nome che si associa in automatico è quello di Stephen Curry. La stella dei Warriors ha convissuto con articolazioni malconce nei suoi primi anni di NBA, e tuttora indossa delle cavigliere e a un paio di scarpe disegnate su misura per il suo piede (sul discorso calzature torneremo tra poco). Nel suo caso, quello che fece la differenza fu l’affidarsi a Keke Lyles, ormai ex Director of Players’ Performance di Atlanta e Golden State. Lyles, una breve carriera da giocatore collegiale naufragata per un grave problema alle anche, non propose metodi di allenamento particolarmente strani o elaborati, quanto di iniziare a distribuire il peso delle sterzate e dei cambi di direzione che rendono famoso il gioco di Curry sui fianchi oltre che sulle caviglie.

Se la teoria dei sei gradi di separazione non inganna, LaMelo e Lyles sono più vicini di quanto si immagini. L’uomo che potrebbe fare da tramite dovrebbe essere piuttosto interessato alle sorti di un giocatore a cui è stato allungato un quinquennale da oltre 200 milioni. Quel qualcuno, infatti, è l’attuale proprietario di maggioranza Rick Schnall, che fu owner di minoranza degli Hawks proprio negli anni in cui Lyles lavorava in Georgia.

Ovviamente, quando si tocca con Ball il discorso infortuni, la prima immagine che viene in mente è quella delle scarpe usate fino al 2021, anno della partnership con Puma. Stiamo ovviamente parlando di BBB, Big Baller Brand, il marchio creato da LaVar Ball e dall’ex socio Alan Foster portato in NBA per un breve periodo dai fratelli Ball. Poco importa che Lonzo, durante il periodo con i Lakers, dovesse continuamente cambiare sneakers perché queste si aprivano: per papà Ball, il problema è nelle «scarpe da due soldi di Puma e degli allenamenti della NBA. Tutti quei pesi e quelle bande elastiche… Se corri su per le colline, poi guadagni in forza e resistenza. Se lui e Lonzo si fanno male è perché me li hanno tolti».

In cerca dello step successivo

Se cercate qualche notizia “di campo” su LaMelo Ball, i primi risultati che vi vengono fuori hanno a che fare con la percezione che si tende ad avere di lui: è stato pagato troppo? È sopravvalutato? È in grado di essere un giocatore franchigia? Il suo gioco non può, vista l’età e il tempo perso dietro ai problemi fisici, essere già completo e per questo è presto per perdersi dietro a queste domande. E comunque, in questi anni, quando è riuscito a stare in campo, abbiamo visto dei miglioramenti, soprattutto al tiro da 3, il fondamentale che ormai è il barometro per molti giocatori. Appena arrivato in NBA, concluse la stagione con il 35.2% su 5 tentativi, arrivati anche al doppio nella stagione 2022-23 con il 37.6% di realizzazione. Lo scorso anno, seppur in un campione di partite molto ridotto (solo 22), la percentuale si è abbassata (35.5%), avvicinandosi a quella dell’anno da rookie, seppur con un volume maggiore (9 triple a gara). Ball alterna equamente triple spot up e dal palleggio, soprattutto con l’aiuto del pick and roll. In questi casi, però, il nativo di Anaheim sembra seguire uno schema prestabilito, piuttosto che leggere l’azione e adeguarsi di conseguenza. Il risultato sono (anche) mattonate terrificanti:

Rimane anche poi la questione della meccanica di tiro, in particolare del calcetto in avanti effettuato con la gamba destra dopo aver concluso e che lo porta quasi a tirare su una gamba sola. Un difetto simile lo aveva Lonzo prima di passare sotto le cure di Fred Vinson, ex player development coach dei Pelicans.

In questi anni, l’attacco degli Hornets è stato un one man show, e Ball spesso lo monopolizzava fin dalla rimessa da fondo, prendendosi tiri con ancora tanti secondi sul cronometro dei 24 secondi e senza far toccare palla ai compagni, o quasi. Il 23% delle sue conclusioni arrivano tra i 18 e i 15 secondi, e il 57.7% dopo aver realizzato almeno 3 palleggi. Forse non lo direste, ma la stragrande maggioranza delle sue triple nella scorsa stagione (8.3) sono considerate open e wide open da NBA.com: le prime sono state convertite solo con il 32.5% mentre le seconde con un più rispettabile 38.7. Basta vederlo giocare per capire che molti di questi tiri non sono effettivamente buoni, ma semplicemente conclusioni scagliate da parti di campo in cui la difesa non vuole intervenire attivamente:

LaMelo deve migliorare anche in una zona di campo fondamentale per il gioco di oggi, e cioè al ferro. Va molto a canestro, come testimoniano i 17 drive a partita nella scorsa stagione (solo quattro giocatori hanno fatto meglio di lui) ma, anche qui, l’efficienza latita ancora: nel 2023-24 ha chiuso con il 55% al ferro, buono solo per il 23esimo percentile tra i pari ruolo. Il problema non è certo concludere con la mano sinistra, essendo lui pressoché ambidestro, né l’atletismo, che gli permette di concludere anche in maniera acrobatica. Tuttavia gli manca un primo passo bruciante, per cui è raro che superi l’avversario senza prima arrabattarsi in mille palleggi o dopo aver preso un blocco, e non ha ancora imparato a reggere i contatti. Piuttosto che prendere fallo, tende a contorcersi per evitare il difensore e tentare la conclusione acrobatica. Poi certo, ha sufficiente talento per cavare canestri fuori dal nulla, ma se aggiungesse questa dimensione del proprio gioco scalerebbe in automatico svariati gradini. Lo scorso anno, LaMelo ha tentato 4.7 liberi di media, prima volta in carriera oltre i 3.4, ma sono ancora troppo pochi.

Come tutti i giocatori che non amano subire contatti al ferro, buttandosi tra i muscoli di amianto dei lunghi NBA, Ball è diventato un maestro nei floater. In queste situazioni non è bravo solo a punire il lungo che marca in drop, ma comanda lui il gioco, mostrando anche quella fisicità e capacità di assorbire i contatti che molte volte gli manca andando al ferro.

Nel primo caso gioca con pazienza il pick and roll, schermando l’avversario e facendosi tamponare, approfittando anche della specie di “blocco Gortat” che Richards porta su Duren. Nel secondo viene invitato a destra, dove però per un destrimano è più difficile concludere in floater, quindi si porta sulla sinistra con l’eurostep. Nel terzo approfitta della transizione per battere l’avversario dal palleggio. Nell’ultimo, rallenta e usa l’eurostep prendendo prima contatto con il difensore per mantenere l’equilibrio.

La convivenza con Brandon Miller

Un anno fa gli Hornets erano stati messi in croce per aver scelto al Draft Brandon Miller, preferendolo a Scoot Henderson. Il giocatore dei G League Ignite sembrava l’unica alternativa possibile dietro a Victor Wembanyama, e invece la dirigenza di Charlotte gli preferì l’altezza e le doti di creatore dal palleggio del ragazzo da Alabama. Complice il serio infortunio di LaMelo Ball, Miller si è pian piano preso gli Hornets, finendo terzo nella graduatoria del Rookie of The Year. In 55 partite senza Ball, Miller ha tenuto medie di oltre 18 punti, 4 rimbalzi e 2 assist, mettendo in mostra doti di creazione dal palleggio, atletismo fuori scala e tiro da 3.

Miller riuscirà ad avere un impatto pur delegando molti possessi al compagno? In realtà, per quanto l’ex Alabama si trovi bene con il pallone in mano, non è così dominante come si potrebbe pensare; nella stagione scorsa, infatti, dei 6.6 tiri da 3 presi di media, ben 5.2 sono arrivati in catch and shoot. Tra l’altro, il giocatore ha passato molti minuti in campo con Vasilije Micic, che non sarà Ball a livello NBA, ma è comunque una combo guard che ama tenere tanto il pallone in mano e creare per gli altri. Il campione è molto piccolo, ma nei 361 minuti in cui le due giovani stelle hanno tenuto assieme il campo, Charlotte ha avuto un offensive rating di 113.6, sesto dato tra le coppie degli Hornets con almeno 300 minuti assieme: la squadra che era di Steve Clifford aveva chiuso la regular season al 28esimo posto con 108.6 punti su 100 possessi.

Che LaMelo sia già un ottimo giocatore NBA è chiaro. Che renda gli Hornets una squadra da vedere molto più spesso di quanto il loro record indichi, anche. L’età è dalla sua; nella mia testa ero inconsciamente convinto avesse “già” 25 anni, quando in realtà è un classe 2001 con 4 stagioni in NBA all’attivo. Il numero 1 di Charlotte non sarà mai un giocatore “normale”; sta a lui continuare a lavorare sul proprio gioco e fare un passo in avanti in termini di leadership. Il rischio è che diventi uno di quei giocatori di cui tra 20 anni consumeremo gli highlights, guardandoci e dicendoci: “Come ha fatto questo a non vincere un MVP dopo l’altro?”. Ok il feticismo per i giocatori belli da vedere e incompiuti, ma qui c’è tanto talento da far fruttare. Per LaMelo il momento è ora.

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Basket #nba

Michele Serra nasce nel 1993 a Bologna dove studia Lingue e Letterature Straniere. Ama seguire gli sport americani, ascoltare musica e giocare a basket. Scrive anche per Football Nation e Fuori Dagli Schemi.

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